OTHISMOS – Dolore senza guarigione

Pubblicato il 26/01/2025 da

Il blackened crust/metal è un filone che spesso pare aver detto tutto, ipersfruttato, sfinito da un inflazionamento di gruppi che prova a connettere i mondi black metal e crust senza dare un proprio significativo contributo.
Ci sono per fortuna nobili eccezioni e una di queste sono i toscani Othismos, che con il terzo album “Sottrazione” ci hanno sbattuto in faccia un’immane dose di rabbioso dolore, tramite linguaggi noti ma rielaborati con affilata efficacia. Nel tumultuoso, scalciante e densissimo suono di cui sono protagonisti si rileva una personalità che, nonostante alcuni riferimenti abbastanza chiari (Tragedy, Rorcal, From Ashes Rise, Celeste), emerge nettamente e con orgoglio.
Così che “Sottrazione” si fa ascoltare con grande piacere e fa apprezzare tanti aspetti diversi delle fusioni tra punk e metal estremo, tra un’aggressione mortifera che non va mai a disperdersi e riusciti momenti atmosferici, inquietanti, tesi, a loro volta cupi e carichi di dolore.
Un album di carattere, che meritava un approfondimento, avvenuto sul finire dello scorso anno, da parte dei suoi autori, nelle persone del cantante/bassista (e autore dei testi) Filippo Masina e del batterista Matteo Maroni.


C’È UNA NEGATIVITÀ VISCERALE, ALLA QUALE SEMBRA CHE NULLA POSSA DARE RIMEDIO, PROVENIENTE DAL VOSTRO ULTIMO “SOTTRAZIONE”. UN SENTIMENTO GENERALE CHE D’ALTRONDE GUIDAVA ANCHE LE VOSTRE OPERE PRECEDENTI. VI CHIEDO ALLORA DA DOVE DERIVA TUTTO QUESTO NERO MARCIUME E COME PENSATE ABBIATE EVOLUTO IL MODO DI TRASMETTERLO DAL PRIMO DISCO “L’ODIO NECESSARIO” AD OGGI.
Filippo Masina: – La desolazione viene dalle nostre vite e da quello che ci vediamo attorno. Nulla di più, nulla di meno. In fin dei conti non è che una banale constatazione. Negli Othismos confluisce molta della nostra rabbia e del nostro dolore, che non hanno soluzione, né finali felici.
Rispetto al primo disco sono passati nove anni, abbiamo imparato nuove cose, abbiamo affinato la nostra identità e – last but not least – abbiamo cambiato tre batteristi. Diciamo che siamo vagamente più lucidi, cioè più capaci di costruire canzoni che esprimano ciò che vogliamo far arrivare a chi ascolta (ma prima di tutto a noi stessi). Non siamo mai del tutto soddisfatti, ovviamente.

IL VOSTRO INDIRIZZO STILISTICO RIMANDA AL BLACKENED CRUST/METAL DI BAND COME TRAGEDY, FROM ASHES RISE, CELESTE, RORCAL. CON “SOTTRAZIONE” L’INFLUSSO BLACK METAL APPARE PIÙ SFUMATO, MENTRE È PREPONDERANTE LA COMPONENTE CRUST/PUNK. A COSA SI DEVE QUESTO LIEVE CAMBIAMENTO NELLA VOSTRA PROPOSTA?
Filippo Masina: – A costo di sembrare presuntuoso, devo dire che noi non ci ispiriamo – almeno consapevolmente – a nessuna di quelle band, seppur ovviamente le conosciamo e apprezziamo. A dire la verità, non abbiamo mai preso a esatto riferimento nessun gruppo nella nostra ‘carriera’: in singole canzoni abbiamo cercato soluzioni che ‘somigliassero a’, in modo da trovare una quadra, ma non più di questo.
Pensa che all’inizio avremmo voluto fare stoner… Poi le cose hanno preso decisamente un’altra piega.
Rispetto al nostro disco precedente, abbiamo voluto ridurre la componente black metal perché abbiamo compreso che non ci appartiene del tutto. Personalmente ne sono un assiduo ascoltatore, è senz’altro il mio genere preferito; ma gli Othismos sono un’altra cosa. Abbiamo avuto tempo di riascoltare “Separazione” a debita distanza di tempo, e la sensazione che abbiamo avuto sia Luca (Migliorucci, chitarrista, ndr) che io – ovvero i due componenti stabili della band – era che ci fossimo spinti un po’ troppo verso quella direzione.
Non che rinneghiamo quanto abbiamo fatto in passato, e pensiamo ancora che “Separazione” sia un buon disco (registrato per miracolo, ma questa è un’altra storia); ma abbiamo voluto ridurre – relativamente – la velocità e la – sempre relativa – complessità di alcune linee ritmiche. Abbiamo lavorato per sottrazione ed è appunto uno dei significati del titolo.

Matteo Maroni: – Dopo che sono entrato a far parte degli Othismos e dopo un periodo di ‘collaudo’, Luca ha iniziato a portare alcuni riff e da lì abbiamo costruito tutti insieme le strutture. Come ha detto Filippo, su alcuni pezzi ci siamo ispirati a dei passaggi o a strutture di gruppi che ascoltiamo, ma nel momento in cui scrivevamo ci interessava riuscire a trasmettere qualcosa, senza pensare troppo a dove saremmo andati a finire.

IL PRIMO ESTRATTO DELL’ALBUM CHE AVETE PRESENTATO È INTITOLATO “COPS ARE NOT PEOPLE”. UN TITOLO CHE CI PARE NON PASSI INOSSERVATO, VORREI QUINDI CHIEDERVI LE RAGIONI DI UN TITOLO COSÌ FORTE.
Filippo Masina: – Risposta breve: non ci piacciono gli sbirri, siamo un gruppo estremo, quindi perché no? D’altronde c’è una certa tradizione in proposito: basti pensare ai Tear Me Down (“PSM”, cioè “Più sbirri morti”) o ai Cripple Bastards (“Polizia una razza da estinguere”). O ancora ai Million Dead Cops, e chissà a quanti altri. Quindi non è nulla di eccezionale o di innovativo. Peraltro il pezzo non è stato scelto come ‘singolo’ per il tema o per il titolo, ma perché lo riteniamo uno dei migliori del disco e una buona sintesi della nostra proposta attuale.
Risposta lunga: la questione è politica (come sempre). Qual è la funzione delle forze di polizia nella società? Possiamo certo pensare, benevolmente e ingenuamente, che ci proteggano dai cattivi; se uno ha otto anni va benissimo crederci. Con uno sguardo un po’ disincantato, è facile vedere come spesso i cattivi siano loro. Certo, non sono i più cattivi in assoluto: tra uno sbirro e un mafioso mi prendo sempre lo sbirro, ma così è troppo facile.
Le polizie proteggono un ordine, sociale e soprattutto economico: lo stesso ordine che ci tiene soggiogati, ci sfrutta e ci strangola. Sono quindi uno strumento, e sono uno strumento costruito, strutturato e formato scientemente per adempiere alla funzione di tutelare il potere costituito, per quanto orribile e osceno possa essere. Nel farlo sono disponibili a schiacciare e, se necessario, eliminare chi si oppone (o, talvolta, si trova al posto sbagliato nel momento sbagliato). In Italia, ovvero nel paese delle cannonate di Bava Beccaris, dell’attivo sostegno al fascismo, dei mitra di Scelba, della strategia della tensione, del G8 di Genova, degli omicidi di Cucchi, Uva, Aldrovandi e tantissimi altri, siamo ancora autorizzati a pensare che si tratti di episodi, di eccezioni (la retorica delle ‘mele marce’), o c’è forse un problema strutturale?
Aggiungo un’altra cosa: ho scritto testi sulla depressione, sulla morte, sul suicidio, sull’estinzione della razza umana (più d’uno!) e altre simili delizie, eppure nessuno ha mai alzato un sopracciglio. Ma un titolo come questo – per di più volutamente grottesco nel suo parossismo – viene osservato. Non sto polemizzando con te, ma non sei il primo che ce lo fa notare. Viviamo in un mondo strano.

Matteo Maroni: – Oltre ad avere un rifiuto per tutto quello che prevede cieca obbedienza ed abnegazione, purtroppo conosciamo molto bene da vicino quello che è il sistema di controllo, oppressione e repressione. Il ‘forte con i deboli e debole con i forti’ è una costante storica.
Attualizzando le parole di Filippo al giorno d’oggi, per fare un esempio, viviamo circondati da milioni di telecamere, che puntualmente non funzionano quando si tratta di prevenire o contrastare la microcriminalità, ma funzionano benissimo quando si tratta di identificare chi partecipa ad attività socialmente ‘scomode’.
Allo stesso modo c’è una disparità nella certezza e nella misura delle condanne: è noto a tutti quanto sia difficile che vengano date condanne serie per furti, rapine o spaccio di droghe pesanti, mentre invece sia infinitamente facile essere condannati per devastazione e saccheggio o ritrovarsi a firmare la domenica per tanti anni. Rovinare la vita a chi non è conforme, ma permettere di amministrare lo Stato e prendere ordini da chi ha compiuto le peggiori porcherie è una scelta, e sei hai fatto quella scelta, non ci piaci.


“THE SHAPE OF PAIN TO COME” RICHIAMA NEL TITOLO IL BALUARDO DEL PUNK/HARDCORE “THE SHAPE OF PUNK TO COME” DEI REFUSED. A COSA SI DEVE QUESTA CITAZIONE E COME SI COLLEGA AI CONTENUTI DEL BRANO IN QUESTIONE?
Filippo Masina: – In realtà mi piaceva il gioco di parole. Il testo parla – chi l’avrebbe mai detto – di dolore; ricordo di averci accostato la parola ‘shape’ e la frase è uscita da sola.
È ovviamente diventato anche un omaggio ai Refused, anche se dubito che gli possa far piacere essere associati agli Othismos.

IL SUONO DI “SOTTRAZIONE” È MOLTO DENSO, LIMACCIOSO, RICORDA ANCHE GRUPPI DAL SAPORE PIÙ SLUDGE COME WOLVHAMMER O COFFINWORM, OPPURE I TRAGEDY DI “DARKER DAYS AHEAD”.
CHE TIPO DI SUONO VOLEVATE OTTENERE, QUANDO SIETE ENTRATI IN STUDIO DI REGISTRAZIONE, E CHE CARATTERISTICHE PENSAVATE DOVESSE AVERE, PER POTER MEDIARE TRA LA FORTE URGENZA ESPRESSIVA E UN’ATMOSFERA PLUMBEA, APOCALITTICA, CHE RITENGO ESSERE UNO DEGLI ASPETTI MIGLIORI DEL DISCO?

Filippo Masina: – Non siamo né musicisti raffinati (anzi: non ci definiamo musicisti per nulla), né smanettoni esperti di strumentazione, pedali, effetti, processi digitali, eccetera. L’unico nostro punto di riferimento, oltre alla cultura musicale e ai gusti di ciascuno, è l’esperienza.
Il disco precedente soffriva secondo noi di due problemi: un suono di batteria non proprio eccezionale (ho già detto che la registrazione fu avventurosa?) e chitarre non abbastanza ‘dominanti’, anche a causa di un uso del basso vicino a una seconda chitarra. Abbiamo cercato di correggere questi difetti, o caratteristiche, e bene o male crediamo di esserci riusciti. L’’apocalisse’, a quel punto, è uscita da sé.
Come dato di cronaca, devo aggiungere che per la prima volta non abbiamo realizzato l’intero processo di produzione ‘in casa’ (cioè nello studio del nostro amico e fidatissimo fonico Emanuele ‘Bio’ Ferrari, sempre sia lodato), ma registrazione e mixaggio/mastering sono stati fatti in due studi diversi.
Non nascondo che abbiamo trovato delle difficoltà per noi inaspettate e, sicuramente, c’è voluto più tempo del previsto. Qualche compromesso – a malincuore, perché non siamo troppo inclini – lo abbiamo dovuto fare. La prossima volta sarà diverso.

Matteo Maroni: – Ho deciso di non ritoccare quasi per niente i suoni della batteria e non ho usato trigger. Sì, a volte la dinamica può risultare ‘traballante’, ma preferisco un approccio naturale, sporco e marcio proprio per cercare di trasmettere il più possibile l’atmosfera e le sensazioni di cui parlavi.
Il ‘mercato’ è saturo di suoni ultrapatinati e puliti, preferisco provare a trasmettere uno stato d’animo cercando di rimanere me stesso, con tutti gli sbagli e le imperfezioni. Dietro le pelli come nella vita di tutti i giorni.

NONOSTANTE TUTTO IL PESSIMISMO EMANATO NELLE TRACCE DI “SOTTRAZIONE”, FILTRA DELLA MELODIA, ANCHE PIÙ CHE IN PASSATO. A COSA VI SERVE LA MELODIA E COME ENTRA IN UN DISCORSO ALTRIMENTI VOTATO ALL’ANNICHILIMENTO E ALLA FEROCIA?
Filippo Masina: – Abbiamo voluto espandere questo aspetto che, in precedenza, era stato forse un po’ penalizzato. Luca ha un ottimo gusto nello scrivere riff, ma tenendo quasi sempre velocità piuttosto alte non c’era fisicamente spazio per svilupparli.
D’altronde la melodia può essere anche più inquietante della brutalità nuda e cruda: “I Will Fade Away” è sicuramente il pezzo più melodico che abbiamo scritto (e uno dei più lenti, almeno per tre quarti), ma lo reputo uno dei più intensi in assoluto. In effetti la parola giusta, e la più importante, è intensità: è quella che vogliamo raggiungere.
La melodia non lo impedisce, tutt’altro: credo che nessuno possa dire che Yob e Neurosis siano due gruppi ‘leggeri’ solo perché usano molta melodia. Lungi da noi ovviamente paragonarci a loro: ma sono un esempio dei riferimenti cui ci siamo ispirati per introdurre qualche elemento per noi nuovo.
Matteo Maroni: – La melodia può essere straziante anche più di una sfuriata di blastbeat. Oltre a quelli citati da Filippo, un gruppo che calza a pennello sono gli Amenra. Di certo non sono famosi per la velocità dei propri pezzi, ma riescono comunque ad emanare un’energia rabbiosa e straziante.

SE DOVESSI AZZARDARE UNA PICCOLA CRITICA AL VOSTRO OPERATO IN “SOTTRAZIONE”, È LA SENSAZIONE CHE POTRESTE ESPANDERE LE CANZONI, DAR LORO UNO SVILUPPO PIÙ AMPIO E DILATATO, ALLARGANDO IL MINUTAGGIO E PUNTANDO IN MODO ANCORA PIÙ CORAGGIOSO ALLA COMPONENTE ATMOSFERICA.
È UN QUALCOSA CHE GIÀ AVEVATE IPOTIZZATO, OPPURE PENSATE CHE PER GLI OTHISMOS SIA PIÙ CONGEGNALE UN TIPO DI STRUTTURE E DINAMICHE PIÙ ASCIUTTO E CONCISO, COME POI EFFETTIVAMENTE ESPRESSO FINORA NEI VOSTRI LAVORI?

Filippo Masina: – Grazie per la tua osservazione, che è stimolante. A noi la sintesi è sempre piaciuta: i nostri riff – su cui costruiamo i pezzi – sono spesso brevi e durano poco. L’idea è che così chi ascolta non abbia tempo di rompersi i coglioni. La nostra indole è insomma quella di scrivere pezzi tra i due e i tre minuti di durata.
Tuttavia, nell’ottica della sottrazione, ci siamo chiesti: se togliamo velocità, pennate e colpi di batteria, come riempiamo quegli spazi? Cosa mettiamo in quelle battute, e come? Da lì viene la componente atmosferica, come l’hai definita tu, che è – non fatichiamo a riconoscerlo – l’elemento meno compiuto del disco.
Sotto questo profilo è un disco di transizione. Sicuramente abbiamo intenzione di affinare questo strumento, che ci offre la possibilità di ampliare le nostre soluzioni. Ma credo che il nostro istinto non cambierà mai del tutto.

Matteo Maroni: – La ‘politica aziendale’ della Sottrazione ci ha più volte spinto a domandarci mentre scrivevamo: “Questo giro in più ha senso? Aggiunge qualcosa al messaggio del pezzo o è fine a se stesso?”. Questo non vuol dire che in futuro qualcosa non possa cambiare, soprattutto perché ormai sono quasi tre anni che suoniamo insieme, per cui cambierà anche l’approccio alla scrittura dei prossimi pezzi.

I GRUPPI CAPACI DI INCROCIARE BLACK METAL E CRUST/HARDCORE/PUNK SONO DIVENTATI INNUMEREVOLI E FIN ECCESSIVI, PER LA RICEZIONE DEL PUBBLICO, INGENERANDO ANCHE UNA CERTA SENSAZIONE DI GIÀ SENTITO, PER TUTTA UNA SERIE DI GRUPPI CHE ENTRANO IN QUESTO FILONE SENZA AGGIUNGERE NULLA DI SIGNIFICATIVO.
A VOSTRO PARERE COME SI RIESCE A MANTENERSI INTERESSANTI IN QUESTO CONTESTO, E NON DIVENTARE L’ENNESIMO CLONE DI GRUPPI COME I CELESTE, PER CITARE UNO DEI MIGLIORI – E DEI PRIMI – ESPONENTI DI QUESTO INDIRIZZO STILISTICO?

Filippo Masina: – A mio personalissimo parere, per essere interessanti non è indispensabile essere originali, ma personali. La capacità di innovare è di pochissimi, che oltre alle qualità tecniche posseggono anche gusto, istinto e un messaggio forte da trasmettere. È una combinazione difficile da trovare.
Nel nostro piccolo, nel nostro completo nichilismo sonoro, non ci siamo nemmeno mai proposti di essere interessanti, ma solo noi stessi, senza cercare di imitare nessuno. Ovviamente siamo derivativi, ci mancherebbe: e non ci dispiace di certo assomigliare a certi gruppi o rientrare in certi generi, la nostra dimensione ‘artistica’ è quella.
Ma non avremmo avuto preclusioni a suonare, che so, synthpop, se quello fosse stato il nostro istinto. Solo che ci piace la brutalità.



NELLE VOSTRE VITE COSA RAPPRESENTANO GLI OTHISMOS? COME RIUSCITE A CONCILIARE L’ATTIVITÀ DELLA BAND CON LAVORO, VITA PRIVATA, ALTRE VOSTRE PASSIONI?

Filippo Masina: – La risposta realistica è che gli Othismos sono per noi un hobby: impegnativo e costoso a livello di denaro, tempo ed energie, come chiunque abbia mai avuto un gruppo sa bene.
Per noi è bello trovarci in sala prove e mettere insieme le nostre idee: per qualche anno ci siamo fermati per cause di forza maggiore e ne abbiamo sentito la mancanza. Inoltre, siamo sempre stati bene tra noi, a livello umano: anche con gli ex componenti c’è sempre stata anche (o innanzitutto) amicizia. Non saremmo durati così a lungo, a fronte di sostanzialmente nessun riscontro ‘commerciale’, senza questo fattore.
Infine, gli Othismos sono uno spazio di libertà, in cui possiamo esprimere i nostri estremi. Non ci sono mediazioni. In una società che si è abituata all’autocensura indotta dagli algoritmi dei social media, non è poco.

Matteo Maroni: – Non è sempre facile trovare il tempo e le forze per andare in sala prove, ma cerchiamo sempre di trovare un giorno in cui, anche dopo aver suonato, possiamo trovare del tempo per poter stare insieme, tra un bicchiere di vino e un Campari.
Ritengo che sia fondamentale avere un bel rapporto di amicizia, soprattutto a questi livelli, dove si suona per passione e basta. Sappiamo di poter condividere tutto l’uno con l’altro, anche quegli argomenti e comportamenti considerati tabù o da emarginare. Citando la frase di un nostro amico comune: “Lasciatemi almeno la libertà di farvi schifo”, e tra noi sappiamo che abbiamo quella libertà. Oltre alla musica, questo sono gli Othismos.

NEGLI OLTRE DIECI ANNI DELLA VOSTRA ATTIVITÀ, COME AVETE VISTO CAMBIARE L’AMBIENTE MUSICALE ITALIANO, INERENTE AL VOSTRO CONTESTO DI RIFERIMENTO, MA ANCHE GUARDANO A UN’AREA PIÙ AMPIA, A QUELLA DELLE SONORITÀ DAL TAGLIO PIÙ UNDERGROUND E LONTANE DAL MAINSTREAM?
Filippo Masina: – Premettendo che il nostro osservatorio è molto parziale e fisicamente remoto (viviamo lontani da qualunque ‘scena’), l’impressione è che l’ambiente sia invecchiato e si sia ristretto. Ci sono meno concerti e molti meno posti dove suonare, almeno per band come la nostra (la stretta sui centri sociali da questo punto di vista si è fatta sentire).
Tutto è poi diventato molto costoso, sia dal punto di vista dell’organizzazione che della fruizione. Le nuove generazioni – diciamo in senso generico ‘i ventenni’ – non sembrano interessate a certe sonorità, e in generale a una certa attitudine legata alla musica estrema. Ci sono però segnali incoraggianti, connessi soprattutto a eventi come il Venezia Hardcore e il Frantic Fest: speriamo che questa controtendenza si consolidi.
Dalle nostre parti siamo rimasti tra i pochi a suonare in una band, e siamo di gran lunga i più estremi. Quando abbiamo iniziato, nel 2009, non era così: ma già allora, in effetti, eravamo i più giovani, e i ‘veterani’ nel frattempo hanno quasi tutti mollato. Qui non c’è stato alcun ricambio.

SIAMO AL TERMINE DEL 2024, QUALI SONO STATI SECONDO VOI I DISCHI PIÙ INTERESSATI PRODOTTI NELL’ANNO APPENA TRASCORSO?
Filippo Masina: – in ordine sparso quelli di Ulcerate, Schammasch, Kanonenfieber, Panzerfaust, Naxen, Spectral Wound, Dödsrit, Selbst.

Matteo Maroni: – Iena, Dödsrit, Terramorta, Cock Sparrer, Body Count.

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