Gli Ophis sono senza dubbio una delle realtà più solide e affidabili del panorama death-doom europeo, tra uno stile personale, full-length validissimi, concerti sorprendenti e una credibilità indiscussa a tutto tondo. Spesso non si sa se definirli doom o death metal, se accostarli più ai My Dying Bride o ai Winter, in quanto il gruppo di Amburgo sovente ama mescolare registri e sorprendere l’ascoltatore con sezioni ora lente e tetre, ora terremotanti; quel che è certo è che coloro in cerca di sonorità cupe e dolenti hanno da tempo trovato nel quartetto un sicuro punto di riferimento. Il chitarrista/cantante Philipp Kruppa, mastermind del progetto sin dall’ormai lontano 2001, ci presenta la sua creatura partendo dall’uscita dell’ultimo devastante album “Abhorrence in Opulence”…
IL VOSTRO TERZO ALBUM, “ABHORRENCE IN OPULENCE”, È DISPONIBILE DA ALCUNI MESI. COME LO DESCRIVERESTI A QUALCUNO CHE NON LO HA ANCORA ASCOLTATO?
“Direi che è la manifestazione sonica dell’infinità della negatività. O, volendo essere più realisti e con i piedi per terra, direi che si tratta di un lavoro di crudo e annichilente death-doom metal!”.
COME AVETE LAVORATO AL DISCO? L’APPROCCIO ALLA COMPOSIZIONE È CAMBIATO RISPETTO A “WITHERED SHADES”?
“Credo di sì, dato che Withered Shades’ era stato scritto quando Jan faceva ancora parte della band come chitarrista. ‘Abhorrence…’ è il nostro primo album a contare sull’apporto di Martin e ciò ha ovviamente influito molto sul feeling e la struttura delle canzoni. In ogni caso, direi che la formula alla base sia rimasta quella di sempre: di solito io e l’altro chitarrista del gruppo portiamo delle ide sviluppate a casa e poi iniziamo a lavorarci sopra insieme, aggiungendo nuovi riff e altre sezioni. Quando la struttura ci convince, il gruppo si ritrova e comincia a suonarla insieme e a registrare una bozza. Poi lasciamo che trascorra del tempo. Ci piace prenderci delle pause per poi tornare sui pezzi, in modo da verificare che questi ci piacciano ancora. Capita infatti che a volte ci si lasci prendere dall’entusiasmo del momento: noi preferiamo dimenticarci di un brano, riascoltarlo dopo del tempo e poi trarre conclusioni. Solo quando il brano ci piace ancora decidiamo di pubblicarlo. Per noi questo è un buon metodo per selezionare il materiale”.
VI È UN TEMA O UN CONCEPT ALLA BASE DI “ABHORRENCE…”?
“Non esiste un concept vero e proprio. Ogni brano affronta un argomento diverso dal mio personale punto di vista. Vi è un forte tocco politico e socioculturale alla base di ogni testo, ma niente che possa far parlare di concept”.
PENSI CHE VI SIATE EVOLUTI PARECCHIO DAL DEBUT “STREAM OF MISERY”? COME GUARDI AL VOSTRO VECCHIO MATERIALE?
“Per me è difficile rispondere a questa domanda, sono troppo coinvolto nel processo creativo del gruppo e devo inoltre dire che ogni cambiamento è sempre avvenuto nella maniera più spontanea. Ovviamente però spero che il gruppo si sia evoluto e sia migliorato da ‘Stream of Misery’. Quest’ultimo è ancora un buon album secondo me, ma contiene materiale vecchio di sette o anche dieci anni, che è molto primitivo. La musica che proponiamo oggi è molto più complessa. Lascio che sia l’ascoltatore a trarre queste conclusioni, ma per me siamo migliorati e vedo anche che il responso all’ultimo album è stato ottimo”.
LA MUSICA DEGLI OPHIS È PIUTTOSTO DINAMICA PER ESSERE FUNERAL DOOM-DEATH METAL. MOLTE BAND IN QUESTI GENERI TENDONO A INSISTERE SU TEMPI LENTISSIMI E STRUTTURE MINIMALI, MENTRE VOI NON AVETE MAI AVUTO PAURA DI MESCOLARE LE CARTE. ANCHE I VOSTRI CONCERTI, INOLTRE, SONO MOLTO ENERGICI. QUAL È LA TUA OPINIONE A RIGUARDO?
“Sì, mi trovi d’accordo, anche se certamente non ho nulla contro quelle band del nostro filone che puntano tutto sulla lentezza. Noi cerchiamo di agire in maniera differente, introducendo dinamiche e velocità più pronunciate a volte. Alla fine dei conti, non ci interessa essere una band legata solo ad atmosfere deprimenti. Preferiamo trovare un compromesso tra tristezza, disperazione, disgusto e aggressività. Per far sì che questa operazione riesca, è necessario aggiungere delle parti più veloci ogni tanto. Molte doom metal band suonano raffinate, e ciò va benissimo. Ma noi non vogliamo essere solo raffinati. Noi vogliamo mantenere la brutalità nel doom metal!”.
PERCHÈ AVETE DECISO DI PARTIRE DAL DOOM METAL ALLORA? PERCHÈ DAL DOOM E NON DAL BLACK O DAL DEATH METAL?
“La cosa curiosa è che non abbiamo mai deliberatamente deciso di suonare doom metal. Quando ho deciso di fondare la band suonavo in un gruppo thrash ed ero uno dei compositori. Il mio obiettivo era sempre quello di creare musica che riflettesse il lato più oscuro della mia personalità. Ogni volta che iniziavo a comporre musica per quel gruppo thrash i brani tendevano a prendere una piega molto heavy e lenta. Dopo tutto, ho sempre amato il doom, sin da quando ho iniziato ad ascoltare metal nei primi anni Novanta. Così, quando mi sono ritrovato con vari brani molto lenti e cupi ho deciso di avviare gli Ophis e di dare pieno sfogo a queste mie tendenze”.
SEI INFLUENZATO DA ALTRA MUSICA AL DI FUORI DEL METAL ESTREMO?
“La new wave e suoni simili hanno un certo peso. Magari queste influenze non si sentono direttamente nella musica degli Ophis, ma questi ascolti mi tengono ispirato e fanno in modo che ci sia sempre un velo di orecchiabilità nelle mie composizioni. Il nostro chitarrista ama inoltre stoner, grunge e band come i Tool, mentre il batterista ha un background punk”.
SE POTESSI CAMBIARE UN ASPETTO DELLA TUA CARRIERA ARTISTICA, QUALE CAMBIERESTI?
“Mi piacerebbe avere budget illimitati per le registrazioni e un roadie personale (ride ndR)”.
SE POTESTE ANDARE IN TOUR CON DUE O TRE BAND CHE AMMIRATE MOLTO, QUALI SCEGLIERESTE?
“La cosa divertente è che siamo già riusciti a suonare con tutte le band che ammiro molto nel doom metal. In questo senso quindi non ho particolari desideri. Tuttavia, sarebbe bello andare in tour con un gruppo doom molto più grande di noi: i My Dying Bride, ad esempio, suonano in locali ampi e con tanti comfort. Ci sono tante band che adoro, ma magari non sarebbe ideale per gli Ophis suonare con loro. Ad esempio, non credo che avremmo molta fortuna nell’aprire per i Deicide: il loro pubblico ci ignorerebbe”.
COME VEDI LA SCENA METAL ATTUALE? MOLTI MUSICISTI DELLA “VECCHIA GUARDIA” PENSANO CHE IL METAL ABBIA PERSO BUONA PARTE DEI SUO VALORI E CHE SIA NECESSARIO UN CAMBIO NETTO DI DIREZIONE. TI TROVI D’ACCORDO?
“Penso che un cambiamento sia davvero necessario. La scena metal mi sembra sempre più vuota. Per me il metal di oggi si divide in due scene: quella underground, che ancora si basa su valori artistici e su una sorta di etica metal, e quella mainstream. Vi sono tante band che sono praticamente dei normali gruppi pop con delle chitarre distorte. Purtroppo alla masse arriva solo questo tipo di proposta, con il risultato che molti non hanno idea di cosa sia il ‘vero’ metal. Non penso però che esista un rimedio. Guarda il movimento hippie degli anni Sessanta: divenne mainstream nel ’69, quando Woodstock lo commercializzò, e da allora non è più riuscito a ritrovare lo spirito originario. Wacken ha fatto al metal quello che Woodstock ha fatto agli hippie, e non si può più tornare indietro. L’unica speranza è che quelle band e quelle persone che si rifiutano di far parte di questa cultura di plastica continuino a rimanere attive nella scena per creare un circuito dove certi valori possono ancora esistere. Gli Ophis faranno di tutto per supportare questa mentalità”.
QUALI SONO I VOSTRI PIANI PER IL 2015?
“Non credo che ci imbarcheremo in un vero e proprio tour quest’anno, ma terremo dei concerti in Germania e Repubblica Ceca. Alcuni dei membri della band hanno dei lavori piuttosto serie e andare in tour diventa difficile. Non abbiamo altre registrazioni in programma, è ancora troppo presto, ma cercheremo di realizzare un videoclip. Impresa non semplice quando hai brani lunghi come i nostri!”.