Le band come i Ravenscry ci ricordano del patrimonio enorme che abbiamo, dal punto di vista musicale, qui in casa in termini di giovani band. Dotati di un sound maturo e personale, forti di idee ben chiare su che cosa vogliono loro dalla musica e che cosa questa famelica scena attuale vuole da loro, i cinque ragazzi del meneghino sono una bella realtà locale che ci è piaciuto fotografare con questa intervista all’alba della loro seconda pubblicazione, il più che buono “The Attraction Of Opposites”. Sentiamo dalle loro parole come stanno vivendo questo momento di promozione dell’album, tra tentativi di suonare con band ‘del giro grosso’ e giudizi alquanto decisi sulla salute della scena rock nostrana…
NONOSTANTE NON SIATE UNA BAND ALL’ESORDIO, QUESTA È LA PRIMA VOLTA CHE PARLATE AI NOSTRI MICROFONI… POTRESTE RACCONTARCI LA STORIA DELLA BAND FINO A QUESTO PUNTO, E PRESENTARCI BREVEMENTE LA LINE-UP ATTUALE?
Fagio: “Innanzitutto, grazie per questo spazio e per quest’opportunità. La band è, in effetti, attiva dal 2008. Dopo un primo EP e un tour nel Regno Unito c’è stata la pubblicazione del primo full length ‘One Way Out’, nel 2011. Hanno seguito poi un altro tour estero in Scandinavia, e altre date importanti sparse sempre in giro per l’Europa (hanno suonato anche al Power Prog & Metal Fest, in Francia, ndR), e a questo punto arriviamo alla pubblicazione della nostra seconda fatica in studio: questo ‘The Attraction of Opposites’. La line-up della band è rimasta sempre la stessa: Giulia Stefani alla voce, Paul Raimondi alla chitarra, Mauro Paganelli alla chitarra, io al basso e Simone Carminati alla batteria”.
Giulia: “Aggiungerei solo un altro tassello… In questi anni siamo anche riusciti a creare un nostro piccolo studio di registrazione, il Ravenstudio, dove tra l’altro abbiamo registrato tutti i brani di questo album e dove ci auguriamo di produrre, oltre la nostra, anche tanta altra buona musica”.
CONFRONTANDOLO CON QUELLO DI “ONE WAY OUT”, IL SOUND DI “THE ATTRACTION OF OPPOSITES” MOSTRA UNA BAND IN CONTINUA MATURAZIONE. IL CAMBIAMENTO E L’EVOLUZIONE DEL SOUND SONO CARATTERISTICHE IMPORTANTI PER VOI?
Paul: “Per quanto mi riguarda, una delle caratteristiche che maggiormente mi avevo a cuore di mantenere era l’onestà. Avremmo potuto guardarci in giro e decidere a quale carrozzone accodarci per convenienza, invece abbiamo cercato una strada che fosse adatta a noi. Una strada che ci identificasse completamente. Mentre componevo le mie parti ho cercato di scrivere dei veri riff, non solo qualche accordo aperto a fare da tappeto alla voce; volevo che le canzoni risultassero credibili anche senza la linea vocale. Sapevo che in questo modo avrei reso più difficile il lavoro a Giulia ma, visti i suoi risultati sul primo album, ero sicuro che sarebbe riuscita a sorprenderci ancora. Ascoltando ‘One Way Out’ credo si possa già avvertire questa tendenza, ma penso che con il nuovo lavoro abbiamo fatto uno sforzo tutti quanti per migliorarci ancora, sia come compositori sia come esecutori. L’evoluzione di cui parli penso sia nata dalla focalizzazione di tutta la band verso un songwriting curato al massimo delle nostre possibilità. Queste canzoni sono state scritte, ragionate, riascoltate e riarrangiate fino a che non sono risultate convincenti, per ciascuno di noi”.
Fagio: “Come giustamente dice Paul, ci siamo presi il nostro tempo per poter lavorare su ogni singolo aspetto del disco, anche a costo di rifare tutto da capo quando necessario. Volevamo tutti essere convinti del risultato. Credo personalmente che il cambiamento e l’evoluzione che si trovano nel disco siano quindi frutto della nostra esperienza personale, sia come individui che come band”.
CREARE UN PROPRIO SOUND RICONOSCIBILE O EVITARE SEMPRE DI RIPETERSI. QUAL È PIÙ IMPORTANTE PER VOI?
Paul: “Dal mio punto di vista è più importante avere un sound riconoscibile e personale. Da fan di molte band posso dire di tollerare qualche ripetizione (dicasi anche ‘autocitazione’) ma solo quando all’interno di album decisamente buoni. In quel caso non ne faccio una tragedia insomma”.
Fagio: “Penso che uno dei più bei complimenti che ci hanno rivolto relativamente a questo album sia arrivato da un fan svedese. Ci ha scritto: ‘Anche se avessi sentito il singolo in radio senza sapere che eravate voi, vi avrei riconosciuto immediatamente’. Ultimamente ci sono davvero tante band con suoni fotocopia… e lo trovo veramente desolante”.
ABBIAMO DESCRITTO I RAVENSCRY COME AUTORI DI UN METAL MODERNO, SOLO VAGAMENTE SINFONICO, CARATTERIZZATO DA MELODIE IMMEDIATE E CATCHY E DECISAMENTE ROBUSTO NEL SOUND DI CHITARRA E NELLE RITMICHE. CI DITE QUALCHE NOME CHE VI HA ISPIRATO? A QUALI BAND FATE RIFERIMENTO QUALI INFLUENZE PRINCIPALI?
Paul: “I gusti all’interno della band sono quanto di più eterogeneo tu possa trovare, credimi… Andiamo dai Meshuggah a Ludovico Einaudi, passando dai Fear Factory fino a Tori Amos. Credo che questo spieghi un po’ il nostro sound…”.
Fagio: “Io ti dico solo che ho passato un fine settimana ad ascoltare Martin Garrix… eh, sì, l’ho fatto volontariamente!”.
Giulia: “Ci sono anche quei brani che ascolti involontariamente… chessò, magari mentre, scazzatissima, fai la spesa al supermercato! Sono però input che inevitabilmente emergono dopo, mentre stai componendo… ogni tanto ne esce qualcosa d’interessante”.
VENITE ANCHE DEFINITI SPESSO COME UNA REALTÀ GOTICA, UN GENERE CARATTERIZZATO PERÒ DA TESTI POETICI, STRUGGENTI E DECADENTI E UN IMMAGINE DIVERSA DALLA VOSTRA, PIÙ CONCRETA E MODERNA. VOI VI RITROVATE IN QUESTO CLICHÉ? O IL VOSTRO CONCETTO DI ‘GOTICO’ ESCE DA QUESTA DESCRIZIONE?
Paul: “Guarda, purtroppo ormai si tende a definire gothic qualsiasi band con una voce femminile pulita… Lo vedo accadere sempre più spesso, e questo è indice di una scarsa conoscenza del nostro genere. Noi non ci sentiamo gothic, assolutamente, ci sentiamo Metal. E anche i nostri testi sono assai lontani da quello standard”.
UN SINCERO APPLAUSO A TE, GIULIA, CANTANTE SICURAMENTE METAL MA DALL’APPROCCIO MOLTO PARTICOLARE, CHE NON LASCIA CERTO INDIFFERENTI. CHE TIPO DI FORMAZIONE MUSICALE HAI?
Giulia: “Ti ringrazio per l’applauso e per l’avverbio ‘sicuramente’, il che vuol dire che almeno qualcuno qui ha delle certezze! No, scherzi a parte… il metal è indubbiamente la nostra ‘casa’, il nostro habitat naturale, dunque lo è anche per me come vocalist. Tuttavia, prima di approdare al genere, ho esplorato realtà assai diverse, tutte più o meno gratificanti: dal pianobar nei bar di paese alla cover band dal genere indefinito, dal musical (una grande passione, tuttora viva) alla tribute band, all’acustico chitarra-voce dal repertorio pop… tante, insomma! Quanto allo studio della tecnica vocale, ho iniziato a sedici anni, con un’insegnante di canto lirico, e ho proseguito poi con diversi insegnanti dagli approcci e dai metodi più disparati. Da qualche tempo, alla luce di quanto appreso e sperimentato su me stessa, ho intrapreso la strada dell’insegnamento prediligendo un approccio integrato e globale, libero soprattutto da pregiudizi sui generi”.
CHI HA IN CARICO TRA DI VOI LA STESURA DEI PEZZI? COME NASCE UN BRANO ALL’INTERNO DEI RAVENSCRY?
Paul: La composizione è opera di tutti i membri del gruppo… può essere che qualcuno porti più idee, ma poi queste vengono elaborate sempre da tutta la band. La caratteristica che mi piace di più è che ognuno di noi può portare propre idee o modifiche su ogni strumento o su qualsiasi parte delle canzoni, non necessariamente limitandosi al proprio ruolo. Per esempio la parte di pianoforte di ‘Alive’ è stata scritta da Simone, che è il batterista… questo, secondo me, rende il nostro songwriting fresco, e ricco d’imprevedibilità”.
COME STATE PROMUOVENDO IL DISCO? COME AVETE INTENZIONE DI MUOVERVI NEI PROSSIMI PERIODI?
Fagio: “Stiamo puntando molto sul passaparola, non siamo attirati dai numeri facili ed effimeri, ci vogliamo costruire una solida base di persone che ci seguano veramente, e che lo facciano solo per quello che rappresentiamo per loro. Stiamo trattando con alcune band più popolari che abbiano la nostra stessa visione per poter così intraprendere un tour europeo assieme, possibilmente tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, ma al momento non posso essere più specifico”.
INCIDERE ALBUM STA COMINCIANDO A SEMBRARE UN PO’ INUTILE. E’ UNA PROVOCAZIONE, LO SO, MA È INDUBBIO CHE CON LO STATO ATTUALE LA GENTE ASSUMA LA MUSICA QUASI ESCLUSIVAMENTE TRAMITE INTERNET, E CHE ORAMAI SIANO I CONCERTI A RENDERE PIÙ DEI DISCHI…
Paul: “In qualsiasi caso non si smetterà mai di incidere album, o anche solo qualche canzone da usare come singolo. Bisogna però sapersi adattare alla richiesta di mercato. Una volta bastava fare un vinile, oggi devi saper uscire con tutti i formati esistenti per non perdere importanti fette di mercato. In più c’è da dire che la questione internet è ancora lontana dal trovare una soluzione, i dischi di fatto non vendono più perché la gente può scaricarli gratis. Vorrei aggiungere io una provocazione a questo punto… se si potessero scaricare illegalmente dei litri di benzina o del cibo, pensi forse che la gente si sentirebbe autorizzata a farlo come succede con la musica?”
Fagio: “La situazione è peraltro in continuo cambiamento. Il mercato del disco è tutt’altro che morto, ma è chiaro che il CD semplice non interessa praticamente più a nessuno. E’ scomodo e per disporre delle stesse ore di musica che può offrire uno streaming, si dovrebbe andare in giro con un tir di dischi! Cambiare l’offerta per andare incontro alla domanda è quello che stiamo cercando di fare, ecco perché spingiamo molto sul digitale, ma abbiamo in programma anche di vendere un cofanetto particolare contenente il CD con relativo Bluray delle registrazioni… e in futuro di pubblicare anche un vinile per i collezionisti”.
SIETE SULLA SCENA METAL DA QUALCHE ANNO… QUINDI POTETE RISPONDERMI A QUESTA DOMANDA. VIVENDO LA SCENA METAL E IL MUSIC BUSINESS C’È QUALCOSA CHE VI HA COLPITO, MAGARI NEGATIVAMENTE? COS’AVETE SCOPERTO CHE NON VI ASPETTAVATE RISPETTO LA VOSTRA VISIONE DELLA VITA DI MUSICISTA DI QUANDO AVETE COMINCIATO?
Paul: “Ripensando a quando ero un ragazzino ti posso dire che non avrei mai immaginato quanto tempo si passi a discutere su ogni aspetto legato al business o alla band e quanto poco invece se ne passa a suonare. D’altro canto devo anche dire che tutte le voci che avevo sentito riguardo la quantità di teste di cazzo che girano in quest’ambiente… beh, si sono rivelate esatte!”.
Fagio: “E’ vero! Ho lavorato in molti ambienti diversi, ma l’arroganza e l’assenza di professionalità che si trovano in nell’ambiente musicale sono davvero uniche. C’è però da dire che le persone valide comunque ci sono, ma si contano sulle dita di una mano. Quando però si trovano, i risultati non possono che essere grandiosi”.
PER CONTRO, DIRESTE CHE IL ROCK VI HA CAMBIATO, DOPO TUTTI QUESTI ANNI?
Paul: “Prima di conoscere la musica non sapevo nemmeno quale fosse il mio posto nel mondo. Da quando è arrivato il Metal nella mia vita, tutti i tasselli sono andati al loro posto”.
Fagio: “Assolutamente no, la musica è, per quel che mi riguarda, un metodo di comunicazione e di espressione, e tendo quindi a tenerla al riparo dalla situazione discografica, che è ben altra cosa. Questa sì che col tempo ha cambiato il mio modo di vedere le cose… e per come la penso io, però, è tutta crescita personale”.
C’È UN SOGNO NEL CASSETTO (MUSICALE) CHE AVETE? UNA BAND PARTICOLARE PER LA QUALE APRIRE… CI RENDETE PARTECIPI DI QUESTO SOGNO?
Paul: “Io il sogno l’avevo da ragazzino, ed era avere una band come i Ravenscry”.
Fagio: “Io sogno di poter scaricare il cibo gratis da internet sin da quando l’ho letto nella risposta di Paul qualche minuto fa! Nel cassetto musicale a dire il vero non ho sogni, ho solo tanta voglia di fare…”
PER CHIUDERE… DOVE VI VEDETE TRA CINQUE ANNI A QUESTA PARTE?
Fagio: “Questa si che è una gran bella domanda, probabilmente fuori dall’Italia a continuare a coltivare il nostro lavoro e la nostra passione”.