OTTONE PESANTE – Le trombe del Giudizio

Pubblicato il 18/11/2020 da

Il nuovo album degli Ottone Pesante, “DoomooD”, ci ha convinto in pieno, grazie ad una formula assolutamente unica, un sound apocalittico e una capacità compositiva invidiabile. Già suonare metallo pesante senza chitarre ma con tromba e trombone è una sfida notevole; ma farlo creando un disco palindromo, registrato come una sorta di lungo canone inverso, è qualcosa che non ci saremmo mai aspettati. Abbiamo scambiato quindi quattro chiacchiere con Paolo Raineri (tromba) e Francesco Bucci (trombone e tuba), cercando di approfondire ulteriormente questo lavoro intrigante, facendoci anche dare qualche consiglio per coloro che volessero avvicinarsi all’ascolto di strumenti che, certamente, non sono tra i più comuni nell’universo heavy metal.

INIZIAMO PARTENDO PROPRIO DALLA NASCITA DEGLI OTTONE PESANTE: COME È NATA L’IDEA DI FONDARE UNA BAND METAL BASATA SUGLI OTTONI?
Paolo Raineri: – L’idea è nata in modo molto naturale per noi: io e Francesco suoniamo tromba e trombone da quando avevamo undici anni e negli anni successivi abbiamo iniziato ad ascoltare e ad appassionarci al metal. Solo quando abbiamo raggiunto i trent’anni ci è venuto in mente di coniugare le due cose. Abbiamo suonato un po’ di tutto negli anni ma volevamo mettere noi e i nostri strumenti alla prova con qualcosa di estremo, da qui è nato Ottone Pesante.

ABBIAMO NOTATO UN NETTO PASSO AVANTI TRA QUESTO NUOVO ALBUM ED IL PRECEDENTE, CHE COMUNQUE ERA GIÀ UN LAVORO MOLTO BUONO. QUALI OBIETTIVI VI SIETE POSTI RISPETTO AD “APOCALIPS”? AVETE LAVORATO SPECIFICATAMENTE SU ALCUNI ASPETTI RISPETTO AD ALTRI?
Paolo Raineri: – Abbiamo voluto mettere molta attenzione ai suoni e curare in modo quasi maniacale ogni atmosfera che caratterizza i brani. Questo disco è nato anche in modo diverso rispetto ai precedenti che nascevano più live. Per “DoomooD” abbiamo lavorato registrandoci le idee e capendo cosa volevamo dire con ogni brano, cercando le atmosfere e i suoni giusti per renderlo al meglio. Un aiuto ci è stato dato anche da Riccardo Pasini che non ci ha posto alcun limite nella registrazione del disco ed è stato ben felice di sperimentare con effetti e ottoni.

IL TITOLO “DOOMOOD” METTE GIÀ IN CHIARO DUE CONCETTI FONDAMENTALI PER CAPIRE L’ALBUM. VEDIAMOLI UNO PER UNO: IL PRIMO È NEL SIGNIFICATO STESSO DEL TITOLO “DOOM MOOD”, COSA VOLETE DIRCI A RIGUARDO?
Francesco Bucci: – Esattamente! Il titolo è già un’anticipazione di cosa più o meno succederà nel disco. Il primo riferimento è al doom inteso come genere musicale e di conseguenza al mood generale. Infatti questa volta abbiamo rallentato di molto i bpm e le atmosfere si sono fatte più oscure, malinconiche, dilatate. I nostri ascolti riguardano il metal a 360° e anche questo lato della musica estrema ci appartiene molto. Per quel che mi riguarda sono molto legato ad alcuni gruppi degli anni Novanta come Anathema, My Dying Bride, Katatonia e questi ascolti sono confluiti in maniera massiccia in “DoomooD”. Era in progetto già da un po’ e questo era il momento giusto.

L’ALTRO ASPETTO IMPORTANTE È LA SPECULARITÀ DELLA PAROLA, CHE SI RIFLETTE NELLA STRUTTURA A ‘CANONE INVERSO’ DELL’ALBUM. SOPRATTUTTO PER QUESTO ASPETTO CI PIACEREBBE CONOSCERE UN PO’ DI RETROSCENA E COME AVETE APPLICATO QUESTA FORMA MUTUATA DALLA MUSICA CLASSICA AL VOSTRO ALBUM.
Francesco Bucci: – Tutto è nato dal fatto che, già dopo aver pubblicato “Apocalips” nel 2018, sapevamo che disco fare e che titolo dare. Quando ho cominciato a scrivere la musica di “DoomooD” e a selezionare riff che tenevo nel cassetto, mi è venuta l’idea di tentare di scrivere il tutto in maniera palindroma in modo che il disco si possa ascoltare sia per un verso che per l’altro. Quindi ho invertito ogni riff e ogni melodia cercando di capire quali funzionavano anche a rovescio e dopo averli selezionati li ho messi in ordine in modo da rispettare la regola che mi ero imposto, ma con l’obiettivo di realizzare un’unica composizione. È stato un processo abbastanza complicato e cervellotico, anche perché un conto è applicare una regola in modo sterile, un conto è applicarla e cercare di ottenere buona musica. Il ‘canone inverso sovrapposto’ compare circa a metà del disco durante il pezzo intitolato “Grave”, è lì che comincia il ribaltamento ed è lì che la melodia e la sua relativa inversa vengono sovrapposte perfettamente dando un risultato sonoro veramente drammatico.

IL ‘CANONE INVERSO’ AD ALCUNI POTREBBE FAR VENIRE IN MENTE L’OMONIMO FILM DEL 2000 DI RICKY TOGNAZZI, LA CUI COLONNA SONORA È STATA CURATA DA ENNIO MORRICONE, RECENTEMENTE SCOMPARSO. AVETE FAMILIARITÀ CON QUESTA COLONNA SONORA E IN GENERALE CON L’OPERA DI MORRICONE?
Francesco Bucci: – Devo dire che non conosco il film in questione e la sua relativa colonna sonora, ma conosco invece abbastanza bene la musica di Morricone, di cui sono un grande fan. Cominciai ad apprezzarlo dai tempi de “La Piovra”, poi mi sono appassionato allo spaghetti western e devo dire che alcuni film che ho sempre considerato tra i miei preferiti (“Il grande Silenzio”, la trilogia del dollaro o “C’era una volta in America”, ad esempio), in realtà lo sono principalmente proprio per la sua colonna sonora… Al di là dei gusti personali, credo che Morricone abbia avuto uno stile personalissimo e riconoscibilissimo, qualità di pochi che per noi è motivo di ispirazione.

DEVO ESSERE ONESTO, ASCOLTANDO L’ALBUM ABBIAMO PENSATO CHE CI FOSSERO PIÙ STRUMENTI RISPETTO AI VOSTRI TRE, PERCHÉ NON CI SEMBRAVA POSSIBILE CHE CERTI SUONI FOSSERO RIPRODOTTI CON TROMBA, TROMBONE E BATTERIA. VOLETE RACCONTARCI QUALCOSA DI PIÙ SUL VOSTRO LAVORO SUI SUONI?
Paolo Raineri: – Ti confermo che tutti i suoni che senti provengono dai nostri strumenti (voci a parte) magari sono stati un po’ (mal)trattati con effetti, ma tutto nasce da lì. Il lavoro con i suoni è stato molto stimolante e creativo: abbiamo registrato le tracce pulite di tromba e trombone nel nostro studio (lo Studio Pesante) e poi ci siamo recati dal Paso (Studio 73) per fare i reamp. Avevamo a disposizione una tonnellata di effetti e un amplificatore grande come un frigo, il paradiso per noi. La cura dei suoni distorti è stato un elemento molto importante per ricreare tutte le sfumature che volevamo sui brani. Il risultato è quello che sentite su disco.

SPERANDO DI POTER TORNARE AL PIÙ PRESTO A SUONARE DAL VIVO, COME PENSATE DI RIPRODURRE L’ALBUM DAL VIVO? USERETE QUALCHE TIPO DI SOVRAINCISIONE O SARÀ TUTTO NELLE MANI DEI VOSTRI TRE STRUMENTI?
Paolo Raineri: – Lo stiamo capendo proprio in questo periodo. L’idea è di cercare di riprodurre tutto dal vivo (a parte le voci) e direi che dovremmo riuscirci come sempre con solo tromba, trombone e batteria.

ANCHE IN “DOOMOOD” SONO PRESENTI UN PAIO DI BRANI CANTATI, DAVVERO MOLTO INTERESSANTI. VI VA DI RACCONTARCI COME SONO NATE QUESTE COLLABORAZIONI?
Paolo Raineri: – Le collaborazioni nascono sempre con cantanti che conosciamo personalmente e che pensiamo possano essere interessati ad aggiungere qualcosa alla nostra musica, come nel caso di Travis Ryan nel disco precedente, che ha prestato la sua voca su “The Fifth Trumpet”. Su “DoomooD” siamo voluti rimanere in Italia e abbiamo Sara dei Messa su “Tentacles” e Silvio degli Abaton su “Serpentine Serpentone” e “Strombacea”. Nel caso di “Tentacles” sentivamo che volevamo una voce femminile ed abbiamo subito pensato a Sara, per gli altri due brani ci siamo rivolti a Silvio, che ci ha aiutato ad aggiungere caos e pathos ai brani.

PENSATE CHE ESSERE UNA BAND FONDAMENTALMENTE STRUMENTALE POSSA ESSERE UN LIMITE AL RAGGIUNGIMENTO DI UN PUBBLICO PIÙ AMPIO? AVETE MAI PENSATO DI SFRUTTARE MAGGIORMENTE LA FORMULA CON IL CANTATO?
Paolo Raineri: – Ci stiamo ragionando già da un po’ di tempo, per ora ci interessava sperimentare la formula ‘ottone + cantato’, in futuro chissà, potrebbe anche succedere…

QUEST’ALBUM SEGNA ANCHE L’ABBANDONO DELL’AUTOPRODUZIONE IN FAVORE DI UN’ETICHETTA CHE VI HA SUPPORTATO. COME VI SIETE TROVATI? AVETE RISCONTRATO DIFFERENZE SOSTANZIALI RISPETTO AL PASSATO?
Paolo Raineri: – Con Aural ci stiamo trovando benissimo: avere il supporto di un’etichetta non può che farci crescere e diffondere la nostra musica al meglio. Le differenze rispetto al passato ci sono: ora non è più tutto sulle nostre spalle ma abbiamo qualcuno che ci aiuta in diversi ambiti (distribuzione, stampa, promo). E’ qualcosa che stavamo cercando e credo sia giusto esserci arrivati dopo aver fatto tutto il percorso DIY finora, dimostrando a noi e a tutti che crediamo fortemente nel progetto e siamo in grado di farlo girare alla grande.

GLI OTTONI NON SONO ESATTAMENTE GLI STRUMENTI PIÙ USATI IN AMBITO HEAVY METAL, QUINDI SUPPONGO CHE AMIATE SPAZIARE NEI VOSTRI ASCOLTI. QUALI SONO LE VOSTRE PRINCIPALI INFLUENZE O FONTI DI ISPIRAZIONE AL DI FUORI DEL MONDO METAL?
Francesco Bucci: – Assolutamente sì, i nostri ascolti spaziano veramente molto e si potrebbe aprire un capitolo immenso. Variano dalla musica classica (Stravinsky, Debussy…) al jazz (Miles Davis, Albert Mangelsdorff) alla musica elettronica e sperimentale (Jon Hassel, Maria Bertel, Colin Stetson, ZU) alla musica per ottoni di brass band (come YoungBlood, Hypnotic Brass, Moon Hooch, Meute, Too Many Zooz).

SEMPRE A QUESTO PROPOSITO, SE I NOSTRI ASCOLTATORI VOLESSERO APPROFONDIRE L’ASCOLTO DI STRUMENTI COME LA TROMBA O IL TROMBONE, CI CONSIGLIERESTE QUALCHE ALBUM IRRINUNCIABILE PER AVVICINARCI ALLA MATERIA?
Francesco Bucci: – Domanda difficilissima, ma ci provo… Per quel che riguarda la musica classica direi Gustav Mahler, sinfonia n°3 e n°5. In ambito jazz direi Miles Davis e JJ Johnson. Un po’ di skacore, con Catch 22 e Mad Caddies. Infine Young Blood Brass Band e Hypnotic Brass Ensemble. Mi piacerebbe anche suggerire alcun band che uniscono gli ottoni ad una formazione metal tradizionale e devo dire che in questi anni ne abbiamo conosciute varie: Sear Bliss, Pensees Nocturnes, Imperial Triumphant, Soldat Hans, Bagarre Generale, Sculptured, Celtic Frost, Sunn o))), Ephel Duath.

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