Più rifiniti nei dettagli, dotati di un gusto melodico in passato apparso col contagocce, massicci e indomabili come da tradizione, i Raging Speedhorn si sono riaffacciati sulle scene con successo, regalandoci tramite “Lost Ritual” un rientro discografico di quelli che mettono sicuramente di buonumore. È sempre bello ritrovare un gruppo dato per disperso in questo stato di forma, bravo nel non tradire l’identità delineata nella precedente fase di carriera e altresì in grado di rinnovarsi ed evolversi. Mediando le sfuriate hardcore-metal dei primi tempi e le pesanti addizioni sludge-doom già comparse negli ultimi anni prima dello scioglimento, il sestetto bicefalo – ossia rappresentato dal temibile doppio cantato all’acido muriatico di Frank Regan e John Loughlin – si è rimesso in carreggiata in tempi brevissimi, sfruttando l’onda lunga di esibizioni live cafone e destabilizzanti come ai vecchi tempi. Abbiamo raggiunto il chitarrista Jamie Thompson per sapere qualcosa di più su questo – per ora – fortunato ritorno sulle scene e quel che segue è ciò che ci è stato permesso di conoscere, con i modi spicci che ci si aspetterebbero da un gruppo di tale concretezza.
I RAGING SPEEDHORN SI SONO RIUNITI NEL 2014 DOPO SEI ANNI DI PAUSA: PUOI SPIEGARCI QUANDO E PERCHÉ AVETE DECISO DI RIFORMARE LA BAND?
“Dopo esserci sciolti abbiamo continuato a ricevere molte proposte per tenere dei concerti, ma ci siamo decisi a ritornare in pista soltanto quando ci siamo sentiti più rilassati all’idea di far di nuovo parte della band tutti assieme, e al contempo abbiamo avuto la ragionevole sicurezza di non darci sui nervi l’un l’altro troppo in fretta!”.
QUALI CAMBIAMENTI AVETE TROVATO NELLE VOSTRE RELAZIONI INTERPERSONALI QUANDO AVETE RICOMINCIATO A SUONARE ASSIEME? COME GIUDICHERESTE ORA I RAPPORTI RECIPROCI IN SENO ALLA LINE-UP?
“Ora siamo circondati da minori pressioni e ogni cosa è più semplice di prima. Siamo sempre andati d’accordo tra di noi, ma ora suoniamo assieme solo per il fatto che è divertente farlo, non siamo condizionati da pressioni esterne o da aspettative eccessive che ci davamo noi stessi”.
LA VOSTRA PRIMA APPARIZIONE LIVE DOPO MOLTI ANNI È COINCISA CON IL DAMNATION FESTIVAL DEL 2014. ERO PRESENTE E SUONASTE UN GRANDE SHOW: AGGRESSIVO, BRUTALE, PESANTISSIMO. VI ASPETTAVATE UNA RISPOSTA COSÌ FRAGOROSA DA PARTE DELL’AUDIENCE? QUANTO HA INFLUITO QUESTO ENTUSIASMO NELLA COMPOSIZIONE DEL NUOVO MATERIALE?
“Non ci saremmo mai aspettati una risposta del genere dal pubblico, ed è stato molto bello ricevere quelle attenzioni. Il Damnation ha rappresentato un grosso punto di svolta, perché ci ha fatto rendere conto di quanto interesse ci fosse ancora attorno alla band”.
SIETE STATI IMPEGNATI CON MOLTI SHOW NEL REGNO UNITO PRIMA DI ENTRARE IN STUDIO PER REALIZZARE “LOST RITUAL”. L’ATTIVITÀ LIVE HA INFLUITO MOLTO NELLA DIREZIONE ARTISTICA PRESA DAL NUOVO ALBUM?
“Ci è servito per renderci conto, a dire il vero abbastanza presto, che non volevamo esistere solo come ricordo nostalgico di quello che eravamo, ma come band attuale che continua a produrre nuova musica e lo fa non solo per i fan ma, soprattutto, per se stessa”.
AVETE APPORTATO ALCUNI CAMBIAMENTI NELLA LINE-UP NEGLI ULTIMI ANNI: PUOI PRESENTARCI I NUOVI MEMBRI DEI RAGING SPEEDHORN?
“C’è Dave al basso,che non è una novità a tutti gli effetti perché in precedenza aveva suonato con noi nel periodo di ‘Before The Sea Was Built’. Mentre è un nuovo membro a tutti gli effetti Jim Palmer alla chitarra, lo conosciamo da anni e in passato ha militato nei Charger, gruppo col quale abbiamo trascorso del tempo in tour qualche anno addietro”.
IN “LOST RITUAL” SUONATE MATERIALE MOLTO PESANTE COM’È NELLE VOSTRE CORDE, AGGIUNGENDOVI UN TOCCO DI ATMOSFERA, COSA NON COSÌ COMUNE PER VOI IN PASSATO. IN ALCUNI MOMENTI SEMBRATE LA VERSIONE INGLESE DI DOWN E CROWBAR! COME DESCRIVERESTI LA VOSTRA EVOLUZIONE DA “BEFORE THE SEA WAS BUILT” ALL’ULTIMO FULL-LENGTH?
“Credo che ‘Lost Ritual’ rappresenti un incrocio fra il materiale più vecchio e la vena sperimentale di ‘Before The Sea Was Built’. Ciò non è frutto di alcuna pianificazione da parte nostra, abbiamo scritto quello che ci veniva meglio, in naturalezza, senza stare a pensare a quello che avremmo dovuto fare”.
PER “LOST RITUAL”AVETE AVUTO COME PRODUTTORE RUSS RUSSELL. PERCHÈ AVETE SCELTO DI LAVORARE CON LUI? CHE COSA SPERAVATE DI OTTENERE DA QUESTA COLLABORAZIONE E QUALI PENSI SIANO STATI I RISULTATI?
“Russ è un nostro caro amico e inoltre il suo studio dista solo cinque minuti da casa mia, il che mi rende la vita molto facile! Al di là di questo, ammiriamo molto i suoi lavori passati, in particolare il contributo che ha dato ai Napalm Death (collabora con loro dall’EP ‘Leaders Not Followers’ e ha curato la produzione di tutti i full-length della band di Shane Embury da ‘Enemy Of The Music Business’ in avanti, ndR) ed è bello lavorare con qualcuno che sa ottenere così tanto dalla tua musica, ti fa sentire più rilassato e creativo durante il periodo che trascorri nello studio di registrazione. Aggiungiamoci anche che beve tanto quanto noi (risate, ndR)”.
DA DOVE ARRIVANO LE IDEE BASE DEI BRANI? CONSIDERATO CHE AVETE TRASCORSO UN LUNGO PERIODO LONTANO DALLE SCENE, AVETE CAMBIATO QUALCOSA DI IMPORTANTE NEL VOSTRO METODO DI COMPOSIZIONE?
“Sarebbe il momento di uscirsene con qualche frase intelligente, ma l’unica cosa che ti posso dire è che ci troviamo in sala prove e iniziamo a jammare attorno a dei riff che ci vengono in mente e da lì nascono i pezzi. Lasciami dire che in questo caso non siamo rimasti molto tempo ad ‘agonizzare’ nella scrittura di nuova musica”.
IL PUNTO CENTRALE DEL VOSTRO STILE RIMANE SECONDO ME L’USO DELLE DUE VOCI, CHE DANNO UNA COSTANTE IMPRESSIONE DI STRANGOLAMENTO E DI ESSERE PRESI A PUGNI DA PIÙ LATI, DATO L’APPROCCIO BRUTALE DI ENTRAMBI I CANTANTI E LA TERRIFICANTE INTERAZIONE FRA FRANK REGAN E JOHN LOUGHLIN. COME LAVORATE PER CREARE LE LINEE VOCALI E COME SCEGLIETE CHI DEVE CANTARE UN SINGOLO SPEZZONE DI TESTO? QUALI SONO LE PRINCIPALI ANALOGIE E DIFFERENZE FRA I DUE SINGER?
“Non saprei descriverti bene come facciano a ritagliarsi ognuno il suo spazio, anche se posso dirti che Frank solitamente si occupa delle linee vocali più alte di tonalità, mentre John si dedica a quelle più basse. Oppure capita che insieme scrivono le lyrics di un brano e successivamente si confrontano su chi debba cantare nelle diverse parti. Tutti e due i metodi funzionano”.
PER FINANZIARE LE REGISTRAZIONI DEL DISCO AVETE LANCIATO UNA CAMPAGNA DI RACCOLTA FONDI: CHE RISULTATI AVETE OTTENUTO? PERCHÉ AVETE SCELTO QUESTO METODO PER AFFRONTARE LE SPESE DI REALIZZAZIONE DI “LOST RITUAL”?
“Onestamente non vedo il motivo per cui una band che abbia una sua base di fan non prenda in considerazione una modalità del genere. È molto più gratificante interagire direttamente coi fan e creare qualcosa per loro, piuttosto che lavorare per qualche imbecille di una casa discografica. Con questo sistema sei nel pieno controllo del budget necessario al disco e corri meno rischi di non avere a disposizione ciò che ti serve per condurre in porto il lavoro. Così ti garantisci la possibilità di realizzare un album quando vuoi e come vuoi. Siamo contenti di aver adottato questa soluzione”.
UNA DELLE PRIME CANZONI CHE COLPISCE L’ASCOLTATORE È “MOTORHEAD”. POSSO IMMAGINARE QUALE SIA IL SUO SIGNIFICATO E CHE COSA L’ABBIA ISPIRATA! PUOI DIRCI QUALCOSA DI PARTICOLARE SULLA COMPOSIZIONE DI QUESTA TRACCIA?
“Non è stata creata in maniera diversa dalle altre. Le idee per questa canzone derivano tutte da Frank, è lui che l’ha composta. Attualmente fa il meccanico, può darsi che l’ispirazione gli sia venuta cambiando le pastiglie dei freni a un’auto o intanto che svolgeva un’attività simile”.
NELL’ALBUM CI SONO MOLTE PARTI LENTE, SLUDGE, AL LIMITE DEL DOOM. LO SLUDGE COM’È ENTRATO NELLA VOSTRA VITA E COME SI È COMBINATO ALLA VOSTRA ORIGINARIA ANIMA HARDCORE?
“Alcuni dei membri della band sono interessati a questo tipo di materiale, altri decisamente meno. Il doom entra nella nostra musica per un comune amore da parte di tutti noi per Black Sabbath e Saint Vitus, non per una passione per queste noiose – è la mia opinione – band stoner e sludge di ultima generazione”.
NELLA DESCRIZIONE DEI RAGING SPEEDHORN PRESENTE SULLA VOSTRA PAGINA FACEBOOK UFFICIALE VI È SCRITTO: ‘SALVATORI DEL METAL INGLESE’. È SOLO UNA PROVOCAZIONE O CI SONO RAGIONI SERIE PER LE QUALI AVETE SCRITTO QUELLA FRASE?
“È un nostro punto di vista, nel senso che come appassionati di musica ci sentiamo annoiati e stanchi delle band hard rock e metal più moderne, in generale non ci entusiasmano, sentiamo che dobbiamo fare qualcosa noi in prima persona per smuovere la scena. Da un certo punto di vista, credo che stiamo avendo un certo successo da questo punto di vista!”.
SUONATE SPESSO NEL REGNO UNITO, MA RARAMENTE FUORI DAL VOSTRO PAESE. STATE PIANIFICANDO ANCHE UN TOUR EUROPEO PER LA FINE DI QUEST’ANNO?
“Quest’anno non ce la faremo, ma se tutto va bene nel 2017 dovremmo riuscire a organizzarci per delle date nel resto d’Europa”.
SIETE IMPEGNATI ANCHE IN ALTRI PROGETTI: SONO IN STAND-BY O AVETE IN PROGRAMMA QUALCOSA A BREVE?
“Abbiamo un milione di altre cose di cui occuparci e nessuna di queste ha subìto o subirà uno stop”.
CHE COSA È RIMASTO NEI RAGING SPEEDHORN DI OGGI DELLA BAND CHE INCIDEVA L’ESORDIO OMONIMO NEL 2000?
“C’è ancora molta di quell’attitudine e di quella fame che avevamo agli inizi, ma ora siamo sicuramente in grado di suonare molto meglio di una volta!”.
QUALI SONO LE VOSTRE TRE MIGLIORI CANZONI DI SEMPRE E COME MOTIVERESTI QUESTA SCELTA?
“La prima che ti nominerei è ‘Knives And Faces’: all’epoca non ero ancora parte della band, questa canzone mi fece una grossa impressione quando la sentii per la prima volta. La seconda è ‘Everything Changes’, non uno dei nostri brani più famosi e apprezzati: mi piace il fatto che allora suonava come qualcosa di abbastanza diverso dai nostri standard, anche se proprio per questo motivo molte persone l’hanno odiata (risate, ndR). Infine citerei ‘Bring Out Your Dead’, la mia preferita dell’ultimo album e il manifesto di quello che siamo attualmente”.