Node! Alzi la mano chi se li ricorda! I più attenti conoscitori dell’underground nazionale non potranno dimenticare lo stupefacente “Technical Crime”, opera di una promettente formazione che vedeva tra le sue file anche l’ascia dei Death SS del periodo “Heavy Demons”, vale a dire Steve Minelli, e che nel ’98 riuscì a sorprendere la critica con un ottimo miscuglio di un post-death metal sound con un personalissimo approccio heavy/thrash e brevi scorribande in sperimentazioni industrial. Dopo varie vicissitudini, i Node tornano sulle scene con una line up rinnovata ed un album in preparazione, previsto probabilmente per l’inizio del prossimo anno, e che promette già da ora di essere uno degli appuntamenti più caldi dei prossimi mesi. Metalitalia incontra nella cornice del Gods Of Metal, il cantante/chitarrista Daniel Botti, e la new entry alla batteria Mario Giannini, che non curanti dell’afa milanese si lanciano in una lunghissima (e molto piacevole) chiacchierata con il sottoscritto…
Innanzitutto Daniel, vogliamo fare il punto della situazione in casa Node?
Daniel: Certamente! Innanzitutto possiamo parlare di una vera e propria rinascita per i Node, visto che adesso abbiamo un nuovo contratto per Scarlet ed una nuova line up con la quale contiamo di registrare un nuovo album tra breve, e che al momento vede me(Daniel) alla voce e chitarra, Gary alla chitarra (già sul primo mini “Ask”), Klaus al basso e la new entry Mario Giannini alla batteria, che è nella band ormai da gennaio 2001. Non c’è più Steve Minelli, che ha lasciato la band ormai da due anni, ma ci tengo a precisare che i Node non sono mai stati il progetto solista di Steve, ma una band a tutti gli effetti… Probabilmente è stato anche grazie a lui ed a quel marchio che si portava dietro di ‘ex-Death SS’, che la band è riuscita ad emergere, specie agli inizi, ma al tempo stesso è altrettanto vero che i Node sono sempre stati anche la band di Gary, Klaus e Daniel, e non, per stessa ammissione di Steve, un suo progetto personale.
Forse non tutti si ricordano “Technical Crime”, vostro esordio per Lucretia targato 1998… A mio avviso si trattava di un ottimo album, forte di uno stile personalissimo e di una manciata di ottime tracks come “Children”, “New XXX”, “As God Wills” e “Beautiful Crime”, in assoluto la mia preferita…
D:Wow, ti ringrazio! “Beautiful Crime” era un brano abbastanza vecchio scritto ai tempi di “Ask” in cui ancora non facevo parte della band; senza dubbio puoi ritrovarci la mano di Steve e delle sue influenze heavy, così come negli altri brani a volte riusciva ad imprimere quel suo gusto quasi ‘rockeggiante’… Penso anch’io che i brani che hai citato tu fossero i migliori di quell’album, tanto è vero che sono proprio quelli che abbiamo ripescato per le date dal vivo in cui siamo impegnati in questo periodo.
La particolarità della proposta dei Node,sta nel sapere miscelare influenze dalla scena scandinava e quella americana senza risultare emulatrice di una o dell’altra…
D: Sempre più lusinghiero, ti ringrazio! Sono d’accordo anche con questa tua affermazione, e ti dirò anche che nei nuovi Node l’approccio è cambiato e sarà molto più melodico ma al tempo stesso più compatto e massiccio; liricamente giocheremo sul contrasto tra i diversi stili che io e Gary abbiamo: lui più su growling tipo Max Cavalera, io sullo screaming tipo Chuck Schuldiner in “Symbolic”. Altra cosa che posso dirti, è che sicuramente in futuro non ci saranno più esperimenti con elettronica ed industrial come accaduto in “Tronic Prophecy”, e cercheremo invece di creare un nostro sound al cento per cento, con un po’ più di attenzione verso il nuovo sound del death scandinavo, senza però voler clonare i vari In Flames… Inoltre, tengo a precisare che anche se Steve non c’è più, la band continuerà ad andare avanti per la sua strada, proprio perché i Node non erano e non sono mai stati il progetto solista di Steve Minelli; purtroppo molta gente ha dato sempre troppo peso a quel suo passato di ex-Death SS volendo a tutti i costi fare paragoni con le sue precedenti produzioni, e finendo per mettere in secondo piano questa nuova realtà.
Come sono al momento i rapporti con Steve Minelli?
D: Direi ottimi, non ci siamo lasciati con rancore, anzi. La sua è stata una vera e propria scelta di vita, quella di abbandonare la musica per dedicarsi allo studio della religione, a cui noi all’inizio abbiamo provato ad opporci cercando di farlo tornare sui suoi passi, senza successo. Al momento i rapporti personali con Steve sono decisamente buoni, con l’unico problema che non possiamo parlare di musica con lui, essendo arrivato addirittura al punto di rifiutare qualsiasi cosa abbia a che vedere con la musica.
I Node non hanno mai amato riposare in acque stantie, ed anzi si è sempre vista una costante ricerca di eterogeneità nelle vostre composizioni… Quanto è importante per voi non ripetersi ?
D: Beh moltissimo. L’evoluzione in una band è uno dei punti chiave; non amo infatti molto ascoltare quei gruppi che ogni anno escono con lo stesso disco con titoli e copertina cambiata… Apprezzo invece grandi formazioni come Death e Carcass, ad esempio, che nel loro percorso musicale sono riusciti, anche rischiando molto ed a non ripetere mai lo stesso disco arricchendosi ogni volta di nuove situazioni ed idee. In questo momento stanno andando forte band che suonano o in tipico stile Bay Area o quelle che si rifanno al death svedese; sarebbe stato facile per noi inserirci in uno di questi due trend e cercare di battere il ferro finché è caldo, ma mi spiace, i Node non sono fatti così. Per come la vedo io, che sono sempre stato un grande fan del death metal in tutte le sue forme, credo che quella manciata di nomi tutelari a cui un po’ tutte le nuove band si rifanno (Death, Obituary, At The Gates, Carcass…), abbiano fatto la loro porzione di storia grazia ad un’incondizionata creatività incapace di seguire le mode, ma che anzi riusciva addirittura a dettar regole; è questo il caso ad esempio degli At The Gates che album dopo album sono riusciti ad imporsi con uno stile personalissimo e che adesso tutti cercano di clonare: posso capire il prendere spunto da una band, ma copiare filo per segno uno stile dal mio punto di vista è davvero inaccettabile.
Mario: Certo sarebbe stato facile per noi uscire con un disco in stile Testament, o con un album fotocopia degli In Flames, ma a che pro? La gente avrebbe comprato il nostro disco, ma saremmo stati subito bollati come dei ‘clone’, e visto che gli originali ci sono già e fanno alla stragrande il proprio lavoro, i Node fotocopia degli In Flames non sarebbero piaciuti a nessuno, tantomeno a noi.
Parliamo ora del nuovo album, ragazzi, che so state preparando con molto entusiasmo…
D:Voleremo in Svezia ad Agosto per registrare questo nuovo album, che posso anticiparti già da adesso che sarà un autentica bomba, e surclasserà non di uno, ma di dieci punti “Technical Crime”; inoltre speriamo che con la produzione degli Underground Studio, già noti per le produzioni di Terror 2000, Necrodeath e Carnal Forge, riusciremo davvero ad esprimere tutto il nostro potenziale.
M: Il nostro obiettivo è quello di riuscire a creare un sound personalissimo, senza dover assomigliare per forza a nessuno; cercheremo di prepararci prima di andare in Svezia registrando dei sample di suoni di chitarra, batteria, che ci piacciono in particolar modo e che vorremmo poter riproporre. Sono sicuro che non deluderemo le aspettative.
D: Appuntamento quindi a Dicembre, o al massimo a Gennaio 2002 per questo nuovo “Sweatshops”, che in un certo senso tendo a considerare come il primo album vero e proprio dei Node, o tutt’al più come il primo di una nuova era… Tengo a ripetere che avrà delle idee, dei suoni ed una produzione infinitamente migliori di “Techical Crime”… Spaccheremo il culo!
Continui a marcare questa superiorità dei Node di adesso rispetto a quelli di tre anni fa… Eppure, come ti ho detto già all’inizio di questa nostra chiacchierata, “Technical Crime” è pur sempre un album di cui andare orgogliosi…
D: Non fraintendermi, non rinnego nulla del mio passato, anzi; è solo che “Technical Crime”, a causa di una distribuzione e di una promozione ad opera di un’etichetta ‘pressappochista’ come la Lucretia, non è riuscito ad avere la giusta attenzione da parte dei media, soprattutto all’estero. Stavolta invece speriamo che le cose vadano diversamente, ed anche per questo ti parlo di una ‘rinascita’ della band.
M: Vedi, sono passati tre anni dall’ultima uscita della band, e credo che questo lasso di tempo non sia poco per un musicista, specie quando si è così giovane come Daniel, che ha solo ventidue anni…
Ventidue anni? Il che significa che ai tempi di “Technical Crime” avevi soltanto diciannove anni… un bimbo!
D: Eheheh, già è vero! Ma a dicembre ne farò ventitre, ahah !!!
M: Ahaha, a parte scherzi, credo che per un musicista a questa età sia più facile evolvere la propria creatività in direzioni differenti, ricercare un proprio sound che ti distingua dagli altri e desiderare di avere una tua precisa identità. In questo credo che i Node non dovranno assolutamente fallire con “Sweatshops”. Se posso azzardare un paragone, il tipo d’evoluzione che ci sarà con questo disco, potrebbe essere relazionata a quella che c’è stata tra “Spiritual Healing” e “Human”, senza naturalmente pretendere di avvicinarsi alla portata artistica di quella pietra miliare dei Death…
Ultima domanda: Daniel, di quale band vorresti essere il chitarrista, e Mario, in quale gruppo vorresti suonare la batteria !!!
D: Ahahah, pesantissima questa domanda!!! Vorrei essere innanzitutto il chitarrista dei Node, visto che sulla carta sono solo il cantante ancora, eheh!!! Altrimenti mi piacerebbe essere il chitarrista dei Carcass, ma si sono sciolti, quindi non ho altre alternative che suonare nei Node, ahahah!!!
M: A me invece piacerebbe suonare nei Labyrinth, che sono una band che è riuscita a dimostrare in studio, ma soprattutto dal vivo, di essere dei veri professionisti. Naturalmente il sogno rimangono i Death, ma per suonare a fianco di Chuck Schuldiner c’è bisogno di una preparazione tecnica di un certo tipo, ahimé!