ORBIT CULTURE – La morte li fa belli

Pubblicato il 22/10/2025 da

Sebbene siano ormai acclamati da pubblico e critica come una delle ‘next big thing’, gli Orbit Culture non si sono mai montati la testa e sono arrivati qui col sudore del palco, procedendo, un quarto di nota alla volta, di fianco a grossi nomi della scena come In Flames, Slipknot e Trivium.
Il nuovo contratto con la Century Media è certamente un trampolino importante per il prossimo passo, come confermatoci dal leader Niklas Karlsson, ma quello che ci troviamo di fronte nella nostra video chiamata è una persona estremamente umile (oseremmo dire quasi timida) se pur convinta dei propri mezzi e genuinamente appassionata.
Tra colonne sonore fantasy e maschere horror, a voi il resoconto della chiacchierata.

QUESTO DISCO E’ STATO ANNUNCIATO COME LA VOSTRA RINASCITA: IN CHE SENSO?
– L’uscita di questo disco e il nostro imminente tour da headliner sono un po’ il coronamento di tutti gli sforzi fatti in questi anni, in cui abbiamo suonato molto di spalla ad altre band.
Ora ci sentiamo più maturi e pronti per questo grande passo, forti anche del supporto di un’etichetta prestigiosa come la Century Media, quindi in questo senso è una rinascita. Non so fino a che punto arriveremo, ma di sicuro ce la stiamo mettendo tutta per crescere un passo alla volta: l’anno prossimo ad esempio suomeremo al Wacken, qualcosa che era nella mia lista dei desideri fin da piccolo così come poter suonare un giorno al Rock Am Ring di Norimberga.

SIETE MOLTO ATTIVI SUL FRONTE LIVE: QUANTI CONCERTI FATE ALL’ANNO?
– Quest’anno è stato un po’ più tranquillo, ma l’anno scorso è stato abbastanza massacrante. Abbiamo prima accompagnato i Machine Head, poi tre giorni dopo siamo partiti per il nostro tour da headliner e finito quello, quando pensavamo di riposare un po’, c’è stata l’occasione di supportare gli Slipknot in America e poi i Trivium. Non saprei dire quanti siano stati gli show a fine anno, ma direi almeno un centinaio!

QUAL E’ IL POSTO PIU’ STRANO IN CUI HAI SUONATO?
– A volte capita di suonare in dei posti sperduti, quasi delle città fantasma se non fosse che poi nel mezzo ci trovi un’arena da concerti piena di gente. Per il resto uno dei posti più strani, ma in senso positivo, è stato il Messico di fianco agli Slipknot; ci saranno state quarantamila persone e solo un paio di barriere per dividere il pubblico, quindi era davvero una bolgia umana: è stato un po’ inquietante, ma comunque divertente!

IL NUOVO ALBUM E’ MOLTO PIU’ ORCHESTRALE: SUONI TU LE TASTIERE?
– Ho composto io le parti orchestrali anche se non sono capace di suonare il piano, ma ho semplicemente giocato un po’ con gli arrangiamenti. La mia principale ispirazione in questo senso è Howard Shore, il compositore della colonna sonora de “Il Signore Degli Anelli”, ma amo molto anche Hans Zimmer e John Williams. Dal vivo invece dobbiamo gestire il tutto con delle basi registrate, sarebbe troppo complesso avere un tastierista sul palco.

COSA NE PENSI DELLA CONTAMINAZIONE ORCHESTRALE NELLA MUSICA ESTREMA?
– Mi piace molto quello che fanno i Fleshgod Apocalypse, anche perché loro mettono le parti orchestrali ancora più in primo piano rispetto a quanto facciamo noi. Peraltro credo siano italiani, sarebbe bello un giorno poter suonare con loro!

CON “THE PATH I WALK” VI SIETE SPINTI IN TERRITORI PIU’ ATMOSFERICI…
– E’ una canzone che a livello musicale ci accompagna da ormai qualche anno, anche se finora non avevamo mai trovato il modo d’includerla in nessun disco. Stavolta abbiamo scritto un testo adatto, che si legava molto bene al concept dell’album, e abbiamo pensato potesse funzionare come traccia di chiusura, per creare una sorta di ‘fade out‘ più rilassato.

QUAL E’ IL SIGNIFICATO DI “DEATH ABOVE LIFE”?
– Il titolo nasce dal concetto di rinascita di cui parlavo all’inizio, come una sorta di catarsi dopo tutte le difficoltà e lo stresso che abbiamo vissuto nell’ultimo periodo. In realtà la frase esatta avrebbe dovuto essere “Life Above Death” ma ci sembrava poco metal, quindi alla fine abbiamo optato per girarla al contrario.

I VOSTRI ARTWORK SONO MOLTO DARK…
– Ci siamo convinti tempo fa che il logo Orbit Culture non stesse bene sulle copertine, quindi abbiamo fatto una scelta di lasciare tutto lo spazio all’artwork con solo il titolo del disco, tanto che ora è diventato quasi un nostro marchio di fabbrica.

SO CHE SEI UN FAN DELLA SAGA DI HALLOWEEN (sullo sfondo del video si vede una vetrina piena di maschere di Michael Myers, ndr): QUAL E’ IL TUO PREFERITO, OLTRE AL CAPOSTIPITE?
– So di andare controcorrente, ma sono molto legato ad “Halloween 5”: è uno dei meno amati dal pubblico, ma ci sono cresciuto quindi probabilmente è anche dovuto ad un fattore nostalgico. In modo più distaccato e razionale, sempre escludendo per forza di cose il primo, direi che “Halloween 2” è il migliore dei tanti sequel.

COSA NE PENSI DEI REBOOT DI ROB ZOMBIE E DELLA NUOVA TRILOGIA?
– Il primo di Rob Zombie mi è piaciuto abbastanza, mentre il secondo non particolarmente. Ho amato molto il reboot del 2018 e anche il secondo capitolo, mentre il terzo sto ancora cercando di dimenticarlo…

INUTILE CHIEDERTI QUALE SIA LA TUA MASCHERA HORROR PREFERITA…
– Sono ovviamente un grande fan di Michael Myers, al punto da avere una collezione delle sue diverse maschere e un suo tatuaggio. Mi piacciono anche Freddy e Jason, ma al secondo posto metto Leatherface di “Non Aprite Quella Porta”.

HAI MAI PENSATO DI UNIRE LE TUE DUE PASSIONI?
– Non credo avrebbe senso includere “Halloween” o altri elementi horror nella musica degli Orbit Culture, ma qualche anno fa abbiamo fatto una cover della colonna sonora di John Carpenter, si trova su YouTube.

QUAL E’ IL MIGLIOR CONSIGLIO CHE HAI RICEVUTO?
– Anders Friden degli In Flames mi ha detto una volta che se sono arrivato fin qui è perchè mi sono preso dei rischi, seguendo sempre il mio istinto e facendo quello che mi piace, senza mai avere un vero e proprio piano B anche se a volte questa cosa un po’ mi spaventa.

CI HA LASCIATO DA POCO TOMPA DEGLI AT THE GATES…
– La sua scomparsa è stata una vera tragedia per tutti noi. Lo abbiamo conosciuto bene durante il tour con gli In Flames cui partecipavano anche gli At The Gates, e devo dire si era creata davvero una bella amicizia tra una birra e l’altra, sono stati tutti molto carini con noi.
Per noi ovviamente era un idolo da sempre, ma con la sua scomparsa non abbiamo solo perso un leggendario cantante, ma anche e soprattutto un caro amico.

LA TELENOVELA DELL’ESTATE E’ STATA LA POLEMICA TRA DANI FILTH E ALCUNI MUSICISTI TURNISTI SULLA TIPOLOGIA DI CONTRATTO: DA ADDETTO AI LAVORI E LEADER DI UNA BAND, COSA NE PENSI?
– Ho visto qualcosa sui social ma non so i dettagli, quindi non saprei rispondere sul caso specifico. Comunque per quanto ci riguarda siamo una vera famiglia sia all’interno della band che con la nostra crew: sono tutti amici di vecchia data che hanno imparato il mestiere del roadie per venire in tour con noi, quindi siamo davvero a ‘chilometro zero’ nella gestione della band e assolutamente senza gerarchie.

LA PRIMA CANZONE CHE HAI IMPARATO ALLA CHITARRA E’ STATA…
– La prima in assoluto credo sia stata “Cold Gin” dei Kiss, se la memoria non m’inganna, mentre il primo riff propriamente metal è stato “Creeping Death” dei Metallica.

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