I Nott sono solo la principale, esaltante incarnazione di H. Archvile, polistrumentista bresciano dedito al black metal da quasi tre lustri, sotto vari pseudonimi e con all’attivo band come Nebrus e Urticant. Un periodo decisamente lungo, durante il quale il Nostro ha accumulato esperienze diverse e una presenza ben definita nell’underground, in particolare con questo progetto, il suo più longevo, giunto con “Immaculate Eclipse” alla quarta pubblicazione tra EP e full-length. Un lavoro diretto, maligno ma tutt’altro che banale, che ha i suoi punti di forza nel riffing, che occhieggia con personalità alla seconda ondata norvegese, e nella capacità di evocare atmosfere. L’intervista è in questo caso l’occasione per una chiaccherata a 360 gradi sulla sua musica e sulla scena black contemporanea.
CIAO MORTIFERO, BENVENUTO SU METALITALIA.COM. IL TUO NUOVO ALBUM CI HA PARTICOLARMENTE COLPITI: VORRESTI DESCRIVERE QUESTO “IMMACULATE ECLIPSE” E IL TUO PROGETTO NOTT AI NOSTRI LETTORI?
“Ciao Metalitalia. Nott è un progetto old school black metal nato nel 2002: dopo un paio di release molto underground nel 2003-2004 e un periodo di stasi piuttosto lungo che è coinciso con il mio impegno in altri progetti, specialmente in quello che ritengo il mio progetto principale ossia i Nebrus, l’ho riportato alla piena attività nel 2013, con l’uscita fino ad ora di due full length. In particolare, il più recente ‘Immaculate Eclipse’ risulta la naturale continuazione del precedente ‘The Grave Age’, seppure il sound in generale, oltre che più curato, risulti essere meno atmosferico e più diretto”.
PARLIAMO DEI TESTI: PUOI E VUOI SVELARCI QUALCOSA SUI CONTENUTI LIRICI DI QUESTO LAVORO?
“In generale le mie liriche sono trasposizioni in versi di visioni partorite dall’ascolto della musica da me composta: in ‘Immaculate Eclipse’ molte sono a carattere apocalittico mentre nel precedente lavoro queste erano più legate al tema della morte. Tengo a precisare che nei miei testi non intendo trasmettere alcun tipo di messaggio o ideologia”.
CHE PROCESSO COMPOSITIVO SEGUI, SOLITAMENTE?
“Di solito, in una prima fase, improvvisando alla chitarra, registro quei riff che mi sembrano interessanti e li metto da parte. In seguito, a volte anche mesi dopo, attingendo dalla collezione di riff già composti, ne scelgo alcuni che reputo avere una consequenzialità. Passo poi alla costruzione della struttura del pezzo, ultimando i riff, se necessario, e terminando la fase chitarristica. Poi è la volta della scelta dei beat e dei pattern di batteria, per poter valorizzare al meglio l’andamento delle chitarre. Arrivano poi gli arrangiamenti di basso, legante ritmico e armonico tra chitarra e batteria. In ultimo i testi, evocati dall’ascolto dello strumentale appena creato”.
POSSO CHIEDERTI QUAL È IL TUO STRUMENTO DI RIFERIMENTO?
“Per quanto riguarda Nott è la chitarra, indispensabile per creare le atmosfere che caratterizzano questo progetto. Per quanto riguarda il sottoscritto invece è la batteria, uno strumento al quale negli ultimi due anni mi sto dedicando con assiduità”.
OLTRE CHE CON QUESTA BAND SEI O SEI STATO ATTIVO CON DIVERSI ALTRI PROGETTI, PER ESEMPIO NEBRUS: IN COSA SI DIFFERENZIANO PRINCIPALMENTE I TUOI LAVORI?
“Mi limito al confronto tra Nott e Nebrus, senza trattare altri progetti. Fondamentalmente, sino a ieri, la differenza più evidente tra i due progetti è consistita nella voce: in Nott c’è la mia, tutto sommato abbastanza standard per il genere, mentre in Nebrus c’è quella di Noctuaria, che, a mio parere ha una personalità e una riconoscibilità spiccate. Non voglio apparire semplicistico nella spiegazione ma, fino ad un recente passato, il materiale composto in origine per Nebrus o per Nott si è scambiato di posto in più di un’occasione. Diverse invece sono le strade che ormai i due progetti hanno intrapreso: Nott rimane fermo temporalmente ai primi anni Novanta, con l’intenzione di scarnificare ulteriormente il suo sound, cercando di esprimere le emozioni con il minimo necessario, mentre Nebrus si sta tramutando in una creatura molto più criptica e deforme, stiamo infatti lavorando al nostro secondo album e questo mostrerà un’evoluzione del sound in tal senso”.
A QUANTO CI RISULTA, HAI SEMPRE E SOLO LAVORATO COME ONE-MAN BAND. CI VUOI SPIEGARE I PERCHÉ DI QUESTA TUA SCELTA? È DIFFICILE TROVARE ANIME AFFINI O È UNA PURA SCELTA DETERMINATA DAL DESIDERIO DI UN CONTROLLO TOTALE SULL’ESITO FINALE?
“Tutto sommato mi rispecchio in ambedue le tue affermazioni, la prima non contraddice la seconda, anzi la completa. Nonostante lo status di one-man band, in passato ho condiviso i miei lavori con persone a me vicine, in veste di collaboratori. In ‘Immaculate Eclipse’, per esempio, ho fatto partecipare alle registrazioni e alle composizioni dei testi, ben tre cantanti diversi, e in tre pezzi mi sono avvalso della collaborazione di un bassista: ciò perché avevo la sensazione che ‘Immaculate Eclipse’ sarebbe stato un passo importante per Nott, e il desiderio era quello di aver al mio fianco persone vicine a questo progetto”.
HAI MAI PENSATO DI PROPORRE LIVE IL TUO MATERIALE? SE SÌ, A PARTE LA NECESSITÀ DI TROVARE SESSIONIST ALL’ALTEZZA, COME MAI HAI POI PREDILETTO UN’ATTIVITÀ SOLO IN STUDIO?
“Spesso le contingenze della vita fanno propendere per scelte piuttosto che per altre, in ogni caso la dimensione live ha certamente un suo fascino, se proposto nel contesto adatto, ma anche i suoi risvolti negativi. Non vorrei apparire troppo criptico, però tutto sommato preferisco non approfondire questo argomento, anche perché il rischio di cadere nei cliché e nelle banalità del caso è dietro l’angolo”.
DOPO LE PRECEDENTI DOMANDE VIENE SPONTANEA QUESTA. IL BLACK METAL, GENERE A CUI PARE TU ADERISCA SIA MUSICALMENTE CHE CONCETTUALMENTE – PUR CON TUTTI I DISTINGUO DEL CASO – SI CONFIGURA SPESSO PER UN APPROCCIO ELITARIO, MISANTROPICO, VOLUTAMENTE UNDERGROUND. È QUESTA LA TUA SCELTA ARTISTICA COME MORTIFERO?
“Certo che no. Se si volesse mantenere perlomeno una coerenza ed un’onestà intellettuale, se la misantropia e l’elitarismo fossero il fondamento di un qualsiasi progetto artistico, non ne staremmo a disquisire pubblicamente in questa sede, non credi? Avrebbe senso che un misantropo pubblicasse le sue opere? E sarebbe ancora un misantropo? Forse l’unica possibilità che mi sovviene è quella di un fantomatico anacoreta che, in totale solitudine, crei una qualche forma di arte, realmente misantropica, la quale venga eventualmente scoperta e diffusa solo dopo la sua morte, e non per sua volontà, ovviamente. E questo non è il mio caso”.
COME VEDI L’ATTUALE STATO DEL MOVIMENTO? RITIENI SIA ANCORA AUSPICABILE UN PURO APPROCCIO UNDERGROUND O TALI ANNI SONO DEFINITIVAMENTE TRAMONTATI?
“Se per ‘approccio underground’ intendi quello di chi per pura passione e dedizione porta avanti il black metal per il piacere di ascoltare, comporre e suonare questa musica, senza secondi fini, ritengo che questo sia necessario alla sopravvivenza del movimento. Per quanto riguarda la salute del black metal, ritengo sia ottima: ormai è un fenomeno trasversale che interessa praticamente tutto il globo e ogni giorno spuntano nuove band molto preparate, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello compositivo ed espressivo. L’unico problema relativo è proprio la quantità, che spesso fa trascurare uscite veramente meritevoli con il rischio di perdersi nel mare di release”.
E IN CHE MISURA TI SENTI PARTE DI UNA SUPPOSTA ‘SCENA’ BLACK METAL? SEI IN CONTATTO CON ALTRI MUSICISTI ITALIANI O STRANIERI?
“Ho una manciata di contatti, soprattutto esteri, con i quali condivido opinioni sulla musica, specialmente”.
È CORRETTO SENTIRE INFLUENZE TANTO OLD SCHOOL, QUANTO MODERNE NEL TUO LAVORO? PER QUANTO ASCOLTANDO IL TUO ALBUM IL RAW METAL SIA CHIARAMENTE IL PRINCIPALE RIFERIMENTO, LA PULIZIA DELLA PRODUZIONE E ALCUNE SCELTE SONORE LASCIANO TRASPARIRE QUESTO EQUILIBRIO.
“Secondo me le influenze dal punto di vista compositivo sono da ricondursi alla scuola norvegese di primi anni novanta: volente o nolente, quello è il periodo che prepotentemente mi ha imposto il suo imprinting come musicista. In riferimento alla pulizia del suono non penso dipenda dalle tendenze più o meno moderne, quanto da una scelta artistica e alla possibilità di attuarla: è pur vero che, oggigiorno, tutti possano disporre a poco di una strumentazione adeguata che, un tempo, era appannaggio solo degli studi professionali. In particolare, ritengo che in un pezzo sia possibile per l’ascoltatore individuare e seguire tutto ciò che gli strumenti stanno eseguendo, diversamente lo considererei un fallimento. Non sono mai riuscito ad apprezzare appieno produzioni confuse, un esempio classico nel black metal sono i brani con basso inesistente, batteria in tupatupa in cui è udibile solo il piatto hi-hat, chitarre in tremolo confusionarie e voci ultrafiltrate: questo secondo me è sintomo non solo di scarse registrazioni, ma anche di esecuzioni approssimative e, purtroppo, questo non va a favore dell’espressività del pezzo. E’ come dipingere un quadro a olio e poi, prima che si asciughi, imbrattarlo sfregandogli sopra con le mani: il risultato potrebbe essere anche suggestivo, ma tanti particolari andrebbero persi nel vuoto. Per contro, odio ancor di più le superproduzioni, in cui i suoni vengono trasfigurati e mistificati: il gusto mi porta a rispettare il più possibile ogni strumento, utilizzando parcamente l’effettistica, in particolare le equalizzazioni, per poter assegnare ad ogni elemento un suo posto ben preciso nel mix. In ‘Immaculate Eclipse’ non ci sono trucchi, la batteria è trattata con riguardo e senza trigger, la chitarra non passa attraverso una miriade di effetti ma semplicemente in un buon vecchio Marshall, e la voce ha dei normali parametri di riverbero”.
QUALI BAND RAPPRESENTANO LE TUE PRINCIPALI FONTI D’ISPIRAZIONE?
“Limitatamente a quanto concerne Nott sono Clandestine Blaze, Craft, Avsky e Judas Iscariot”.
GRAZIE MILLE DEL TUO TEMPO E ALLA PROSSIMA!
“Grazie a voi per la recensione e per l’intervista!”.