“Rebirth” dei friulani Overtures – giovane band dedita ad un metal melodico con forti richiami al power metal – è sembrato a noi di Metalitalia.com un disco ben riuscito sotto tutti i punti di vista e quindi meritevole di attenzione. La band è stata molto abile a proporre uno stile classico tenendo presente che nel 2011 bisognava per forza di cose svecchiare il sound e renderlo più attuale. A nostro avviso gli overtures sono riusciti ampiamente nell’intento e di questo, e molto altro, abbiamo parlato via mail con il cantante Michele Guaitoli, molto dipsonibile e come potrete verificare voi stessi, altamente esaustivo nelle ripsoste.
CIAO MICHELE… IL VOSTRO DEBUTTO “BEYOND THE WATERFALL” ERA PRINCIPALMENTE LEGATO A SONORITA’ HARD’N’HEAVY E SUONAVA DECISAMENTE CLASSICO; INVECE CON “REBIRTH” VI SIETE SPINTI VERSO SONORITA’ MAGGIORMENTE LEGATE AL POWER METAL MELODICO RENDENDO PERO’ IL SUONO ESTREMAMENTE ATTUALE: IN CHE MODO SITE RIUSCITI A SVECCHIARE UN GENERE RETRO’ COME IL POWER METAL?
“Ciao Luca e intanto grazie mille per averci contattato! Rispondendo alla tua domanda, in realtà è stato proprio distaccandoci dal Power Metal che siamo riusciti a dare aria nuova al genere stesso. Ci sono un sacco di clichè in cui si rischia di scadere, quando si sceglie di avvicinarsi a questo stile, e di nostro abbiamo sempre cercato nella maniera più naturale possibile di evitarli. In sala prove una frase che salta fuori spesso è ‘questo sarebbe una figata se l’avessimo proposto 15 anni fa’…ed è una sentenza che accompagna la bocciatura di un riff o di un arrangiamento nel 90% delle situazioni. Se ci rifletti, noi suoniamo heavy metal con voce pulita e ritmi veloci, ma questo dal mio punto di vista non è una condizione necessaria sufficiente a definirci un gruppo ‘power metal’. Nei nostri brani mancano le cavalcate, la doppia cassa a mitraglia, la costante ricerca dell’acuto, per fare degli esempi…tutti elementi che sicuramente si possono trovare qua e là, ma inseriti in maniera più ‘studiata’, cercando di evitare il banale e lo scontato. Senza questi punti, a mio modesto parere, non si può definirci power a 360°. Per dirne una, su 10 brani, sono solo 4 ad avere neanche l’intera canzone ma solo i ritornelli in doppia costante, quando in un disco di band come Stratovarious, Sonata Arctica, Gamma Ray o altri baluardi del settore, c’è una probabilità non da poco di ascoltare il classico ‘elicottero’ in quasi tutto il disco (non sto assolutamente sputando nel piatto in cui mangio, ci mancherebbe altro, ma gruppi come quelli citati possono permettersi tutto questo per il semplice fatto di aver sviluppato la propria immagine anni fa). Aggiungi poi a quanto detto sopra un insieme di arrangiamenti che miscela architetture classiche del genere (cori e orchestrazioni) con elementi moderni, sopratutto synth e programmazioni MIDI di vario tipo…somma al tutto anche l’accordatura di chitarre e basso in re, che ormai è praticamente uno standard in tutti i generi tranne che nel power…”.
AD OGNI MODO E’ INNEGABILE CHE, COME HAI PRECISTATO TU, CI SIANO MOLTI ELEMENTI RICONDUCIBILI AL POWER NELLA VOSTRA MUSICA E DECIDERE DI SUONARE POWER NEL 2011 E’ UNA MOSSA MOLTO RISCHIOSA PERCHE’ IL PERICOLO DI PROPORRE PER L’ENNESIMA VOLTA QUALCOSA DI GIA’ SENTITO E’ CONCRETO E REALE, MA CREDO CHE VI VADA RICONOSCIUTO IL MERITO DI ESSERE RIUSCITI A CONFEZIONARE UN PRODOTTO CHE COME DICEVO PRIMA RIESCE NEL SUO PICCOLO A DARE NUOVA LINFA AL GENERE…E’ UNA CONDIZIONE CHE VI SIETE POSTI NEL MOMENTO IN CUI AVETE UN PO’ MESSO DA PARTE LE SONORITA’ DEL VOSTRO PRIMO DISCO O E’ SEMPLICEMENTE STATO IL FRUTTO DI UN’EVOLUZIONE NATURALE?
“In realtà la storia è molto più complessa e lunga da spiegare, me la ‘sbrigherò’ dicendoti che per noi il titolo ‘Rebirth’ per questo disco era fondamentale. Gli Overtures di ‘Beyond The Waterfall’ non hanno nulla a che vedere con quelli attuali per una miriade di ragioni. Con questa seconda uscita abbiamo vissuto una vera e propria rinascita della band, ed il notevole cambio stilistico di cui sei testimone e che puoi confermare, ne è la prova. Da qui la scelta di chiamarlo ‘Rebirth’: dal 2007 siamo cresciuti non solo a livello anagrafico (quando è uscito ‘Beyond The Waterfall’ l’età media era di 19 anni) ma abbiamo avuto uno sviluppo, che tra l’altro sta continuando, anche stilistico. Quello che conta è che sicuramente le idee ora sono molto più chiare. Dopo ‘Beyond The Waterfall’, raccogliendo le critiche positive e negative e aprendo gli occhi e la mente, abbiamo capito qual era la strada da percorrere, abbiamo iniziato a camminare ed ora stiamo proseguendo. Di certo tra questo e il prossimo album non ci sarà uno stacco così brutale”.
UN’ALTRA DIFFERENZA RISPETTO AL PRIMO LAVORO E’ IL CAMBIO DI ETICHETTA REGISTRATO COL NUOVO DISCO…AVETE LASCIATO LA TEDESCA ROCK IT UP PER ACCASARVI PRESSO LA GRECA SLEASZY RIDER E A QUESTO PROPOSITO VORREI CHIEDERVI UN PAIO DI COSE: COSA NON HA FUNZIONATO CON LA VOSTRA PRECEDENTE LABEL ORIGINARIA DI UN PAESE IN CUI LA STORIA DEL POWER E’ STATA SCRITTA E CHE QUINDI AVREBBE POTUTO CERTAMENTE DARVI UNA BELLA SPINTA A LIVELLO COMMERCIALE IN TERRA TEDESCA, E COME TI SPIEGHI CHE GLI OVERTURES SIANO FINITI IN GRECIA? NESSUNA ETICHETTA ITALIANA SI E’ DIMOSTRATA INTERESSATA AL VOSTRO PRODOTTO?
“Sarò molto schietto: la scelta di cambiare label è stata decisa, in un primo momento, semplicemente grazie alle garanzie che la Sleaszy Rider ci ha dato, mettendole subito in chiaro, e che purtroppo con la Rock it Up Records non avevamo. Con questo non voglio puntare il dito contro la precedente label, anzi. In Germania è stato fatto un ottimo lavoro promozionale, puntando su di noi che eravamo un gruppo di ragazzini. E’ indiscutibile che quello che non funzionava a pieno era proprio il prodotto (ossia il nostro disco), che per quanto interessante, non dava alcun apporto a quanto già era stato detto e fatto da moltissime altre band come noi, e ce ne siamo resi conto. Il lavoro dal lato label è stato assolutamente validissimo. Quando poi però ci siamo ritrovato ad avere il master di ‘Rebirth’ tra le mani, ci siamo posti il problema: ‘continuare o cambiare?’. Nella nostra condizione attuale, quello che è fondamentale per crescere è una collaborazione che veda un buon lavoro sia dal lato label che dal lato band: non siamo di certo un gruppo affermato, anzi ‘ogni giorno è una sfida nuova’ e per raggiungere i nostri obiettivi c’è da lottare costantemente, qualunque band sa a cosa mi riferisco. La Sleaszy Rider ci ha offerto fin da subito delle garanzie che non potevamo trascurare. La scelta iniziale si è poi rivelata, a mio avviso, ottima. Siamo riusciti ad instaurare un rapporto con chi gestisce l’etichetta davvero notevole, al punto che ci sentiamo davvero molto frequentemente e tutt’ora l’attività è intensa. C’è molto in programma, ma ovviamente c’è del tempo di attesa. Posso già anticiparti comunque che senza dubbio il prossimo album uscirà ancora sotto Sleaszy. In Italia? In Italia la cosa più brutta è stata che molte etichette nemmeno si sono degnate di dare una risposta, quando persino alcuni colossi hanno per lo meno detto ‘no grazie’. Come loro anche le label italiane più grosse invece sono state le uniche a rispondere, se pur in maniera negativa. Ti dirò che sinceramente credo che siano scelte comprensibili. ‘Rebirth’ sta ricevendo un ottimo riscontro per ora, ed è inutile dire che noi come band ne siamo ampiamente soddisfatti, non saremmo qui a parlarne altrimenti, ma credo che nel 2011 nessuna etichetta di un certo spessore possa permettersi di ‘rischiare’ puntando su gruppi che non hanno un certo ‘background’, per quanto valida sia la proposta..o se non altro questo è il mio punto di vista. In futuro forse se ne riparlerà: tra l’altro questa è una domanda che mi hanno fatto davvero in tanti e c’è da dire che tutte le recensioni di webzine italiane, per ora, si sono poste il problema”.
IL VOSTRO SOUND INCORPORA TUTTI GLI ELEMENTI DELLA MIGLIORE TRADIZIONE DEL METAL MELODICO ITALIANO, MA ALLO STESSO TEMPO RIESCE A SUONARE ESTREMAMENTE “INTERNAZIONALE” COSA CHE IN PASSATO E ANCORA OGGI NON ACCADE A TANTE VALIDE BAND UNDERGROUND DELLA NOSTRA PENISOLA, CHE QUINDI SOFFRONO SPESSO DI UN SOUND UN PO’ TROPPO “PROVINCIALE” SE MI PASSI IL TERMINE. IN QUESTO SENSO, QUANTO E’ STATO IMPORTANTE LAVORARE CON MIKA JUSSILA DEI RINOMATI FINNVOX STUDIOS? COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON LUI? FINO A DOVE ARRIVANO I VOSTRI MERITI E QUANTO DOVETE RINGRAZIARE LA SUA ESPERIENZA?
“Ti passo il termine e ti dirò anzi che mi trovi assolutamente d’accordo. Credo addirittura che spesso sia proprio il sound a penalizzare idee di band validissime…band che poi magari dal vivo hanno una resa infinitamente superiore a quella che si può sentire in un album. Sotto questo aspetto, avere la possibilità di lavorare con Mika Jussila per noi è stato sicuramente fondamentale. Se vuoi sapere come lo abbiamo raggiunto, la risposta è semplicissima: via mail. Io sono un grandissimo estimatore della qualità sonora dei dischi usciti dai Finnvox: Children of Bodom, Nightwish, Edguy sono tutte band che hanno rilasciato album che suonano davvero bene alle mie orecchie. Volevamo raggiungere un sound il più possibile vicino ai livelli dei gruppi citati (e molti altri con lo stesso marchio), quindi al momento opportuno senza esitare ho mandato una mail in Finlandia, dove con molta professionalità e semplicità hanno accettato il lavoro, dando a ‘Rebirth’ un sound che ci ha davvero soddisfatto. D’altronde non potevamo aspettarci che un risultato simile.
Volendo essere pignoli devo aggiungere che Mika Jussila ha curato il mastering del disco, il mixaggio è opera principalmente mia, di tante notti insonni, e di Gabriele Gritti, un fonico friulano che mi ha dato una mano per alcune questioni, quindi i meriti degli Overtures a livello di produzione iniziano, al di là del lato compositivo, con la ricerca dei suoni e la microfonatura e finiscono nel mix del disco, ma si sa che il master in campo audio è quello che fa la differenza, se il mix di base è valido. Dal lato mix, se può interessare, credo che quello che davvero abbia fatto la differnza sia stato il grande lavoro a livello di scelta dei suoni di chitarre, basso e batteria in primis, ma ci distacca dalla norma anche il tipo di arrangiamenti su cui ho lavorato in prima persona, che sono sì caratteristici del power, ma sicuramente d’ispirazione nordica e d’oltre oceano”.
ANCHE L’ARTWORK E’ MOLTO CURATO A DIMOSTRAZIONE CHE AVETE FATTO TUTTO IN MANIERA MOLTO PROFESSIONALE. VI SIETE AFFIDATI A QUALCUNO O VE NE SIETE OCCUPATI VOI STESSI?
“Come nella musica, anche nella fotografia esistono un sacco di artisti emergenti sconosciuti ai più, ma di grande abilità e alta professionalità. Filippo Bignolin è uno di questi, è un giovanissimo fotografo, anche lui friulano. Abbiamo pensato di dargli il massimo della visibilità che potevamo offrirgli, affidandogli il lavoro di grafica per ‘Rebirth’, dall’artwork alle fotografie della band al libretto. Il semplice fatto che tu mi stia facendo questa domanda mi fa pensare che abbiamo fatto una cosa buona, che ha raggiunto il suo scopo, se non altro ora chi leggerà questa intervista avrà già sentito anche il suo nome oltre al nostro”.
PER LA PROMOZIONE DI “REBIRTH” AVETE REGISTRATO UN VIDEOCLIP PER LA CANZONE “FLY, ANGEL!” ANCH’ESSO MOLTO BEN CURATO. PENSATE CHE IL VIDEOCLIP SIA ANCORA UN IMPORTANTE MEZZO COMUNICATIVO PER PROMUOVERE I DISCHI?
“Assolutamente sì. Ti faccio un esempio: sono un costante e assiduo lettore di Metalitalia.com: seguo le news, le recensioni, le interviste. Spesso in prima pagina leggo ‘il gruppo YYZ mette in download per intero il proprio disco’, o ‘il gruppo YYZ domani metterà in streaming il disco in uscita’. Capita un sacco di volte ma molto, molto raramente succede che poi vado a scaricare quel disco o ad ascoltarlo in streaming, principalmente per questioni di tempo. Quando invece leggo ‘YYZ: il video del singolo xxxxx’ è raro che io lo ignori. Un videoclip resta comunque un mezzo immediato, che tramite Youtube e tutti i siti affini può essere visto all’istante, e in pochi minuti mette subito in chiaro l’immagine, lo stile e sopratutto la proposta musicale di una band. Oggi come oggi un video non si realizza con l’ottica di trasmetterlo su questo o quel canale televisivo (anche se ‘Fly, Angel!’ è stato trasmesso sia su RockTV in Italia, che su MTV in Grecia), ma con l’ottica della sua trasmissione principalmente online. Non va poi trascurato un fattore non da poco: un video da anche la possibilità all’artista di aggiungere qualcosa al significato di un brano, qualcosa che a volte viene non detto o sottointeso…”.
MICHELE SO CHE HAI STUDIATO/STUDI CANTO DA MICHELE LUPPI, COSA NE PENSI DI QUESTO CANTANTE? QUANTO E’ STATO IMPORTANTE PER LA TUA CRESCITA ARTISTICA?
“Michele è sicuramente stato un tassello fondamentale per me. E’ un ‘tecnico della voce’ di prima qualità ed un didatta fantastico, capace di trasmettere l’infinita conoscenza che ha, senza intaccare però la personalità del proprio allievo, e credo (e spero) questo si noti nella differenza stilistica tra la mia e la sua cantata. Senza di lui ci sono davvero tantissime cose che ora non sarei in grado di fare, ed è scontato che senza i suoi insegnamenti, di conseguenza, non sarei in grado di esprimere molto…il discorso però si potrebbe prolungare un sacco e finirebbe per essere un monologo tecnico sul canto. Quello che conta è che mi ha davvero dato tanto.
Se invece vuoi chiedere all’allievo un giudizio sul maestro, magari in riferimento a tutte le diatribe ‘meglio Luppi o Lione?’, o ‘Luppi è tecnico ma non è espressivo, altri sono espressivi ma non tecnici, cos’è meglio?’, io ti rispondo che secondo me una band con Zack Wilde, Mike Terrana, Jorn Lande e Lemmy sullo stesso palco provocherebbe un overdose di metallo anche al più duro dei duri”.
VORREI CHIEDERTI UN GIUDIZIO SU ALCUNI TRA I PIU’ NOTI E STORICI CANTANTI DELLA SCENA ITALIANA INDICANDO QUALI SECONDO TE CONIUGANO MEGLIO LA TECNICA ESECUTIVA CON L’ESPRESSIVITA’ E QUALI INVECE PREFERISCI (SE VUOI AGGIUNGERE QUALCHE NOME FAI PURE).
– ‘BUD’ ANCILLOTTI
– MORBY
– PINO SCOTTO
– ROBERTO TIRANTI
– FABIO LIONE
– DAMNAGORAS
“Come puoi aver capito dalla risposta precedente, non mi piace dare giudizi, non perché non voglio schierarmi, ma perché sono cresciuto (musicalmente) con l’idea che non esista un meglio o un peggio, un giusto un sbagliato, un bravo o un non bravo, sopratutto a certi livelli. Ogni singolo nome che hai citato è un pezzo di storia del metal italiano, il fatto stesso che tu abbia scelto proprio queste icone, significa che in una maniera o nell’altra, hanno un motivo di poter essere definiti, appunto, simboli. Ti dirò comunque cosa ne penso di ognuno di loro.
Sicuramente ‘Bud’ Ancillotti è il cantate che ho vissuto meno, per semplici questioni di età. Pensa che nel 1995 (‘Una Vita Per Il Rock’, che poi è una compilation) io avevo 10 anni, ‘Rock’n’Roll Prisoners’ è dell’88 quando ne avevo solo 3…e per quanto capellone a quell’età non potevo ancora essere ascoltatore. Poi dalla reunion è uscito solo ‘Rising To The Call’ l’anno scorso…insomma, mi sento davvero poco adatto anche solo per aprire la bocca e dire qualsiasi cosa su di lui, pensando alla sua grandezza e a quanto piccolo sono io a confronto.
Morby è il re dell’estensione vocale, ma i Domine non mi hanno mai appassionato a livello compositivo, ovviamente, questione di gusti. Sono andato diverse volte a vederli dal vivo e c’è da dire che come musicisti sono validissimi, Morby stesso se in studio riesce a dare tanto, live dà anche di più.
Pino Scotto è un artista con cui, anche se probabilmente lui non se ne ricorderà, ho anche condiviso il palco e poi nell’After Party di quel concerto abbiamo anche duettato in ‘Rock’n’Roll’ dei Led Zeppelin. Quella sera ho avuto modo di parlarci ed è davvero uno che ha il rock dentro le ossa. Vocalmente non è certo il più tecnico del pianeta e non è un offesa nè un segreto, ma certe persone, al di là dell’immagine che si creano attorno, hanno un tale carisma che ti permette di trascurare totalmente l’aspetto tecnico. Pino Scotto è uno di questi elementi, un rockettaro nell’anima. Eh si…beve davvero Jack Daniels a manetta.
Tiranti è un altro mostro in stile Luppi: tanta, tanta tecnica. Non ho mai avuto modo di conoscerlo fino ad ora e mi spiace, sarei davvero curioso di parlarci. Spero di non creare odio e di non farmi nemici dicendo che i Labyrinth purtroppo sono proprio uno di quei gruppi di cui si parlava prima, dove il sound su disco penalizza le idee, e chi ne paga di più le conseguenze è proprio la voce che spesso in questo quadro viene messa eccessivamente in risalto, l’intero disco perde energia perché la sezione ritmica di conseguenza non è a livello…e il risultato è che si sente dire ‘ma questo cantante è tanto tecnico ma poco espressivo’, proprio perché il contorno non lo accompagna.
Caro Fabio Lione, se per caso ti capita di leggere questa intervista, sappi che anche se ho studiato con la tua nemesi (ormai è quasi divertente portare avanti questa storia), io a 12 anni cantavo ‘Rage Of The Winter’, a 13 ‘Emeral Sword’, a 15 urlavo per strada ‘GLOORIA, GLOORIA PERPEEETUAAA’, a 16 il tormentone della mia estate era ‘Rain Of A Thousand Flames’ e a 17 ‘Power Of The Dragonflame’ avrà girato migliaia di volte nel mio lettore. Quindi dite quel che volete, ma se c’è qualcuno che mi ha dato tante, tante emozioni, è stato proprio Fabio Lione. E per me i discorsi tecnici ed emotivi, in questi casi, proprio non contano.
E infine mi chiedi di Damnagoras, il più giovane della lista, nonché il più diverso e meno classico, forse anche perché più ‘moderno’ nella cantanta, considerando anche il mix di voce pulita e growl. Tra l’altro Davide ora ha anche lanciato da poco gli Hell In The Club, con cui fa tutt’altro rispetto ai vecchi Elvenking, quindi pur mantenendo il suo stile, si dimostra parecchio versatile nel passare da Hard Rock al metal melodico al growl (e devo dire che live forse va addirittura meglio nei growl che nel pulito). E’ una persona che conosco, anche grazie alla vicinanza geografica, con cui ho condiviso il palco e anche qualche serata al di fuori dallo stage assieme alle rispettive band. Degli Elvenking ti dirò che non mi ha mai colpito in particolar modo la cantata, non ho mai ascoltato un loro disco pensando ‘cazzo senti come canta questo’, ma non nascondo nemmeno che a livello compositivo mi appassionano tantissimo. ‘The Scythe’ in particolare è stato secondo me il miglior disco del 2007, il primo album capace di farmi togliere dal lettore ‘Hellfire Club’ degli Edguy (dopo 3 anni dalla sua uscita) e interrotto solo da ‘Scarecrow’ degli Avantasia…
Ci tengo invece a menzionare ancora due nomi che secondo me in Italia vanno assolutamente presi in considerazione: uno è Marco Sandron, il cantante dei Pathosray, una voce fantastica con una timbrica fuori dal comune, gran tecnica e allo stesso tempo grande espressività, l’altro è Alessio Garavello, che oltre all’estensione ha un ‘tiro’ non da poco…”.
DA QUALI CANTANTI STRANIERI TI SENTI MAGGIORMENTE INFLUENZATO? QUALE CANTANTE IN PARTICOLARE HA FATTO NASCERE IN TE LA PASSIONE PER IL CANTO?
“Sai, ci son così tanti grandi che hanno accompagnato molti momenti: mi capita spessissimo di ascoltare un brano che mi accende questa o quella scintilla, e non nego che da cantante spesso è proprio la voce ad essere al centro della mia attenzione. Negli ultimi anni è innegabile che sia Tobias Sammett il fulcro delle mie attenzioni, ma questo perché trovo che abbia creato, con gli Avantasia, una sorta di ‘must have’ di qualsiasi cantante metal. I dischi degli Avantasia sono una sorta di raccolta dei migliori vocalist del settore, un manuale stilistico nel quale puoi trovare la perfezione di Jorn Lande (a cui hanno impiantato una testa Marshall nelle corde vocali), la potenza di Tim Owens..e allo stesso tempo altri idoli della mia infanzia come Hansi Kursh (‘Nightfall In The Middle-Earth’ è uno dei dischi che ho cantato di più in assoluto), il maestro Kai Hansen, Kiske che non ha bisogno di commenti…tutto sotto il genio creativo di Tobias che, per quanto vocalmente non sia eccelso, si difende comunque in maniera più che valida. Nella lista mancherebbero solo Ralf Scheepers (altro grande con cui ho potuto condividere il palco), Matt Barlow e, ovviamente, Bruce Dickinson. In più aggiungo che negli ultimi anni un altro elemento che mi ha segnato tanto è stato Roy Kahn, capace di coinvolgermi in alcune atmosfere che nessuno prima aveva. Sono uno di quelli che nei Kamelot lo rimpiangerà.
Quando invece mi chiedi ‘chi ma ha spinto a cantare’, ti dò una risposta sconvolgente: James Hetfield. Non è tecnicamente un bravo cantante, lo so, e ad oggi ha perso molto in generale…ma per i Metallica da piccoli ci passano tutti, e al tempo sono stati proprio loro a spingermi a dire ‘voglio cantare’. ‘Master Of Puppets’, ‘One’, ‘For Whom The Bell Tolls’ sono state le prime canzoni che ho cantato e suonato. Assieme a loro c’erano i Maiden, i Blind, gli Iced Earth e, appunto, i Rhapsody – ancora senza ‘of Fire'”.
SIETE UNA BAND MOLTO GIOVANE E CHE PER OVVI MOTIVI LAVORATIVI E DI STUDIO HA FATTO PASSARE TRE ANNI DALL’ESORDIO A “REBIRTH”. CREDO CHE PER UN GRUPPO GIOVANE E PROMETTENTE SIA MOLTO IMPORTANTE CERCARE DI STABILIRE UNA CERTA CONTINUITA’ ARTISTICA RIUSCENDO A FAR USCIRE I DISCHI A GIUSTI INTERVALLI INTERMEZZANDOLI NEI LIMITI DEL POSSIBILE A DATE LIVE. PER IL FUTURO CREDI CHE RIUSCIRETE A DEDICARE PIU’ TEMPO ALLA BAND, NONOSTANTE LE COMPRENSIBILI PRIORITA’?
“L’impegno musicale è cresciuto di giorno in giorno da quando gli Overtures si sono formati, e siamo tutt’ora una band in continua crescita, lo sappiamo e sopratutto ne siamo felici. A volte penso che anni fa l’impegno era ‘il sabato pomeriggio vado a suonare con altri’, ora non passa giorno in cui investiamo tempo ed energie per il gruppo, senza contare che ad oggi tutti e cinque abbiamo attività importanti nel settore, a partire da me e Marco che ci guadagnamo la pagnotta insegnando. La voglia e l’intenzione quindi ci sono e tutti diamo il massimo per poter dare sempre maggiori attenzioni agli Overtures. E’ chiaro che, come hai detto giustamente, ci sono delle comprensibili priorità che bisogna tenere in considerazione. Quello che conta davvero è che tutti abbiamo la possibilità, ora, di lavorare in maniera costante e regolare per il gruppo e di poter prendere il tempo necessario per l’attività dal vivo anche nel caso questa richiedesse di assentarsi per più giornate. Dopo ‘Beyond The Waterfall’, e in generale con l’arrivo di Andrea alla batteria, ci sono state le prime date fuori dall’Italia e poi con la firma del contratto con la Sleaszy c’è stato comunque un notevole balzo in avanti a livello di impegno da parte di tutti. Mentre sto rispondendo a questa intervista ci sono già nuovi brani pronti e tante idee in lavorazione per il prossimo disco, e allo stesso tempo ci sono diversi progetti in cantiere anche sul piano live”.
RICOLLEGANDOCI ALLA DOMANDA DI PRIMA…AVETE RICEVUTO DELLE PROPOSTE PER SUONARE DAL VIVO? NEL CASO COME VI MUOVERETE?
“Nell’ultimo periodo abbiamo suonato il 3 Giugno al ‘Ciao Luca’ di Gradisca di supporto a Exilia e Vision Divine, il 2 Luglio a Dornberk in Slovenia abbiamo aperto per i Divlje Jagode (che sono uno storico gruppo Hard Rock Sloveno) e il 16 Luglio headliner al Woodstock Festival di Szombathely, un festival locale in una cittadina dove grazie agli Halor, un gruppo ungherese che abbiamo conosciuto grazie alla Rock It Up Records, siamo riusciti a farci un bel nome.
Oltre a questo, come accennavo prima, c’è dell’altro in cantiere ma non ha senso parlarne ora, un po’ per scaramanzia, un po’ perché di fatto ora come ora non c’è nulla di sicuro.
E’ chiaro che, come abbiamo sempre fatto e considerata la necessità che ad oggi gli Overtures hanno di farsi conoscere per raggiungere risultati più concreti, il nostro impegno sarà sempre massimo, sopratutto nel campo del live. Se la domanda ‘nel caso come vi muoverete’ è una sorta di ‘se vi proponessero di fare da supporter a qualche tour cosa fareste?’, è scontato che ci organizzeremmo per poter portare a termine il tutto”.
OK MICHELE VI RINNOVO I COMPLIMENTI PER IL DISCO E TI LASCIO LO SPAZIO CHE VUOI PER INVITARE I NOSTRI LETTORI A DARE UN ASCOLTO A “REBIRTH”….
“Io per prima cosa ringrazio nuovamente te per averci dato la possibilità di farci conoscere in maniera più approfondita, e Metalitalia.com e la sua redazione per continuare in maniera costante e appassionata a supportare la musica. Spesso si dà per scontato e non si dice o si tralascia, ma alla fine webzine e portali, nel 2011, sono la linfa vitale per tutte le band, dalle più piccole ai mostri sacri, e senza di voi ed il vostro lavoro le cose sarebbero davvero differenti. A chi invece sta leggendo dico invece che spesso è proprio la mentalità chiusa a bloccare band nella nostra situazione. Spesso gruppi più o meno underground tirano fuori dei dischi fantastici che poi vengono tralasciati o ignorati dai più, semplicemente perché si è bloccati dall’idea di ascoltare un gruppo nuovo o ancora peggio dalla pigrizia di non voler acquistare o scaricare un album di una band che non si conosce, anche se rientra nel genere che più ci piace. Io sono sicuro che se qualcuno è stato incuriosito da questa intervista, ha dato una lettura alla recensione ed ha avuto la voglia di arrivare su queste righe, non rientra nella categoria appena descritta, e di certo qualche click in più di mouse non sarà impegnativo.
Come incentivo lascio di nuovo, se possibile, il link al video del singolo “Fly, Angel”