OVERKILL – Benvenuti nello stato del Thrash

Pubblicato il 28/02/2019 da

“Welcome to the garden state, the best damn place in the USA”. Così recita una delle tracce più divertenti e punkeggianti dell’ultima fatica targata Overkill, quel “The Wings Of War” uscito proprio la scorsa settimana. Ora, non abbiamo la certezza che il New Jersey (chiamato amichevolmente Garden State) sia il miglior posto in assoluto degli Stati Uniti. Quel che sappiamo (e qui abbiamo le prove provate) è che questo stato della costa orientale ha dato vita ad una vera e propria macchina da guerra da scaraventare a pieno ritmo all’interno del mondo targato thrash metal. Una carriera ormai quarantennale, coronata dall’ennesima prestazione di valore, la diciannovesima, a conferma dell’ottimo stato di salute della band capitanata da D.D.Verni e Bobby ‘Blitz’ Ellsworth. Quegli Overkill che, tra pochissimi giorni, toccheranno il suolo italico per due date del loro personalissimo Killfest Tour. E allora, in attesa dell’headbanging più sudorifero, godiamoci l’intervista realizzata con ‘Sua Elettricità’ Bobby Ellsworth il quale, tra una risata (inimitabile) e l’altra ci racconta i segreti del nuovo “The Wings Of War”. Buona lettura!

Artista: Overkill | Fotografo: Anna Bechis | Data: 18 agosto 2017 | Venue: Summer Breeze Open Air | Città: Dinkelsbuhl (Germania)

CIAO BOBBY E BENTORNATO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM! ALLORA, INIZIAMO: DOPO SETTIMANE DI ATTESA “THE WINGS OF WAR” E’ STATO FINALMENTE PUBBLICATO. LA DOMANDA E’ D’OBBLIGO: SEI SODDISFATTO DEL VOSTRO LAVORO?
– Sono a dir poco eccitato di quanto abbiamo realizzato. Per questo nuovo album abbiamo avuto una grossa novità: sto parlando ovviamente dell’entrata in squadra di Jason Bittner. In più, anche a livello di produzione abbiamo ottenuto dei buonissimi risultati: elementi che hanno sicuramente fatto la differenza sul prodotto finale. Quando registri un nuovo album, non è sempre facile capire come stanno procedendo i lavori: sei preso a scrivere un pezzo, a rivederne un altro, a concentrarti su un altro ancora. Fortunatamente ho avuto modo di ascoltarmelo per bene una volta terminate le registrazioni e devo ammettere che il risultato è più che soddisfacente.

COME SI SONO SVOLTE LE REGISTRAZIONI DEL NUOVO ALBUM? AVETE ADOTTATO LO SCHEMA SEGUITO PER I LAVORI PRECEDENTI O CI SONO STATE DELLE NOVITA’?
– Allora, il punto di partenza, come sempre, è stato D.D.Verni. Di seguito ci sono state comunque delle piccolo differenze rispetto al passato, dovute proprio all’innesto di Jason nella band. Per sfruttare al meglio la sua duttilità e creatività era necessario che interpretasse al meglio i brani che si andavano a strutturare. Non che Jason fosse all’oscuro del nostro modo di suonare o delle caratteristiche tipiche del nostro sound tuttavia, grazie al suo contributo, anche noi abbiamo avuto più di un’opzione relativa a questo o a quell’altro passaggio di un pezzo. Una maggiore estrosità che ha contagiato tutto il gruppo il quale, ripeto, è rimasto pienamente soddisfatto.

UNA MAGGIORE VARIETA’ CHE ABBIAMO SOTTOLINEATO ANCHE NELLA NOSTRA RECENSIONE, DEFINENDO “THE WINGS OF WAR” UN ALBUM COMPLETO E SOPRATTUTTO VARIEGATO, IN CUI LA COMPONENTE THRASH E’ MENO PREDOMINANTE RISPETTO AL RECENTE PASSATO. SEI D’ACCORDO?
– E’ vero, risulta molto più heavy rispetto ai lavori precedenti proprio per il nuovo sviluppo ritmico portato da Jason. Un cambiamento che si è riversato anche su gli altri componenti: Dave per esempio ha tracciato linee più melodiche e pure io, a cascata, mi sono ritrovato più ‘melodico’. Un album fresco, nuovo, che è comunque stato in grado di prendere spunti dal passato, rinnovandoli. Ecco perché, mi viene da definire “The Wings Of War” come l’album più melodico che abbiamo composto finora.

PARTIAMO DAL TITOLO: DA COSA NASCE “THE WINGS OF WAR?
– In realtà non c’è un vero e proprio motivo dietro questo titolo. O meglio, “The Wings Of War” è stato scelto dopo aver visto l’artwork realizzato da Travis Smith. Ci sono questi cinque teschi posizionati intorno al logo: sembra quasi una medaglia, uno stemma. Abbiamo lanciato varie ipotesi ma alla fine credo sia stato D.D.Verni a suggerire quello che poi è divenuto il titolo definitivo, a voler bollare una sorta di consiglio di guerra, tutti intorno ad un tavolo. Un titolo che poi, grazie a canzoni come “Last Man Standing” e “Believe In The Fight”, ha preso ancora più valore.

CI SONO DEI LEGAMI TRA LE VARIE CANZONI? C’E’ UNA SORTA DI CONCEPT CHE UNISCE I BRANI TRA LORO?
– No, non si tratta di un vero e proprio concept. Diciamo piuttosto che vi è una base di principi che lega i vari brani e sono quelli su cui è basata la nostra band. In “Last Man Standing” si parla di lealtà e dedizione, due qualità ben presenti in questa band che, nel corso degli anni, abbiamo pienamente coltivato. Credo che ci sia una linea comune che ci porta considerare il nostro gruppo una seconda casa, in cui ci sente a proprio agio. Un concetto che, per me, vale per molte altre persone che supportano questa scena.

PRENDENDO SPUNTO DALLA QUARTA TRACCIA DELL’ALBUM, HAI MAI CONOSCIUTO NELLA TUA VITA UNA “BATSHIT CRAZY”?
– (Risata alla Bobby,ndr) Si tratta di un’espressione d’oggi giorno utilizzata negli Stati Uniti e potrebbe essere utilizzata in una frase come questa: ‘Conosci un certo Andrea di Metalitalia? Ecco, è una ‘Batshit Crazy’!‘ (altra risata). Il suo significato? E’ un modo dire che risale all’Ottocento: essere una ‘batshit’ è come quando una torre campanaria, ormai vuota, è invasa dai pipistrelli. Là sopra, nessuna campana suona più, e allora la torre è diventata per loro la casa perfetta. E lo stesso discorso vale per la testa di una persona: avere la testa piena di pipistrelli è come essere un po’ pazzi. Questo nel 1800, oggi però ci siamo modernizzati e allora ecco il ‘batshit crazy’.

DI COSA PARLA INVECE “A MOTHER’S PRAYER”? E’ DEDICATA A QUALCUNO IN PARTICOLARE?
– “A Mother’s Prayer” è ispirata alla mia famiglia ed in particolar modo a mia madre. Ha 87 anni, è cattolica ed è molto religiosa. I miei tre fratelli hanno vissuto sempre molto vicino a lei: mio fratello abita nella strada accanto alla sua abitazione mentre le altre mie due sorelle la vedono quattro o cinque volte a settimana. Io invece, tra un tour e l’altro, la vado a trovare nelle occasioni di festa ma, nonostante questo, mi dice sempre che io sono quello che ama di più e che prega sempre per me. Ha capito che ciò che faccio, alla fine, è tutta la mia vita ed ho bisogno di farlo. E questo per me è una cosa dolcissima che ci tengo sempre a ricordare.

A PROPOSITO DI VARIETA’, COSA MI PUOI DIRE CIRCA IL PEZZO DAL SAPORE PUNK INTITOLATO “WELCOME TO THE GARDEN STATE”?
– Beh, è un pezzo thrash dalle forte influenze punk. Il ‘garden state’ è in realtà il New Jersey; gli abitanti del posto, me compreso, lo chiamano così. Il pezzo, tra le altre cose, inizia con un estratto preso dalla serie televisiva “The Sopranos” ed ha al suo interno, proprio nelle battute finale, anche un richiamo al brano “Born To Run” di Bruce Springsteen. Di cosa parla? Ho voluto ricordare tutte quelle cose che facevamo nel ‘garden state’ quando eravamo dei semplici ragazzini.

IN VISTA DELL’IMMINENTE KILLFEST TOUR, QUALI SARANNO I BRANI DEL NUOVO ALBUM CHE PORTERETE ON STAGE?
– Credo che da “The Wings Of War” presenteremo sicuramente “Welcome To The Garden State”, l’opener “Last Man Standing”, “Head Of A Pin” e “Distortion”, una delle mie preferite dell’intero album. Penso comunque che cinque o sei pezzi del nuovo album verranno proposti.

“THE WINGS OF WAR” E’ IL VOSTRO DICIANNOVESIMO ALBUM: UN NUMERO IMPORTANTE. COSA NE PENSI?
– Che tutto ciò è semplicemente stupefacente. Spesso non mi rendo conto di quello che abbiamo realizzato nel tempo: componiamo, andiamo in tour, senza fermarsi mai; amando in tutto per tutto, sottolineo, il nostro lavoro. E ora se leggo o sento questo numero, ‘diciannove’, quasi quasi non riesco a crederci…è fantastico!

PARLANDO DI NUOVI ALBUM, HAI ASCOLTATO IL PROGETTO SOLISTA DEL TUO AMICO D.D.VERNI “BARRICADE”?
– Sì certo, l’ho ascoltato. D.D. ha sicuramente un background musicale molto differente: dai classici, al punk, a sonorità più moderne, ovviamente tutte rock o metal. E’ stata una buona idea quella di riproporre tutti questi suoi gusti personali in un album. Mi è piaciuto anzi, ho sempre supportato ciò che ha fatto D.D. in passato, dai suoi Bronx Casket Co. sino al suo progetto solista.

DICIANNOVE ALBUM IN QUASI QUARANT’ANNI DI CARRIERA: SE POTESSI TORNARE INDIETRO NEL TEMPO E RIENTRARE NUOVAMENTE IN STUDIO, QUALE VORRESTI RIFARE, SEMPRE CHE VE NE SIA UNO?
– Mmm… direi “ReliXIV” del 2005. Non è male, ma a livello di produzione si poteva fare molto, molto meglio. Con una produzione migliore l’album avrebbe guadagnato ancor più punti di quanti ne già ne avesse. Sì, rifarei proprio “ReliXIV”.

E INVECE, IPOTIZZANDO UNA VOSTRA RACCOLTA CELEBRATIVA, QUAL E’ Il BRANO CHE SICURAMENTE TROVEREBBE UN POSTO NELLA TRACKLIST?
– Penso proprio che la titletrack dell’album “Ironbound” sarebbe il brano ideale. Siamo nel 2019 e, giorno dopo giorno, quel lavoro, e soprattutto quel pezzo, ha acquisito sempre maggior valore. Da quando l’abbiamo inserita nei nostri live, non ha più abbandonato la setlist. Sinceramente non ricordo un altro brano che duri da ben diciott’anni nei nostri show, ad esclusione di pezzi storici come “Elimination” e “Rotten To The Core”. Per cui, se devo scegliere, vado sicuramente su “Ironbound”.

PARLANDO DI THRASH METAL, DA DIVERSI ANNI C’E’ UN GRUPPO RISTRETTO DI BAND CHIAMATO ‘BIG FOUR’, CONSIDERATI APPUNTO I QUATTRO GRANDI DEL GENERE: METALLICA, SLAYER, MEGADETH E ANTHRAX. TUTTAVIA, MOLTISSIMI FAN CONSIDERANO PIU’ CHE INGUSTA LA VOSTRA ESCLUSIONE DA QUESTA SORTA DI ‘CLUB’. TU COSA NE PENSI IN MERITO A QUESTA DIMENTICANZA?
– Beh, i quattro gruppi che hai citato sono anche quelli che hanno venduto più dischi in carriera; e questo basta e avanza per etichettarli come ‘BIG 4’. Fa sicuramente piacere sapere che molta gente ci considera parte di esso ma non posso pensare di dover entrare nell’ottica di vendere più album con il rischio di essere meno soddisfatto del mio operato. Il mio vero successo è essere arrivato a diciannove in album in trentacinque anni di carriera; questo è ciò che mi rende veramente felice. Tutto qui!

ABBIAMO CITATO GLI SLAYER: LO SCORSO ANNO LA BAND DI TOM ARAYA E SOCI HA PORTATO A TERMINE UN LUNGO TOUR DI ADDIO (POI ‘SMENTITO’ DA NUOVI FESTIVAL IN PROGRAMMA NEL 2019). CHE IDEA TI SEI FATTO DI QUESTI EVENTI DIVENUTI ORMAI QUASI ALL’ORDINE DEL GIORNO? CI SARA’ MAI UN TOUR DI ADDIO DA PARTE DEGLI OVERKILL?
– Sinceramente non ci ho mai pensato e, aggiungo, non voglio nemmeno pensarci. Credo che valutare un’eventuale fine vorrebbe dire rendere meno prezioso ciò che stai facendo ora. E se ascolti bene quello che abbiamo realizzato fino a “The Wings Of War”, ti accorgerai che ci piace ancora farlo… e parecchio. Per cui, direi che al momento è impossibile pensare ad una cosa simile.

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