“Ozymandias”, primo full-length dei One Day In Fukushima, è la classica perla underground in grado di mandare in visibilio chi è solito seguire con attenzione le derive più violente e frenetiche della nostra musica preferita. Un concentrato di grindcore energico, teso e vibrante in cui ‘violenza’ è sinonimo di ‘ingegno’, in cui gli Insect Warfare si fondono brillantemente con i Terrorizer e il tutto viene interpretato nella maniera più versatile possibile per un risultato finale che prescinde dai facili giochi di paragone. Abbiamo parlato delle origini del progetto, di come è nato il disco e di vari aspetti del circuito grind con il chitarrista/membro fondatore Fabrizio, eccovi il resoconto della chiacchierata!
INIZIAMO CON LE PRESENTAZIONI: COME, QUANDO E PERCHÈ NASCONO I ONE DAY IN FUKUSHIMA?
– Salve a tutti! I One Day In Fukushima nascono ad Eboli circa 5 anni fa, nell’estate del 2014, da un’idea mia (Fabrizio, chitarra) e Valerio (voce). Ci conoscevamo già, dato che suonavamo insieme in un altro progetto dai toni decisamente meno estremi, e parlandone decidemmo di fondare una band grindcore, genere preferito di entrambi e di gran lunga il mezzo migliore per poter esprimere le nostre intenzioni. Da parte mia, avevo militato in altri gruppi più o meno estremi e avevo un bel po’ di idee in testa per quanto riguarda il songwriting e le strutture dei brani; difatti nell’arco di sole due settimane registrammo i nostri primi tre pezzi avvalendoci di una drum machine. Dopo non molto tempo, entrarono a far parte del gruppo anche due nostri amici di vecchia data: Vincenzo (basso) e Francesco (chitarra ritmica, oggi nei Parodos, Taur Im Duinath e live member degli Scuorn). Nel 2015, adottando sempre la formula della drum machine, incidemmo il nostro demo d’esordio. Alla fine dello stesso anno Cosimo ci raggiunse alla batteria. In sostanza, è stata semplicemente la volontà condivisa di dar vita ad un progetto suonando ciò che più ci diverte e che, forse, sappiamo fare meglio.
“OZYMANDIAS”, IL VOSTRO DISCO D’ESORDIO, RISALE ORMAI ALLO SCORSO ANNO. VI ANDREBBE DI PARLARCI DELLA SUA GENESI E DEL PROCESSO CHE LO HA VISTO CONCRETIZZARSI?
– “Ozymandias” nasce da una costola del nostro primo demo, cui si aggiungono numerosi inediti. Com’è ovvio, i brani presenti sul demo sono stati rielaborati e riarrangiati, sia per la presenza di un drumming reale, sia per una questione di naturale evoluzione stilistica. Ci sembravano delle tracce molto valide, e considerato il buon feedback ottenuto sarebbe stato un peccato lasciarle lì, abbandonate a loro stesse, senza sfruttarne al meglio il potenziale. Per quel che riguarda la realizzazione dei vari brani, si è svolto tutto in maniera abbastanza semplice: lavoravamo in sala prove agli arrangiamenti dei riff che avevo precedentemente buttato giù, si correggevano gli errori, si affinava la metrica e infine si incastonavano le liriche. È una formula semplice che ben si adatta al nostro genere e al nostro modo di fare musica. La utilizziamo tutt’ora.
UNO DEI PUNTI DI FORZA DELL’ALBUM È SICURAMENTE LA PRODUZIONE. COME CI AVETE LAVORATO E – PIÙ IN GENERALE – CHE PESO ATTRIBUITE A QUESTO ASPETTO DEL PROCESSO CREATIVO? SOPRATTUTTO NEL VOSTRO GENERE, NON È RARO IMBATTERSI IN RESE SONORE APPROSSIMATIVE O LASCIATE AL CASO…
– Una buona produzione è sicuramente importante nel grind, ma non fondamentale. Noi abbiamo optato per una via di mezzo: un suono definito ma senza edulcorazioni che avrebbero del tutto snaturato lo spirito dell’opera. Ci è sembrata una formula perfetta per il tipo di grindcore che proponiamo… niente di moderno, niente di troppo elaborato e che (credo) sia di gusto non solo per un grinder o un punk, ma anche per chi segue prevalentemente la scena metal, magari abituato a suoni leggermente più puliti. La fase di registrazione è stata ‘homemade’, in sala prove, senza ricorrere a studi professionali, con attrezzature e strumentazione già in nostro possesso; per il resto è bastato il nostro (piccolo) bagaglio di conoscenze in materia e tanta voglia di fare bene, in pieno stile DIY! Per quanto riguarda il lavoro di mixaggio e mastering, abbiamo affidato il lavoro ad Olli Nokkala, chitarrista dei letali Feastem e proprietario di un piccolo studio ad Helsinki. Fin dall’inizio si è rivelata una persona molto affabile e disponibile. Abbiamo lavorato tanto insieme affinché ne uscisse un prodotto valido, e così è stato. D’altra parte, a chi affidare un disco grind se non a chi il grind lo suona ad altissimi livelli da molto tempo?
IN SEDE DI RECENSIONE, HO CITATO INSECT WARFARE, NASUM E TERRORIZER PER DESCRIVERE LA VOSTRA PROPOSTA. QUALI RITENETE ESSERE LE VOSTRE PRINCIPALI FONTI DI ISPIRAZIONE? CI SONO GRUPPI A CUI VI SENTITE PARTICOLARMENTE VICINI, SIA MUSICALMENTE CHE CONCETTUALMENTE?
– Sicuramente abbiamo subito l’influenza di molti gruppi, innumerevoli direi… Insect Warfare, Terrorizer e Nasum rientrano tra quelli, ma non ci si ferma a loro. Quello che è certo è il background eterogeneo da cui proveniamo: le mie origini affondano nel thrash metal, mentre Vincenzo proviene dal circuito punk-hardcore. Ognuno di noi per fortuna ha un passato musicale diverso, e questo probabilmente ha aiutato molto la definizione del nostro stile.
QUANTO SONO IMPORTANTI PER VOI I TESTI? CONTENGONO UN MESSAGGIO O SONO PIÙ CHE ALTRO UNA VALVOLA DI SFOGO?
– I testi contano nella misura in cui si vuole trasmettere un messaggio: nel nostro caso ci sono precisi messaggi di natura politica, sociale, psicologica e storica, veicolati da liriche che possono poi essere intese ed assimilate in maniera personale da chiunque. È ovvio anche, magari dopo una giornata storta, che urlare al microfono sia un’attività rigenerante!
COSA VI AFFASCINA DI PIU’ DI QUESTO GENERE? COME NE SIETE ENTRATI IN CONTATTO LA PRIMA VOLTA?
– La mia prima esperienza con il grindcore fu parecchi anni fa, durante gli anni del liceo. Se non ricordo male, il battesimo avvenne con “Grind Finale” dei Nasum, fresco di stampa, e con “Being and Nothing” e “Law of Retaliation” degli Extreme Noise Terror. Rimasi talmente colpito dalla brutalità, dalla schiettezza e dall’incredibile genuinità di quel genere che trascorsi i giorni seguenti a riprodurre i loro brani e a scriverne di miei su quello stile. Successivamente sono entrati a gamba tesa molti altri gruppi e tante influenze diverse, che man mano hanno aggiunto qualcosa alla mia preparazione.
COME VEDETE LA SCENA GRINDCORE ATTUALE? QUALI SONO I DISCHI CHE PIÙ VI HANNO IMPRESSIONATO NEGLI ULTIMI TEMPI?
– La scena grindcore, a livello mondiale così come nazionale, è sempre stata compatta, unita ed inclusiva, e a quanto sembra negli ultimi anni sta andando davvero forte, soprattutto in alcune aree. Basti pensare all’Est Europa, all’Indonesia o al Giappone, luoghi gravidi di idee, fermento e voglia di sbattersi per qualcosa. Anche in Italia (chiaramente in misura minore) posso dire che esistono bellissime realtà. Come si suol dire, pochi ma buoni! In generale, sono nate e si sono sviluppate band davvero incredibili, che stanno dando frutti qualitativamente eccelsi. Posso citarti le prime che mi vengono in mente: BruceXCampbell, l’ultimo disco dei Mesrine (mostruoso), i Neid (nostri carissimi amici di cui consiglio l’ultimo full “Atomoxetine”) e gli Tsubo.
NEGLI ULTIMI ANNI LA CAMPANIA HA SAPUTO PARTORIRE DIVERSI GRUPPI ESTREMI DI RILIEVO, COME VOI, I FULCI O I NAGA. È STATO DIFFICILE EMERGERE DA UN CONTESTO SOLITAMENTE REFRATTARIO A CERTE SONORITÀ? COSA SIGNIFICA SUONARE GRIND DALLE VOSTRE PARTI?
– Da sempre sosteniamo che il problema sostanziale, più che il contesto, sia la posizione geografica. Viviamo in una zona che purtroppo ci taglia automaticamente fuori da parecchi giri, più o meno grossi, perciò organizzatori, promoter & co., da Roma in su, spesso prediligono band più vicine per rientrare nel budget (ricordiamo che spostarsi per molti km comporta un rimborso maggiore), chiamandole ad aprire per gruppi maggiori o per presenziare ad un festival. Ovviamente non è sempre così… in moltissimi si sono resi disponibili e cogliamo ancora una volta l’occasione per ringraziarli di averci dato fiducia e per averci trattato da signori. Tornando alla domanda iniziale, si può dire che per musicisti come noi avviare una band nel proprio territorio non sia facile, ma neanche impossibile. Inoltre, grazie al fatto che con il grindcore (genere abbastanza sottovalutato e mal compreso) si riesca a suonare sia in contesti punk che metal, in Campania abbiamo avuto la possibilità di girare parecchio, grazie a molti amici e organizzatori che si sbattono in maniera incredibile per metter su qualcosa in questa landa desolata, non ultimi i ragazzi dei Radsters di Napoli o dell’Antidisco Squad, senza contare tutte le restanti realtà (autogestite e non) della regione, le quali permettono che tutto questo accada. Anche noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di organizzare concerti in una cittadina di provincia, e devo dire che sia qui che a Napoli la gente è molto presente, supporta e – nel nostro caso – riserva un’ottima accoglienza, dovuta probabilmente al fatto che in Campania non ci sono mai stati tantissimi gruppi estremi (se non erro noi siamo il secondo o terzo gruppo grind nella storia della regione). In un certo qual modo, le persone vengono ai concerti perché attratte dalla ‘novità’, se così si può definire. Sembra che anche qui insomma si stia muovendo qualcosa, in varie direzioni e in vari ambiti. Rispetto a dieci anni fa si suona molto di più, c’è più gente che organizza e la qualità delle band è salita notevolmente. Non possiamo che esserne contenti!
BAZZICANDO SIA AMBIENTI METAL CHE HARDCORE, QUALI RITENETE ESSERE I PREGI E I DIFETTI DI QUESTI DUE AMBIENTI?
– Parlando di quello punk hardcore quasi nessun difetto, pregi davvero tanti… ci siamo sempre trovati benissimo e le situazioni sono sempre state piacevoli. C’è aggregazione e non si bada ossessivamente alla forma. Per quanto riguarda l’ambito metal, invece, la situazione è più variegata e complessa, ma nonostante gli alti e i bassi anche in questo caso abbiamo avuto la fortuna di incontrare tantissime persone eccezionali, appassionate e sempre in prima linea a supportare. Siamo sempre stati dell’opinione che metal e punk abbiano moltissimo da condividere ed imparare l’uno dall’altro. Spesso ci è capitato di suonare in cosiddetti contesti ‘metal/punk’ ed è sempre stato fantastico, nonché stimolante: un vero esempio di come uniti si possa fare la differenza.
QUAL È L’ANEDDOTO PIÙ ASSURDO LEGATO ALLA VOSTRA ESPERIENZA LIVE?
– Sarebbero davvero tanti. L’ultimo in ordine di tempo è l’aver suonato in un container in Slovenia, con tanto di macchina del fumo all’interno. A fine concerto siamo usciti mummificati, ma è stata un’esperienza che, a dire il vero, rifarei volentieri altre cento volte!
QUALI SONO I VOSTRI IMPEGNI PER IL FUTURO?
– Al momento abbiamo un paio di date fissate a maggio: il 18 saremo al Nice To Eat You Deathfest in Repubblica Ceca con decine di band tra cui Lividity, Fleshcrawl, Mercyless, Man Must Die e Katalepsy, mentre il 25 suoneremo al Born To Be Grind di Bologna. A luglio sarà invece la volta del Cemetery Gatez di Fano, insieme a Necrodeath, Selvans, Baphomet’s Blood e altri. Infine, stiamo lavorando a dei nuovi brani che finiranno in uno split con i grinder indonesiani Aftersundown, in uscita si spera entro la fine dell’anno.