Quando si parla di ‘band di culto’ si possono intendere, tra le altre cose, quelle formazioni che a loro modo, senza essere mai piombate davvero sotto i riflettori, hanno scavato in un immaginario collettivo mantenendo integra la loro cifra stilistica. È proprio questo il caso degli Ozric Tentacles, formazione inglese che spegne le candeline dei quarant’anni con un contratto (il primo, nella loro storia) con una etichetta importante come la Kscope, che ci ha aiutato a riscoprire una gemma che nel corso degli anni è riuscita ad abbracciare un pubblico vastissimo, dai raver fino ai metallari, grazie alla loro commistione fra elettronica, virtuosismi di chitarra, spirali progressive e musica indiana.
Ne abbiamo parlato con il leader indiscusso del progetto, il mitico Ed Wynne, che ci ha trasportati nel mondo del ‘ritorno infinito’ che sta alla base della musica degli Ozric Tentacles: una stratificazione sonora continua e piena di increspature. Buona lettura.
CIAO ED E BENVENUTO SU METALITALIA.COM! LA PRIMA COSA CHE VOLEVAMO CHIEDERTI È: COME TI SENTI AD ESSERE INTERVISTATO DA UNA TESTATA CHE SI OCCUPA PRINCIPALMENTE DI MUSICA METAL?
– Ciao! Penso che sia molto interessante. Forse un po’ è per come suono la chitarra nelle parti più rock, e penso sia fantastico che molti ascoltatori del metal là fuori apprezzino anche una musica mutevole e piena di stili differenti come quella degli Ozric Tentacles.
Mi è sempre piaciuto cercare di includere diversi stili musicali e sono felice che tanti pubblici trasversali siano entrati in contatto con noi, nel corso degli anni.
PARLIAMO DI “LOTUS UNFOLDING”: COME SI INSERISCE QUESTO DISCO NELL’EVOLUZIONE DEGLI OZRIC TENTACLES?
– In realtà non c’è una vera e propria evoluzione, per come la vedo io. Gli Ozric Tentacles sanno benissimo chi sono e che tipo di musica vogliono suonare. Forse, rispetto al disco precedente (“Space For The Earth”, ndr) abbiamo un mood più giocoso e meno psichedelico.
INFATTI, RISPETTO A “SPACE FOR THE EARTH”, QUESTO DISCO CI È SEMBRATO PIÙ PROPENSO ALLA SPERIMENTAZIONE CON I SINTETIZZATORI CHE SULLA ‘PARTE ROCK’.
– Assolutamente si, per “Lotus Unfolding” abbiamo creato molto di più dal punto di vista elettronico in senso lato che sulla parte strumentale e rock. “Crumplepenny”, ad esempio, è nata una sera che io e Silas (il figlio di Ed, ndr) eravamo nel nostro studio e ci siamo messi a fare una jam session usando solo i synth. Quando l’abbiamo riascoltata ci siamo resi conto che sarebbe bastato aggiungere due o tre tocchi strumentali e abbiamo ottenuto il pezzo. Un modo diverso di comporre, rispetto al solito che utilizziamo, ma efficace!
A PROPOSITO DEL TITOLO DELLA CANZONE CHE HAI CITATO, UN PO’ COME QUELLO DI “STORM IN A TEACUP” CI È SEMBRATO QUASI UNA CITAZIONE A “ALICE IN WONDERLAND” DI CARROLL… ANCHE SE NON FOSSE UN RIFERIMENTO DIRETTO, PENSI CHE IN QUALCHE MODO LO HUMOR E LA CULTURA INGLESE TORNINO SEMPRE NEI VOSTRI PEZZI?
– Non a caso hai citato Lewis Carrol: penso che sia proprio nell’indole della nostra musica creare situazioni sonore dove la gente può fuggire e rifugiarsi dalla realtà. Un po’ come la tana del Bianconiglio, noi speriamo sempre che la musica degli Ozric Tentacles sia una via di fuga dalla realtà, almeno fino a che si tiene il disco sul piatto.
INVECE, “BURUNDI SPACEPORT” CI HA RICORDATO IN QUALCHE MODO LA MITICA “BLACK MARKET” DEI WEATHER REPORT…
– Il mood in effetti è simile, abbiamo scritto una canzone molto sognante e divertente da suonare dal vivo: per noi è più un esercizio di stile rilassante. Come hai avuto modo di sentire, i pezzi di chitarra dove suono possono anche essere molto complessi, quindi è la canzone perfetta per ‘spezzare il ritmo’ ai concerti.
Ho passato un bel po’ a creare quel suono coi pedali e i synth come se lo strumento fosse fatto d’acqua, ed è come prendersi una piccola vacanza sul palcoscenico!
HAI GIÀ ANTICIPATO UNO DEI PEZZI CHE SUONERETE IL 9 APRILE AL MAGNOLIA, INSOMMA!
– Effettivamente si, quando siamo venuti nel 2023 al festival prog di Veruno non l’avevamo fatta, ma adesso avremo un minutaggio più ampio e sarà bello tornare in tour dopo tanti anni, facendo tanti pezzi nuovi.
TRA L’ALTRO, QUEST’ANNO FESTEGGERETE I QUARANT’ANNI DI CARRIERA ED APPUNTO TORNERETE IN TOUR DOPO UNO STOP FORZATO A CAUSA DELLA PANDEMIA: COME TI SENTI A RIMETTERTI IN VIAGGIO DOPO TUTTO QUESTO TEMPO?
– Beh, spero di non essermi dimenticato come si fa! In realtà, per me, andare in tour è sempre stato molto divertente, perché mi piace suonare tutte le sere e incontrare i fan e i promoter, quindi per me è una gioia tornare sulle strade.
LEGGENDO ALCUNE TUE DICHIARAZIONI CI SEMBRA CHE PER TE IL COLORE BLU SIA MOLTO IMPORTANTE, ANCHE PER IL VOSTRO NUOVO ‘BLUE BUBBLE’ STUDIO. CE NE VUOI PARLARE? C’ENTRA QUALCOSA CON IL PEZZO “DEEP BLUE SHADE”?
– Sin da quando ero adolescente ho sempre sognato di avere uno studio dipinto di blu, ho sempre trovato questo colore molto rilassante e, soprattutto, mi ha sempre aiutato a concentrarmi mentre scrivo. È la mia zona comfort dove posso creare liberamente e senza problemi.
COME TI STAI TROVANDO A LAVORARE CON LA KSCOPE? TI HANNO IN QUALCHE MODO ASSECONDATO NEL SONGWRITING O TI LASCIANO LIBERO DI CREARE E SCRIVERE NEL TUO SOLITO STILE?
– Firmare con la KScope è stato per noi come l’aver fatto un salto in un mondo più grande e complesso rispetto a quello a cui eravamo abituati. Anzitutto sono molto contento che, grazie all’etichetta, sia stato possibile ristampare tutti i nostri dischi in vinile.
Per noi, che siamo sempre stati una piccola realtà scozzese, è impressionante vedere quanto una etichetta possa spingerti, e sono stato molto contento di aver rimesso mano alle tracce dei vecchi album per dar loro nuova linfa vitale.
A QUESTO PROPOSITO, LA VOSTRA MUSICA È INDUBBIAMENTE MOLTO COMPLESSA E RICCA DI SPUNTI, CURATA FIN NEI MINIMI DETTAGLI, UN VIRTUOSISMO QUASI ‘AUDIOFILO’… OGNI VOLTA CHE SI RIASCOLTA UN VOSTRO ALBUM CI SI ACCORGE DI ALTRE SFUMATURE.
– I nostri pezzi in realtà nascono quasi sempre da grandi jam session in studio dove iniziamo a preparare uno strumento e poi cominciamo a stratificarci sopra altri effetti mano a mano che andiamo avanti, facendo emergere ogni volta altre suggestioni e altri mondi sonori. Alla fine si ottiene un disco che, ogni volta che viene ascoltato e come tu stesso mi confermi, fa notare all’ascoltatore nuovi dettagli che prima non erano saltati all’orecchio.
PER LA COPERTINA DI “LOTUS UNFOLDING” HAI LAVORATO CON STEVE MCKEOWN E SALLY CLARCK PER GLI ARTWORK DEI DISCHI. IL LORO STILE MI RICORDA MOLTO QUELLO DI NATAN LENSKI, CHE HA REALIZZATO QUELLA DI “TECHNICIANS OF THE SACRED”: COME ENTRI IN CONTATTO CON GLI ARTISTI CHE SI OCCUPANO DI QUESTO ASPETTO? LASCI LORO CAMPO LIBERO OPPURE LAVORATE INSIEME?
– Dipende, ogni cover di ogni album ha la sua storia a parte. Ad esempio, per “Technicians Of The Sacred”, Natan ci stava aiutando mentre vivevamo in Colorado per quanto riguarda registrazioni e aspetti più tecnici della musica. È stato proprio lui ad offrirsi di disegnare la cover per il disco, ed ovviamente ho accettato.
Insomma, dipende un po’ dalle persone con cui mi trovo a collaborare al momento. Steve McKeown, infatti, è il nostro tecnico delle luci e dei video, per i quali utilizza molto l’IA: quando ho visto le sue visual gli ho subito proposto di creare qualcosa per “Lotus Unfolding”, che poi Sally Clarck ha trasformato nella copertina del disco. Sono molto contento dell’effetto raggiunto, soprattutto quando si coinvolgono diverse persone nel processo creativo.
TUO FIGLIO SILAS E LA SUA RAGAZZA SASKI HANNO AVVIATO UN LORO PROGETTO OMONIMO AL QUALE HAI COLLABORATO, INSIEME AD ALTRI EX MEMBRI DEGLI OZRIC TENTACLES COME TOM BROOKS E PAUL HANKIN: COME È STATO LAVORARE SU QUALCOSA DI COSÌ DIVERSO E CHE, OLTRE AL LEGAME FAMILIARE CHE VI UNISCE, TI HA RIMESSO IN CONTATTO CON ALTRI MUSICISTI?
– Penso che Silas e Saski abbiano fatto una cosa molto bizzarra e molto interessante allo stesso tempo: sostanzialmente sono andati in giro con un portatile e pochi strumenti per registrare e hanno messo insieme i pezzi solo successivamente. È stato molto divertente collaborare per un progetto del genere e sono molto contento che, anche se a distanza, dopo tanti anni ci sia un disco dove io e altri ex membri degli Ozric Tentacles suoniamo insieme.
Tra l’altro, loro apriranno al tour primaverile e per entrambi è un bello sforzo suonare due ore e mezza di fila (entrambi suonano anche negli Ozric Tentacles, ndr), ma sono contento del fatto che siano riusciti a ritagliarsi un loro spazio.
SEI UN MUSICISTA CHE HA SEMPRE LAVORATO CON SINTETIZZATORI ED ELETTRONICA PER CREARE UN TUO STILE UNICO E PARTICOLARE: COME VEDI LA QUESTIONE DELL’INTELLINGENZA ARTIFICIALE? PENSI CHE POSSA ESSERE UNA MINACCIA O UN VANTAGGIO PER IL VOSTRO LAVORO DI MUSICISTI?
– So che l’IA può essere un motivo di preoccupazione per molti artisti, ma dubito fortemente che possa rimpiazzare la performance dal vivo di una band, e questo mi tranquillizza! Invece mi trovo spesso a chiedermi cosa succederà quando ce ne sarà una in grado di prendere diversi dati e creare un disco degli Ozric Tentacles partendo solo da un prompt: anche se penso sia impossibile che si riesca a ricreare quello che facciamo in studio, sono un musicista che cerca sempre di tenersi al passo con i tempi ed anche un passo avanti alle nuove tecnologie, per imparare e non rimanere indietro.
QUINDI PENSI CHE POSSA ESSERE INVECE UNO STRUMENTO INTERESSANTE CON CUI SPERIMENTARE?
– Per quanto mi riguarda, mi è già capitato di usare l’IA, ad esempio per isolare alcune tracce strumentali dei nostri vecchi dischi: come dicevo prima non dobbiamo avere paura di utilizzare questo strumento, purché se ne faccia un utilizzo responsabile.
03Ad esempio, alcuni software musicali adesso permettono non solo di estrarre delle parti dalle canzoni, ma anche di modificare linee di batteria pre-esistenti ed altri effetti. L’evoluzione delle IA avverrà, che noi musicisti lo vogliamo o meno, ed è per questo che non ci vedo nulla di male nell’imparare ad utilizzarla.
PER CONCLUDERE VOLEVAMO PROPRIO FARTI UNA DOMANDA A PROPOSITO DELLE MELODIE CHE UTILIZZATE: RIASCOLTANDO “TECHNICIANS OF THE SACRED”, CHE C’È UN MOTIVO PARTICOLARE IN “CHANGE MASALA” CHE RIPRENDE QUELLO DI “KICK 98”, IL PEZZO DI “SWIRLY TERMINATIONS”, MA, IN GENERALE, I VOSTRI PEZZI SONO RICCHI DI RIMANDI AI VECCHI ALBUM. COME MAI TORNATE SEMPRE A PEZZI CHE AVETE SCRITTO IN PASSATO?
– Ci divertiamo sempre molto a riprendere pezzi vecchi e a risuonarli utilizzando altri strumenti: come fai notare tu, a proposito di “Change Masala”, volevo risuonare in acustico il riff portante di “Kick 98”. Fa parte, come dicevamo prima, del nostro senso dell’umorismo: tornare indietro, risuonare e riprovare, vedere dove un suono può ricomparire e stare meglio di prima, ma soprattutto divertirci nel rielaborare la nostra musica!