PAIN – L’alchimista

Pubblicato il 29/05/2007 da

E’ marzo e Peter Tägtgren sprofonda in una poltrona di pelle di un hotel milanese, sorseggiando costantemente vino rosso e mettendosi tabacco sotto il labbro, come usano spesso gli svedesi – “Lo trovi imbustato in una carta come una bustina di the oppure senza, ed è meno dannoso di una sigaretta, se si esclude l’apporto di nicotina”, racconta ai presenti incuriositi. E’ rilassato e loquace, non sembra un ossessionato scienziato da studio di registrazione come è in realtà, appena uscito da due anni di forzata clausura dove ha rifinito maniacalmente l’ultimo lavoro dei suoi Pain. Quando ha finito di giocare con il suo Nokia, tentando di mettersi in contatto coi membri dei Dimmu Borgir, anch’essi a Milano, si dimostra disponibilissimo. Una mente svelta, che parla veloce e serenenamente si espone nelle sue scelte difficili. Metalitalia.com ovviamente ha voluto sapere tutto…

 
QUALI SONO LE PRINCIPALI DIFFERENZE TRA “PSALMS OF DESTRUCTION” E “DANCING WITH THE DEAD”?
“Penso sia un album più vario e con un feeling più strumentale, forse leggermente più dark del suo predecessore, sicuramente più compatto. Ci sono poi molte sfumature differenti, di certo è la cosa più heavy che ho pubblicato come Pain. Ho voluto ampliare un po’ lo spettro delle sonorità”.

C’E’ UN COLLEGAMENTO TRA IL TITOLO E LE TEMATICHE TOCCATE DAI TESTI?
“Ogni canzone può essere considerata un salmo, per un totale di dodici salmi nella raccolta. La title track si riferisce all’attitudine autodistruttiva dell’uomo, che potrebbe portare alla distruzione del genere umano, chi sa se andando avanti di questo passo avremo ancora acqua nei prossimi vent’anni? Probabilmente ci stiamo avviando verso l’estinzione senza accorgercene nemmeno”.

IL NUOVO ALBUM E’ COME AL SOLITO SCRITTO, SUONATO, PRODOTTO, MIXATO DA TE SOLAMENTE?
“Sì, eccetto qualche canzone dove ho avuto una mano da alcuni amici. Mikki Dee ha suonato su ‘Zombie Slam’, dando un beat rock ‘n roll superbo, Alexi dei Children Of Bodom ha suonato un assolo come io non sarei mai stato capace di fare, Peter Iwers (In Flames) invece si è trovato negli studi ha voluto dare il suo contributo, essendo un mio buon amico gli ho dato subito in mano il mio basso ed ecco le linee per due canzoni”.

SEI PIU’ A TUO AGIO QUANDO SEI DA SOLO IN STUDIO?
“In un certo senso sì. Non sono una persona asociale, mi piace anche fare parte di un gruppo, ma penso che ad un certo punto in una formazione non si può progredire più di tanto, si smette di riflettere: da solo posso sperimentare, suonare e produrre qualsiasi cosa senza chiedere niente a nessuno, andare avanti a suonare anche la stessa canzone sino alla nausea. I progressi che riesco ad ottenere da solo tra l’altro mi sono anche utili successivamente lavorando con le band”.

IL PRESS KIT DICE CHE HAI LAVORATO A LUNGO SUI LOOP: CHE SUONI POSSIAMO SENTIRE SUL PRODOTTO FINITO?
“Ho usato il rumore della mia bocca contro il microfono su ‘Computer God’, una porta che sbatte, rovesciata e ribassata, il jack della chitarra che si scollega su ‘Bitch’, il tutto tagliato e montato con Pro Tools. Al primo ascolto sembra una batteria normale, ma non è affatto così, un orecchio attento capisce che c’è qualcosa di anomalo. Queste cose mi fanno impazzire, non importa quanto tempo possa passarci sopra, è solo una stupidata magari insignificante nel complesso della canzone, ma il risultato finale è la crème de la crème!”.

DA CHE STRUMENTO PARTI IN UN COMPLESSO COSI’ LUNGO PER SCRIVERE UNA CANZONE?
“Non ho un percorso preciso, varia da canzone a canzone. Per ‘Nailed To The Ground’ sono partito dal rumore di una macchina, tagliandolo e mettendolo in un loop, per poi passare alla chitarra, avere un groove e costruirci sopra il resto. La successione però non è assolutamente prestabilita”.

AVENDO DA POCO FINITO LE RIPRESE DEL VIDEO DI “ZOMBIE SLAM” TI E’ VENUTA VOGLIA DI FARE ANCHE IL REGISTA?
“Oh, no. Ho assistito al montaggio e vedere come tagliavano e costruivano le scene è stato per certi versi interessante, ma non è assolutamente il mio mondo, non ho nemmeno le basi per affrontare un discorso del genere”.

DA QUANTO HAI ACCENNATO PRIMA SEMBRI QUASI OSSESSIONATO DALL’AUTOMIGLIORAMENTO. IN QUEST’OTTICA COME VEDI “PSALMS OF DESTRUCTION” ORA CHE E’ UN PRODOTTO FINITO?

“E’ la cosa migliore che ho potuto fare negli ultimi due anni. Magari in futuro potrò raggiungere livelli più alti e pubblicare un album migliore. Non riesco mai a fermarmi, c’è sempre qualcosa da imparare”.

QUAL E’ IL TUO OBIETTIVO PRIMARIO COI PAIN?
“Suonare ovunque, non mi interessa davanti a chi, a quale audience, potrei aprire per Julio Iglesias o per gli Slayer, l’importante è suonare e mostrare a tutti chi sono i Pain. Ora che c’è una nuova casa discografica, che sa chi sta promuovendo e si è dimostrata assolutamente propositiva per ora, mi sento davvero carico”.

HAI MAI CONSIDERATO L’IPOTESI DI LAVORARE CON QUALCHE PRODUTTORE FAMOSO?
“Ho valutato l’idea, e se mai lo farò sarà con un produttore lontano dalla scena metal. Oggi come oggi ci sono molti produttori che hanno creato il loro suono, il loro marchio di fabbrica a cui molti si riferiscono, e con le strumentazioni e la tecnologia è più semplice ottenere certi risultati. Vorrei sperimentare un produttore proveniente da un’altra scena per variare la proposta, renderla personale”.

SE INVECE IL PRODUTTORE SEI TU, COME SCEGLI UNA BAND CON CUI COLLABORARE?
“Deve risultarmi davvero interessante. In questo momento non ho una particolare necessità a livello economico quindi posso permettermi di essere molto più selettivo. Solo in questo riesco a essere stimolato e ad essere davvero produttivo. Ho smesso anche perché le etichette cominciavano ad abusare del mio nome per vendere altre band, una cosa che non mi sta molto simpatica”.

TROVI PIU’ FACILE PRODURRE TE STESSO O ALTRE BAND?
“La seconda sicuramente: un gruppo arriva con le canzoni già pronte, ci sono i musicisti che devi far suonare al meglio e devi capire la direzione che hanno in mente. Cerchi di tirare fuori la loro performance migliore, ma gran parte del lavoro sta al musicista, a quanto è capace e a quanto la canzone è buona”.

ULTIMA DOMANDA: COM’E’ AFFRONTARE UN TOUR PROMOZIONALE CHE PREVEDE SPOSTAMENTI REPENTINI E ALMENO OTTO ORE AL GIORNO DI INTERVISTE?
“Non mi pesa affatto! Dopo due anni chiuso in studio è bello incontrare e parlare con moltissima gente (ride, ndR)”.

 
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