PROFETUS – L’indeterminatezza dell’esistenza

Pubblicato il 30/11/2020 da

Autori di uno dei migliori album funeral doom del 2019, probabilmente infingardi del concetto stesso di tempo, al quale avevano dedicato i testi dell’ultimo “The Sadness Of Time Passing”, i Profetus, con ‘solo’ quasi un anno di ritardo hanno deciso di ridestarsi e dare una risposta a quanto gli avevamo chiesto in merito al loro operato. Meglio che tardi che mai, si usa dire in questi casi. Ecco allora che possiamo addentrarci nell’impianto concettuale che ha portato a quel poetico carico di luttuosità che è il terzo disco della band finlandese. Diretta emanazione dello speciale feeling funeral doom delle sue terre natie, capace lo scorso anno di emozionarci nel profondo tramite un mix stilistico fra diverse correnti del funeral. Intercettando sia gli umori più negativi e grevi, sia quelli più eterei e incorporei, i Profetus se n’erano usciti con una pubblicazione di qualità notevole, accostabile a quelle di illustri colleghi come Skepticism e Tyranny. Finalmente, per chi ne avesse piacere, ne possiamo analizzare meglio i contenuti grazie alle parole di chi su quella musica ci ha speso energie fisiche e mentali, il cantante/chitarrista e principale mente creativa del progetto Anssi Mäkinen.

“THE SADNESS OF TIME PASSING” È UN ALBUM BASATO SUL CONCETTO DI TEMPO E, COME DESCRITTO NELLA SUA PRESENTAZIONE, SULLA “CERTEZZA CHE OGNI COSA È TRANSITORIA”. TI CHIEDO DA DOVE SIA PARTITA QUESTA RIFLESSIONE E PERCHÉ AVETE DECISO DI DEDICARCI UN INTERO DISCO?
– Il concept ha cominciato a girarmi per la testa circa cinque anni fa, quando decisi che volevo dare un taglio diverso alla materia del funeral doom. Qualcosa che fosse allo stesso tempo tradizionale e molto personale, che possedesse quel particolare feeling che ti colpisce, ti trascina in un’altra dimensione. Lo volevo catturare e stavo pensando a come ci si potesse giungere. Il concept si avvicina a un modo molto finlandese di guardare alla vita, l’attitudine all’esistenza in generale che hanno gli abitanti della mia terra. Diciamo che uno degli aspetti fondamentali attorno a cui ruotano i pensieri di un finlandese è l’idea di ‘vuoto’. Ciò è molto importante anche nella cultura giapponese, riassumibile efficacemente nell’espressione ‘mono no aware’, che è un modo tutto loro di far riflettere, appunto, sulla caducità di ogni cosa di questo mondo. Un processo inarrestabile, per il quale non vi è alcun antidoto.

IL FUNERAL DOOM DEI PROFETUS È UN’ESPRESSIONE ATMOSFERICA E OSEREI DIRE ECCLESIASTICA DI QUESTO TIPO DI SOUND, CHE PUÒ STARE IN UNA TERRA DI MEZZO TRA LA MALVAGITÀ DI UNA BAND COME I TYRANNY E IL ROMANTICISMO DEGLI SKEPTICISM. COME DESCRIVERESTI LA VOSTRA MUSICA E QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE LA DIFFERENZIANO DAGLI ALTRI GRUPPI FUNERAL DOOM?
– Conoscendo le persone che fanno parte dei gruppi da te citati, non mi è facile rispondere in merito a cosa ci accomuna e cosa ci differenzia. Sui punti in comune, ti potrei dire che tutti quanti celebriamo una forte tristezza che sta dentro di noi. La esprimiamo per quella che è, senza nasconderci, in modo vero e genuino. L’approccio onesto alla musica credo sia anche quello che abbiamo nei confronti della vita. A distinguere quello che fanno i Profetus rispetto a Tyranny o Skepticism, ma anche fondamentalmente le altre band funeral doom, è l’approccio formale alla materia. Nel nostro caso, la musica ha sempre avuto al centro la melodia, un certo minimalismo e l’idea di dare rilevanza alla performance della formazione nel suo complesso, senza veder emergere un elemento sugli altri.

LO STRUMENTO CHE DÀ UN TOCCO SPECIALE AL VOSTRO SUONO È L’ORGANO. SEMBRA SUONATO SU UN ORGANO DA CHIESA, NON RIPRODOTTO TRAMITE TASTIERE DIGITALI. PERCHÉ È COSÌ CENTRALE L’ORGANO NEL VOSTRO DISCORSO E QUALE TIPO DI SUONO DESIDERAVATE PER QUESTO STRUMENTO?
– Avere l’organo in una posizione così gerarchicamente rilevante ritengo ci tenga distanti da buona parte delle metal band odierne, anche all’interno del funeral doom, visto che chi suona in questo ambito scrive in prevalenza i suoi album per le chitarre. Mi rendo conto che è un po’ lo stesso discorso che si potrebbe fare per gli Skepticism, li ritengo il mio punto di riferimento per quanto riguarda la musica metal suonata con l’organo. Loro riescono a utilizzarlo in modo magistrale, integrandolo all’interno della strumentazione metal senza farlo sembrare un corpo estraneo. Noi per alcuni aspetti ne facciamo un utilizzo simile, però nel nostro caso l’organo è come se facesse parte di un più vasto e composito tappeto sonoro, sopra il quale fluttuano altri strumenti. Si creano così degli intervalli, delle pause, che vanno a confluire in un massiccio muro sonoro. La nostra musica si focalizza su spazi di minacciosa negatività, vale a dire gli intervalli tra le singole note e le dinamiche si vengono a produrre.

LA SECONDA CANZONE DI “THE SADNESS OF TIME PASSING” SI INTITOLA “NOSTALGIA”. PER COSA HAI NOSTALGIA? SE DOVESSI FOCALIZZARE IL TUO SGUARDO SU QUALCOSA DI SPECIFICO ACCADUTO NEL PASSATO, DI COSA AVRESTI PARTICOLARMENTE NOSTALGIA?
– Ho nostalgia per la musica del passato, anche se è soltanto la rappresentazione di un momento oramai irrimediabilmente sfumato. Nei testi del pezzo, più che concentrarci sul tema della nostalgia, parliamo della circostanza che siamo un po’ tutti prigionieri della memoria, dei ricordi, con essi cerchiamo spesso di combattere l’indeterminatezza dell’esistenza. Ci aggrappiamo a loro per sfuggire all’incertezza.

NELLA SECONDA PARTE DELLA TRACKLIST, LA MUSICA DIVENTA PIÙ ATMOSFERICA, AUMENTA L’ENFASI SULLE TASTIERE E SI DISPIEGANO TRISTI MOTIVI CERIMONIALI. POSSIAMO ADDIRITTURA UDIRE VOCI FEMMINILI DURANTE “NORTHERN CROWN”. PERCHÉ NELLA SECONDA PARTE DEL DISCO LA MUSICA DIVIENE PIÙ LIEVE ED ETEREA? PER QUANTO MI RIGUARDA, È ANCHE LA PARTE DELL’ALBUM PIÙ INCISIVA.
– Volevo che l’album avesse una particolare struttura drammatica, un crescendo lento ma inesorabile. Arrivati a una certa durata, diciamo dopo i primi quarantacinque minuti, l’album avrebbe dovuto aprirsi ad andamenti diversi, slegandosi dal senso di monotonia che poteva portare con sé in precedenza, per terminare nella ripetizione di alcuni accordi, in un finale molto dilatato. Il finale, per l’appunto, è un tributo a Richard Wagner e all’apertura del suo “Das Rheingold”, dove si descrive lo scorrere del tempo in una maniera molto astratta. La seconda parte di “The Sadness Of Time Passing” è la controparte femminile della prima, una sorta di nuovo inizio.

SE DOVESSI CONFRONTARE LA VOSTRA MUSICA A QUELLA DI ALTRI ARTISTI, NOMINEREI TYRANNY, COI QUALI AVETE IN COMUNE DUE MEMBRI, SKEPTICISM E THE HOWLING VOID. PENSI CHE QUESTE FORMAZIONI ABBIANO EFFETTIVAMENTE QUALCOSA IN COMUNE CON VOI? VI SONO ALTRE REALTÀ CHE ABBIANO UNA FORTE AFFINITÀ CON I PROFETUS?
– Aggiungerei alla lista i Mournful Congregation, i Worship (quelli del periodo di “Dooom”), l’intera discografia dei Thergothon. Anche band come Bell Witch e Funeral Moth hanno una certa somiglianza a un approccio classico e insieme moderno alla materia funeral doom. Attualmente lo spettro delle sonorità funeral doom è piuttosto variegato, ci sono tante proposte originali, capaci di incorporare influenze culturali specifiche di quel gruppo. Le influenze sono quindi potenzialmente infinite, mi piace questa varietà nel nostro genere e cerco di portare nei Profetus qualche aspetto inedito, frutto dei miei ascolti.

OGNI MUSICISTI DEI PROFETUS VANTA IMPORTANTI ESPERIENZE IN ALTRI GRUPPI, SPESSO GRAVITANTI NELL’ORBITA DEL DEATH E DEL DOOM METAL. COSA AVETE PORTATO DELLE ALTRE VOSTRE ATTIVITÀ MUSICALI NEI PROFETUS E QUALE PUÒ ESSERE DEFINITO IL CONTRIBUTO PIÙ DETERMINANTE PER I PROFETUS, DATO DALL’AVER SUONATO IN BAND DI TIPO DIVERSO?
– A differenza degli altri progetti musicali in cui siamo, o siamo stati, coinvolti, nei Profetus l’aspetto più importante sono gli arrangiamenti, il ‘sopravvivere’ ai tempi lunghi delle tracce, mantenere il ritmo lento di ognuna, cercando di introdurre melodie sorprendenti mentre la canzone si sviluppa. Ogni membro del gruppo porta un contributo importante alla realizzazione della musica, ma se dovessi nominarne uno solo, non potrei che citarti il nostro batterista V. Kujansuu, in assoluto il drummer più potente e preciso col quale abbia mai lavorato. Il suo splendido minimalismo e l’approccio profondo allo strumento trainano con sé tutto il resto della band.

IN PASSATO LA FINLANDIA HA SFORNATO MOLTE OTTIME FORMAZIONI FUNERAL DOOM. TUTT’ORA LA SCENA È FORTE E VITALE NEL VOSTRO PAESE. QUALI SONO LE RAGIONI CHE DETERMINANO QUESTA QUALITÀ E ABBONDANZA DI PROPOSTE FUNERAL DOOM NEL VOSTRO PAESE?
– Ritengo derivi dall’eredità lasciata dalle band finlandesi che si sono inserite nel filone death/doom degli anni ’90. Gente come Amorphis e Sentenced ha forgiato per prima un certo approccio ‘finlandese’ a questi suoni, portandolo addirittura a un livello mainstream. Questo fenomeno si è ampliato, ha influenzato le generazioni più giovani e si è diffuso fino alle più piccole band underground. In fondo, la scena è molto piccola, siamo in pochi nel nostro paese e in proporzione sono comunque poche persone quelle che danno vita alla scena funeral doom. Mi sa che potresti contarle sulle dita di due mani, o poco più!

IL VOSTRO PRIMO DEMO È USCITO NEL 2007. ASCOLTANDOLO ADESSO, QUALI PENSI POSSANO ESSERE GLI ELEMENTI CHE AVETE PORTATO CON VOI FINO AD ORA, E QUALI INVECE QUELLI CHE SONO SCOMPARSI DAL VOSTRO SOUND?
– Il concept lirico/musicale non è cambiato drasticamente nel corso degli anni. Si è solo arricchito con vari input che nel corso del tempo sono entrati a far parte del nostro stile. A essere rimasti invariati sono il taglio minimale, la negatività e quella che definirei un’attitudine ostinata e cocciuta nei confronti della scrittura di nuova musica. Il metodo con cui lavoriamo è rimasto lo stesso, solo i significati sono a volte differenti.

NEGLI ULTIMI ANNI IL FUNERAL DOOM È DIVENTATO RELATIVAMENTE POPOLARE, USCENDO UN POCO DALLA SUA NICCHIA. CI SONO STATE DIVERSE PARTECIPAZIONI DI ACT FUNERAL DOOM IN IMPORTANTI FESTIVAL OPEN AIR, COME HELLFEST E BRUTAL ASSAULT. DAL TUO PUNTO DI VISTA DI MUSICISTA E FAN DEL GENERE, COME GIUDICHI LO STATO DELL’ARTE DI QUESTO SOTTOGENERE?
– Quanto descrivi credo sia avvenuto per una migliore accettazione della musica estrema e sperimentale a tutti i livelli della scena musicale, metal e non solo. Il mondo si è aperto a molteplici correnti di pensiero, l’accettazione di cose che possono definirsi non immediate e ‘difficili’ è aumentata, questo ha consentito a piccole nicchie come la nostra di espandersi ed arrivare a persone che solo pochi anni ci avrebbero ignorato. Mi piace come si stanno evolvendo le cose da questo punto di vista, arrivare a un pubblico più ampio non penso vada a intaccare quello che faccio, snaturandolo. Sensazione che può essere la preoccupazione di qualcuno, quando talune sonorità escono dalla solita cerchia di appassionati. È bello arrivare ad ascoltatori in ogni parte del pianeta, non importa in che modo ciò accada.

COSA C’È NEL FUTURO DEI PROFETUS E DELLE ALTRE BAND IN CUI SIETE IMPEGNATI?
– Ho già iniziato a scrivere del nuovo materiale, quando si potrà farlo mi piacerebbe anche che tornassimo a suonare dal vivo.

 

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