Di riposarsi i Periphery non vogliono proprio saperne: “Periphery II: This Time Is Personal” era appena uscito nel 2013 e già si parlava del colosso “Juggernaut”, doppio album arrivato a noi nei primi mesi del 2015. Ora ci troviamo ancora davanti ad un nuovo capitolo, e nel frattempo i cinque ragazzi di Bethesda sono stati in tour in tutto il mondo per ben due volte. Per scoprire cosa si cela dietro questo manifesto stakanovismo, raggiungiamo al telefono bassista e produttore del gruppo, Adam ‘Nolly’ Getgood…
PER COMINCIARE UNA DOMANDA CHE VI AVRANNO FATTO IN TANTI… COME MAI IL TITOLO “PERIPHERY III: SELECT DIFFICULTY”? NON SI TRATTA DI SICURO DEL VOSTRO TERZO DISCO, E POI TRA “PERIPHERY II: THIS TIME IT’S PERSONAL” E QUESTO ALBUM C’È STATA LA PUBBLICAZIONE DEL DOPPIO ALBUM “JUGGERNAUT”. VOLETE IN QUALCHE MODO RIPUDIARE LA CONTINUITA’ DI “JUGGERNAUT” CON GLI ALTRI VOSTRI ALBUM?
“Hai colto il punto, non c’è una vera e propria continuità tra le due parti di ‘Juggernaut’, ‘Alpha’ e ‘Omega’, e la normale produzione dei Periphery. Le due parti di ‘Juggernaut’ erano di fatto un unico concept, sono state sviluppate con quello scopo in mente e quindi sono imbrigliate dal concetto stesso del tipo di album che volevamo realizzare. I brani che sono finiti su ‘Periphery III’ sono invece stati composti con la stessa ottica di ‘Periphery II’: si tratta di canzoni più libere, più istintive, più legate a quello che vogliamo suonare e proporre in un momento limitato nel tempo, questo specifico momento. Il modo di costruire l’album in sé è stato quindi molto diverso, e ci sono molte più similitudini con il tipo di lavoro effettuato su ‘Periphery II’. Da qui la scelta di tenere ‘Juggernaut’ come una sorta di capitolo a sè stante, e continuare la ‘saga’ degli album standard dei Periphery con questo nuovo prodotto”.
“PERIPHERY III: SELECT DIFFICULTY” È UN ALBUM CORAGGIOSO, UN ALBUM CHE, DALLE VOSTRE PAROLE, ‘ESPLORA NUOVE FRONTIERE E NUOVI TERRITORI’… CI PARLI QUINDI DI SIMILITUDINI E DIFFERENZE CON I SUOI PREDECESSORI?
“Ci sono tante differenze tangibili in ‘Periphery III’ che dimostrano che su questo album abbiamo voluto affrontare varie cose in maniera leggermente diversa. La prima che mi viene in mente è la presenza di suoni veri per quanto riguarda arrangiamenti e parti orchestrali, roba che prima se la usavamo era solo sintetizzata col MIDI al computer. E’ una progressione netta da ‘Periphery II’, si tratta di una novità che come puoi immaginare ha aperto molto il nostro sound, slegandolo dal formato un po’ videogame e creando invece qualcosa di più corposo, un po’ da film, diciamo. Anche su ‘Juggernaut’ avevamo lavorato con un certo tipo di orchestrazioni, ma rispetto al lavoro svolto qui quelle parti erano meno impastate col sound generale. Erano state aggiunte su linee già definite di batteria, basso e chitarra, mentre qui fanno parte integrante della composizione già in partenza. Quello che questi strumenti e queste parti hanno aggiunto a livello di spessore è secondo me quindi molto importante. In tutto l’album è poi tangibile una tendenza più alta alla sperimentazione, una voglia forte di provare nuovi limiti, nuovi orizzonti, con qualsiasi strumento si utilizzi. Un esempio di ciò può essere la canzone ‘Remain Indoors’, nella quale il numero di stratificazioni e di evoluzioni a livello delle linee di chitarra è davvero incredibile!”.
CI HA STUPITO LA SCELTA DI “THE PRICE IS WRONG” COME OPENER E COME SINGOLO. SI TRATTA DI UN PEZZO MOLTO AGGRESSIVO, DI SICURO DISTANTE DAL SOUND GLOBALE DELL’ALBUM. COME MAI AVETE SCELTO COME APRIPISTA UN PEZZO COSÌ… POCO RAPPRESENTATIVO?
“Beh, non è che ci sia proprio una regola fissa di scegliere una canzone che sia rappresentativa di tutto l’album… in fondo un singolo deve solo presentarlo, l’album! Comunque, hai ragione se pensi che dietro ci sia una scelta ragionata: volevamo un pezzo aggressivo, diretto, un qualcosa che dicesse appunto che con ‘Periphery III’ ci si sarebbe allontanati dal clima più ragionato di ‘Juggernaut’ verso sound diversi. Abbiamo preso un po’ di distanza dall’album precedente, insomma, così come abbiamo fatto col titolo. Come singolo secondo me è stata una scelta azzeccata: volevamo qualcosa che facesse parlare, che facesse discutere, e quei blast-beat così tirati e la voce di Spencer presentata nel suo registro più estremo magari potranno magari dividere il pubblico ma attraggono sicuramente l’attenzione. E poi è solo il primo singolo, come primo video abbiamo invece scelto ‘Marygold’ che è più in linea col resto del lavoro”.
LA MELODIA NEI PEZZI DEI PERIPHERY SEMBRA IMPORTANTE, MA È INDUBBIO CHE GLI INTRECCI STRUMENTALI RAPPRESENTINO IL GROSSO DI MOLTI BRANI DEI PERIPHERY. IN GENERALE DA COSA PARTITE A COMPORRE UN NUOVO PEZZO? MELODIA, CHITARRE…
“La chitarra è in genere il punto di partenza. Molte nostre canzoni partono da riff o da fraseggi, oppure da idee che si sono registrate e salvate nel tempo. Poi però c’è da dire che ogni pezzo di evolve un po’ a modo suo. Non c’è una direzione fissa. Ognuno di noi è invitato e spronato a dire la propria, e tutti lavorano su queste demo e queste idee, componendo il pezzo finale. In realtà è interessante come il lavoro di ciascuno di noi può cambiare drammaticamente il tiro o la direzione di queste demo… per dire, se una di queste composizioni create sulle chitarre viene poi rielaborata da Matt (Halpern, batteria, ndR), lui è in grado con ritmi e groove diversi di dare allo stesso pezzo più di un volto, cambiandone tiro e dinamica. Anche il lavoro di Spencer è molto importante, come facevi notare nella domanda… molto spesso il lavoro sulle melodie e sulle linee vocali ci porta via molto tempo. La melodia globale di un brano dei Periphery dipende molto dalle scelte effettuate sulle linee vocali, e mettere o meno in risalto le soluzioni di Spencer ha di sicuro un forte effetto sulla canzone. Non c’è un modo preciso di muoversi, ognuno di noi impatta e approccia una canzone a modo suo”.
NEL TUO LAVORO DA PRODUTTORE È MAI SUCCESSO CHE, LAVORANDO CON ALTRI ARTISTI, TROVASSI MAGARI UNA QUALCHE BUONA IDEA O UNA SOLUZIONE TECNICA CHE HAI SUBITO PENSATO POTESSE ANDARE BENE PER I PERIPHERY, E TE LA SE ‘TENUTA PER TE’, IN ATTESA DI PROVARLA CON LA TUA BAND?
“Dal punto di vista artistico direi di no. Anche se magari mi è successo di partecipare attivamente sul fronte anche compositivo con alcune delle band che produco, non mi sento di dire che alcune idee nate in quelle sedi siano poi finite ai Periphery. Per quanto riguarda il lavoro da ingegnere, invece, credo succeda spesso. E’ giusto che sia così, è il concetto di maturare, di fare esperienza. Nel mio lavoro, si affrontano problemi simili su dischi diversi, si cerca magari il modo di far risaltare una certa linea, un fraseggio, sul resto, oppure di dare un particolare suono a un elemento della batteria… e tutto quello che, lavorando con altri artisti, scopro come soluzione è ovviamente riutilizzabile con i Periphery. È capitato, e capiterà, di sperimentare nuovi suoni, trovare una soluzione per un arrangiamento che poi in qualche modo andrà a influenzare il lavoro nei Periphery. Mi sembra logico che funzioni così”.
I PERIPHERY SONO SPESSO IN TOUR, MI CHIEDEVO SE FOSSE UNA QUESTIONE LEGATA AL FATTO CHE ORAMAI SOLO L’ATTIVITÀ DI TOUR PAGA O SE ANCORA TROVATE DIVERTENTE STARE IN GIRO COSÌ TANTO.
“Il tour non è veramente l’unico modo che è rimasto a una band per fare cassa, ma è in effetti uno dei pochi. Ancora si può puntare sul merchandise, su qualche buona idea, ma hai di sicuro centrato il punto dicendo che parte della motivazione per stare tanto in tour è comunque economica. Al di là di questo giudizio, però, ai Periphery piace lo stesso stare in tour. Ci divertiamo, la nostra musica è adatta a essere proposta dal vivo, ha una forte componente live. Questo ci porta effettivamente a essere sempre in giro quando non siamo chiusi nello studio… una cosa che io fatico a permettermi per via del mio lavoro di produttore, appunto. Ma ancora ci divertiamo, questo sì”.
FONDAMENTALMENTE, RITENGO CHE LA VOSTRA SIA MUSICA ‘NUOVA’, QUALCOSA CHE DIFFICILMENTE SI RIESCE A COLLOCARE ALL’INTERNO DEI SOLITI, ABUSATI GENERI… MA TU PENSI CHE COMUNQUE QUALCOSA O QUALCUNO VI SIA STATO DI ISPIRAZIONE, O VI SENTITE A TUTTI GLI EFFETTI DEI PIONIERI?
“Dai, è impossibile fare qualcosa senza influenze pregresse. Tutti noi ci portiamo dietro qualcosa nella nostra formazione musicale, e immancabilmente questo qualcosa finisce nella musica. Anche solo ascoltandoci si sentono le influenze di altre band nel nostro sound, soprattutto i Meshuggah, come dicono spesso in giro. Potrei citartene molti altri, ma in genere tutto quello che va dal rock/metal progressivo alla musica estrema potrebbe essere considerata una nostra influenza. Abbiamo un bagaglio molto ampio e forse è per questo che tu ci consideri come musica ‘nuova’. C’è da dire però che i lavori dei Periphery come l’ultimo sono più focalizzati, un lavoro come ‘Juggernaut’ aveva un bagaglio di influenze anche più ampio”.
VORREI CHIUDERE L’INTERVISTA CON UNA DOMANDA SUL PERIPHERY SUMMER CAMP. E’ UN’INIZIATIVA INTERESSANTE, COME VI È VENUTA IN MENTE?
“E’ Matt la mente dietro queste cose. Lui già da tempo è fortemente coinvolto nella comunità dei musicisti, ed ha sempre un occhio per le persone volenterose, per gli artisti emergenti. Qualche anno fa fece un campo simile a questo, focalizzato solo sulla batteria e su delle clinic per quello strumento. La cosa funzionò così bene che si pensò poi di espanderlo a tutti quanti, e così abbiamo lavorato all’idea di questo campo per musicisti basato sul brand dei Periphery. E’ una buona soluzione per noi, sia artistica che commerciale, e ci permette di avere un bel rapporto con i nostri fan più affezionati. E’ una bellissima esperienza, giorni che scorrono velocemente e in cui tutti si divertono. E’ importante, con i tempi di oggi che cambiano così in fretta, trovare modi diversi di fare promozione e di essere vicini ai propri follower, e questa è quindi una bella idea che per fortuna Matt ha avuto”.