Il virtuoso della sei/sette corde brasiliano Bill Hudson è un musicista che vive la musica con il cuore, e questo lo ha dimostrato più e più volte grazie alle sue numerose apparizioni in un quantitativo non indifferente di progetti musicali, generalmente appartenenti ai filoni classici, ma non è mancata anche qualche parentesi estrema. Tuttavia, la sua carriera da performer aveva bisogno di un’impronta personale per decollare, e questa è giunta grazie al già sfavillante esordio del progetto Northtale, “Welcome To Paradise”, che pur permettendo a Bill di cimentarsi nel ruolo di compositore, tendeva molto a citare quanto fatto da determinati mostri sacri del power metal, genere prediletto dal sopracitato axeman; questo probabilmente anche per via della presenza dell’ex frontman dei Twilight Force Christian Eriksson dietro al microfono, evidentemente poco disposto a rinunciare alla sua fetta di songwriting. Nel caso del nuovo “Eternal Flame”, come spiegato anche in fase di recensione, è invece possibile riscontrare una interessante presenza di elementi presi direttamente dalla musica folk brasiliana, che rappresenta probabilmente il vero tocco di classe di una delle opere più convincenti dello scorso anno, nonché la conferma del fatto che ora come ora la band risponde ad un solo e unico leader. Ce ne parla in questa sede proprio il carismatico chitarrista, cui si deve l’esistenza di una realtà che, ne siamo certi, saprà far parlare abbondantemente di sé nel prossimo futuro. Buona lettura!
CIAO BILL! PRIMA DI ENTRARE NELLO SPECIFICO DI “ETERNAL FLAME”, VORREI CHIEDERTI SE TI ANDREBBE DI FORNIRCI QUALCHE INFORMAZIONE SU QUELLE CHE SONO LE ORIGINI DEL PROGETTO NORTHTALE.
– Ciao a tutti! Allora, inizialmente la mia idea dietro al progetto Northtale era che potesse essere in un certo senso la mia creatura personale, con il focus principale orientato verso il guitar shredding e la componente strumentale in generale, sullo stile di molti lavori di Yngwie Malmsteen, con giusto un pezzo o due dotati di un comparto vocale. Successivamente sono però entrato in contatto con Christian Eriksson, allora da poco orfano del suo ruolo negli svedesi Twilight Force e ora non più membro attivo dei Northtale, il quale ha contribuito a suo tempo a scegliere gli altri membri del progetto, con cui abbiamo deciso successivamente di trasformare questa idea iniziale in una vera e propria band con tutti i crismi, e di conseguenza con una forte attenzione rivolta a tutti i vari elementi che compongono un songwriting degno di questo nome. “Welcome To Paradise” ha rappresentato il primo passo di questa nuova realtà e, considerando i nomi coinvolti, è giunto naturale orientare il tutto sul power metal.
VOLEVI CHE “ETERNAL FLAME” FUNGESSE A SUO MODO DA SEGUITO PER “WELCOME TO PARADISE” O ERA FORSE TUA INTENZIONE DARGLI UNA SUA DIMENSIONE?
– Sì, ad essere completamente sincero mi sento quasi di etichettare “Eternal Flame” come l’effettivo esordio nei Northtale all’interno del mercato discografico, e non me ne vogliano gli estimatori del precedente, ma adesso come adesso non riesco a considerare “Welcome To Paradise” più di una sorta di demo, volta più a fornire il giusto assestamento alla formula prima di procedere con il tocco personale. Anzi, volendola dire tutta, un paio di pezzi contenuti in esso non hanno nemmeno ricevuto il giusto lavoro di rifinitura, prima di essere collocati in scaletta. La quantità di impegno e tempo che abbiamo riservato a “Eternal Flame” non è nemmeno paragonabile, in quanto si attiene su livelli molto più alti e credo non sia così fuori luogo parlare di una vera e propria evoluzione, rispetto a quell’embrione che era il nostro lavoro d’esordio. Il tutto peraltro con una nuova formazione.
NON DEVE ESSERE STATO SEMPLICE TROVARE UN VALIDO SOSTITUTO PER CHRISTIAN ERIKSSON. COME SEI ENTRATO IN CONTATTO CON GUILHERME HIROSE?
– Potrà sembrarti buffo, ma il nostro primo contatto ha avuto luogo su Facebook, dove lui mi ha aggiunto chiedendomi di poter fare un’audizione per il ruolo di cantante all’interno della band. Io avevo già avuto modo di ascoltare la prova di una quarantina di potenziali candidati, di cui uno proveniente dall’Italia, ma nessuno di loro combaciava perfettamente a quella che era la specifica idea di voce che avevo io per i Northtale. Guilherme era già membro attivo dei Traumer, band validissima che ho ascoltato io stesso, nonché un appassionato e praticante dello stile vocale reso celebre da Andre Matos, che in Brasile rappresenta una vera e propria istituzione, e devo dire che il loro modo di cantare risulta incredibilmente affine. Non dico che Guilherme sia un cantante migliore del candidato italiano, che in tutta sincerità ero molto tentato di assumere, però rappresenta esattamente la timbrica e la tecnica di cui i Northtale hanno bisogno, senza contare che è un mio connazionale brasiliano, il che lo rende indicato anche per determinate soluzioni e tematiche che volevo collocare nell’album.
QUALI SONO QUESTE TEMATICHE?
– Dunque, sicuramente non lo definirei un concept album nel senso stretto del termine, però è presente una sorta di filo conduttore che accomuna buona parte delle tracce che compongono la scaletta. Ad esempio, “Wings Of Salvation”, “The Land Of Mystic Rites” e “Midnight Bells” parlano tutte di qualcosa che riguarda il Brasile e la sua cultura, indipendentemente che si parli di personaggi storici come Alberto Santos Dumont, dello stile di vita o direttamente del folklore. Tuttavia ci sono anche delle fasi più tetre, come “In The Name Of God”, che tratta anche in maniera abbastanza esplicita del controllo esercitato da determinate istituzioni religiose. Vi sono poi parentesi più allegre e incentrate sulla volontà di credere in se stessi, lottando per i propri desideri e così via. Infine vorrei andare nello specifico della conclusiva “Nature’s Revenge”, in cui abbiamo voluto rappresentare la pandemia ancora in corso come una ipotetica vendetta di Madre Natura, vista peraltro dalla sua prospettiva; come se ella stesse tentando in un certo senso di riprendersi ciò che è suo, riducendo l’influenza di chi con la sua esistenza ne ha intaccato l’equilibrio.
VISTO CHE HAI MENZIONATO LA PANDEMIA, COME DESCRIVERESTI LA TUA ESPERIENZA COL PROGETTO “METAL AGAINST CORONAVIRUS”?
– L’idea di prendere parte al progetto mi è stata suggerita da Kelly Mclauchlin, che suona con me negli I Am Morbid e si è prodigato per raccogliere adesioni per un progetto volto a condividere canzoni, nella speranza di poter raccogliere delle donazioni per combattere un’emergenza che sta ancora interessando tutto il mondo. Io però ho voluto distanziarmi leggermente dal modo in cui il tema è stato trattato nella maggior parte di quelle canzoni, in cui si è posta l’attenzione principalmente su tutto il dramma della faccenda, lockdown e mascherine incluse: personalmente ho voluto parlarne nuovamente dal punto di vista della natura, come ho fatto per la sopracitata “Nature’s Revenge”, menzionando ad esempio i delfini nelle acque di Venezia e questioni affini, rappresentative di come il periodo abbia portato anche a svolgimenti inattesi da parte della natura stessa.
QUALI CREDI SARANNO GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA SUL PANORAMA MUSICALE?
– Ci saranno sicuramente dei cambiamenti, molte band cesseranno di esistere e ancora molti locali chiuderanno definitivamente le porte. In ogni caso, bisogna cercare di tenere duro e fare di questa situazione qualcosa di potenzialmente positivo, anche sul versante musicale, sperando che ci sia davvero la voglia da parte di musicisti e pubblico di tornare a godere davvero della musica. Non è piacevole pensare che molti dovranno dedicarsi ad altri lavori per sopravvivere, impossibilitati a lucrare unicamente grazie alla musica, ma sacrificare del tutto la propria creatività non è una buona idea, soprattutto quando si è costretti tra le mura di casa. Anzi, io stesso ho scelto di concentrarmi su “Eternal Flame” mentre fuori tutto andava in rovina, e spero possa giungere alle orecchie di più ascoltatori possibile, affamati di musica e di distrazione.
CAMBIANDO ARGOMENTO, VORREI PARLARE DI TE PERSONALMENTE COME MUSICISTA: RITIENI CHE I NORTHTALE RAPPRESENTINO IN UN CERTO SENSO LA SUMMA DELLE TUE NUMEROSE ESPERIENZE IN PROGETTI DIVERSI?
– Assolutamente sì! Suonando in tante formazioni diverse ho avuto modo di apprendere moltissimo su tutto ciò che ruota attorno a una band metal, cimentandomi peraltro in generi affini ai miei, ma anche in proposte inizialmente lontane da quelle che sono le mie preferenze. Personalmente sono sempre stato più un performer che un songwriter, una mancanza cui ho voluto porre rimedio proprio iniziando a lavorare sulla musica dei Northtale, attingendo a tutto il bagaglio acquisito suonando la musica di altri, tra cui anche dei mostri sacri come i Savatage o i Warlock. Diciamo che tutte queste partecipazioni mi hanno insegnato davvero cos’è il metal, prima di permettermi di cimentarmi io stesso nella stesura di brani personali e potenzialmente meritevoli di attenzioni.
QUALI SONO LE TUE PRINCIPALI FONTI DI ISPIRAZIONE?
– Comincio menzionando in pompa magna il mitico Kai Hansen, mio eroe sin dall’infanzia e peraltro ospite all’interno del brano “Future Calls”, terza traccia di “Eternal Flame”. Oltre a lui non posso non citare Timo Tolkki, che, pur con tutti i suoi difetti, ha rappresentato per me un vero e proprio idolo della chitarra, al punto tale che non sono più riuscito ad ascoltare gli Stratovarius dopo la sua uscita, pur riconoscendo che ci sia ancora qualità nella loro proposta. I miei album preferiti di tutti i tempi sono quelli che compongono la loro discografia a partire da “Dreamspace” fino alla prima parte di “Elements”.
Da brasiliano poi non posso che essere ancora oggi follemente innamorato di Andre Matos e di quanto fatto con gli Angra, i cui primi lavori sono ad oggi i miei principali diademi in quanto compositore. Poi ovviamente devo citare maestri della chitarra come Yngwie Malmsteen, Chris Oliva, Jason Becker e John Petrucci, ma anche Dave Murray e figure meno legate al virtuosismo. Potrei stare qui fino a domani a elencarti tutto ciò che occupa il mio cuore di musicista e appassionato.
DA AMANTE DEL GENERE, COME DESCRIVERESTI LE ATTUALI CONDIZIONI IN CUI VERTE IL POWER METAL?
– Sono sempre stato un grande appassionato di tutto ciò che riguarda il power metal, e tornando indietro al tempo della mia permanenza nei Cellador ripenso al fatto che insieme ai Dragonforce eravamo due delle power metal band più eccessive e tamarre che ci fossero sul mercato. Successivamente la mia carriera è continuata e man mano vedevo che l’interesse per questo genere sembrava non elevarsi più oltre una certa soglia, senza contare l’inevitabile allargamento della scena con band anche piuttosto trascurabili. Qualche anno fa, tuttavia, più o meno in concomitanza con la mia decisione di diventare un songwriter, ho notato che il genere stava iniziando nuovamente a emergere dall’underground, con numerose nuove formazioni vogliose di farsi conoscere, dopo circa un decennio in cui in ogni dove si faceva un gran parlare del metalcore e proposte affini. La contropartita in tutto questo è che quella dilatazione di cui parlavo prima sembra quasi essere peggiorata, poiché per ogni ogni grande band che viene fuori – e ce ne sono parecchie, per fortuna – se ne possono trovare ancora di più assolutamente insipide, sprovviste di idee e poco utili al riscatto del genere. Il lato positivo è che questo indica che c’è interesse, e in una situazione così sta poi ai migliori riuscire a far emergere i propri prodotti, e naturalmente spero che “Eternal Flame” possa essere tra essi.
DI COSA CREDI ABBIA BISOGNO IL GENERE PER PROLIFERARE IN FUTURO?
– Dei Northtale ,naturalmente! No, ok, scherzi a parte, credo che la prima cosa di cui il genere ha bisogno siano delle formazioni autentiche e vogliose di proporre qualcosa di meritevole a livello di tematiche e songwriting, e quindi non solo dal punto di vista degli abiti, del trucco o comunque dello show. Per carità, ci sta eccome adottare una presentazione visiva peculiare, come fanno ad esempio i Twilight Force o i Gloryhammer, band che personalmente apprezzo, ma è bene non dimenticarsi che il fulcro di una proposta musicale è proprio la musica ed è un vero peccato sacrificarla per favorire unicamente le gimmick. Senza contare che, quando ci sono fenomeni di questo tipo, moltissimi musicisti si convincono possa essere sufficiente indossare una maschera per giungere alla vetta, dimenticandosi che senza delle canzoni in grado di funzionare, non c’è nessun tipo di successo che tenga.
TUTTAVIA TU HAI SUONATO ANCHE IN FORMAZIONI DEDITE A PROPOSTE LONTANE DAL POWER METAL, CHE TIPO DI FEELING HAI AVVERTITO?
– Partiamo dal presupposto che io suono e ascolto di tutto, in quanto il bello del metal è anche la sua versatilità e c’è tanta qualità anche nei filoni più estremi. Effettivamente però non sapevo niente di una band come i Vital Remains, con cui ho intrapreso un tour dopo essermi informato sulla loro proposta, e similmente non sono mai stato un grande appassionato dei Morbid Angel, con cui ho avuto modo di entrare in confidenza seriamente al momento del mio ingaggio negli I Am Morbid. Dopo un primo approccio in cui mi sembrava di fare più casino del solito con la chitarra, mi sono accorto della grande musicalità che il metal estremo può proporre se si dispone della dovuta apertura mentale per leggere tra i ruggiti. Senza contare che da sempre amo le esperienze nuove, e così come mi sto divertendo molto a suonare le tastiere per Doro in combinazione con la chitarra, anche esibirsi con una band death metal può essere accattivante e formativo. Ovviamente anche nell’estremo si applica lo stesso principio che vale per le proposte melodiche, cioè che determinate band sono fenomenali, mentre quelle che le copiano troppo spudoratamente non hanno nulla di che da dire.
PER CONCLUDERE, CHE RAPPORTO HAI COL METAL ITALIANO?
– Mi definisco un amante di moltissime formazioni italiane, tra cui ovviamente i Rhapsody e i Labyrinth, ma anche di realtà passate leggermente in sordina come i Time Machine. Inoltre, credo che tuttora l’Italia possa vantare una fetta non indifferente del panorama di qualità grazie a band come gli Skeletoon, che grazie a una bestia di vocalist come Tomi Fooler – che mi sento di annoverare di diritto tra i migliori in assoluto ora come ora – possono davvero ergersi al di sopra della massa. Naturalmente, se facciamo un passo indietro, il panorama italiano è pieno di realtà degne di menzione, come alcuni lavori degli Skylark o di Eddy Antonini, e credo che possiate davvero gioire ed essere patriottici nel momento in cui vi accorgete dell’indiscutibile livello raggiunto anche dal vostro sottovalutato paese in termini musicali. Tra l’altro i miei famigliari adoravano la musica di Pavarotti e persino di un certo Lucio Dalla, perciò non fatico ad ammettere di aver sempre avuto qualcosina di italiano che risuonava al mio fianco.