Nonostante l’utilità piuttosto discutibile della recente compilation “Best Of The Blessed”, è innegabile che i lupi clericali per antonomasia rappresentino ogni anno una realtà sempre più massiccia e famelica all’interno del mercato metal mondiale; inoltre, essendo la formazione attiva ormai da oltre quindici anni, può essere senza dubbio interessante fare un po’ il punto della situazione, in questo caso in compagnia del chitarrista Matthew Greywolf, il quale è apparso molto entusiasta al pensiero di poter raccontare qualche aneddoto riguardante il passato, il presente e il potenziale futuro della carriera dei Powerwolf. Buona lettura!
CIAO MATTHEW! TRATTANDOSI DELLA VOSTRA SECONDA COMPILATION, DOPO QUEL “HISTORY OF HERESY” DATATO 2014, IN CHE MODO AVETE SELEZIONATO I BRANI DA COLLOCALE ALL’INTERNO?
– Ci sono molti modi in cui si può scegliere quali brani inserire in una compilation di questo tipo, nel nostro caso il processo è avvenuto partendo da una base individuale: in breve, ogni membro della band ha stilato una potenziale setlist eseguibile in un concerto di appena settanta minuti, pescando tanto dal repertorio recente quanto da quello più datato, per cui ci siamo avvalsi della possibilità di ri-registrare; e la cosa più sorprendente risiede nel fatto che, al momento di confrontare le rispettive scelte, ogni elenco era piuttosto simile a tutti gli altri. Ciò ha reso davvero molto semplice stilare una lista convincente e idonea al compito, che in fin dei conti credo si possa tranquillamente etichettare come un classico insieme dei cosiddetti highlights della carriera di una band, senza particolari sorprese.
QUANDO CORRERANNO TEMPI MIGLIORI, AVETE IN PROGRAMMA DI ORGANIZZARE MAGARI UN TOUR IN CUI ESEGUIRETE LA COMPILATION PER INTERO?
– In tutta sincerità, indipendentemente dalla situazione legata al virus, non abbiamo mai avuto intenzione di cimentarci in un tour dedicato interamente a “Best Of The Blessed”, fatta eccezione ovviamente per qualche data all’interno di vari festival che si sarebbero dovuti tenere questa estate. Purtroppo le cose sono andate come tutti sappiamo, e a questo punto la nostra priorità non può che essere legata ai lavori sul prossimo full-length ufficiale dei Powerwolf, che ci auguriamo di essere in grado di completare in tempi non eccessivamente lunghi.
I FAN DEI POWERWOLF POSSONO QUINDI STAR SERENI AL PENSIERO DI COME PROCEDONO I LAVORI SUL VOSTRO PROSSIMO LAVORO?
– Sì, anche se chiaramente è ancora piuttosto presto per anticipare dettagli particolari riguardo il songwriting e quant’altro. Al momento abbiamo centinaia di idee già messe in pratica e in attesa di essere sviluppate o scartate, il che rende la situazione generale una sorta di enorme puzzle fittizio, con numerosi pezzi da abbinare in modo coerente e funzionale. Naturalmente siamo eccitati al pensiero, anche perché la situazione che stiamo vivendo sta rendendo il tutto molto più concitato, poiché in assenza di attività live stiamo cercando di essere il più creativi possibile e di sfruttare al meglio il tempo che trascorriamo dalle nostre parti. Se tutto andrà secondo i piani, potreste avere presto per le mani l’album più intenso tra quelli composti dai Powerwolf.
UN BEST OF RAPPRESENTA COMUNQUE UN SEGNALE POSITIVO PER LA CARRIERA DI UNA BAND: COME CLASSIFICHERESTI IL PROCESSO DI CRESCITA DEI POWERWOLF DALLA FORMAZIONE AD OGGI?
– Se ripenso agli ultimi quindici anni mi accorgo che è un po’ come vedere un sogno nascere e poi diventare realtà anno dopo anno, tour dopo tour ed album dopo album, nonostante all’inizio la moltitudine di idee abbia reso abbastanza difficile determinare in che direzione ci saremmo dovuti muovere. Musicalmente ritengo che l’album più influente per della nostra discografia sia “Lupus Dei”, all’interno del quale Attila ha fatto sfoggio per la prima volta del suo stile vocale più lirico, ma volendo identificare un momento di svolta commerciale nella nostra carriera direi che l’uscita di “Blood Of The Saints” a suo tempo ha sancito un più che discreto balzo verso la vetta per noi, ma in generale credo che i risultati ottenuti da una band siano il frutto di un impegno continuo. A questo aggiungici comunque una buona dose di fortuna e conoscenze costruttive, e tra queste non posso non collocare la nostra amicizia coi Sabaton, insieme ai quali siamo divenuti parte di una sorta di nuova ondata di power metal melodico, ossia un genere che nei tempi immediatamente precedenti veniva considerato come in crisi.
A TAL PROPOSITO, CREDI CHE IL POWER METAL STIA VIVENDO UNA SORTA DI RINASCITA COMPLETA?
– Non saprei, in tutta sincerità; o meglio, non ho l’arroganza per dare per scontata una cosa simile e nemmeno mi interessa più di tanto farlo. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio per contribuire a questa possibilità, ma l’importante è essere spontanei e svolgere la propria parte con genuinità e senza eccessive pretese in merito a potenziali ruoli di rilievo, volti magari a cambiare il corso del mercato o cose simili. In fin dei conti ciò che caratterizza la musica metal è proprio la grande passione che c’è alla base e che spinge ogni artista a mettersi in gioco, ed è quella l’unica cosa veramente importante. Se poi si riesce a fare qualcosa di più per tenere un filone in voga, ben venga ovviamente! Tuttavia, credo che la parte più soddisfacente di quanto fatto in questi anni sia l’aver potuto trascorrere tanto tempo coi miei migliori amici, suonando la musica che amo di più.
HAI PERCEPITO LA CRESCITA DEI POWERWOLF ALL’INTERNO DEL MERCATO ANCHE DURANTE LE VOSTRE ESIBIZIONI IN TERRITORIO ITALIANO?
– Assolutamente sì! Rammento ancora le nostre prime apparizioni dalle vostre parti, in cui l’affluenza non era nulla di eccezionale, ma va benissimo così poiché è impossibile pretendere troppo la prima volta che ci si esibisce in un determinato paese. Tuttavia, col passare degli anni le nostre apparizioni hanno potuto contare su un numero sempre maggiore di partecipanti, fino alla nostra prima data da headliner durante il tour di “The Sacrament Of Sin”, in cui siamo arrivati davvero molto vicini a un sold out; questo non può che scaldarci il cuore, e a modo suo credo sia un ottimo esempio di quella che è stata la nostra crescita. Naturalmente ci auguriamo di poter continuare su questa linea positiva, dando il massimo per continuare ad appassionare i nostro ascoltatori in ogni angolo del mondo.
LA PRESENTAZIONE ESTETICA DEI POWERWOLF, QUASI SIMILE AL BLACK METAL AD UN OCCHIO DISATTENTO, RAPPRESENTA UNO DEI VOSTRI TRATTI CARATTERISTICI. QUALI SONO LE ORIGINI DELLE IDEE ALLA BASE DEL VOSTRO PECULIARE STILE?
– La prima cosa che ci tengo a far presente è che ciascuno di noi è un appassionato di un certo tipo di mitologia, più o meno legata all’horror o alla narrativa di matrice dark fantasy, dove è molto frequente incontrare creature come lupi mannari, vampiri, demoni e quant’altro. La componente make-up è giunta in seguito con lo scopo di fornire un tocco teatrale alla nostra presentazione on stage e l’ispirazione arriva perlopiù da quel contesto. Il black metal non è stato preso assolutamente in esempio, anche se è innegabile che alcuni di noi abbiano come modello figure del calibro dei Kiss o di King Diamond.
RICORDO ANCORA CON PIACERE LA RACCOLTA DI COVER “METALLUM NOSTRUM”, COME MAI NON VI SONO PRESENTI RIMANDI A FORMAZIONI VICINE AI POWERWOLF DA QUEL PUNTO DI VISTA, COME AD ESEMPIO GLI STESSI MERCYFUL FATE?
– Personalmente mi sarebbe piaciuto molto proporre una cover dei Mercyful Fate o della band solista di King Diamond, però è anche vero che una band deve conoscere i propri limiti e sapere quando è meglio esimersi da fare una proposta un po’ troppo azzardata. Questo perché lo stile vocale di King Diamond è qualcosa di totalmente unico e davvero difficile da imitare, soprattutto nel nostro caso considerando la timbrica del tutto diversa del nostro vocalist Attila, che per quanto capace non avrebbe potuto in alcun modo rendere giustizia al prodotto originale, per sua stessa ammissione.
PER CONCLUDERE, COME IMMAGINI IL FUTURO DELLA SCENA DOPO QUESTO PERIODO INFAUSTO E QUESTA ESTATE SILENTE?
– Non c’è alcun dubbio che sarà piuttosto difficile non solo per le band, ma anche e soprattutto per organizzatori e gestori riuscire a risollevarsi prontamente quando il peggio sarà effettivamente passato: da noi in Germania, ad esempio, c’è già stata la prima ondata di chiusure di locali e location varie, che non percependo più introiti hanno preferito rinunciare e ritirarsi. La fortuna è che nell’ambiente rock e metal c’è comunque molta solidarietà e supporto tra musicisti, fan e addetti ai lavori, il che tutto sommato può permetterci di pensare positivo e godere di una forza data dalla collettività. Ciò rappresenta una vera e propria peculiarità per la scena a noi tanto cara, che al contrario non si può trovare in altri settori musicali, in cui magari vi è una affluenza maggiore, ma manca totalmente quella coesione che permette di sopravvivere e risollevarsi più forti di prima, dopo un periodo così assurdo per certi versi.