E’ raro, al giorno d’oggi, trovare band che, più o meno in ugual misura, potrebbero potenzialmente piacere sia a metaller classici, sia alle giovani leve orientate prevalentemente su sentieri moderni e contaminati. I romani Otus, al debutto con il sorprendente “7,83 Hz” su Argonauta Records (dopo qualche mese di produzione e distribuzione do-it-yourself, però), appartengono a questa categoria per pochi, amalgamando alla perfezione e con ottimale savoir-faire post-metal a doom sabbathiano, psichedelia a progressive, elementi ambient a roccioso sludge. In un disco che colpisce per la cura dei dettagli e per la profondità delle tematiche trattate, la corposa lunghezza, solitamente scoglio piuttosto infrangibile da affrontare, passa invece quasi inosservata, permettendo al fruitore di godere appieno di ogni passaggio contenuto in tale lavoro di grande spessore qualitativo. Abbiamo quindi interpellato la band al completo per sapere tutto sugli Otus e sul loro esordio discografico. A voi!
CIAO RAGAZZI, BENVENUTI SU METALITALIA.COM! A VOI IL COMPITO DI PRESENTARE IN POCHE RIGHE GLI OTUS, LA VOSTRA STORIA E LE VOSTRE PRINCIPALI PECULIARITA’ IN QUANTO BAND!
“Salve Metalitalia e grazie per il benvenuto, siamo onorati di avere la possibilità di comparire sulle vostre pagine! Gli Otus nascono nel 2012 con l’intento di dare vita ad un progetto musicale capace di inglobare in maniera omogenea diversi stili, avendo come riferimento gruppi sulla scia di Isis e Cult Of Luna, transitando per il doom dei Black Sabbath e spingendosi anche verso sonorità più sperimentali tra Om e Sunn O))). Dopo un demo-EP pubblicato nel 2013, i nostri sforzi hanno preso forma nell’album intitolato ‘7,83Hz’, uscito da poco sotto l’etichetta Argonauta Records”.
“7,83 Hz” E’ IL VOSTRO PRIMO FULL-LENGTH, DUNQUE, UN ALBUM CHE CERTAMENTE SI PRESENTA COME UN PRODOTTO MOLTO CURATO E DETTAGLIATO SOTTO TUTTI GLI ASPETTI. PARTENDO DAL PUNTO DI VISTA MUSICALE, UNA DELLE CARATTERISTICHE CHE HO AVUTO PIU’ MODO DI APPREZZARE E’ IL PERFETTO MIX TRA SONORITA’ CLASSICHE HEAVY METAL (MI RIFERISCO ALLA FORTE COMPONENTE SABBATHIANA E SLUDGE) E UN APPROCCIO MODERNO DOVUTO ALLE SUCCITATE INFLUENZE POST- E AMBIENT. COME RIUSCITE A BILANCIARE AL MEGLIO QUESTI DUE FILONI?
“Sono filoni che, se non derivativi in alcuni casi, hanno sicuramente delle peculiarità molto simili fra loro per quanto riguarda evocatività ed atmosfera. Abbiamo quindi cercato di sfruttarli al meglio delle nostre possibilità per creare una sorta di sottofondo che collegasse tutti i pezzi, ma che poi permettesse anche di poterli osservare da varie angolature. Ad esempio, la canzone ‘Echoes And Evocations’ è una traccia strumentale dove i riff che abbiamo utilizzato sono fondamentalmente tutti gli assoli che si ascolteranno (le evocazioni) o che sono già stati ascoltati (gli echi) nel disco, però rivisti in chiave acustica e con una struttura che ricorda i Raga indiani. Siamo estremamente contenti di sapere che il risultato suoni bilanciato ed omogeneo!”.
A TUTTO CIO’ CHE INTERCORRE TRA IL SUONO DEI SABBATH, UN POST-METAL PROGRESSIVO E DIVAGAZIONI AMBIENT, AGGIUNGETE POI UN TRATTO PARECCHIO DISTINTIVO CON L’UTILIZZO DI MANTRA. CHI SI OCCUPA DI RECITARE QUESTI PARTICOLARI CANTI E COME VENGONO IMMESSI ALL’INTERNO DEL VOSTRO STILE?
“Il nostro cantante Fabrizio (Aromolo, ndR) si è occupato di studiare, riadattare e recitare tutti i mantra presenti nel nostro album. Il loro utilizzo non è semplicemente decorativo, bensì è collegato al concept del disco, in quanto la frequenza dei 7,83 Hz si registra nell’elettroencefalogramma proprio quando una persona è in profonda meditazione. Sono una vera e propria dichiarazione di intenti fin dalle prime note del lavoro”.
ESSENDO APPUNTO UN CONCEPT-ALBUM, VI CHIEDO SE “7.83 Hz” SIA STATO PLASMATO SVILUPPANDO PRIMA LA STORIA E I TEMI OPPURE LA MUSICA E’ VENUTA PRIMA DEL RESTO. PARLATECI UN PO’ DEL PROCESSO DI COMPOSIZIONE DEL DISCO…
“Il tipo di tematiche che volevamo affrontare nel disco fanno proprio parte della genesi degli Otus. Il nostro desiderio era di trasporre in musica una sorta di metodo pratico ed empirico di stampo orientale, capace di unire scienza e misticismo; pratico ed empirico, ad esempio, è l’effetto che si ottiene proprio recitando un mantra. Di pari passo alla composizione delle canzoni e sulla base di letture comuni che ci appassionano, abbiamo quindi deciso di dare al disco la forma di un concept-album, anche perché avere una ‘bussola’ per orientarsi ci sembrava, forse ingenuamente, la via più semplice per affrontare il nostro primo full-length”.
ENTRANDO PIU’ NEL DETTAGLIO DEL LAVORO CONCETTUALE ALLA BASE DEL PLATTER, SCOPRIAMO CHE 7,83 HERTZ E’ LA FREQUENZA PIU’ BASSA DELLA RISONANZA DI SCHUMANN E CHE A QUESTA FREQUENZA VIENE ASSOCIATO UN COSIDDETTO ‘SUONO DELLA TERRA’, IL SUONO DEI SUONI; SEMPRE ATTORNO A TALE FREQUENZA RISIEDE LO STATO DI SEMI-VEGLIA O RISVEGLIO, DOMINATO DALLE ONDE THETA. DA QUESTI CONFUSI ACCENNI, SI CAPISCE COME L’ARGOMENTO SIA RICCO DI SUGGESTIONI E PROFONDO, QUINDI VI LASCIAMO CARTA LIBERA PER ILLUSTRARNE LA VOSTRA INTERPRETAZIONE E I VOSTRI APPROFONDIMENTI…
“Come anticipato nella risposta precedente, parlare della risonanza di Schumann, chiamata anche frequenza di Buddha, ci ha permesso di enfatizzare il sottile confine che può intercorrere fra concetti religiosi e concetti scientifici. Quando una persona è in meditazione profonda, così come nella fase REM, le onde Alpha e Theta prodotte viaggiano sulla stessa frequenza del campo elettromagnetico terrestre e possono essere realmente misurate tramite un elettroencefalogramma. Se volessimo dargli una veste mistica, potremmo dire che è come se attraverso la meditazione ci si mettesse in sincrono con il pianeta stesso. Facendo un ulteriore passo, potremmo poi dire che forse il misticismo, la religione, o più generalmente la magia, non sono altro che i genitori ‘scomodi’ di quello che poi nei secoli si è differenziato in alchimia, chimica, psicologia, religione, filosofia, ecc.”.
SEMPRE RESTANDO IN TEMA CONCEPT, E CHIUDENDO QUI LE DOMANDE SUI TESTI, AVETE SUDDIVISO IL VOSTRO DEBUTTO, CONTENENTE NOVE CANZONI, IN TRE SEZIONI QUASI SPECULARI DENOMINATE “TURN ON”, “TUNE IN”, “DROP OUT”. ANCHE QUESTA DIVISIONE SOTTOINTENDE FORTI SIGNIFICATI METAFISICI ED ESOTERICI. VOLETE SPIEGARNE IL SENSO?
“Per chiudere il cerchio (e forse per complicarci ulteriormente la vita), dopo aver pescato da religione e scienza, abbiamo deciso di attingere anche dal fronte psicologico attraverso la massima ‘Turn On, Tune In, Drop Out’ dello scrittore/attivista Timothy Leary. Girando proprio attorno al concept della frequenza, questa massima ci sembrava perfetta per sottolineare e scandire i tre capitoli con una simbolica ‘accensione’ della mente, una sintonizzazione alla frequenza ed un finale ‘abbandono’ alla stessa. Allo stesso modo, anche il disco è scandito al termine dei primi due capitoli con due canzoni strumentali (‘Echoes And Evocations’ e ‘7,83 Hz’, ndR), nelle quali è possibile anche ascoltare la frequenza stessa; mentre il terzo capitolo si chiude con un pezzo molto lungo e vario in cui ci siamo letteralmente abbandonati, giocando con i filoni che descrivevi perfettamente nella seconda domanda. Questo brano, dal titolo ‘Res Cogitans, Res Extensa’ ha infatti un intro tipicamente doom, si appesantisce con un approccio più sludge, poi ha una svolta stoner su cui subentra un assolo con sonorità orientaleggianti, fino a che non diventa via via più rarefatto; alla fine esplode di nuovo fino a chiudersi con lo stesso mantra che c’è all’inizio del disco”.
L’ARTWORK E’ AD OPERA DEL VOSTRO CHITARRISTA/CANTANTE FABIO LISTRANI ED E’ UN PICCOLO CAPOLAVORO DI STAMPO FUMETTISTICO (DEL RESTO FABIO E’ STIMATO DISEGNATORE DI FUMETTI E TAROCCHI, TRA LE ALTRE COSE). ANCHE QUI, POTETE FAR LUCE SU COME SI ABBINA LA PARTE GRAFICA A TUTTO L’INSIEME?
“L’artwork dell’edizione limitata, di cui siamo molto fieri, è suddiviso da una componente più grafica all’esterno e una più illustrativa all’interno, ed è strettamente legato al disco e al gruppo. La componente esterna serve a sottolineare il progetto musicale Otus attraverso un teschio di un gufo (‘Otus’ è infatti il nome scientifico del gufo) circondato da un fiore di loto che, oltre a rispecchiare le nostre tematiche orientaleggianti, ha anche un’assonanza non casuale con il termine ‘lotus’. La parte interna ha invece una serie di illustrazioni e relativi sigilli che rappresentano, subito prima dei testi, i tre capitoli del disco; oltre ad una lunga illustrazione panoramica anch’essa collegata allegoricamente al tema del lavoro”.
TORNIAMO A VOLARE PIU’ BASSO CON UNA DOMANDA MOLTO SEMPLICE E DIRETTA, UN CLASSICO: CON QUALI BAND SIETE CRESCIUTI DA RAGAZZINI E QUALI SONO INVECE LE BAND CHE PIU’ AMMIRATE O AVETE AMMIRATO IN TEMPI RECENTI?
“Potremmo probabilmente stilare una lista infinita. Abbiamo alcune band che ci mettono sicuramente tutti d’accordo, come ad esempio Cult Of Luna, Isis o Neurosis. Ma poi singolarmente si spazia ad ampio raggio, coprendo dai Black Sabbath ai Tool, da Tom Waits agli Unsane, passando dalla new wave al punk, dal black metal all’elettronica. Ammirati dal vivo in tempi recenti i Kampfar, che hanno suonato a Roma (lo scorso Novembre, ndR), o gli Intronaut con cui abbiamo anche condiviso il palco due anni fa”.
LA VOSTRA MUSICA, PARTICOLARMENTE PROFONDA SOTTO DIVERSI ASPETTI, NON E’ FATTA CERTO PER ESSERE ‘USATA&GETTATA’, BENSI’ RICHIEDE DEDIZIONE E ATTENZIONE IN FASE DI ASCOLTO. A DIRE IL VERO NON STIAMO PARLANDO DI UN DISCO FUNERAL DOOM, MA COMUNQUE DI UN ALBUM LUNGO E COMPLESSO. PENSATE DI AVER DETTO TUTTO IN QUESTI 71 MINUTI, OPPURE C’E’ QUALCHE RIMPIANTO DA POST-PRODUZIONE?
“Rimpianto nessuno, ma questa prima esperienza è stata decisamente importante e formativa! Il disco è stato addirittura moderatamente tagliato proprio per rientrare all’interno di un CD. Essendo il nostro primo disco, tutte le canzoni contenute sono, nel bene e nel male, quelle che abbiamo creato da quando si sono formati gli Otus, quindi non è presente nessun tipo di filler, si tratta della totale trasposizione di quanto fatto fino ad ora”.
SOLITAMENTE IL PRIMO LAVORO E’ UN PO’ IL COMPENDIO DI QUANTO PRODOTTO DA UNA BAND NEI SUOI PRIMI ANNI DI VITA; POI, PROSEGUENDO, LE COSE DICIAMO CHE VANNO PRECIPITANDO… QUINDI VI CHIEDO LUMI SULLE VOSTRE ASPETTATIVE FUTURE: AVETE GIA’ NUOVA CARNE AL FUOCO, MATERIALE PRONTO? QUALE LATO DEL VOSTRO PROGETTO ANDRETE AD ESPLORARE?
“Abbiamo già diverso materiale in cui crediamo parecchio e, facendo tesoro degli errori commessi con il primo disco, siamo fiduciosi che riusciremo a dargli una forma ancora più forte ed incisiva. Se tutto procede secondo i piani, quindi, il prossimo anno dovremmo riuscire ad avere pronto il secondo disco e da lì a poco un EP con un tema specifico di cui non anticipiamo assolutamente nulla, ma attraverso il quale concentreremo un aspetto sperimentale che ci diverte ed interessa integrare nei nostri pezzi, ovvero quello di utilizzare strumenti costruiti da noi. Nella title track ‘7,83Hz’ soprattutto, ma anche in altre parti del disco, potete ascoltare infatti alcuni suoni che sono stati prodotti da un synth analogico costruito dal nostro cantante Fabrizio”.