Nonostante nel mezzo via siano oltre seimila chilometri, conditi dalla vastità di un intero oceano, l’adrenalina scaricata dalla sua voce non conosce distanze. Parlare al telefono con ‘Sua elettricità’ Bobby ‘Blitz’ Ellsworth è un’esperienza a dir poco curiosa, imperdibile. Una personalità dal carisma innato, in grado di sprigionare, da oltre trent’anni, un tasso di energia senza eguali, che se su disco ti trapana le orecchie, dal vivo ti pialla letteralmente. Una stilettata che ha preso a bruciare nel 1985 con il memorabile “Feel The Fire” e proseguita nel tempo con altri sigilli thrash come “Ten Years Of Decay” e “Horrorscope”. Una grinta da vendere, quella di Bobby, che gli ha permesso di superare momenti meno felici sia in ambito musicale sia, soprattutto, dal punto di vista fisico. Un personaggio unico che, insieme al fido compagno D.D.Verni e ad i suoi Overkill ha scoperto una seconda (o terza) giovinezza ad inizio millennio, inanellando un’altra serie di capolavori del genere (“Iron Bound” e il successivo “The Electric Age”) utili ad impreziosire ulteriormente una carriera già formidabile. Un incedere elettrico, una potenza ‘thrash’ riversata nel nuovissimo “Live In Overhausen”, uscito la scorsa settimana per la Nuclear Blast e registrato nell’aprile del 2016 in occasione di una doppia celebrazione: i festeggiamenti ufficiali per il venticinquesimo e trentesimo anno proprio di “Horrorscope” e di “Feel The Fire”. Della nuova release e di altro ancora ne abbiamo parlato con il riccioluto front man americano; in attesa, come rivelato dallo stesso Bobby qualche giorno fa (nuovo album ad inizio 2019) della prossima uscita targata Overkill. Buona lettura!
CIAO BOBBY, BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM! IN QUESTI GIORNI NELLE CASE DEI THRASHERS DI TUTTO IL MONDO HA FATTO IRRUZIONE “LIVE IN OVERHAUSEN”. UN CONCERTO COI FIOCCHI PER CELEBRARE DUE ALBUM ALTRETTANTO IMPORTANTI COME “HORRORSCOPE” E “FEEL THE FIRE”. ORA, A DISTANZA DI TRENTATRE ANNI, LO SENTI ANCORA QUEL ‘FIRE’ DAL TASSO ALTAMENTE INCENDIARIO CHE HA CONTRADDISTINTO IL VOSTRO DEBUTTO?
– La risposta è abbastanza semplice. Se hai ascoltato gli Overkill lungo tutta la loro storia, sin dal 1980 o comunque dall’anno di rilascio di “Feel The Fire”, ti accorgerai come tutto è stato fatto con il massimo dell’energia, con l’obiettivo unico di vincere. E la dimostrazione puoi averla anche dalle ultime nostre produzioni, a partire da “Iron Bound” sino ad arrivare a “The Grinding Wheel”. Quel ‘fire’ a cui fai riferimento lo stiamo portando ancora con noi anche perché è necessario, è di fondamentale importanza per capire come sta la band, per capire chi siamo in quel momento. Per cui ti dico ‘sì, gli Overkill del 2018 sentono ancora quello stesso fuoco di trentatré anni fa’.
E’ SEMPRE DIFFICILE TRASPORTARE SU CD, O SU DVD COME NEL NOSTRO CASO, L’ENERGIA TRASMESSA DURANTE UN CONCERTO, SOPRATTUTTO SE LA BAND IN QUESTIONE E’ UN’AUTENTICA ICONA IN TAL SENSO. CREDI CHE “LIVE IN OVERHAUSEN” SIA RIUSCITO A CENTRARE L’OBIETTIVO?
– Pur avendo realizzato diversi album in studio, noi siamo sempre stati una live-band, che punta molto all’impatto con il pubblico. Detto questo, credo proprio che “Live In Overhausen” sia riuscito a riportare in video il clima presente ai nostri concerti, sia a livello sonoro sia dal punto di vista prettamente visivo.
COME UN VERO E PROPRIO ‘OVERKILL’, SIETE UNA BAND SEMPRE ALL’OPERA; UNA MACCHINA INDISTRUTTIBILE. DOVE TROVATE TUTTA QUESTA FORZA PER CONTINUARE NON SOLO A SUONARE, MA A FARLO COSI’ BENE?
– Eh, bella domanda. In realtà è più semplice di quanto tu possa credere. Se per alcuni, può essere considerato né più né meno di un lavoro, per me, e credo per tutti gli altri membri della band, si tratta di uno stile di vita, di una filosofia di vita. Ci siamo trovati tutti sulla stessa frequenza di idee: una condivisione che ci ha dato l’opportunità di realizzare diciotto album e di toglierci parecchie soddisfazioni. Si chiama passione: non vi sono altre parole o segreti; solo passione.
“LIVE IN OVERHAUSEN” HA VOLUTO FESTEGGIARE SIA “HORRORSCOPE” CHE “FEEL THE FIRE”. QUALI SONO GLI ANEDDOTI PIU’ SINGOLARI, O COMUNQUE SIGNIFICATIVI, LEGATI ALLA REGISTRAZIONE DI QUESTI DUE ALBUM?
– Guarda, per quanto riguarda “Feel The Fire” ti dico solo che un giorno Carl Canedy (produttore dell’album nonché primissimo batterista dei Manowar, ndr) ci disse che non eravamo ancora pronti per registrare l’album e che necessitavamo di ulteriori prove. Ci portò quindi nel suo studio e ci rinchiuse in uno stanzino obbligandoci a riprovare tutti i pezzi. Noi però, anziché metterci al lavoro, ci siamo scambiati gli strumenti, abbiamo ‘fondato’ al volo una punk band dal nome Raw e abbiamo iniziato a cantare un pezzo dal titolo “Where’s Carl?” (il produttore ovviamente) e continuavamo a cantare questo stranissimo ritornello “Where’s Carl on the telephone, where’s Carl on the telephone“, non era proprio quello che ci aveva chiesto. In merito ad “Horrorscope” invece, posso solo sottolineare la disponibilità assoluta di Terry Date (anch’egli produttore del full-length, ndr). Terry è una delle persone più gentili che io abbia mai incontrato all’interno del mondo metal. Sicuramente una delle figure migliori di questo settore, in grado di rispondere a qualsiasi tua esigenza: voleva che il tutto uscisse alla perfezione, secondo le aspettative della band. In qualsiasi posto si trovasse era pronto ad ascoltare ogni tua richiesta. Davvero una persona eccezionale; lavorare con lui è stato fantastico.
AVETE SUONATO PARECCHI LIVE, IN ALTRETTANTI PAESI, MA SE DOVESSI SCEGLIERE UNO SHOW CHE PIU’ DI ALTRI HANNO CONTRASSEGNATO LA VOSTRA CARRIERA, QUALI SCEGLIERESTI?
– Sicuramente, senza nulla togliere agli altri paesi in cui ci siamo esibiti, durante gli show tenuti nel New Jersey, o comunque nella zona in cui siamo nati ed evoluti, si crea sempre un feeling particolare. Molte persone che partecipano ai nostri show le conosciamo da sempre, fanno parte della nostra vecchia ‘metal community’ e quindi, come detto, la sensazione che si respira è più familiare rispetto ad altre. Sì, direi che in questo senso i concerti nel New Jersey sono quelli che preferisco proprio per questa sensazione di ‘essere a casa’. E’ ovvio che adoro qualsiasi pubblico!
CHE RICORDO HAI DEL VOSTRO PRIMO CONCERTO DI UNA CERTA RILEVANZA? ANDO’ BENE?
– Se non erro il primo concerto avvenne proprio nel New Jersey. Sì, andò tutto molto bene: c’era molta eccitazione in quei primissimi giorni; organizzammo una sorta di ‘horror-show’ con parecchi oggetti in tema distribuiti sul palco, eravamo truccati con tanto di make-up, c’era la classica macchina del fumo. Insomma fu qualcosa di veramente cool!
DOPO OLTRE TRENT’ANNI DI CARRIERA, L’ELENCO DEI PEZZI A VOSTRA DISPOSIZIONE E’ A DIR POCO RICCO. E’ PUR VERO CHE I FAN VOGLIONO, PER FORZA DI COSE, CERTE CANZONI, COSTRINGENDOVI COSI’ A RELEGARE IN UN ANGOLO BRANI COMUNQUE VALIDI MA MENO FAMOSI. CON “LIVE IN OVERHAUSEN” AVETE AVUTO LA POSSIBILITA’ DI RIPORTARE ON STAGE ALCUNI DI ESSI, GIUSTO?
– Possiamo scegliere tra circa centottanta pezzi, tra diciotto album e personalmente mi piacerebbe suonare pezzi anche di quei dischi che, magari, non hanno avuto così tanta fortuna come “From The Undreground Below”. Fortunatamente, come in occasione del “Live In Overhausen”, siamo riusciti a riportare on stage, o addirittura a proporre per la prima volta, alcuni brani quasi dimenticati. In “Feel The Fire”, per esempio, abbiamo rispolverato sia “Second Son” sia “Blood And Iron” che, se ad inizio carriera erano fisse nella setlist, con il tempo sono lentamente scomparse. E per “Horrorscope”, per la prima volta in assoluto, abbiamo suonato “Live Young, Die Free”. Per cui, la registrazione del live in quel di Oberhausen è stata una buona possibilità per scavare nuovamente nel passato e dare nuovamente vita a brani più che datati.
NEL 1985, QUANDO USCI’ “FEEL THE FIRE” AVRESTI MAI PENSATO CHE UN GIORNO, DOPO TRENTATRE ANNI, SARESTI ARRIVATO A REGISTRARE UN LIVE CELEBRATIVO?
– Oh no, assolutamente no! Quando uscì “Feel The Fire” il nostro maggior auspicio era quello, pur avendo poche certezze, di riuscire a registrare un eventuale secondo album. E’ anche vero che in quel periodo avevamo assistito all’esplosione ufficiale di band, leggasi Metallica, che con “Master Of Puppets” prima e “…And Justice For All” poi avevano superato la famosa asticella. Erano quindi diventati un punto di riferimento per noi e per gli altri gruppi in circolazione. Tuttavia, da parte nostra non vi erano dei progetti futuri così precisi. Il fatto, oggi, di discutere circa “Live In Overhausen” è un qualcosa di veramente impensabile all’epoca.
LE – PASSAMI IL TERMINE – ‘VECCHIE’ BAND CONTINUANO IMPERTERRITE A SUONARE, E BENE. OVUNQUE NEL MONDO FIORISCONO GIOVANI GRUPPI: IL THRASH METAL PUO’ DORMIRE SONNI TRANQUILLI?
– Sicuramente! E per capire da dove deriva questo continuo rinnovarsi, questo continuo avvicendamento tra vecchie e nuove band basta cercarlo nell’underground. Tutto nasce da lì: come allora, come oggi. E’ dall’underground che nascono le cose più sentite, volute e che alla fine riescono a centrare l’obiettivo oltre che a durare nel tempo. Ed il fatto che oggi vi siano band giovani che stiano prendendo il testimone di chi li ha precedute, significa che là sotto il terreno si sta ancora muovendo. E questo vale per ogni genere di metal: dal thrash, al black, al death…una formula semplice ma vincente.
DOMANDA BOMBA: COME FAI OGNI VOLTA A SPUNTARE COME UN RAZZO SUL PALCO E PIGLIARE AL VOLO L’ASTA DEL MICROFONO?
– (Dopo una grassa risata) Sono un professionista (seguita da un’altra risata a dir poco elettrica, ndr). A dir la verità l’idea mi venne parecchio tempo fa, quando ero ancora giovane, nel corso di un concerto dei Twisted Sister. Vedevo che Dee Snider continuava ad entrare ed uscire dal palco come un ossesso. Pensai allora che questa cosa per me era perfetta. Io non amo molto stare on stage ma non perché non abbia voglia, ma proprio perché ho timore del palco. E allora, ogni volta che posso (cioè quando non devo cantare) me ne torno dietro; non sono bravo a fare il cheerleader, non ci riesco, non sono tranquillo. Preferisco rientrare di corsa dopo e riprendere a cantare. E sembra che questa cosa funzioni… ormai da parecchio tempo.
QUANDO POTREMO RIVEDERE GLI OVERKILL IN ITALIA?
– Saremo da voi nei primi mesi del 2019. Ci sarà un nuovo album e nel mese di marzo terremo due show: uno a Roma ed uno fuori Milano. Per cui, restate in attesa: stiamo arrivando!