Impossibile non collegare gli Of Mice & Men al bel faccino di Austin Carlile, vero e proprio poster boy e risposta USA ad Oli Sykes. Uscito dal gruppo una seconda volta a causa di problemi di salute e divergenze artistiche gli OM&M sembravano destinati a morte certa… per decapitazione. Ma nessuno a quanto pare ha interpellato i diretti interessati, che non hanno nessuna intenzione di buttare alle ortiche i risultati di una carriera consolidata e in continua ascesa. Col supporto dell’etichetta Rise Records la band è riuscita a cadere in piedi, sfornando un disco, “Defy”, che potrebbe far continuare i quattro di O.C. in traiettoria ascendente. Ne parliamo con un confidente e loquace David Valentino Arteaga, batterista del gruppo…
IL NUOVO DISCO È HEAVY! È STATO NATURALE TORNARE A SUONARE MUSICA PESANTE?
– Assolutamente naturale. Con questo disco, che è il nostro quinto album in studio, volevamo cercare di definire quello che sono realmente gli Of Mice & Men, quindi abbiamo dato uno sguardo riflessivo alla nostra carriera, a quello che siamo riusciti a costruire ad oggi. Abbiamo voluto espandere il nostro suono in qualche modo, creare musica che ci rinvigorisse, che fosse onesta rispetto a quello che stavamo vivendo e che potesse coinvolgere il nostro pubblico. È un disco molto personale, parla di noi che ci spostiamo verso un nuovo capitolo. Per fortuna sembra che il nostro linguaggio continui ad essere in sintonia con la nostra audience, almeno per la reazione ai nuovi brani che abbiamo avuto ultimamente. È una cosa molto importante per noi.
C’È QUALCHE RUOLO CHE È CAMBIATO NELLO SCRIVERE E REGISTRARE MUSICA?
– Non proprio, abbiamo quasi sempre scritto gran parte della musica insieme. Si parte da un riff o da un’idea e ognuno aggiunge un pezzo, che ci si trovi a fare il soundcheck, sul retro del tour bus o a casa nostra, o nel piccolissimo garage dove proviamo. Abbiamo ancora un rapporto molto stretto tra noi, che si riflette nel modo in cui facciamo musica. Poi a volte ci scambiamo gli strumenti, io stesso in più occasioni ho partecipato alla scrittura di riff o linee vocali, non mi sono mai fermato esclusivamente alla batteria. Ultimamente abbiamo dovuto fare tutti un passo avanti, andando a sperimentare di più e a contribuire maggiormente. Ho provato a scrivere intere canzoni, per poi sottometterle agli altri. Eravamo in cinque e ora siamo in quattro, contiamo solo su noi stessi per spronarci e sostenerci. Le difficoltà che ci hanno colpito ci hanno reso più vicini, uniti e capaci di collaborare in maniera propositiva. I ruoli non sono cambiati, la necessità ci ha spinto e costretto a far meglio. Siamo dei musicisti migliori. Aaron ha sempre suonato e cantato. La mia parte preferita di questo disco è che Aaron può finalmente essere sé stesso al 100%. Howard Benson l’ha spinto a dare il meglio, non ho mai sentito la sua voce raggiungere questi livelli. È un musicista fenomenale, si è ridefinito e ha ridefinito la band dandoci la possibilità di voltare pagina. Non dimenticherò mai i giorni delle sessioni vocali, a casa del nostro produttore – tra le case dei Kardashian, di Kanye, di Travis Barker… pazzesco! – e non si è lasciato distrarre da niente. È incredibile quello che puoi realizzare quando sei sfidato dalla sorte. “Defy” sta appunto per sconfiggere le avversità, credere in te stesso, riuscire a creare qualcosa di cui sei fiero e proporlo ad altre persone, perchè vi si relazionino come è sempre accaduto con la musica della nostra vita. Siamo una metal band, abbiamo la necessità di parlare di quello che stiamo provando.
PENSI QUINDI CHE IL VOSTRO PRODUTTORE ABBIA AVUTO UN RUOLO CHIAVE?
– In un certo modo sì. Howard si è sempre presentato come un coach di basket, per essere precisi come il suo idolo Phil Jackson (allenatore plurititolato di Chicago Bulls e Los Angeles Lakers, ndR). Io non sono un grande appassionato di basket, ma me l’ha spiegata così: “lui lascia che i giocatori-chiave giochino”. Ovvio ci sono schemi e tattiche ma è importante che i giocatori si esprimano in quello che sanno far meglio, senza limitarli in alcun modo. Ci ha aiutato ad essere i migliori Of Mice & Men che potevamo essere. A volte diceva “non capisco questo genere, ma questa mi piace!”. Ci ha spinto ad essere noi stessi, a portare chi siamo davanti a tutto il resto. Spero lavoreremo ancora con lui in futuro, abbiamo creato un’amicizia fortissima con lui e tutto il suo staff.
AVETE INTENZIONE DI DARE UN TAGLIO AL PASSATO E SUONARE MOLTE CANZONI DA “DEFY” NEI PROSSIMI CONCERTI?
– I prossimi concerti da headliner saranno del “Defy tour” quindi ci saranno molte canzoni del nuovo disco, ma non vogliamo chiudere col passato in alcun modo, infatti riproporremo molte canzoni vecchie, com’è giusto che sia. Gli OM&M hanno scritto qualcosa come sessanta canzoni, ogni volta che ci penso la cosa mi sconvolge, ed è davvero difficile scegliere quali mettere in scaletta. Ognuna di esse è speciale per noi.
QUESTO TOUR È UN’OPPORTUNITÀ ENORME: COME STATE APPROCCIANDO IL PUBBLICO DI IN FLAMES E FIVE FINGER DEATH PUNCH?
– È un tour pazzesco, datemi un pizzicotto! Come lo approcciamo? Bang our fucking head! È ok perdere il controllo. Per noi un concerto è quella serata dove si perdono le inibizioni e si vive la musica completamente, a tutto volume, in faccia. È il bello del metal e della musica heavy. Ci consideriamo un live band: puoi ascoltare un disco un milione di volte a casa ma non sarà mai come quando viene eseguito dal vivo, quindi invitiamo tutti ad andare ai concerti, non c’è niente di meglio che lasciarsi andare in mezzo a persone che condividono lo stesso amore e la stessa eccitazione per la musica. Il nostro tecnico Brian riprende tutti i nostri concerti, e noi li riguardiamo, li riascoltiamo, ci assicuriamo di essere al 100% e di aver suonato bene, come fanno le squadre di football, per cercare di migliorarci sotto vari aspetti. Su album siamo puliti e perfettini, dovete venire al concerto per prendervi la sberla e gli sputi.
AVETE INCONTRATO QUALCHE PUBBLICO OSTICO?
– Più che il pubblico è la situazione: ci sono locali che impediscono il mosh, è veramente frustrante. Per quanto riguarda il pubblico ci piace suonare davanti a persone che non ci conoscono, mostrar loro chi siamo e di che pasta siamo fatti. Poi il metal in generale divide, o lo ami o lo odi, così accade lo stesso anche a noi. Oggi le porte erano aperte da un pezzo ma quando ci siamo esibiti c’era 1/10 dell’audience ma va bene così, è giusto che il locale sia sicuro ed è giusto ci siano controlli. È comunque una grandissima opportunità per noi.