NORMA JEAN – Il cantico delle creature

Pubblicato il 31/10/2022 da

È con un certo orgoglio che vi riportiamo le parole di Cory Brandon, frontman degli storici metal-corer Norma Jean. La band della Georgia non ha mai fatto del mercato europeo la propria priorità, e quella di oggi – se i risultati della ricerca di Google non mentono – è la prima intervista che il Nostro rilascia per un portale web italiano. Statistiche a parte, l’assist per la chiacchierata che segue è stato fornito dalla pubblicazione di “Deathrattle Sing For Me”, nono sigillo di una carriera che, dal seminale “Blessed the Martyr and Kiss the Child” del 2002, tra momenti più o meno fortunati, non ha mai smesso di esaltare l’ispirazione e l’elasticità del quintetto sudista, annoverabile fra quei pochissimi gruppi in grado di potersi permettere (quasi) ogni cosa senza perdere nulla della propria dirompente personalità. Metal-core di inizio anni Duemila, grunge e alternative rock novantiani, punk, country… Il nuovo parto su Solid State è l’ennesimo attestato di apertura mentale che i Norma Jean conseguono in carriera; un disco figlio dell’isolamento e del tempo libero seguiti allo scoppio della pandemia, di cui Brandon – persona lucida, cordiale e aperta a mostrare all’interlocutore le proprie fragilità e le proprie convinzioni – ci ha parlato senza risparmiarsi…

BENVENUTI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. SONO GIÀ TRASCORSI TRE ANNI DA “ALL HAIL”, UN DISCO MOLTO APPREZZATO CHE SI PUÒ DIRE ABBIA INAUGURATO UNA NUOVA FASE DELLA VOSTRA CARRIERA. COME VEDETE OGGI QUEL LAVORO? QUALI OBIETTIVI AVEVATE IN MENTE DI RAGGIUNGERE CON “DEATHRATTLE SING FOR ME”?
– Siamo tutti molto contenti, e penso che quello che abbiamo realizzato sia davvero unico. È difficile descriverlo, ma ogni canzone suona quasi come se potesse essere su un album diverso. Inoltre, non ci siamo attenuti a nessun template prestabilito quando stavamo scegliendo il nostro setup di amplificatori, microfoni, ecc. È un lavoro sperimentale, nato dall’esigenza di uscire dalla comfort zone e da qualsiasi cosa fatta recentemente con la band. In generale, credo che l’ultimo anno sia stato molto interessante, almeno dal punto di vista musicale. Molti gruppi erano isolati, e questa condizione si è riflessa nei dischi usciti in questi mesi. È un momento emozionante per la musica, e siamo tutti felici di farne parte.

COME SI È SVOLTA LA FASE DI COMPOSIZIONE QUESTA VOLTA?
– Per come lavoriamo noi, quasi nulla è completo prima di entrare in studio. Quando abbiamo il 50-60% di tutte le canzoni pronto, mi posso considerare una persona felice (ride, ndR). Ci sono così tante cose che possono apparire e subentrare durante la lavorazione… Ecco perché ci piace lasciare tutto aperto e in standby fino alla fine. Non è completo finché non lo consegniamo, e anche allora ci sentiamo quasi come se stessimo abbandonando il lavoro.

UNA DELLE PRIME COSE A CATTURARE L’ATTENZIONE DURANTE L’ASCOLTO È IL FORTE VIBE ALTERNATIVE. TROVO CHE “DEATHRATTLE SING FOR ME” SIA IL VOSTRO ALBUM PIÙ ROCK, CON DIVERSI RIMANDI AD ALICE IN CHAINS, SMASHING PUMPKINS, WHITE ZOMBIE… SEI D’ACCORDO? COME VI SIETE MOSSI IN QUESTA DIREZIONE?
– Sì, sono totalmente d’accordo con te… Ma allo stesso tempo penso ci sia un buon equilibrio fra passato e presente della musica pesante. Abbiamo cercato di afferrare le giuste dinamiche per diversi album. Penso che nel nostro caso la fase di mastering sia cruciale; puoi ingegnarti con le sfumature e i dettagli quanto vuoi, ma se poi vengono compressi la dinamica della tua canzone sarà distrutta. Le parti silenziose dovrebbero essere silenziose, le parti rumorose dovrebbero essere rumorose, con tutte le varianti intermedie. A volte, le piattaforme di streaming possono pasticciare con questi aspetti, quindi consigliamo sempre di scaricare i nostri album o di ascoltarli su CD/vinile per vivere un’esperienza completa. Jeremy (produttore) e Jonathan (mastering) hanno svolto un lavoro fantastico, preservando ogni caratteristica del disco. Volevamo fosse quel tipo di album per cui potersi sdraiare per terra, con le cuffie, e vivere un’avventura. Qualcosa da cui forse, anche tra dieci anni, salteranno fuori strati e suoni che non avevi notato prima. E riguardo ai nomi citati, chi non ama Alice In Chains e White Zombie?

DOPO AVER COLLABORATO CON WILL PUTNAM PER “ALL HAIL”, SIETE TORNATI A LAVORARE CON JEREMY SH GRIFFITH, CHE ERA STATO GIÀ COINVOLTO NELLA PRODUZIONE DI “MERIDIONAL”. DIETRO QUESTA SCELTA VI È UNA QUALCHE RAGIONE PRECISA? COME HANNO AVUTO LUOGO LE REGISTRAZIONI?
– Rispetto al periodo di “All Hail” il nostro umore era molto diverso. Amiamo Will, è un amico e un produttore incredibile, ma non lo so… in questo caso avevamo bisogno di una persona che conoscesse il nostro lato oscuro, e Jeremy era il nome giusto. Vedo “Deathrattle Sing For Me” più come un album di isolamento. Ho sempre suggerito di farne almeno uno in carriera, e ora sembra che tutti lo stiano facendo! È un po’ folle pensare al quantitativo di musica che sta uscendo in questo momento, ed è interessante vedere cosa hanno fatto molti artisti nel loro isolamento. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Avevamo già registrato un disco in condizioni simili (“Polar Similar”), ma questo ne moltiplica le caratteristiche per mille. Non so se sia un bene o un male, ma so che amiamo ciò che abbiamo realizzato. Direi che metà dell’album è solo un gruppo di amici che si diverte a scrivere canzoni garage, e l’altra metà è un po’ più confusa, anche per noi. Ma anche la confusione fa parte del divertimento. Abbiamo trascorso più di un anno a scrivere, diversi mesi ad incidere e sei/otto mesi a mixare. Alcune di queste canzoni hanno oltre duecento livelli. Non credo sarà qualcosa che rifaremo, almeno non molto presto. Penso che lo scopo di isolarsi durante la scrittura sia quello di evitare di essere influenzati dall’esterno, ma non so bene quanto funzioni davvero, ti costringe solo a trovare ispirazione in un posto diverso. Per “Deathrattle…” abbiamo guardato molte partite di football vintage, ascoltato vecchi concerti dei Metallica e scavato in dischi che amavamo da adolescenti.

ANCORA UNA VOLTA, LA TUA PERFORMANCE VOCALE È IMPRESSIONANTE E DI SICURO UNO DEI PUNTI DI FORZA DEL DISCO. QUANTO È IMPORTANTE PER TE ESSERE UN INTERPRETE IMMEDIATAMENTE RICONOSCIBILE, PRIMA ANCORA CHE UN CANTANTE?
– Grazie per le belle parole, amico. Personalmente, penso che il cantante sia un ruolo importante, perché è la voce di un progetto che spiega concetti a diversi tipi di persone, e per questo motivo ha una responsabilità incredibile.

DA UN PUNTO DI VISTA LIRICO, DI COSA PARLA IL NUOVO ALBUM? C’È UNA FRASE, CITATA ANCHE NEL PRESSKIT, CHE RECITA: “THIS WORLD WAS NEVER MEANT FOR ME OR I WAS NEVER MEANT FOR IT“. È UN PASSAGGIO CHE MI HA COLPITO SUBITO, MOTIVO PER CUI MI CHIEDEVO SE FACESSE PARTE DI UN QUADRO PIÙ AMPIO…
– “All Hail” aveva in mente un tema preciso, quindi con questo disco abbiamo evitato qualcosa di simile. C’è un passaggio nel testo di “1994” che penso riassuma molto di ciò che stavo provando in quel momento: “Angry songs make me feel worse – Happy songs make me feel like a liar” (“Le canzoni rabbiose mi fanno sentire peggio – Le canzoni felici mi fanno sentire un bugiardo”, ndR). Al di là di tutto quello che è successo nel mondo, abbiamo superato un bel po’ di cose a livello personale. Io in primis, durante questo processo, sono diventato sobrio, quindi queste canzoni mi hanno davvero aiutato a tenere tutto insieme. Volevamo soltanto scappare e scrivere musica nella stessa stanza, come quando abbiamo iniziato a suonare tanti anni fa. “Deathrattle…” è un momento, un luogo in cui rifugiarsi per fare musica con degli amici.

PER COME LA VEDO IO, NORMA JEAN HA SEMPRE SIGNIFICATO LIBERTÀ ARTISTICA ED ESPRESSIVA IN UN MONDO (QUELLO DEL METALCORE) TENDENTE ALL’OMOLOGAZIONE E ALLA STAGNAZIONE DELLE IDEE. IMMAGINO SIA NORMALE PER VOI APPROCCIARVI ALLA MUSICA IN QUESTO MODO, MA CHE PESO DATE ALLA PERSONALITÀ?
– Ad ogni album diventiamo sempre più aperti e disposti provare qualsiasi idea, quindi proviamo di tutto e lasciamo che siano le nostre orecchie a decidere. Mi sorprende sempre pensare a cosa sarebbe stato scartato se non lo avessimo fatto. Se un’idea all’inizio non funziona, di solito ne seguirà una che funzionerà, e a volte le idee migliori nascono come errori. Semplicemente, accettiamo il fatto che non sempre sappiamo dov’è diretta una canzone, e di conseguenza lasciamo che ci porti dove dovrebbe. Ci fidiamo abbastanza l’uno dell’altro da sapere che tutti noi vogliamo il meglio per ogni canzone e per l’album. Spesso ci chiediamo: “in che modo questa cosa è utile al disco?”, e penso che questo ci faccia superare la maggior parte degli ostacoli.

C’È QUALCHE BAND DELLA VECCHIA SCENA METALCORE (QUELLA DA CUI DI FATTO PROVENITE) CHE SEGUITE ANCORA O CON CUI SIETE IN CONTATTO?
– Onestamente con un ristretto numero di band, ma va bene così. Come sai, la scena musicale è una specie di porta: alcuni escono, altri entrano.

COME GIUDICHI LO STATO DI SALUTE DELL’ODIERNA SCENA HARDCORE/METAL AMERICANA?
– Come al solito qui abbiamo un sacco di nuovi nomi interessanti, ma la parte più difficile di questo gioco è averne uno capace di prendere il posto di grandi nomi come Metallica, ecc. Alcune band sono in grado di fare spettacoli da tutto esaurito in giro per il mondo, ma chi è pronto ad essere il re? Sinceramente non ho una risposta.

PARLANDO DI ESPERIENZE DAL VIVO, QUAL È IL POSTO PIÙ ASSURDO IN CUI VI È CAPITATO DI SUONARE?
– (Ci pensa e ride, ndr) domanda interessante! Probabilmente in alcune scuole/college negli Stati Uniti e in vari squat, spacciati per club, dell’Europa orientale, ma fa parte del gioco!

ALL’INIZIO DELLA VOSTRA CARRIERA, LA COMPONENTE CRISTIANA ERA PARTE INTEGRANTE DEL VOSTRO CONCEPT. QUAL È LA TUA POSIZIONE OGGI A QUESTO PROPOSITO?
– Ho sempre detto che la musica è un suono, e il suono non può avere un credo. Ho usato l’analogia per cui, quando sento qualcuno battere le mani, non posso dire se il suono di quel battito di mani è cristiano o altro. Sono un credente. Amo Gesù, seguo i Suoi insegnamenti e la Parola di Dio nel miglior modo possibile, e questo influenza assolutamente ciò che faccio come persona, marito, padre e musicista. Oltre a ciò, posso solo conoscere il mio cuore e le mie convinzioni. Norma Jean è un collettivo di amici impegnati a fare musica per chiunque, e non voglio mettere un’etichetta sulla totalità della nostra musica o delle nostre esibizioni, quando tutto ciò che facciamo come band è la realizzazione del lavoro di un’intera squadra.

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