In una ventosa giornata milanese di metà maggio, con il diluvio universale a fare da sfondo e qualche bicchiere di vino a farci compagnia, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Mikael Åkerfeldt e Fredrik Åkesson, rispettivamente voce/chitarra/leader maximo e chitarra solista degli Opeth, sull’allora ancora lontana uscita del nuovo, discussissimo album “Pale Communion”. Nonostante la notevole distanza temporale tra l’effettiva realizzazione dell’intervista e la sua pubblicazione, avvenuta a recensione on line e a disco nei negozi, le parole dei musicisti risultano ancora attuali. A voi!
(Realizzazione e traduzione a cura di Valentina Piccione, domande e ‘post-produzione’ a cura di Marco Gallarati)
CIAO RAGAZZI, INIZIAMO L’INTERVISTA CON UNA DOMANDA DI CARATTERE DICIAMO ‘GENERALE’: “HERITAGE” E’ STATO UN ALBUM CHE HA SICURAMENTE DIVISO I VOSTRI FAN, MA COME SEMPRE AVETE LASCIATO CORRERE LE VOCI E SIETE ANDATI AVANTI PER LA VOSTRA STRADA. COSA E’ STATO NECESSARIO FARE PER MANTENERE QUESTO ATTEGGIAMENTO LUNGO I VOSTRI (QUASI) VENTICINQUE ANNI DI CARRIERA MUSICALE?
Mikael: “Sicuramente siamo una band con un’identità molto integra. Non suoniamo mai seguendo ‘regole’. Sarebbe sicuramente più semplice registrare album simili a quelli che sappiamo essere i preferiti dei nostri fan, ma non sarebbe interessante. Non credo che faremmo un buon lavoro tentando di copiare qualcosa che abbiamo fatto dieci o quindici anni fa. Oggi secondo me è ancora più importante mantenere questa integrità, così nessuno deve poterci dire cosa dovremmo fare. Mi piace pensare che siamo una buona band, tanto le persone si fanno una loro opinione indipendentemente dai nostri intenti. Le persone hanno un’opinione positiva o negativa indipendentemente da quello che facciamo, ma è la nostra band, non quella di qualcun altro”.
DOPO SOLO UN PAIO DI ASCOLTI, “PALE COMMUNION” SEMBRA ESSERE IL GIUSTO EREDE DI “HERITAGE”. CERTAMENTE QUESTI DUE ALBUM POSSONO ESSERE MESSI ‘DA PARTE’ RISPETTO AL RESTO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA. POTETE SPIEGARCI QUALCOSA RIGUARDO IL CONCEPIMENTO E LA COMPOSIZIONE DI QUESTO NUOVO LAVORO?
Mikael: “Ho scritto le canzoni praticamente in una cantina, non certo un ambiente confortevole, non avevamo fiori e cose così. Fredrik è stato parte del processo, ha registrato degli assoli e, ascoltando, ha dato la sua opinione. Anche se sono io a scrivere e comporre voglio che ci sia democrazia all’interno del gruppo. Non voglio che gli altri suonino pezzi solo perché io ho deciso che sono validi. Voglio che piacciano anche a loro! E fortunatamente penso che siano dei buoni pezzi. Penso di averci messo in tutto sei o sette mesi, piuttosto velocemente insomma”.
SI SA CHE I GIORNALISTI SPESSO PARLANO E SCRIVONO TROPPO, E SPESSO E’ MEGLIO LIMITARSI A RIPORTARE LE PAROLE DEI MUSICISTI STESSI. CHI MEGLIO DI VOI, DUNQUE, PUO’ DESCRIVERE IL VOSTRO DISCO? VI VA DI FARLO?
Fredrik: “Direi che questo album è più melodico rispetto ad ‘Heritage’, se proprio vogliamo paragonarli. Non dico che sia un album per le masse, però è decisamente più facile da ‘digerire’ rispetto agli altri”.
Mikael: “Non è certo musica elevata…”.
Fredrik: “Tutte le canzoni dell’album sono diverse l’una dall’altra, ed è una buona cosa”.
Mikael: “Come per tutti gli album degli Opeth, non c’è una canzone principale. Deve essere preso come un ascolto globale per godere di un’esperienza unica. Se senti solo una canzone non hai alcun indizio sul resto dell’atmosfera dell’intero album”.
Fredrik: “Sotto alcuni aspetti penso che sia più heavy di ‘Heritage’, soprattutto la batteria”.
POTETE RACCONTARCI QUALCOSA RIGUARDO IL TITOLO E I TESTI? AVETE SPESSO A CHE FARE CON DEI CONCEPT-ALBUM, E’ COSI’ ANCHE QUESTA VOLTA?
Mikael: “Non è un concept-album, se intendi che c’è una storia che lega tutti i pezzi. Sono canzoni più personali, a parte qualche eccezione. Sono brani che sono ispirati perlopiù dalla mia vita personale e mi aspetto che sia più semplice cantare questi testi, ovviamente. E’ meglio per me essere collegato fortemente con quello che sto cantando, per poter dare una performance migliore. In questo momento potrei scrivere un album poco personale ma con una storia che funzioni, ma non sarei in grado di interpretarlo al meglio. Il titolo ‘Pale Communion’ coglie bene le vibrazioni dei testi contenuti nell’album”.
L’ARTWORK, INVECE, E’ SEMPRE STATO REALIZZATO DA TRAVIS SMITH, GIUSTO? QUALI SIGNIFICATI CONTIENE?
Mikael: “Sì, Travis Smith ha fatto questo artwork, che racchiude un’idea vecchia trattata con nuove tecnologie. Volevo che apparisse come un dipinto religioso del Medioevo. Sono tre dipinti raccolti in un trittico, che non sono legati a nessun brano in particolare, e come ho detto riguardo il titolo, rispecchia bene il contenuto musicale e l’atmosfera dell’intero album”.
E’ BEN NOTA LA VOSTRA PASSIONE, SOPRATTUTTO TUA, MIKAEL, PER LE VECCHIE SONORITA’ COME QUELLE, AD ESEMPIO, DELLA SCENA PROGRESSIVE-ROCK ITALIANA. IL BRANO STRUMENTALE “GOBLIN” HA ALCUNE INFLUENZE A NOI NOTE. E’ DA CONSIDERARE COME UN PIENO TRIBUTO AI GOBLIN O COME COS’ALTRO?
Mikael: “Sì, certamente! La prima parte è fortemente ispirata a loro, e come sapete noi li amiamo molto. Man mano che si ascolta il brano, però, queste influenze si perdono e sembra che ci sia qualche suono più fusion. Diciamo che potrebbe anche annoiare i fan, ma arriva subito prima di ‘River’ e ha il compito di introdurla. Il resto dell’album è piuttosto malinconico e dark, mentre ‘Goblin’ e ‘River’ sono quasi giocose”.
IN EFFETTI, “PALE COMMUNION”, SEMPRE ALL’ALBA DEL PAIO DI ASCOLTI CHE GLI ABBIAMO DATO, SEMBRA ESSERE IL LAVORO PIU’ ‘SOLARE’ E POSITIVO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA. VOGLIO DIRE, E’ STATA LA PRIMA VOLTA CHE ABBIAMO AVUTO L’IMPRESSIONE DI AVERE UN UMORE ALLEGRO ASCOLTANDO UN DISCO DEGLI OPETH. COSA NE PENSATE?
Mikael: “Diciamo che affermare che è un album positivo non è esattamente quello che sento io. Ma apprezzo che qualcuno lo possa pensare”.
Fredrik: “Per quanto riguarda i testi, non si può certo dire che siano positivi. Ma a livello di composizione, in un certo senso, sì. Ad esempio ‘River’, all’inizio, può essere considerata allegra, anche se poi va totalmente da un’altra parte; diciamo che è una canzone schizofrenica”.
Mikael: “Diciamo che solleva, ma le vibrazioni di tutto l’album nella sua interezza sono piuttosto melanconiche. Ma non importa, alla fine ognuno ha la sua personale idea di quello che ‘Pale Communion’ possa essere. Se queste sensazioni positive possono raggiungere un ascoltatore che non è fan della nostra band, per noi è fantastico. Ma devo dire che la musica allegra mi mette tristezza a volte… Ma andiamo avanti con l’intervista!”.
LASCIAMO L’ARGOMENTO “PALE COMMUNION” E DITECI SE C’E’ UN ALBUM DEGLI OPETH, DA “ORCHID” A “HERITAGE”, CHE CONSIDERATE IL PIU’ VICINO PER APPROCCIO ALLA COMPOSIZIONE, PER GENERE O ALTRO AL NUOVO LAVORO…
Mikael: “Penso che ‘Heritage’ sia forse il più vicino, semplicemente perché è quello che lo precede. Questi due album contengono molta sperimentazione, così come anche ‘Damnation’ ne conteneva. Con questo non voglio mettere in cattiva luce gli altri nostri album, perché anche quelli erano sperimentali a loro volta. ‘Damnation’, però, era molto azzardato perché non era nato da una decisa intenzione di fare qualcosa di completamente diverso da quello che avevamo fatto in precedenza. In quel momento, tra l’altro, stavamo registrando due album in contemporanea (‘Damnation’, appunto, e ‘Deliverance’, ndR). Comunque, è chiaro come la chiave che ci ha permesso di registrare ‘Damnation’ in piena fase death metal è la stessa che ci ha permesso di sperimentare qualcosa di nuovo con ‘Pale Communion’. Penso che ci voglia una certa dose di ‘cojones’ (detto da entrambi all’unisono in spagnolo, ndR)!”.
DOPO CHE IN PASSATO GLI OPETH RIUSCIRONO A STARE LONTANI DAI PALCHI PER DIVERSI ANNI, ORA, PER LA PRECISIONE DOPO L’USCITA DI “BLACKWATER PARK”, SONO DIVENTATI INARRESTIBILI DAL VIVO. AVETE IN PROGRAMMA UN ALTRO TOUR MONDIALE PER SUPPORTARE L’USCITA DEL NUOVO ALBUM?
Fredrik: “Certo. Suoneremo ad alcuni festival in estate e in autunno. Ma è in programma, per ottobre e novembre, un tour promozionale in Inghilterra e Scandinavia, e verremo a suonare anche in Italia”.
E SULLA SETLIST CHE SUONERETE POTETE GIA’ DIRCI QUALCOSA? SARA’ UN MIX DI VECCHIO E NUOVO MATERIALE, COME MOLTI FAN VORREBBERO?
Mikael: “Ai festival sarà la solita vecchia merda. Non suoneremo nuovo materiale prima dell’uscita dell’album, sarebbe inadeguato. Quindi dovrete aspettare ancora un po’, anche perché credo che il pubblico e l’atmosfera dei festival non sono quelli adatti a far ascoltare qualcosa di mai sentito. Suonando i vecchi brani, i fan saranno tutti più contenti e questa scelta rispecchia di più l’idea di festa che c’è appunto alle manifestazioni estive. La gente è ubriaca e generalmente penso che sia meglio suonare qualcosa con cui si possano sentire più a loro agio”.