Un concerto della PFM è sempre un evento a cui vale la pena di partecipare, ma il concerto di Lugano, in occasione dell’Estival, è stata una serata unica nella storia della band. A causa di un impegno improrogabile, il chitarrista della band, Marco Sfogli, non ha potuto parteciparvi, venendo sostituito per l’occasione da un ospite d’eccezione, Matteo Mancuso.
Matteo è un musicista di cui l’Italia deve essere orgogliosa, che sta letteralmente lasciando a bocca aperta tutto il mondo, raccogliendo l’ammirazione e il rispetto da artisti di primo piano come ad esempio Steve Vai, che si è spinto a dire come artisti come Matteo abbiano portato la chitarra ad un livello superiore. La PFM, da parte sua, è una band che sa creare concerti entusiasmanti, lasciando spazio all’improvvisazione, cambiando gli arrangiamenti e creando stati di immaginazione sempre nuovi. Il risultato di questo incontro è “The Event – Live In Lugano”, che ci viene raccontato dalla viva voce di Franz Di Cioccio e Patrick Djivas.
FRANZ, PATRICK, INIZIAMO QUESTA INTERVISTA PARTENDO DA “THE EVENT”, COME E’ NATA LA SCELTA DI REGISTRARE QUESTO LIVE?
Franz: – Abbiamo avuto l’occasione di suonare all’Estival di Lugano, che è un bellissimo festival e, anzi, ci è dispiaciuto di non aver avuto delle telecamere per riuscire anche a riprendere il concerto. A noi piacerebbe poter registrare un disco ogni volta che facciamo un concerto, perché siamo imprevedibili, non facciamo sempre la stessa cosa, cambiamo le scalette… In fondo ‘to play’ vuol dire suonare, ma vuol dire anche giocare e noi facciamo cose che ci divertono: se fosse per noi suoneremmo anche tre ore ogni sera.
Patrick: – Questo concerto è nato sotto una buona stella: intanto l’Estival è veramente bello, con tutte queste piazze di Lugano che ospitano musicisti da tanti luoghi diversi, con un’atmosfera veramente unica. Per noi questa serata è stato frutto di una ‘serendipità’, perché ci sono state tante cose che non dovevano succedere e invece sono successe. Per esempio il fatto che il nostro chitarrista, Marco Sfogli, a cui teniamo tantissimo perché è un musicista straordinario, quel giorno non poteva venire perché si trovava in Spagna e noi a quel punto avremmo dovuto o rinunciare del tutto al festival, oppure trovare un chitarrista abbastanza folle da imparare tutto il concerto per fare una sola serata con noi. E l’abbiamo trovato! Matteo Mancuso è un chitarrista straordinario che si è prestato al gioco, rendendo questa serata un evento, come dice appunto il nome del live. Ora Marco è tornato dalla Spagna, ha ripreso il suo posto di diritto nella PFM e tutto è andato per il meglio.
ECCO, PROPOSITO DI MATTEO MANCUSO, COME AVVIENE UNA SOSTITUZIONE COSI’ IMPROVVISA? GLI AVETE MANDATO DEL MATERIALE DA STUDIARE?
Patrick: – Non gli abbiamo mandato niente! Si è arrangiato da solo: non so come abbia fatto, davvero in pochissimi giorni. La vera difficoltà, in questi casi, non è solo imparare tutto, ma soprattutto ricordarsi tutto quando sei sul palco: un’ora e tre quarti di concerto e le note non sono mica poche… Lui ha imparato tutto da solo e poi abbiamo fatto una giornata di prove a Milano. E – ci teniamo molto a dirlo – non abbiamo cambiato niente! Nessuna sovraincisione, né aggiunta, né modifica. Matteo è un perfezionista e diceva che voleva riascoltare tutto perché se ci fossero stati problemi avrebbe potuto rifare qualcosa in studio. E noi gli abbiamo detto “no, no, non funziona così, tutto dal vivo!“. E l’abbiamo rassicurato che anche se avesse trovato qualche imperfezione sarebbe stato comunque contento del risultato finale. Alla fine quando l’ha riascoltato ci ha dato ragione e lo spirito è quello giusto, non abbiamo toccato niente.
Franz: – Ci serva un chitarrista che non fosse bravo, di più! Il nostro repertorio, e ne siamo fieri, ha brani tutti diversi, siamo musicisti impressionisti, facciamo macchie di musica, non contorni di genere. A un certo punto ci è mancato Marco ed è stato lui a parlarci di Matteo, che oggi è uno dei più grandi in assoluto: a Matteo, che ama la PFM, l’idea è piaciuta e ci ha detto di sì. E poi abbiamo un altro ospite che è Luca Zabbini, che è ospita da un po’ nei nostri concerti ed è cresciuto con noi. Io e Patrick ci siamo trovati con dieci-quindici anni di meno grazie a loro!
COME AVETE SCELTO I BRANI DA INSERIRE NEL CONCERTO?
Franz: – Nella scaletta puoi trovare “Mondi Paralleli”, “Transumanza Jam”, che già dal titolo ti fa capire come abbiamo voluto fare qualcosa di diverso dal solito, una jam session inventata su due piedi, all’istante, in un’unica registrazione, senza sovraincisioni, come diceva Patrick.
Patrick: – Certo, anche perché noi non usiamo computer e basi preregistrate, non abbiamo una traccia da dover seguire per forza: possiamo allungare, restringere, rallentare o accelerare, a seconda di come gira la serata. Non facciamo quel genere di concerti che sembrano un disco in studio o in playback. E non abbiamo nulla contro la tecnologia, anzi, ma per suonare dal vivo non funziona, non l’abbiamo mai fatto.
Franz: – Di solito mi occupo io delle scalette e poi mi confronto con Patrick ogni sera. La scaletta deve rispecchiare tutta la storia della band, tutto ciò che ha cercato, scoperto, e noi abbiamo messo in piedi una scaletta con tante sfaccettature. Così “Mondi Paralleli” rappresenta ciò che accadrà, “Il Respiro Del Tempo” ha un testo profondo, perché noi siamo figli del nostro tempo, ma anche di un tempo che è stato e di uno che sarà, dove lasceremo delle tracce. “Impressioni Di Settembre” ovviamente c’è, ma non la rifacciamo esattamente come il pubblico la conosce, l’introduzione di basso di Patrick ti dà un’emozione pazzesca, ogni brano è calibrato in questo modo. Correggiamo delle cose, ma non per essere più bravi, ma per far arrivare meglio la musica ad un pubblico che è lì, aspetta quella canzone, e deve rimanerne sorpreso. Poi ancora c’è “Cyber Alpha”, un altro brano improvvisato, ma con delle regole ben precise, dei brani di musica classica… Noi non facciamo rock e basta, facciamo bella musica e ci piace spaziare per dare al pubblico il massimo.
E’ PASSATO UN PO’ DI TEMPO DALLA PUBBLICAZIONE DEL VOSTRO ULTIMO ALBUM IN STUDIO, “HO SOGNATO PECORE ELETTRICHE”, CHE BILANCIO NE FATE OGGI?
Patrick: – Sai, quando si parla di musica non bisogna fare troppi bilanci, perché vuol dire fermarsi a ragionare su qualcosa che è successo un po’ di tempo fa e questo ti impedisce di andare avanti. Questo non vuol dire che appena finisci di fare un disco lo metti nel cassetto e non ci pensi più, però la parola ‘bilancio’ nella musica è giusto che ci sia solo come bilanciamento degli strumenti! Non abbiamo mai fatto bilanci commerciali o di successo.
La prova di questo è stato quando abbiamo avuto successo in America, eravamo sulla bocca di tutti, e noi cosa abbiamo fatto? Un disco jazz. Ci siamo tagliati le gambe da un punto di vista commerciale, ma non ci siamo mai pentiti! Forse se non avessimo fatto quel disco lì, oggi non saremmo qua. Le cose vanno sempre come devono andare, in relazione al futuro, mai al passato.
C’E’ UN VOSTRO DISCO CHE, A VOSTRO PARERE, IL PUBBLICO DOVREBBE RIASCOLTARE E RISCOPRIRE? MAGARI PERCHE’ NON E’ STATO PIENAMENTE COMPRESO AL MOMENTO DELL’USCITA?
Patrick: – Sì, forse proprio “Jet Lag”, l’album di cui ti ho appena parlato, che da un punto vista musicale è un disco molto bello, pieno di idee, anche molto difficile tecnicamente da eseguire. Chiaramente è uno stile che non arriva immediatamente a tutti, ma molta gente lo sta rivalutando, sai? Spesso ci sono ragazzi ai concerti che ci dicono di averlo scoperto da poco e lo adorano, ed è normale che sia così: spesso i dischi meno diffusi da un punto di vista commerciale sono i più interessanti da un punto di vista creativo.
Franz: – Concordo con Patrick, quel disco è nato a seguito della nostra esperienza con la musica e i musicisti americani: lui passava i pomeriggi a suonare con Jaco Pastorius, studiavano assieme delle frasi di basso perché lui era nel nostro stesso hotel, gli eravamo piaciuti ed era passato a trovarci. Avevamo un amico che non sapevamo di avere! L’amicizia musicale nasce prima di tutto dalla stima reciproca.
La nostra musica all’estero piaceva perché aveva sonorità nuove per loro, aveva quel tanto di mediterraneo che colpiva, quel tanto di inglese/americano… Abbiamo suonato in festival negli Stati Uniti, dove c’erano migliaia e migliaia di persone. Ricordo una data in cui abbiamo suonato subito prima degli Allman Brothers e degli Emerson, Lake & Palmer, con queste due band a litigare su chi avrebbe dovuto suonare per ultimo. Alla fine gli Emerson Lake & Palmer la spuntarono e riuscirono a suonare in fondo, ma gli Allman Brothers suonarono talmente bene che dopo di loro la gente iniziava ad andare via. Emerson, Lake & Palmer avevano uno show pazzesco, così tanto che la musica era andata in secondo piano, invece gli Allman Brothers, che sono americani, giocavano in casa.
CI SEMBRA DI CAPIRE CHE QUESTO “THE EVENT” NON SIA DA CONSIDERARSI COME UN ESPERIMENTO ISOLATO, MA AL CONTRARIO SARA’ IL PRIMO CAPITOLO DI UNA SERIE DI REGISTRAZIONI DAL VIVO.
Patrick: – Sì, vogliamo spingere di più sui dischi dal vivo, perché ci vengono bene e non ci prendono nemmeno tanto tempo, dato che, come dicevo prima, non li ritocchiamo in studio, solo nel missaggo e basta. Ne faremo sicuramente più di uno.
INVECE PER QUANTO RIGUARDA I DISCHI IN STUDIO, AVETE GIA’ QUALCOSA IN CANTIERE?
Franz: – Abbiamo qualcosa, ma al momento ci stiamo concentrando più sul divertirci a fare concerti, è grazie a questi che ci cresce la voglia e poi ad un certo punto iniziamo a lavorare su un album nuovo. Fare un disco nuovo non è né difficile né facile, devi solamente trovare una chiave di lettura per raccontare te stesso e il tuo tempo.
VOI, GIUSTAMENTE, RIVENDICATE CON ORGOGLIO LA VOSTRA ATTITUDINE SUL PALCO, CHE VI PORTA AD IMPROVVISARE, AD INSERIRE PARTI STRUMENTALI, JAM E VIA DICENDO. SE SI GUARDA INVECE AL PANORAMA DELLA MUSICA MAINSTREAM, SEMBRA CHE TUTTI STIANO ANDANDO NELLA DIREZIONE OPPOSTA, IN CUI LA MUSICA E’ PIU’ PRODOTTA CHE SUONATA. COME CONSIDERATE QUESTA SITUAZIONE?
Patrick: – Da un punto di vista musicale non mi sembra molto interessante, sembra di assistere a delle trasmissioni televisive riproposte dal vivo. Tutto costruito, computerizzato e poi anche rifatto in studio. Probabilmente dipende anche dal tipo di musica che si suona in questo momento, dove i testi sono più importanti della musica: non è che sia più facile o più difficile, ma è molto diverso.
I ragazzi giovani ora hanno bisogno di parole, perché sono molto isolati. La comunicazione è ridotta al minimo, passa da WhatsApp, non ha spazio per allargare un concetto, mentre la nostra epoca era esattamente al contrario: noi di parole ne avevamo fin troppe, con le assemblee e tutti i movimenti dell’epoca. Non avevamo bisogno di parole, avevamo bisogno di musica, che è qualcosa che unisce, in cui potevamo trovarci tutti e che non aveva bisogno di essere tradotta. Oggi è un po’ diverso, i ragazzi voglio parlare della vita, la loro vita, quella di tutti i giorni, anche in maniera semplice, ma così come all’epoca c’erano dei grandissimi cantautori, oggi ci sono grandissimi musicisti: è solo il mainstream che ha subìto questa trasformazione. Poi le cose vanno così, cambiano ogni dieci-quindici anni, tra qualche anno cambierà ancora, vedrai.
IL VOSTRO TOUR INTANTO ANDRA’ AVANTI ANCHE NELL’AUTUNNO E FINO AL 2024.
Patrick: – Sì, la tournée andrà avanti fino a febbraio e poi torneremo ancora all’estero, dove per via della pandemia abbiamo fatto molta fatica ad andare in questi ultimi anni. Ora le cose stanno riprendendo con una certa normalità e quindi nel 2024 faremo sicuramente parecchio.
Franz: – Abbiamo già iniziato andando in Messico a fare un concerto al limite del pazzesco: eravamo con un’orchestra sinfonica a fare ‘PFM in classic’, che è un progetto complesso. L’orchestra è stata fantastica e il pubblico è impazzito, non lo dico per piaggeria, è stato incredibile.
NON E’ CHE, PER CASO, AVETE REGISTRATO ANCHE QUEL CONCERTO?
Patrick: – No, purtroppo no, ma lo rifaremo e succederà, prima o poi registreremo una serata di questo tipo!