“Canto VII” dei Node è il simbolo di una band che, a dispetto delle difficoltà e delle varie magagne che spesso attanagliano una formazione underground, non vuole arrendersi e cerca di portare avanti al meglio il suo credo musicale.
Onestamente, il disco nella sua interezza ci ha lasciato alcune perplessità, più nella riuscita complessiva che negli intenti, perché quello che emerge è una grande voglia di fare, di inoltrarsi in territori in parte inediti, in parte risalenti ai primi atti della propria discografia: la miscellanea sonora alla fine convince a intermittenza, lasciando l’idea che sia difettata una migliore messa a fuoco di tutte le idee che si volevano esprimere.
Ciò nonostante, ci sembra che il percorso dei Node meriti ancora oggi di essere raccontato e approfondito, a maggior ragione quando ci si trova di fronte un interlocutore come il bassista (in passato chitarrista), leader e unico sopravvissuto della line-up fondatrice come Gary D’Eramo. Il suo entusiasmo e la lucidità nell’analizzare alcune dinamiche sociali/comportamentali – quelle trattate nei testi di “Canto VII”, per intenderci – e musicali ci paiono meritevoli di lettura, a testimonianza che il metal non è fatto solo dei grandi nomi di ieri e di oggi, ma di tante piccole/medie entità come quella dei Node, ognuna portatrice di un suo importante tassello di passione, sudore ed energia alla scena.
“CANTO VII” RAPPRESENTA, COME IL TITOLO FA CHIARAMENTE INTUIRE, IL VOSTRO SETTIMO DISCO. IMMAGINO CI SIA ANCHE UN RICHIAMO ALL’INFERNO DI DANTE: VI CHIEDO QUINDI PERCHÉ PROPRIO QUEL CANTO E CHE TIPO DI COLLEGAMENTO AVETE FATTO TRA QUANTO È SCRITTO NEL POEMA E LA VOSTRA MUSICA.
– “Canto VII” è un concept che accomuna in una similitudine il settimo canto dell’Inferno di Dante Alighieri con gli aspetti sociali e comportamentali del secolo che stiamo vivendo. È molto più che un richiamo, dato che la prima traccia del nostro album inizia proprio con la recitazione delle prime quattro terzine iniziali del canto settimo, il famoso passo del “Pape Satàn”, dove il demone Pluto invoca Satana durante l’ingresso di Dante e Virgilio nel quarto girone, avvertendolo della loro presenza.
Il demone Pluto lo abbiamo identificato in quella parte della moderna tecnologia di ‘comunicazione’ che ci tiene sotto controllo quotidianamente e ci detta le direzioni da seguire, i comportamenti da adottare, costringendoci ad abbandonare la spontaneità e la genuinità suggerita dal nostro istinto; ciò ci costringe a non fermarci mai a riflettere o a guardarci introspettivamente, ci spinge a correre incessantemente, in un mondo che oramai è sempre più rapido e veloce, dove il primeggiare e vincere a tutti i costi è il modus operandi e vivendi primario. Da qui lo status symbol del denaro e della ricerca e – ancora peggio – dell’ostentazione di benessere, spesso mascherato nei social, quelli che noi chiamiamo “ The Sacred Teather Of Nothingness”, il sacro teatro del nulla.
“Canto VII” è l’analisi di tutta questa involuzione. Il settimo girone infernale è quello degli avari e dei prodighi, appunto, oltre che quello degli iracondi. Ovunque intorno a noi c’è ira, scontro su qualsiasi piano, invece che dialogo e confronto: tutti pretendono la ragione a prescindere, senza discuterla con chi gli si contrappone e viceversa.
Questo è il risultato dell’allontanamento di ognuno di noi da quella forma di socialità sana fatta di sguardi, di toni di voce, di contatto umano. Viviamo in un vero inferno edulcorato da prodigi tecnologici che ci hanno svuotato dall’essenza dell’essere umano: la condivisione, l’empatia, la compassione e soprattutto il dialogo, quello sano, quello dal quale si impara e dalla predisposizione ad esso, compreso l’annullamento di quella umiltà di imparare qualcosa di nuovo, anche la più piccola cosa da chi abbiamo davanti, perdendo di fatto la possibilità’ di arricchirsi sempre di qualcosa.
COME POTRESTE AVER LETTO NELLA RECENSIONE, A FRONTE DELLA VOSTRA VOLONTÀ DI CREARE UN DISCO TECNICO ED ELABORATO, CHE RIPRENDESSE ALCUNE CARATTERISTICHE DEI VOSTRI PRIMI DISCHI, PRECEDENTI A “AS GOD KILLS”, ALCUNE SCELTE COMPOSITIVE ED ESECUTIVE MI HANNO LASCIATO UN PO’ PERPLESSO.
VI CHIEDO QUINDI DI SPIEGARCI CHE TIPO DI DISCO AVEVATE IN MENTE E SE EFFETTIVAMENTE QUANTO SENTIAMO NELL’ALBUM RISPONDE ALLA VOLONTÀ DI TORNARE A UNO STILE PIÙ TECNICO E COMPLESSO COME QUELLO DEI PRIMI LAVORI.
– Ogni album dei Node nell’arco di questi trent’anni è una storia a sè, soprattutto perché ogni lavoro è sempre stato realizzato con persone diverse, teste diverse e influenze diverse e sul piano personale posso tranquillamente dire che è stato un bene, mi è servito a crescere ed imparare tantissimo.
Il periodo 2000/2009 per esempio è stato caratterizzato da una line-up stabile, che prediligeva nelle composizioni una vena molto più diretta rispetto ad ora, semplicemente perché chi ne faceva parte insieme a me aveva portato quel tipo di influenze e di stile nelle composizioni, nulla di ricercato o di prefissato. Non c’è mai stato un “ecco, adesso facciamo un album fatto così” e si facevano i pezzi seguendo una linea di base. Si arrivava in sala prove con delle idee e si sviluppavano tutti insieme, fino a raggiungere la soddisfazione generale, esattamente come adesso. Nessun membro di quella formazione ha abbandonato la band per insoddisfazione musicale, ma per cause di forza maggiore quali lavoro o famiglia.
Tutto si è sempre svolto divertendosi ed esplorando i propri gusti e le proprie attitudini musicali e condividendole insieme, senza partito preso o cercando di prevaricare l’uno sull’altro in termini di composizione o stile. Questa è stata l’alchimia di “Sweatshops”, “Das Kapital” ed “As God Kills”. Ora funziona alla stessa maniera, ci sono altre tre persone insieme a me che allo stesso modo hanno messo sul tavolo diverse influenze e attitudini molto più tecniche e ricercate, alle quali ho unito anche le mie.
Sul piano chitarristico, poi, la preparazione tecnica di Gabriele è decisamente superiore a chi ha suonato la chitarra prima (me compreso, soprattutto) e la possibilità di arricchire tutta la nostra proposta con atmosfere anche progressive (che a tutti e quattro piacciono moltissimo) non ce la siamo fatta scappare. Poi naturalmente i gusti sono gusti, e non può’ piacere a tutti e a te non è piaciuto, per esempio, però come citava il ragionier Filini riguardo alla grigliata di pesce: “Esistono il pesce cane, il pesce gatto e il pesce ratto. Possono piacere come non piacere e su questo io non discuto”.
COME ACCADUTO ALTRE VOLTE IN PASSATO, LE LAVORAZIONI PER IL NUOVO ALBUM NON SONO STATE PROPRIAMENTE LINEARI: VI HANNO PORTATO VIA PARECCHIO TEMPO E NEL FRATTEMPO AVETE DOVUTO CAMBIARE CANTANTE, CON L’ADDIO DI CN SID E L’INGRESSO AL SUO POSTO DI DAVIDE ‘DAVE’ ARRI. POTRESTE RACCONTARCI QUALCOSA IN PIÙ DI QUANTO ACCADUTO E COME CIÒ HA INFLUENZATO LA RESA FINALE DI “CANTO VII”?
– Sid purtroppo all’inizio di luglio del 2022 ha cominciato ad accusare dei seri problemi di salute che lo hanno costretto prima ad interrompere e poi ad abbandonare i Node. Tutto questo proprio mentre eravamo in procinto di entrare in studio a registrare “Canto VII”.
Nel periodo da luglio a novembre 2022, quindi, ci siamo fermati, aspettando che Sid trovasse una terapia soddisfacente e sperando in una sua ripresa, cosa che purtroppo non è avvenuta. Sid stesso ci ha spronato a quel punto a cercare un’altra persona e la scelta a dicembre è caduta quasi immediatamente su Dave Arri, dopo avere provato un paio di persone. Dave è un amico e fan dei Node dai primi anni 2000 e la sua voce è entrata subito negli schemi e nella pasta della band, e grazie anche alla sua grandissima esperienza e soprattutto preparazione, al suo impegno, abbiamo riacceso i motori e siamo ripartiti chiudendo i lavori per il nuovo disco.
Con lui abbiamo semplicemente reimpostato e riqualificato le metriche e i cantati dei pezzi già finiti in precedenza con Sid e messo mano ad alcune canzoni ex novo, che abbiamo inserito successivamente. Infatti abbiamo sfruttato il tempo in cui siamo stati fermi con le registrazioni per scrivere altro materiale, che abbiamo ritenuto molto più soddisfacente. da mettere nella tracklist dell’album.
UNO DEGLI ASPETTI CHE HO PREFERITO DI “CANTO VII” SONO LE PARTI PIÙ AGGRESSIVE E TIRATE, DOVE A MIO AVVISO SPICCA IL LAVORO DI BATTERIA DI PIETRO BATTANTA. VI CHIEDO SE, RIASCOLTANDO ORA L’ALBUM, NON PENSIATE CHE SI POTEVA FORSE DARGLI UNA PATINA UN PO’ PIÙ RUVIDA E INSISTERE MAGGIORMENTE SUGLI ASPETTI PIÙ DIRETTI E BRUTALI DEL VOSTRO SUONO.
– Riascoltando l’album, assolutamente no. Una delle peculiarità di Pietro credo sia proprio la versatilità delle dinamiche in tutti i diversi episodi del disco, da quelli brutali a quelli più atmosferici – perché privarci di questa bella attitudine quando possiamo goderne?
Dare una direzione monotematica allo stile ci avrebbe annoiato da morire, la priorità è sorridere noi per primi quando la musica che facciamo ci fa stare bene, e la musica DEVE farci stare bene! Se non stiamo bene noi per primi, mettendo come priorità nella composizione dei brani il dover piacere a tutti i costi facendosi mille seghe mentali, allora tanto varrebbe appendere lo strumento al chiodo e non suonare… Come dicevo, i pezzi sono stati scritti in un quadro di ricerca della creatività con alla base il divertimento, il nostro gusto e la nostra soddisfazione.
ANDANDO PIÙ NELLO SPECIFICO DELLA TRACKLIST, QUALI CREDETE POSSANO ESSERE GLI EPISODI CHE MEGLIO VI RAPPRESENTANO ATTUALMENTE E VI HANNO PIÙ SODDISFAZIONI NEL COMPORLE E NEL SUONARLE? IO PENSO POSSANO ESSERE “THE SACRED THEATER OF NOTHINGNESS”, SCELTA ANCHE PER UN VIDEO, E “WOLVES OF YALTA”.
– In realtà ogni canzone di “Canto VII”, nessuna esclusa, ci rappresenta in tutto e per tutto. Credo che “Canto VII” sia i Node e i Node siano “Canto VII” in questo 2024 e negli anni a venire, fortuna permettendo. Per quanto mi riguarda sono affezionato a “The Cage” e “ iGod”, scritte in pieno periodo lockdown nel mio bunker di 40 metri quadrati dove abitavo in quel momento: la soddisfazione di aver creato qualcosa in un periodo nefasto come quello e vederlo pubblicato ora mi riempie di orgoglio e mi fornisce una carica emotiva favolosa!
Per quanto riguarda la sfera non personale, invece, parlando per tutti, credo che “Moan Of Pleasure” ed “Enter The Void” ci abbiano regalato dei momenti di goduria strepitosi mentre venivano fuori (anche se in realtà i pezzi per l’80 % erano già stati scritti da Gabriele), ma arrangiarli, definirli e metterli in sincrono con ciò che ognuno di noi voleva tirar fuori da quelle tracce è stato appagante e godurioso, così come lo è suonarle tutte le volte, ora che sono finite.
VORREI TORNARE UN ATTIMO A “COWARDS EMPIRE” E CHIEDERTI SE, A DISTANZA ORAMAI DI CIRCA OTTO ANNI, SIETE ANCORA PIENAMENTE SODDISFATTI DEL DISCO, OPPURE PENSI CHE FORSE AVRESTE POTUTO FARE QUALCOSA DI LEGGERMENTE DIVERSO, MAGARI SFRUTTANDO IN MODO LEGGERMENTE DIFFERENTE LE CARATTERISTICHE VOCALI DI CN SID, FORSE PIÙ A SUO AGIO IN UN CONTESTO PRETTAMENTE DEATH METAL.
– “Cowards Empire” è un album che amo alla follia ancora oggi. No, non cambierei nulla di quel disco, sono pienamente soddisfatto del risultato anche e soprattutto di come Sid lo ha elaborato con la sua voce, E credo di parlare per tutti a riguardo, Sid compreso.
Se proprio dovessi cambiare qualcosa di quell’album cambierei il muro delle chitarre e del mix, forse poco compatto e un poco dispersivo. Ma in linea di massima ti dico che è uno dei capitoli più’ soddisfacenti della nostra discografia. Poi, se la mettiamo sul piano emotivo, è stato un po’ l’album della rinascita dopo tante vicissitudini, che oramai fanno da sempre la parte di co-protagonista nella nostra storia. Rinascita, così come “Canto VII” lo è tutt’ora.
LA DISCOGRAFIA DEI NODE È SICURAMENTE PIUTTOSTO VARIEGATA NEGLI STILI SONORI E DA UN DISCO ALL’ALTRO SONO SEMPRE INTERVENUTI IMPORTANTI CAMBIAMENTI. GUARDANDO ORA A QUANTO PRODOTTO, PENSATE CHE QUESTA ETEROGENEITÀ SIA SEMPRE STATA QUALCOSA DI POSITIVO, OPPURE POSSA AVER DISORIENTATO CHI VI SEGUIVA, DANDO L’IDEA CHE DA UN DISCO ALL’ALTRO LA BAND FOSSE DIVENTATA QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIFFERENTE?
– Come ti ho detto prima, tutto è stato direttamente proporzionale allo stile e ai gusti di chi insieme a me faceva parte della band, e allo stesso modo nessuno di noi si è mai preoccupato di seguire un filone, uno stile o uno schema, quando qualcosa ci piaceva lo si buttava giù e fine. Di quello che la gente pensa riguardo all’identità o se si è trovata disorientata o meno credo dipenda tutto dalla propria apertura mentale e dalla predisposizione a capire o a non voler capire quello che viene proposto. Detto ciò, noi siamo ancora qui dopo trent’anni, quindi tutto questo non ha minimamente influito sulla nostra esistenza, ergo non vedo nessun problema in merito.
PENSATE CI SIA STATO UN MOMENTO IN CUI I NODE AVREBBERO POTUTO FARE UN SALTO DI QUALITÀ IN TERMINI DI POPOLARITÀ E USCIRE DAI CONFINI ITALIANI, DIVENTANDO UN NOME APPREZZATO ALL’ESTERO E CHE POTESSE INSERIRSI STABILMENTE NEI CIRCUITI LIVE INTERNAZIONALI? E IN CASO AFFERMATIVO, COSA È MANCATO IN QUEL MOMENTO, PER POTER COMPIERE QUESTO SALTO IN AVANTI?
– Se i Node avessero fatto un salto di qualità, per come lo intendi tu, dopo trent’anni lo avrebbero fatto sicuramente già da tempo, se questa qualità ci fosse stata, non credi? E onestamente cosa sia mancato per ottenerlo è una domanda che non ci siamo mai posti, e detto tra noi non me ne frega un cazzo.
Evidentemente questa qualità è venuta meno, a discapito però di altre qualità magari meno soddisfacenti sul piano del successo e della notorietà, ma che hanno aiutato ciascuno dei membri che hanno fatto parte della band e che fanno tuttora parte della band a crescere come persone e come musicisti: anzi, come musicanti, dato che nessuno di noi lo fa come mestiere, a parte Gabriele.
E anche la mancanza di questo ‘salto di qualità’ non ha minimamente influito sulla nostra esistenza e sul nostro fare musica e stare bene. Per quanto mi riguarda, poi, se proprio dobbiamo parlare di salti, sul palco riesco a farne ancora a cinquantatré anni e – fidati – quando arriverai alla mia età, scoprirai che riuscire ad esprimere in pieno ancora le energie e la tua passione riuscendo a vivere in pieno qualcosa che veramente ti piace e ti fa sentire vivo, senza rimpianti e senza seghe mentali, vale più di qualsiasi altra cosa, provare per credere!
QUEST’ANNO COMPITE TRENT’ANNI COME NODE. TRAGUARDO IMPORTANTE, CHE IMMAGINO VOGLIATE CELEBRARE IN MODO SPECIALE. COSA AVETE IN MENTE AL RIGUARDO?
– Abbiamo appena pubblicato per Arcana Edizioni la nostra biografia ufficiale “As Book Kills” scritta da Massimo Villa, già autore delle bio di Necrodeath, Extrema e Sadist, che è disponibile online e in tutte le librerie da qualche settimana. Abbiamo raccolto in duecentonovanta pagine la nostra storia, con tantissime foto di archivio, testimonianze di tutti coloro che hanno fatto parte direttamente ed indirettamente della nostra storia.
La prefazione è stata curata da un guru della musica estrema che risponde al nome di Marco Pesenti (Peso), batterista dei Necrodeath e grande estimatore e amico dei Node da sempre. Contiene inoltre interventi da parte di tantissimi artisti che hanno incrociato la loro strada con la nostra, tra cui Lacuna Coil, Sadist, Novembre, Necrodeath giusto per citarne alcuni. Inoltre, stiamo organizzando uno special show previsto per questo autunno dove interverranno ospiti e vecchi membri della band.
DOPO TUTTI QUESTI ANNI SULLA SCENA METAL, QUALI SONO GLI ASPETTI CHE SECONDO VOI SONO ANDATI PEGGIORANDO E QUALI INVECE MIGLIORANDO, PER QUANTO RIGUARDA L’ATTIVITÀ DEI GRUPPI E IL MODO IN CUI GLI ASCOLTATORI SI APPROCCIANO ALLA MUSICA?
– Dato che sono un uomo senza pretese e soprattutto privo di seghe mentali di ogni tipo, il mio modesto parere, detto da uno che ha iniziato ad ascoltare metal nel 1982/83, è che dopo più di quant’anni il metal c’è ancora, vivo, vegeto e in salute e ne stiamo godendo tutti appieno, con la possibilità di poterne usufruire in grande quantità e qualità.
Sotto molti aspetti, i peggioramenti che ci possono essere stati nella scena metal non mi toccano, così come non me ne frega un cazzo del tipo di approccio che gli ascoltatori possono avere alla musica. Ognuno si può approcciare come vuole, perché la musica è di tutti e soprattutto la musica rimane l’ultima forma di libertà che ci è rimasta, per cui, caro Giovanni, godiamocela tutta appieno senza farci menate, piuttosto iniziamo a farcele e a incazzarci quando cominceranno a togliercela…
COME ULTIMA DOMANDA, VOLEVO SAPERE QUALI SONO LE TRE CANZONI PIÙ IMPORTANTI DELLA VOSTRA CARRIERA E PERCHÉ.
1) “Ask”, perchè è la nostra prima canzone;
2) “Das Kapital”, perché è quella che ci ha regalato più’ soddisfazioni;
3) “The Truck”, perché con quel pezzo abbiamo realizzato di essere ancora vivi ed avere ancora molto da dire.