ORPHANED LAND – Sacra alleanza

Pubblicato il 21/08/2013 da

Gli Orphaned Land – è pressoché innegabile – ci avevano abituato fin troppo bene: prima, nei Nineties, con i due iniziali “Sahara” e “El Norra Alila”, sconosciuti al grande pubblico ma tanto apprezzati dai fedeli devoti dell’underground più esotico; poi, dopo la lunga pausa quasi decennale, con l’acclamato capolavoro “Mabool” e con il seguente, prog- e Wilson-oriented, “The Never Ending Way Of ORwarriOR”. Oggi, giunti al ventiduesimo anno di esistenza della formazione israeliana, la band è tornata con un disco di transizione che, a dirla tutta, non ha avuto la stessa cassa di risonanza del precedente e che soprattutto ha un po’ deluso le attese, forse perché fin troppo orecchiabile, forse perché fin troppo poco metal. “All Is One” è comunque un prodotto che va ascoltato con attenzione e valutato senza troppi pregiudizi, esattamente come i Nostri intimano da anni di fare con la loro musica. Musica che è stata ed è in grado di unire letteralmente popoli e culture agli antipodi (e non si parla certo di geografia…). Abbiamo avuto l’opportunità di interloquire con l’ultimo entrato nella Terra Orfana, il chitarrista e pianista Chen Balbus, il quale ci ha spiegato tutti i retroscena degli Orphaned Land del 2013 in questa interessante intervista. A voi!

Orphaned Land - intervista band - 2013

CIAO, CHEN! BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM! LA MIA PRIMA DOMANDA E’ UNA QUESTIONE DI TEMPO: E’ IMPOSSIBILE NON NOTARE IL MINOR LASSO DI TEMPO (TRE ANNI) TRASCORSO TRA IL PRECEDENTE VOSTRO LAVORO ED IL NUOVO “ALL IS ONE” RISPETTO AGLI OTTO ANNI TRA “EL NORRA ALILA” E “MABOOL” E I SEI ANNI TRA “MABOOL” E “THE NEVER ENDING WAY OF ORWARRIOR”. COS’E’ CAMBIATO NELLA BAND PER VELOCIZZARE COSI’ I TEMPI? COME SI SPIEGA QUESTA GROSSA DIFFERENZA?
“Ciao e grazie per il benvenuto! Dunque, la band aveva già iniziato a comporre ‘All Is One’ prima che io entrassi a farne parte, ma tutto il processo si arenò quando Matti (Svatizki, ex-chitarrista, ndR) cominciò a dichiararsi meno motivato e interessato, per poi lasciare gli Orphaned Land del tutto…senza contare poi che Yossi (Sassi, chitarrista, ndR) era parecchio concentrato sui suoi progetti personali. Ricordo che lo scorso ottobre Kobi e Uri (Farhi e Zelcha, voce e basso, i membri fondatori della band, ndR) vennero nel mio studio con tutto il materiale fin lì scritto e assieme completammo gli abbozzi di canzone che avevano portato registrati su telefonino o semplicemente canticchiati qua e là in maniera approssimativa; abbiamo arrangiato tutti i brani e poi li abbiamo pre-prodotti in qualità sufficiente grazie alle apparecchiature e ai computer del mio studio. La chimica fra me, Kobi e Uri è assai produttiva, in quanto siamo da sempre dentro il mondo Orphaned Land e gli dedichiamo il 110% del nostro tempo. Abbiamo lavorato giorno e notte fino a gennaio 2013 per far sì che il disco potesse essere pronto per la registrazione e per la produzione vera e propria. Ecco perché ‘All Is One’ è uscito abbastanza in fretta!”.

ALLE MIE ORECCHIE, “ALL IS ONE” RISULTA UN PERFETTO ALBUM DI TRANSIZIONE, IN QUANTO PARE COME SE AVESTE CAMBIATO APPROCCIO ALLA COMPOSIZIONE: TRACCE PIU’ BREVI E ORECCHIABILI; UN GUITAR-WORK FORSE MENO APPARISCENTE CHE IN PASSATO; AMPIO USO DI ORCHESTRAZIONI E CORI. COSA VOLEVATE OTTENERE QUANDO AVETE INIZIATO A SCRIVERE IL DISCO? AVETE RAGGIUNTO GLI OBIETTIVI PREFISSATI?
“Il fatto che ‘All Is One’ sia un album più diretto e orecchiabile ci ha dato l’opportunità di sperimentare su svariati aspetti che per noi sono risultati nuovi, in un certo senso, come ad esempio il concetto del ‘fare di più con meno sforzo’. Oppure il cercare e trovare dove e come inserire un determinato motivo in un brano, oppure ancora suonare in un determinato modo, più semplice, senza il bisogno di ricorrere per forza al passaggio tecnico o complesso per far vedere quanto siamo bravi… Siamo riusciti comunque a mantenere saldo il trade-mark Orphaned Land, in quanto l’album è pura musica orientale, rivista in tanti modi. Con questo lavoro l’obiettivo era proprio quello di essere più facili da ascoltare e risultare più diretti per il fruitore. Personalmente credo che il nuovo platter sia il nostro masterpiece e rispecchia in toto le aspettative che noi della band avevamo su di esso. Del resto nessuno dei nostri dischi è mai stato uguale al predecessore, no?”.

CERTAMENTE. E PERFINO L’ARTWORK E’ MOLTO PIU’ SEMPLICE E STRINGATO DEI LAVORI PASSATI. QUAL E’ IL SUO SIGNIFICATO E COME SI COMPENETRA CON I TESTI QUESTA VOLTA?
“L’incredibile cover artwork di ‘All Is One’ è stato realizzato dall’artista francese Metastazis (Paradise Lost, As I Lay Dying, Sonne Adam), che ha incorporato in un’unica immagine i tre simboli delle religioni più importanti del mondo. In fondo è quasi letterale: ‘All Is One’, ‘tutto è uno’, nella miglior rappresentazione grafica possibile. Qualcuno probabilmente penserà che è ingenuo o patetico, ma a dire il vero è anche ciò che vogliamo, ovvero che questa copertina colpisca e smuova un po’ gli animi verso un sentimento di unione. Può essere inutile, è vero, ma è anche meglio di ciò che stanno facendo i nostri politici oggigiorno! Il contenuto lirico del disco è più tragico, invece, e diciamo che parla di come tutti noi sbagliamo e in certi casi fraintendiamo proprio il senso di ciò che la nostra copertina sottointende: è facile parlare di unione, di pace, ma è molto difficile mettere in pratica la teoria. Noi ci proviamo sempre, musicalmente o visualmente, a far capire che siamo una sola, unica cosa. Tutti”.

QUINDI, SE HO CAPITO BENE, I TESTI DI “ALL IS ONE” NON SONO ASSOCIABILI AD UN CONCEPT-ALBUM, A DIFFERENZA DELLE ULTIME DUE OCCASIONI…
“No, in effetti ‘All Is One’ non è un concept-album, o perlomeno non nella sua interezza, come erano invece ‘Mabool’ e ‘The Never Ending Way…’. Però diciamo che gli argomenti trattati nel nuovo lavoro si rifanno tutti ai concetti che ti esponevo sopra”.

TORNIAMO UN ATTIMO ALL’ABBANDONO DI MATTI SVATIZKY, UNO DEI MEMBRI STORICI DELLA BAND, ASSIEME A KOBI, URI E YOSSI. COS’E’ SUCCESSO? E COME IL SUO ABBANDONO HA INFLUITO/INFLUENZATO SUL SONGWRITING DEL NUOVO ALBUM?
“Be’, quando Matti ha deciso di lasciare gli Orphaned Land, è stato sicuramente un momento davvero triste e scoraggiante. Ventidue anni di storia, di album e di tour assieme non si cancellano in un attimo. Ma lui era stanco e voleva concentrarsi più sulla sua famiglia e la carriera lavorativa. Sebbene sia deprimente, credo che sia stata la decisione più giusta per tutti, soprattutto a causa della sua ormai calante motivazione. La band si è rimessa in sesto in fretta e ha scelto me quale suo sostituto. Abbiamo composto quello che è il miglior album ad oggi, secondo noi, e crediamo tutti che gli Orphaned Land non siano stati mai compatti e convinti come ora!”.

LE MIE DUE CANZONI PREFERITE DI “ALL IS ONE” SONO “FAIL” E “FREEDOM”, I DUE BRANI DELLA TRACKLIST CHE PIU’ RICORDANO IL VOSTRO PASSATO. PUOI SPENDERE QUALCHE PAROLA SU QUESTE TRACCE IN PARTICOLARE?
“E’ interessante la storia dietro queste canzoni, che presentano idee e parti composte dal nostro primo batterista, Sami Bachar. Sami scrisse anche parecchia musica poi utilizzata per ‘Sahara’, ‘El Norra Alila’ e ‘Mabool’. Ha un modo davvero particolare di comporre, Sami, ricchissimo di elementi medio-orientali. ‘Freedom’ si tratta di un pezzo interamente composto, all’epoca, da lui, mentre ‘Fail’ è in parte suo ed in parte mio. Quest’ultima è la traccia più aggressiva del disco e ci ha invogliato improvvisamente a re-inserire in un brano alcune parti in growl, sebbene avessimo già dichiarato che in ‘All Is One’ non ci sarebbe stato spazio per le voci sporche. ‘Fail’ ha un testo incentrato sulla visione comune che abbiamo di media e politici e di come spesso queste ‘entità’ ci facciano il lavaggio del cervello”.

NELLA SECONDA PARTE DI “ALL IS ONE” CI SONO UN PAIO DI TRACCE, O PARTI DI TRACCE, CHE RIVELANO LA VOSTRA PASSIONE PER LA MUSICA LEGGERA ITALIANA E PER IL COSIDDETTO MELODICO NAPOLETANO. MI RIFERISCO A “SHAMA’IM” E “YA BENAYE”. OLTRETUTTO RICORDO ANCHE COME, DURANTE LE PRIME DATE ITALIANE DELLA BAND, ERAVATE SOLITI ESEGUIRE LA COVER DI “NEL BLU DIPINTO DI BLU” DI DOMENICO MODUGNO. TI VA DI APPROFONDIRE QUESTO ARGOMENTO O, SEMPLICEMENTE, PARLARCI DEI BRANI CITATI?
“Certo! ‘Shama’im’ è una traccia scritta per noi da un famoso compositore greco-israeliano, Yehuda Poliker. E’ il nostro eroe e adoriamo la sua musica e, ovviamente, è stato un immenso piacere avere la possibilità di farci scrivere un pezzo tutto per noi! Puoi sentire tutte le sue influenze greche in questo brano. Invece, per quanto concerne ‘Ya Benaye’, si tratta di un pezzo che abbiamo coverizzato, brano composto dal famoso poeta yemenita Aharon Amram. L’abbiamo arrangiato per la nostra versione metal ed entrambi i suoi figli hanno partecipato alla registrazione, fornendoci dei magnifici cori folk. Solitamente, quando Kobi decide di cantare in un determinato linguaggio cerca sempre di imparare la pronuncia al meglio, per il perfezionismo che ci contraddistingue…stavolta non ce n’è stato bisogno!”.

DOPO TRE ANNI DI BATTAGLIE MUSICALI CONTRO IL RAZZISMO E L’INTOLLERANZA RELIGIOSA TRA I POPOLI DELL’ASIA, COSA PUOI DIRE DELLA VOSTRA ‘MISSIONE’? INCONTRATE SEMPRE GROSSE DIFFICOLTA’ O LE COSE COMINCIANO A ESSERE PIU’ POSITIVE?
“Guarda, dopo tutto noi viviamo nel Medio Oriente, in una realtà che storicamente convive con l’odio, che prospera tutt’attorno. Guerra dopo guerra, i nostri popoli imparano ad avere speranza nella pace, una speranza che risiede laddove i nostri politici, invece di trovare una soluzione moderata, continuano a guidare gli eserciti al combattimento. Noi, come Orphaned Land, nel corso del nostro ventennio di esistenza, abbiamo potuto osservare e tastare con mano come, oltre a sparuti episodi di odio e censura, il sentimento principale della gente del Medio Oriente sia quello della fratellanza, una fratellanza nascosta dai media, che ci mostrano solo morte e sangue. Ogni concerto, ogni evento a cui partecipiamo, ci sprona e ci aiuta a diffondere il nostro messaggio, che poi altro non è che il messaggio più importante che ci sia. Un messaggio che grazie alla musica può essere ascoltato in tutto il mondo, un messaggio di pace”.

PER QUANTO RIGUARDA L’ATTIVITA’ LIVE, INVECE? TI CONFESSO DI NON VEDERE L’ORA DELLA VOSTRA PERFORMANCE AL SUMMER BREEZE 2013…AVETE PREPARATO QUALCOSA DI SPECIALE PER L’OCCASIONE?
“Siamo letteralmente ansiosi di poter suonare i nuovi brani dal vivo e di vedere come la gente reagirà al loro ascolto, oltre ovviamente a quanto sta venendo fuori dai vari commenti in rete, dalle recensioni e sui forum on line. Ora come ora, stiamo ancora pensando a come arricchire i nostri spettacoli, magari con dei visual artistici oppure portando con noi dei musicisti ospiti. Cerchiamo sempre di migliorare la nostra offerta al pubblico”.

RESTANDO SULL’ARGOMENTO, COME DIFFERISCE L’AUDIENCE EUROPEA DA QUELLA ASIATICA? QUALI SONO LE DIFFERENZE PIU’ EVIDENTI? E…SE POTESSI SCEGLIERE UN POSTO DOVE SUONARE IN QUESTO MOMENTO, QUALE PAESE SAREBBE?
“Di solito i nostri spettacoli sono una grande festa a prescindere dal posto in cui siamo: la gente partecipa e canta con noi, si diverte con della buona musica, ci offre dei buoni vibe in modo che noi si possa dar loro il meglio della performance. Quando invece siamo giù dal palco…allora lì si vede qualche differenza, perché le culture e la mentalità sono diverse da luogo a luogo. Ti posso dire che personalmente amerei davvero tanto venire a suonare da voi in Italia, in quanto ho radici italiane, che ho sempre amato, e mi piacerebbe tantissimo finalmente venire a visitare il vostro bellissimo Paese (ricordiamo che la band sarà alla Rock’n’Roll Arena di Romagnano Sesia il prossimo 23 ottobre, ndR)”.

OK, E’ TUTTO, CHEN! GRAZIE MILLE PER LA DISPONIBILITA’ E TERMINA PURE L’INTERVISTA COME PREFERISCI…
“Ricordatevi sempre che non importa chi siete, da dove venite e per quale divinità pregate: tutti noi siamo una cosa sola. Tutto è uno!”.

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