Le avversità non li hanno piegati. Li hanno soltanto resi più incazzati. I Raw Power sono in giro da trent’anni e non hanno bisogno di presentazioni, rimangono il faro della scena hardcore nostrana e continuano a sbattersi come dei dannati sui palchi di mezzo mondo, con una verve intatta e una passione sconfinata per la musica. “Tired And Furious” ha confermato la rinnovata lena del quartetto, regalando una serie di abrasivi anthem che nulla hanno da temere nel confronto con band più giovani e sulla cresta dell’onda. Nelle parole del chitarrista Tommi Prodi e del bassista Marco Massarenti potrete cogliere un’energia intatta, non affievolita a causa dei lutti e delle traversie che hanno colpito i Raw Power soprattutto negli anni più recenti.
PARTIAMO DAL TITOLO DEL DISCO. DI COSA SONO STANCHI E FURIOSI I RAW POWER?
Tommi Prodi: “La stanchezza è quella che ti porta a considerare la vita come un susseguirsi di situazioni che tendono a ripresentarsi ciclicamente e che, anche quando non hai più la carica di quando avevi 20 anni, devi comunque cercare di riaffrontare quotidianamente: chiaramente, il risultato è un senso di frustrazione che porta a diventare veramente furiosi, visto che non abbiamo alcuna voglia di deprimerci. Questa situazione è spesso una gran rottura di palle, ma l’energia che se ne può tirare fuori a volte finisce per essere addirittura positiva”.
RISPETTO AL PASSATO, AVETE PROVATO QUALCOSA DI DIVERSO IN FASE COMPOSITIVA E DI REGISTRAZIONE, O AVETE LAVORATO NELLA STESSA MANIERA DI SEMPRE?
Marco Massarenti: “Direi che forse, per la prima volta nella storia dei Raw Power, è stato fatto un accurato lavoro di pre-produzione di cui ci siamo fatti piacevolmente (e anche un po’ faticosamente) carico io e Tommi, trovandoci settimanalmente davanti a una bottiglia di rosso e un piatto di pasta ad arrangiare le bozze e farle diventare delle vere e proprie canzoni. Devo dire che questo lavoro ci ha aiutato non poco, infatti quando siamo andati in studio l’album aveva già raggiunto almeno il 70-80% di quella che sarebbe stata poi la sua forma definitiva, anche perché di idee grezze ce n’erano veramente tante e bisognava mettere ordine soprattutto nelle strutture e negli arrangiamenti. Poi Mauro, come sempre, ha sistemato testi e parti vocali adattandole al nostro lavoro. Posso dirti che, per quanto tutti ci conosciamo e lavoriamo insieme da anni, il momento in cui un pezzo dei Raw Power diventa ‘un pezzo dei Raw Power’ è quando Mauro ci butta su la sua voce. È un po’ come in cucina… Io e Tommi abbiamo preparato la zuppa, Mauro ha aggiunto l’ingrediente magico della ricetta, che la rende unica”!
FRA TUTTE LE TRACCE, MI HA COLPITO “TIME TO REMEMBER”, MOLTO LEGGERA E MELODICA, ANCHE SE NON COSÌ INUSUALE PER I VOSTRI STANDARD. DI COSA PARLA?
Tommi Prodi: “Due anni fa abbiamo subito la mazzata della perdita di Lupus (il chitarrista della band deceduto a ottobre 2012, ndR), tra l’altro esattamente mentre ricordavamo i dieci anni da quella di Giuseppe. Ci siamo accorti ancora una volta che noi siamo la nostra storia, le persone amiche, i volti che incontriamo lungo la strada e che la loro compagnia è tanto fugace quanto preziosa. Il Lupus è stato un compagno di viaggio fenomenale e la sua partenza l’abbiamo voluta salutare in questo modo. Speriamo abbia gradito”.
C’È UN PEZZO CHE RITENETE ESSERE PIÙ RAPPRESENTATIVO DEL DISCO RISPETTO AD ALTRI?
Marco Massarenti: “Visto che l’hai nominato tu, credo di poter dire ‘Time To Remember’. Non tanto nel senso strettamente musicale, ma per quello che rappresenta per noi in generale, in riferimento al particolare momento vissuto prima della realizzazione di ‘Tired And Furious’, con la perdita di Lupus e ancor prima con quella di Giuseppe. È il nostro modo di rispondere al destino e di dire loro che, anche se non ci sono più, sono sempre con noi e non saranno mai dimenticati. ‘Time To Remember’ è forse il pezzo più melodico scritto dai Raw Power e per certi versi uno di quelli più lontani dal nostro sound tradizionale e dal nostro modo di comporre. Mi rendo perfettamente conto che non è un pezzo che ti aspetti in un nostro album, ma è uscito così, ci è piaciuto e non ci siamo fatti problemi a inserirlo nel disco, soprattutto per quel che significa per noi”.
ANCHE IN QUESTO DISCO AVETE PIAZZATO ALCUNI SPLENDIDI ASSOLI, MOLTO PULITI E CHE NON STONEREBBERO NEMMENO IN UN DISCO CLASSIC METAL. E’ UN VOSTRO TRATTO DISTINTIVO, NELL’HARDCORE/PUNK GLI ASSOLI SONO SPESSO L’ULTIMA COSA DI CUI CI SI PREOCCUPA. PERCHÉ PER
VOI SONO TANTO IMPORTANTI? NEL METAL, CHI HA LA MAGGIORE SENSIBILITÀ NEL LORO UTILIZZO?
Tommi Prodi: “Non è che li ritenga così importanti ai fini della riuscita di un brano, ma certamente durante i live i solo costituiscono un momento di spettacolo ulteriore e contribuiscono alla sensazione di varietà dei pezzi. Nel metal moderno la cosa è completamente sfuggita di mano e la masturbazione strumentale è sempre più diffusa. Personalmente sono ancora molto legato agli assoli di band come Loudness, Thin Lizzy, Judas Priest”.
CREDO ABBIATE SCELTO UNA GRANDE IMMAGINE DI COPERTINA, IN LINEA CON L’IMMAGINARIO HARDCORE ANNI ’80, DI FORTE IMPATTO VISUALE E CON UNA MARCATA VENA HORROR/FUMETTISTICA. CHI È L’AUTORE DELLA COPERTINA E DELL’ARTWORK? COSA DOVREBBE RAPPRESENTARE IL DISEGNO?
Marco Massarenti: “L’autore è Joe Petagno, che credo non abbia bisogno di grosse presentazioni, visto che è l’autore del logo dei Motorhead e di tante fantastiche copertine di dischi metal e non. Sul significato, però, dovresti chiedere a lui, a noi è arrivata la bozza dalla Beer City e ci ha convinto. Soprattutto quando l’abbiamo vista colorata ci sembrava che fosse decisamente ‘furiosa’ e che potesse quindi calzare perfettamente con il titolo dell’album”.
POCO DOPO LE REGISTRAZIONI DI “TIRED AND FURIOUS” C’È STATO UN AVVICENDAMENTO ALLA BATTERIA. QUALI SONO STATE LE RAGIONI DEL CAMBIO? COME AVETE SCELTO IL NUOVO ARRIVATO GIANMARCO AGOSTI?
Marco Massarenti: “Nonostante Fabio (Ferrari, il precedente drummer, ndR) sia un eccellente batterista (al quale, ci tengo a sottolineare, va comunque la nostra riconoscenza), devo dire che soprattutto durante la fase compositiva di ‘Tired And Furious’ e negli ultimi concerti insieme ci siamo accorti che qualcosa si era rotto e che lavorare insieme stava diventando estremamente difficile. Sono cose che purtroppo accadono e non ci si può fare nulla, semplicemente ci si ritrova su lunghezze d’onda troppo diverse per poter continuare a fare musica assieme. Capitò anche a me anni fa, ma poi ci siamo ritrovati. Posso dire che per me è stata una decisione molto dolorosa, perché umanamente hai a che fare con tanti bei ricordi e vorresti che le cose andassero diversamente. Quando però ti ritrovi in sala prove o su un palco e le cose non funzionano come dovrebbero, vuol dire che bisogna prendere coscienza che occorre prendere altre strade. Detto questo, auguro a Fabio tutto il meglio possibile e sono sicuro che chiunque suonerà con lui apprezzerà il suo calore e il suo indiscusso talento. Per quanto riguarda Gianmarco, invece, posso dirti che è stato scelto dopo aver fatto vari provini in mezzo a tanti batteristi, diversi tra loro, ma estremamente capaci. È giovane ma tecnicamente molto preparato, ed è stato preso perché, oltre ad essere molto bravo e molto affidabile, alla fine era quello più distante come attitudine sonora dal suo predecessore. Gianmarco è molto più ‘metal’ come impostazione e tra tutti era forse quello che stilisticamente ci ricordava di più il drumming di Helder. Ricordo che quando ho l’ho sentito per la prima volta suonare l’attacco di ‘Police, Police’, mi sono detto: ‘Cazzo se ci siamo, il pupo sa il fatto suo!’”.
DOPO LA MORTE DI GIUSEPPE CODELUPPI, IL MOMENTO CREDO PIÙ BRUTTO DELLA CARRIERA DEI RAW POWER, SIETE RIUSCITI A TORNARE IN PISTA CON UNA ENERGIA E UNA VOGLIA DI SPACCARE IL MONDO ASSOLUTAMENTE INTATTA. QUALI SONO STATI I MOMENTI PIÙ DURI DI QUESTA RIPARTENZA? C’È STATO UN MOMENTO PARTICOLARE IN CUI AVETE CAPITO CHE ERAVATE IN GRADO DI ANDARE ANCORA AVANTI?
Tommi Prodi: “Ripartire e viaggiare senza Giuseppe, senza tutte le sue pensate ed idee, comporre nuovi pezzi senza la sua opinione… È stato molto difficile da affrontare. In realtà, non è che ci sia stato un momento specifico in cui questa ripartenza sia stata ufficializzata, si è trattato più di un processo di cambiamento per gradi e per tentativi che di una decisione presa a tavolino. Abbiamo cercato di seguire i nostri desideri, rispettando però tutta la storia precedente”.
NEI VOSTRI ALBUM ALTERNATE PEZZI MOLTO DURI, AL LIMITE DEL THRASH, E ALTRI MOLTO MELODICI, CHE ODORANO DI PRIMISSIMO PUNK INGLESE. CI SONO RAGIONI PARTICOLARI CHE VI CONDUCONO A COMPORRE IN UNA MANIERA RISPETTO AD UN’ALTRA?
Marco Massarenti: “Credo dipenda dalle nostre influenze musicali, non a caso siamo stati spesso definiti un gruppo ‘crossover’, nel senso lato del termine. Nella band c’è chi privilegia il metal e chi il punk, entrambi essenziali nel sound dei Raw Power, ma tutti tolleriamo e amiamo gli ascolti altrui, in quanto alla fine, pur con alcune diversità, il background musicale è comune. Questo si rispecchia evidentemente nel modo di comporre (nell’album i miei pezzi suonano più street punk, quelli di Tommi più metal) ma alla fine il collante di tutto è la voce di Mauro, che è e rimane il nostro marchio di fabbrica”.
SIETE SEMPRE STATI UNA DELLE BAND ITALIANE PIÙ SEGUITE E APPREZZATE NEGLI STATI UNITI. COME SONO ANDATI GLI ULTIMI CONCERTI AL DI LÀ DELL’OCEANO? CHE COSA TROVATE DI DIVERSO NEI CONCERTI NEGLI STATES, RISPETTO A QUELLI EUROPEI?
Marco Massarenti: “Oltreoceano è tutto un altro mondo. Puoi suonare in una bettola o in un locale fighissimo, ma difficilmente si scende sotto un certo livello di professionalità. Un esempio? In Italia il fonico ti chiede di abbassare il volume dell’ampli, in America di alzarlo e questa è solo una delle cose che mi provoca enorme godimento, soprattutto perché, non sai come, ma alla fine i suoni sono sempre meglio là che da noi, dove i fonici fanno gli schizzinosi. Anche i promoter sono di un altro livello: per quanto piccolo sia l’evento non è permesso inculare i musicisti perché sei fuori dal giro in un attimo, mentre da noi l’inculata è sempre dietro l’angolo e direi, addirittura, tristemente tollerata. Le band, poi, mediamente sono di un livello più alto, non si preoccupano solo di suonare bene ma curano molto anche l’aspetto scenico e ciò rende più piacevole il tutto. Oltre al fatto che fanno a gara a scarrozzare amplificatori valvolari e casse gigantesche senza fare una piega, pur di avere il proprio sound e di spaccare il culo, cosa che puntualmente fanno. Se a questo aggiungi il fatto che, se sei in gamba, il pubblico si accende in un attimo e diventa parte dello show, allora hai già capito come mai torniamo sempre volentieri negli States”.
CHI È OGGI IL FAN TIPICO DEI RAW POWER, SECONDO VOI? CI SONO DELLE SOSTANZIALI DIFFERENZE CON LA TIPOLOGIA DI PERSONE CHE VI TROVAVATE DAVANTI NEGLI ANNI ’80, RISPETTO A CHI VI SEGUE OGGI?
Tommi Prodi: “Prima di tutto, non so fino a che punto si possa parlare di fan in senso stretto, visto che molti di quelli che incontriamo in giro hanno comunque un ruolo attivo in qualche movimento locale, sia per la musica che per altre espressioni artistiche. Poi oggi il pubblico è decisamente più vario e meno settoriale che all’epoca dei nostri primi lavori, e non si fa grandi problemi se nella stessa serata suonano band metal e hc o se noi cantiamo in inglese e non in italiano, cosa che ai tempi costituiva – insieme alla presenza dei solo di chitarra – una forte discriminante nei nostri confronti”.
COME VEDETE, DA NAVIGANTI DI LUNGO CORSO QUALI SIETE, LO STATO DELLA SCENA HARDCORE/METAL ITALIANA, E QUELLA MUSICALE DEL NOSTRO PAESE IN GENERALE?
Marco Massarenti: “Che ci siano tante band valide è fuori discussione, ma il problema è sempre quello di ‘uscire’, perché in Italia pubblico, locali e media non sono sufficienti a creare quel fermento di interesse che alza il livello della scena a livello nazionale e internazionale. È un peccato, ma fin tanto che la gente preferisce gli aperitivi con dj set ai concerti temo ci sia poco da fare. Manca proprio una trasversalità culturale di abitudini che permetta anche ai profani di poter ritrovarsi ad ascoltare, e magari poi appassionare, a generi non propriamente mainstream come il nostro. C’è troppa puzza sotto il naso e si preferisce rimanere chiusi nelle proprie abitudini a compartimenti stagni, invece che per esempio uscire per andare ad ascoltare band nuove. Così, al di fuori di circuiti di nicchia, la musica sembra esistere solo nei talent show e nei concerti negli stadi di quei tre o quattro artisti che sono sempre gli stessi e che ti ritrovi continuamente nelle orecchie alla radio. È triste, ma è un dato di fatto che la musica in Italia sia considerata molto meno che in altri paesi e che la stessa qualità dell’offerta musicale sia decisamente scadente. Non è per glorificare sempre l’erba del vicino ma in America, ovunque tu sia, accendi la radio e ascolti buona musica (rock, punk, metal, country…). Dai classici alle ultime tendenze, ma principalmente tutta roba ‘suonata’ e non ‘preconfezionata’. la musica con la M maiuscola è veramente parte della vita sociale e così diventa molto più facile creare un pubblico trasversale, aperto e curioso.
Non dimenticherò mai quella volta in cui siamo capitati a cena in una serata karaoke e una ragazza di colore, ben vestita e decisamente in carne, si è alzata col suo bel culone ed è andata a cantare ‘Enter Sandman’ dei Metallica. Abbasso gli occhi sulla lista delle canzoni disponibili e vedo roba come Black Sabbath, Iron Maiden, Rancid, Led Zeppelin, Bob Dylan, Dire Straits, Deep Purple, Ramones… Praticamente avevano tutti i miei pezzi e autori preferiti! Adesso prova a immaginare come potrebbe essere la selezione musicale di una serata karaoke in Italia…”
IL VOSTRO ALBUM PIÙ ACCLAMATO È “SCREAMS FROM THE GUTTER”. COME VI SPIEGATE IL FATTO CHE SIA DIVENTATO UN CLASSICO INDISCUSSO DEL VOSTRO GENERE? COS’HA DI SPECIALE CHE LO RENDE ANCORA MOLTO ATTUALE E INTERESSANTE ANCHE PER LE NUOVE GENERAZIONI?
Marco Massarenti: “È unico perché. nonostante sia un disco punk/hardcore, contiene delle vere ‘perle’, frutto di un’alchimia magica tra i musicisti che l’hanno composto e registrato, creando delle canzoni e un sound veramente speciali. È difficile spiegarne il successo, certe ciambelle riescono col buco, altre meno. ‘Scream…’ è la nostra ciambella perfetta e anche se quando è uscito io ero appena nato, sono orgoglioso di quel disco quasi come se avessi partecipato alla registrazioni in prima persona. È parte della nostra storia e dei nostri fan, oggi ancora più impreziosito dal remastering fatto dai ragazzi della FOAD”.
RECENTEMENTE È STATA RISTAMPATA TRAMITE FOAD RECORDS BUONA PARTE DEL VOSTRO VECCHIO CATALOGO. CHE RISCONTRO AVETE AVUTO DA QUESTA OPERAZIONE? VI HA PORTATO A CONSIDERARE SOTTO UNA LUCE DIVERSA QUELLO CHE AVEVATE CREATO IN PASSATO, ARRIVANDO AD APPREZZARNE DI PIÙ ALCUNI ASPETTI O A VEDERE DIFETTI CHE AL MOMENTO DELL’USCITA NON RITENEVATE TALI?
Tommi Prodi: “La FOAD si è fatta carico di un lavoro filologicamente ineccepibile su alcuni lavori del nostro passato, che per diversi motivi avevano avuto una sorte sfortunata, risultando incompleti. Sotto diversi punti di vista. abbiamo così avuto l’occasione di riascoltare per la prima volta registrazioni che suonavano come avrebbero dovuto se i mezzi tecnici ed economici dell’epoca l’avessero consentito. Questa operazione, però, non ha cambiato ciò che pensiamo di quei dischi, perché in una prospettiva storicamente corretta sappiamo che allora si era cercato di agire per il meglio ed il risultato spesso non è dipeso dalle sole nostre forze. Detto questo, aggiungo che siamo comunque più propensi a progettare il futuro che a rimaneggiare il passato”.
QUAL È L’ASPETTO CHE VI DIVERTE DI PIÙ DELLA VITA DELLA BAND? CHE COSA, INVECE, ELIMINERESTE SENZA INDUGIO?
Marco Massarenti: “Quello che eliminerei immediatamente sono i concerti in cui ti fanno salire sul palco troppo tardi, è un’abitudine idiota e ne risente soprattutto la performance della band, oltre al fatto che conoscendoci va a finire che ci scappa sempre qualche drink di troppo e il rischio di suonare eccessivamente sbronzi è praticamente una certezza matematica. Quello che invece mi piace di più è senza dubbio andare in giro e suonare, soprattutto all’estero, incontrare facce nuove e rivedere vecchi amici, viaggiare e respirare ogni volta culture e abitudini del posto. Amo tutto di quello che può definirsi ‘vita da band’, anche il dover rinunciare a tante comodità che troppo spesso si danno per scontate. Mi piace considerarmi un turista della musica, un musicante, perché amo viaggiare e suonare, e queste sono in assoluto le mie più grandi passioni. Il concerto poi è l’apice di tutto, la prima e l’ultima nota sono quelle che chiudono il cerchio e che danno senso a ogni cosa, a ogni sbattimento passato, presente e futuro”.
C’È QUALCHE NUOVA USCITA DISCOGRAFICA CHE VI HA FATTO REALMENTE EMOZIONARE NEL CORSO DEL 2014?
Tommi Prodi: ” Probabilmente l’ultimo degli Unisonic”.
Marco Massarenti: “Sicuramente e comunque esso sia, perché non è ancora uscito (l’intervista è stata fatta a fine ottobre, ndR), “The Endless River” dei Pink Floyd”.