Phil Anselmo non è una persona che si concede alle interviste frequentemente, ma quando capita risulta sempre estremamente gentile e ben disposto, soprattutto a livello umano. Al punto che, complice la sua tendenza a chiacchierare del più e del meno e a parlare della vita quotidiana (anche del qui presente, e che vi risparmiamo), abbiamo superato abbondantemente ogni tempo previsto per l’intervista. Phil ha parlato con molta franchezza dei contenuti dell’album, con altrettanto candore e profondità di follia ed emarginazione, dei mille progetti che, come sempre, lo tengono impegnato; e anche di un pezzo indelebile del suo passato.
PHIL, PARTIREI DAL NUOVO ALBUM DI QUESTO PROGETTO. SONO PASSATI CINQUE ANNI, COS’È SUCCESSO, NEL FRATTEMPO, AGLI ILLEGALS?
– Abbiamo rivisto la band, aggiungendo nuova linfa. Mike DeLeon alle chitarre, Walter si è unito al basso, abbiamo aggiunto una seconda chitarra, cioè Stephen Taylor (che prima suonava il basso, ndR) e anch’io suono la chitarra sul disco. Io sono uno che lavora sempre in contemporanea su vari progetti, avevo un po’ di riff da parte dagli anni novanta – più o meno dal ’96/’97 – e non li avevo mai usati; sono cose che ho scritto per diversi progetti, alcuni spariti nel nulla, ma ho pensato fossero adatti per questo disco, che ho iniziato a registrare nel 2014. Penso che se si ascolta tutto il disco, è chiaro che è un lavoro completo, un’espressione di tante cose.
QUINDI, SEMPLICEMENTE, HAI ASPETTATO IL MOMENTO GIUSTO.
– Boh, può essere (ride, ndR).
BUONA PARTE DEI MEMBRI DELLA BAND CHE HAI CITATO POCO FA SUONANO CON TE ANCHE NEI SUPERJOINT. CI SONO PROGRAMMI PER QUELLA BAND, AL MOMENTO?
– L’idea, al momento, è di registrare un altro album e, penso, fare ancora un tour, ma vedremo l’anno prossimo, al momento la priorità sono gli Illegals. Mi sono anche stufato di stare con le mani in mano e ho deciso di offrire ai fan tutta quella musica che ho tenuto in gestazione ormai per decenni e potergliela fare ascoltare, poi decideranno se vale qualcosa o meno.
E PER QUANTO RIGUARDA LE ALTRE TUE BAND AL MOMENTO FERME? HAI PROGETTI PER GLI ARSON ANTHEM E I DOWN?
– In questo momento non c’è alcun programma, per quelle due band. Ho già molto in ballo con i Superjoint e gli Illegals, appunto, poi ho un’altra band chiamata En Minor. Per il futuro non so risponderti, sicuramente ci sono più possibilità per i Down.
TORNANDO AL DISCO, È MOLTO AGGRESSIVO E DIRETTO, EPPURE SEMBRA POSSIBILE LEGGERE, PER COSÌ DIRE, UN GRANDE AMORE PER LA VITA, TRA LE RIGHE.
– Puoi leggerci ciò che vuoi, a dirla tutta. Non so se hai ricevuto anche i testi, ma a un livello profondo volevo proprio che ciascuno ne tirasse fuori quello che ha bisogno di leggerci dentro.
E PER QUANTO RIGUARDA IL TITOLO DELL’ALBUM? È LA DICHIARAZIONE DI UNA SORTA DI PACIFICAZIONE CON LA TUA VITA, O ANCHE QUI PREFERISCI LASCIARE L’INTERPRETAZIONE AGLI ASCOLTATORI?
– Mmmh, non so se è una risposta corretta alla tua domanda, ma diciamo che il disagio mentale (“Mental Illness”) è una condizione molto personale; dal punto di vista clinico, è qualcosa che è presente nella mia famiglia, sia dal lato materno che paterno. Mettiamola così: invecchiando, ci sono alcuni demoni personali che risalgono in superficie, e sono arrivato a comprendere certe dinamiche e condizioni familiari, di cui cerco di cantare… oltre a altre situazioni che vedo intorno a me: alcune più rilevanti, altre piccole storie. Quindi si può leggere sia a un livello profondo, che più leggero.
INSOMMA, COME TUO SOLITO, HAI PROVATO A ESPRIMERE TE STESSO. OLTRE ALLA TUA NOTA PASSIONE PER LO SLUDGE, FA CAPOLINO ANCHE UNA FORTE IMPRONTA BLACK METAL, PER ESEMPIO IN “UTOPIAN” O “FINGER ME”, DUE PEZZI CHE HO PARTICOLARMENTE APPREZZATO. È STATA IMPORTANTE LA TUA ESPERIENZA CON GLI SCOUR, PER QUESTO?
– No, per gli Scour non ho scritto una nota, sono due esperienze assolutamente diverse. Gli Illegals sono un progetto molto più vecchio, semplicemente. L’uovo è venuto prima della gallina! Certo che è curioso, ogni persona con cui parlo mi indica brani diversi che lo hanno colpito, e naturalmente questo mi fa molto piacere: vuol dire che c’è varietà, all’interno del genere.
NELL’ALBUM CI SONO ELEMENTI DI TANTISSIMI GENERI, A DIRLA TUTTA, PROPRIO COME CI HAI ABITUATO DA SEMPRE.
– Certo, sono sempre stato un grande fan del thrash – ho visto la scena crescere – così come di tutto l’estremo, sono un collezionista. Non so se è corretto, ma è musica che puoi guardare da un punto di vista tecnico, o semplicemente tornare agli anni Novanta, alle derive -core, da lì passare al Giappone e al noise… l’estremo dà forma alla musica che amo, insomma. Quanto alla varietà, mi piace sfidare il pubblico, ci sarà una gran quantità di persone che magari non farò felici, ma va bene così: è solo musica e l’espressione di una mia passione, ma faccio molte altre cose!
C’È ANCHE UN USO MOLTO PIÙ SPERIMENTALE DELLA VOCE, RISPETTO ALLE ULTIME COSE CHE HAI REGISTRATO, SEI D’ACCORDO?
– Forse sì, ma non è stata una cosa decisa a tavolino, è una pura questione di espressione di me: è qualcosa che so fare, quindi l’ho messo in musica.
TORNO ALLE TUE RISPOSTE PRECEDENTI: A PROPOSITO DEI TUOI SVARIATI IMPEGNI, COSA BOLLE IN PENTOLA PER LA HOUSECORE (L’ETICHETTA DI PHIL, NDR)?
– Alcune delle band dell’etichetta stanno lavorando, altre suonando in giro – per esempio i King Parrot sono in tour in Australia, e lì hanno un gran successo… mi viene in mente Bruce (Corbett, ndR) dei Warbeast, che sta registrando un po’ di materiale… Ma soprattutto, a livello personale, a breve farò un piccolo intervento chirurgico: niente di grave, l’ho tenuto “nascosto” più che altro perché non avevo una data, ma ora so quando sarà, avrò un tempo di ripresa di un mese o giù di lì, quindi poi potrò anche programmare delle date con gli Illegals e un po’ di cose nuove. Pensavo di parlare con Mike DeLeon e lavorare su una delle sue band, magari i Flesh Hoarder: la sua roba death metal mi piace un sacco, mi ricorda i vecchi Suffocation. Insomma, sono sempre preso, anche con la famiglia!
ORA CAPISCO COME MAI NON CI FOSSERO ANCORA DATE PROGRAMMATE PER GLI ILLEGALS, MAGARI ALL’HELLFEST, DOVE SEI UN OSPITE FISSO.
– Sì, come ti ho detto era legato al fatto di essere in lista d’attesa, ma la buona notizia è che ora tutto è programmato. Certo, per i fan la cattiva notizia è che non ci sono ancora date, ma sicuramente le fisseremo, anche dalle vostre parti!
C’È UN SIGNIFICATO PARTICOLARE DIETRO LE IMMAGINI CHE HAI SCELTO PER IL COLLAGE DELLA COPERTINA?
– Come motivo principale c’è quello che fossero esteticamente efficaci, del resto viene sempre prima il lato tremendo e d’impatto nelle vicende che riguardano le malattie mentali, e poi voleva essere una rappresentazione di come abbiamo trattato i malati di mente in tutto il mondo, un invito alla conoscenza; è una storia tremenda che va indietro nel tempo, molto lontano, pensa alle vicende di Bedlam, in Inghilterra: incredibili, semplicemente barbariche. Ci sono stati miglioramenti, certo, ma non so se legati solo alla crescita della componente farmacologica. Tornando alla copertina, c’è un’immagine in particolare, ma non ti dirò quale, che riguarda uno dei primi casi relativi a una sindrome specifica; beh, mia moglie – che è anche l’anima della Housecore e quindi volevo citarla – ha raggiunto quel paziente, gli ha parlato, gli ha spiegato come il dolore cronico sia l’idea dietro l’album, e lui ha dato l’assenso a utilizzare la sua immagine. Da allora ci teniamo in contatto con frequenza, a volte ogni settimana.
MI SEMBRA BELLISSIMO, ANCHE PERCHÈ UNA DELLE PEGGIORI CONDIZIONI DI FRONTE A CUI SI TROVANO LE PERSONE CON DISAGI MENTALI È L’ISOLAMENTO, CHE PEGGIORA SOLO IL LORO STATO.
– Già, oppure si tratta di piccoli disturbi che vengono ingigantiti, istituzionalizzati e trattati nel modo sbagliato. Ti parlavo già di come sia qualcosa che ho visto anche nella mia famiglia, ma non perché sia speciale: siamo un pezzettino insignificante nel mondo; la storia di tutti è importante e imperfetta insieme, e una cosa che ho imparato è che la prima medicina a riguardo è imparare, conoscere. Poi, come sempre, ridere! Fin dal giorno in cui nasciamo, il rimedio è una bella risata (e ride di gusto, ndR).
ECCO, A PROPOSITO. UN’ALTRA DOMANDA A CUI MI HAI FATTO PENSARE ANCHE PRIMA È QUESTA: HAI UN’IMMAGINE (ALMENO SUL PALCO) DA UOMO DURO, PRIVO DI COMPROMESSI, EPPURE PARLANDO CON TE SI HA SEMPRE L’IMPRESSIONE DI UNA PERSONA RILASSATA, GENTILE, E NELL’ALBUM C’È UNA FRASE CHE RECITA “IF YOU DON’T AGREE WITH ME, THAT’S GOOD” (SE NON SEI D’ACCORDO CON ME, VA BENISSIMO). SIAMO ANNI LUCE LONTANI DALL’ATTITUDINE ‘VULGAR DISPLAY OF POWER’ CHE TI HA SEMPRE CONNOTATO.
– Capisco benissimo. Com’è giusto che sia, c’è una figura pubblica, quella sul palco, che scatta in automatico ed è legata alla situazione, a certi momenti, all’energia che ho attorno, … certo, quando ci ripensi ti rendi conto anche che certe attitudini non sai nemmeno da dove ti arrivino, sono davvero inconsce. Sono cresciuto con miti come Henry Rollins, G.G. Allin, Roger Miret degli Agnostic Front, frontman eccezionali che mi hanno segnato. Ma anche Rob Halford, David Lee Roth – se vogliamo guardare al lato più rock – oppure l’influenza enorme che ha avuto per me “Alive!” dei KISS: ero un ragazzino e saltavo in giro per la cameretta!
QUINDI SEI COME NOI: FAI HEADBANGING DA SOLO QUANDO ASCOLTI MUSICA!
– Esatto, è una passione incontrollabile e naturale: mi stupiscono le persone indifferenti alla musica; o quelli che – anche in questo mondo – invecchiando, non sono più curiosi o si disinteressano al metal estremo: gli piace quello che gli è sempre piaciuto e basta, sembrano cercare musica con cui battere il piede a tempo. Mentre io voglio ancora che la musica mi paralizzi, cazzo, mi colpisca, che mi faccia ancora sentire bambino!
ULTIMA DOMANDA: CADE PROPRIO IN QUESTI GIORNI (L’INTERVISTA È STATA RACCOLTA AI PRIMI DI DICEMBRE, NDR) L’ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI DIMEBAG, POSSO CHIEDERTI I TUOI SENTIMENTI A RIGUARDO, DOPO TUTTI QUESTI ANNI?
– Penso tuttora a lui ogni giorno, davvero. Non ricordo spesso i miei sogni, ma otto volte su dieci quello che ricordo sono sogni in cui sono in un van coi ragazzi, con lui in particolare, torno di nuovo a quei tempi e a tutte le cose anche pazzesche che sono successe, e provo solo amore. Hail to the King!