Dopo anni di attesa, mitigata dall’uscita di numerosi split cd, tornano a massacrare i padiglioni auricolari gli straordinari Psychofagist, una delle band più valide e preparate della scena estrema italiana. I ragazzi, instancabili creatori di nuovi suoni, con “Il Secondo Tragico” si sono superati, grazie anche all’ingresso in formazione dello straordinario Luca Mai degli Zu al sassofono. Nostro interlocutore nell’intervista é il cantante e bassista Marcello Sarin, persona estremamente disponibile e mente vulcanica dalla quale fuoriescono (in collaborazione con il resto della band ovviamente) le idee che poi diverranno canzoni. Marcello ci parla con entusiasmo e dovizia di particolari della band, del loro rapporto con la musica, con l’underground… e con Fantozzi! A lui la parola.
CIAO RAGAZZI. SAPPIAMO CHE SIETE IN GIRO DA PARECCHI ANNI, MA VI CHIEDEREI COMUNQUE UNA BREVE INTRODUZIONE ALLA BAND IN QUANTO SIETE ALLA VOSTRA PRIMA APPARIZIONE SU METALITALIA.COM!
“Ciao a tutti. Sarò molto breve: nasciamo agli inizi del terzo millennio come band sempre impegnata a cercare soluzioni tecniche, arrangiamenti e rimescolamenti nello sterminato ambito dell’estremismo sonoro, con inclinazioni che man mano ci hanno visti abbracciare il death metal arzigogolato, il brutal-grind, il post-core, il noise-core, etc. Abbiamo all’attivo due full-album, diversi EP e split, qualche bella vicenda live un po’ ovunque e nei più svariati contesti, andirivieni di mentecatti nella line-up. Il risultato odierno è un calderone di tutto ciò: stili, ricerche, esperienze, contatti umani, gare a chi fa più rumore e sagre dei tempi dispari”.
TRA IL VOSTRO PRIMO ALBUM E “IL SECONDO TRAGICO” SONO PASSATI CINQUE ANNI, SEPPURE INFRAMEZZATI DA SPLIT CD ED EP: COME MAI AVETE LASCIATO TRASCORRERE TUTTO QUESTO TEMPO?
“Tendenzialmente per tre motivi: il primo è la riorganizzazione interna, con il cambio di batterista e l’ingresso di Luca Mai al sax; il secondo, perché per indole non resistiamo a pubblicare brani di freschissima realizzazione, specie se vengono proposti split e uscite ‘intermedie’ di buona diffusione; ultimo, perché credo siamo afflitti da flemma compositiva: non abbiamo un iter standard di stesura brani, riusciamo ad essere fin troppo meticolosi nel free-jazz e cerebrali a dismisura anche nel rumore bianco! E’ un grosso problema”.
AVETE DIVISO SPLIT CON HYBRID VISCERY, INFERNO, OvO, THOUSANDWILLDIE: COME SONO NATE QUESTE COLLABORAZIONI?
“Direi che per tutte e tre le circostanze l’impulso è arrivato dalle etichette produttrici, nell’ordine la Amputated Vein (giapponese), Shove e DonnaBavosa (italiane) e Nothing Positive (inglese): di queste l’unica band con cui abbiamo condiviso palchi, scambi di vedute e bisbocce sono stati gli OvO, ma come ti dicevo prima è sempre entusiasmante entrare in contatto con realtà e sottoboschi d’altri continenti”.
AVETE DECISO DI INSERIRE IN PIANTA STABILE IN FORMAZIONE UN FENOMENO COME LUCA MAI AL SASSOFONO: QUAL E’ STATO IL SUO APPORTO NEI NUOVI BRANI?
“Abbiamo conosciuto Luca in occasione di vari show degli Zu ed è occorso un niente per far emergere in maniera bipartisan la scelta di convolare a nozze: il signor Mai è in primis un amico, un eccellente musicista e un fanatico vecchia scuola di tutto il bel metallone violento (da questo punto di vista è un tamarro se rapportato a noi intellectual chic). L’introduzione del sax baritono nei nostri brani si è tradotta in una scelta imprevedibilmente multicolore: opera a fasi alterne da seconda chitarra a ‘drone’ di sottofondo, da elemento schizzato di assolo a generatore di risonanze industriali, il tutto con la personalità e la timbrica che caratterizza un musicista di indubbio riconoscimento globale”.
VENENDO AL “SECONDO TRAGICO” PUOI DIRCI IN CHE MODO E’ STATO COMPOSTO?
“La concezione alla base del nuovo lavoro era di ricreare in maniera assolutamente viva, rigogliosa e non artificiale tutto ciò che ci stimola a solcare questi lidi dell’ ‘oltre’ e che impregna fisicamente i legni e i metalli dei nostri strumenti: tensioni, esasperazioni, deviazioni, rilassamenti e alterazioni, fermo restando la basilarità dell’approccio live (quante band compongono capolavori su ProTools e non hanno idea di cosa sia un palcoscenico?) ed il concetto che ogni psicofago è in primis un divoratore di musica a 360°. Il risultato spiccio che ogni essere vivente può riscontrare dai solchi de ‘Il Secondo Tragico’ è una maggiore cura nelle dinamiche e nella tensione dei brani, con diverse soluzioni free e discreto uso di effetti ed elettronica. Dal mio personalissimo punto di vista è un album con stelle e stalle, momenti perfetti e parti discutibili, ma se fosse tutto ineccepibile e ‘assoluto’ non avrebbe senso continuare per la nostra strada”.
SOFFERMIAMOCI UN MOMENTO SULLE REGISTRAZIONI: AVETE OPTATO PER DEI SUONI MOLTO CALDI, QUASI ROCK, A DIFFERENZA DI ALTRE BAND ESTREME CHE UTILIZZANO PRODUZIONI PIU’ FREDDE E PRECISE…
“Assolutamente! Ti ripeto: ogni strumento di base che senti è naturale, nessun ausilio digitale, solo valvole, speaker, microfoni e percussioni, persino le macchine dedicate al mastering sono sostanzialmente analogiche. Poi ovviamente la tecnologia computerizzata viene incontro su tutto, a partire dagli innesti di elettronica fino al mixaggio, ma la sostanza è che il sound è ‘nostro e riproducibile’ sia in una studio release, sia in un live all’Hammersmith Apollo che in una data nello squat più fognario dell’Est-Europa. Una scelta del genere, per esecuzioni sempre al limite come le nostre, va spesso a discapito di pulizia, precisione chirurgica e intelligibilità, ma è un prezzo che siamo disposti a pagare”.
L’UTILIZZO DEL BASSO NELLE NUOVE COMPOSIZIONI E’ STRAORDINARIO, A TRATTI SOSTITUISCE LA CHITARRA NEI MOMENTI SOLISTI: COME MAI QUESTA SCELTA?
“Tendenzialmente perché il basso è uno strumento per uomini veri, scatena le folle e attizza le ragazzine più procaci; le basse frequenze inoltre sono terapiche nella prevenzione del cancro alla prostata. Non saprei altre motivazioni, dovreste chiedere ai miei altri soci il perché del loro eccessivo moderarsi e contenersi”.
SE PRIMA LA VOSTRA MUSICA POTEVA ESSERE CATALOGATA PIU’ O MENO COME JAZZ GRIND, OGGI NON PUO’ PIU’ ESSERE CONTENUTA IN NESSUNA DEFINIZIONE, SALVO QUELLA DI MUSICA FREE: AVETE LAVORATO IN TAL SENSO O IL TUTTO E’ VENUTO SPONTANEO?
“Tutto spontaneo, come sinceramente anche ai tempi del primo album… le etichette mi piacciono e mi rendo conto a livello di promozione siano fondamentali nell’epoca dei social network più disparati, anche a costo di leggere accozzaglie di fesserie! Poi ok, il ‘free-dom’ di fare ciò che ci passa per la testa è ad ogni buon conto l’elemento principe per la nostra fase compositiva”.
DITECI LA VERITA’: I VOSTRI BRANI SONO UN TENTATIVO DI TRADURRE IN MUSICA L’ANARCHIA O SONO FRUTTO DI UN LAVORO CERTOSINO COMPLETAMENTE PIANIFICATO? O MAGARI UNA VIA DI MEZZO TRA I DUE ESTREMI?
“Purtroppo non neghiamo che siamo ancora abbastanza ancorati a logiche di strutture, successione di riff, modelli pre-esistenti, ma dentro queste scatole vomitiamo qualsiasi sorta di idea ed estro. Il singolo brano degli Psychofagist è come una regione cesellata di tanti piccoli villaggi anarchici, abbastanza legati tra di loro con logiche sistemiche nemmeno troppo astruse”.
DI COSA TRATTANO I TESTI? AVETE DEI MESSAGGI DA VEICOLARE TRAMITE ESSI?
“In un processo complessivo di layout, di interconnessione tra la musica, le parole e le immagini di un album, probabilmente le nostre lyrics hanno più il ruolo di legante e/o di contorno: non ci tengo particolarmente a ricondurle ad un unico tema o a un macro-messaggio… ognuna ha la propria forma (ermetica, poetica o da versi sconnessi), ha i propri fantasmi, miti ed ispirazioni. ‘Uomo O Merda’ profuma di hardcore contro l’obliterazione dei pensieri dell’uomo e la decadenza della nostra società asettica, ‘Untitled – Black On Grey’ parla di quella sorta di devozione diffusa per il vuoto, ‘Defragmentation Rotunda’ è una preghiera burroughs-iana dedicata a una sorta di madre natura deforme industrializzata”.
SE LA VOSTRA MUSICA E’ INCREDIBILMENTE COMPLESSA ED ARTICOLATA, I TESTI SONO SEMPLICI ED ERMETICI: DA COSA NASCE QUESTA ANTITESI?
“Credo semplicemente il nostro messaggio, per quanto deviato sia, si compie e si conclude in pochi giochi linguistici. Sul piano musicale ci piace fare casino ed ‘esagerare’: non è da considerarsi per forza un’antitesi, il legame tra le due cose è spontaneo e naturale come i nostri parti mentali”.
CREDO IMMAGINIATE CHE, CON L’INSERIMENTO A TEMPO PIENO DEL SAX NELLA VOSTRA MUSICA, IL PARAGONE CON I NAKED CITY ED I PAINKILLER SARA’ INEVITABILE: COSA PENSATE DELLA BAND IN QUESTIONE, CHE GIA’ ANNI ORSONO ERA AVANTI ANNI LUCE RISPETTO AL RESTO DEL MONDO?
“La lucida intuitività di Zorn e delle sue avveniristiche creature non stava tanto nella musica in sé (il jazz-punk-fusion, le avanguardie free erano presenti già da decenni), ma a lui va il merito di diffonderlo in maniera capillare senza alcuna barriera predefinita, dando alla musica ‘ricercata’ moderna un linguaggio universale, alla faccia dei talebani intellettualoidi del jazz (che a parer suo vanno affrontati con t-shirt degli S.O.B. e pantaloni mimetici) e dei metallari o dei punk caproni che per la prima volta potevano godere anche di codici compositivi lontani dalle loro corde abitudinarie”.
CI VUOI PRESENTARE GLI OSPITI PRESENTI SU “IL SECONDO TRAGICO”, A PARTIRE DAL GRANDE ERALDO BERNOCCHI?
“Be’, Eraldo non credo abbia bisogno di troppe introduzioni: ha arrangiato con chitarre effettate e suoni alieni ‘Defragmentation Rotunda’, che è il pezzo che più ci ha sorpreso e soddisfatto tra le nostre creazioni recenti; faccio appello a incontrarci live e condividere finalmente un palco, di modo che sia possibile riprodurre appieno le atmosfere di quella traccia. Se escludiamo Stefano Colli, nostro sound-engeneer, fonico tuttofare, urlatore, percussionista, usuraio e da poco anch’egli sperimentatore di strumenti alieni, un plauso particolare va al nostro pupillo Mimmo_SEC, presente sulla title-track: è una sorta di Keith Emerson rumorista, un polipo tra synth, moog, tastiere e laptop, dalle parvenze di uno sbarbatello di Posillipo. E’ impegnato da tempo in vari progetti sperimentali della scena napoletana, tra lo space-noise dei Weltraum e l’harsh-elettroacustica attorno all’eone A-Spirale”.
VE LO DOBBIAMO CHIEDERE: L’ALBUM SI INTITOLA “IL SECONDO TRAGICO”, IL VOSTRO BATTERISTA SI FA CHIAMARE EL DUCACONTE. IN CHE RAPPORTI SIETE CON IL MITICO FANTOZZI?
“Amiamo Fantozzi in quanto emblema supremo della sconfitta. Da Camus a Kitano, le gesta di un tale vero anti-eroe quotidiano non sono mai state cantate e caratterizzate come per il nostro diletto. Inoltre, cinematograficamente parlando, considero ‘Fantozzi’ degna epigrafe della tragi-commedia italiana, quella dei capolavori dei vari Germi, Ferreri, Monicelli, Risi, che credo debbano essere studiati nelle scuole dell’obbligo al posto dei Promessi Sposi. Tornando agli Psychofagist, esiste un legame stretto con Fantozzi sulla base di alcune attinenze: entrambi procreiamo esseri mostruosi, subiamo insuccessi per via di zoticoni dalle ascelle disumane, ci facciamo guidare da miopi improvvisatori di eventi e trasferte, piove ogni volta che suoniamo open-air e sono comuni per entrambi le apparizioni dell’Arcangelo Gabriele”.
COME VI TROVATE CON LA SUBORDINATE RECORDS? ORMAI PER VOI DEVE ESSERE COME UNA SECONDA CASA…
“Ci troviamo che siamo tutti prepotentemente cooperanti nella logica di quel DoItYourself che cerca di non darlo a vedere! Nel nostro microcosmo un personaggio come GP (il capoccia) è associato di diritto: ci fa da mentore, riesce ad alternare uno zelo da ingegnere a momenti di grossolanità cosmica, come ascoltatore di musica trapela decisamente sintomatologie dell’autismo ed è in fin dei conti il più grande fan che abbiamo mai avuto”.
LE VOSTRE PARTECIPAZIONI AGLI SPLIT SONO DA CONSIDERARE ANCHE UN MODO PER SUPPORTARE L’UNDERGROUND TRAMITE LABEL QUALI NOTHING POSITIVE E DONNABAVOSA?
“Supportiamo qualsiasi forma e formula di underground, sia sul piano della fornitura che su quello della fruizione. Vedo gli Psychofagist ancora infinitamente lontani da cambiare questa rotta”.
AVETE PROGETTI PER IL FUTURO, SIA IMMEDIATO CHE REMOTO?
“Abbiamo una discreta programmazione live, diverse cose di spicco all’estero e la pianificazione di nuovi giri in Italia per l’autunno. Nulla dal punto di vista discografico, ma attendete sorprese, sempre… continuamente”.
GRAZIE PER L’INTERVISTA ED ANCORA COMPLIMENTI PER IL NUOVO LAVORO. CONCLUDETE PURE COME MEGLIO CREDETE.
“Grazie infinite a Metalitalia.com. Diffondete il verbo e consigliate ai vostri apostoli di bazzicare il nostro MySpace (www.myspace.com/psychofagist)”.