Dall’uscita dell’album di debutto del progetto Refuge, intitolato “Solitary Men”, si è fatto un gran parlare di quella che per alcuni estimatori rappresenta una sorta di ritorno in grande stile per una delle formazioni più apprezzate della carriera dei Rage, i quali invece oggi sono ancora freschi dopo l’ennesimo rinnovamento della line-up e della formula musicale, con due nuovi lavori all’attivo piuttosto apprezzati da critica e pubblico. A prescindere dalle opinioni personali, la mente al centro di entrambe le realtà è naturalmente il buon Peter ‘Peavy’ Wagner, giunto ormai al trentacinquesimo anniversario dal suo ingresso nella scena metal mondiale, ed è proprio con lui che abbiamo avuto modo di intrattenere una piacevole chiacchierata in merito a tutto ciò che sta bollendo nel suo personale calderone fatto di ritorni alle origini, ma anche proseguimenti con gli occhi puntati verso il futuro. Inoltre, con il doppio show in programma per il Metalitalia.com Festival di quest’anno, in cui il massiccio frontman si esibirà con entrambe le formazioni sopracitate, l’occasione non poteva essere più ghiotta. Buona lettura!
CIAO PEAVY, INIZIAMO NATURALMENTE PARLANDO DEL PROGETTO REFUGE, CHE ULTIMAMENTE HA FATTO DISCUTERE MOLTISSIMI ESTIMATORI IN TUTTO IL MONDO: COM’E’ TI SENTIRESTI DI RACCONTARE LE ORIGINI DI QUESTA ‘NUOVA’ CREATURA?
– Ho cominciato a maturare l’idea di rimettere su una delle formazioni più iconiche dei Rage nel 2014, al compimento del mio cinquantesimo anno di età, che come potrete immaginare può rappresentare spesso anche un momento di riflessione su tutto ciò che è stata la mia vita e la mia carriera sin dagli esordi, con una particolare attenzione rivolta ad alcuni momenti negativi che hanno portato anche alla rottura di amicizie che duravano ormai da tantissimi anni. Nel 1999, come penso ricorderete, avvenne la rottura definitiva con Chris Efthimiadis e lo stravolgimento della carriera dei Rage, e purtroppo da quel momento io e molte persone che, comunque, hanno avuto un’importanza non indifferente nella mia vita, abbiamo perso completamente i contatti; e così, quindici anni dopo, ho pensato che valesse la pena fare un tentativo per riallacciare i rapporti, andato fortunatamente a buon fine, dopo il quale abbiamo pensato di coinvolgere anche Manni Schmidt per provare, in memoria dei vecchi tempi, a rieseguire alcune nostre vecchie tracce dal vivo in un piccolo festival che si sarebbe tenuto da lì a poco. Abbiamo notato di avere ancora una notevole intesa musicale e poco dopo, anche grazie a un giornalista di Rock Hard che ha ben pensato di diffondere alcuni video e informazioni dallo show in questione, le richieste da tutto il mondo per poter assistere a un’esibizione della rediviva formazione si sono fatte sempre più insistenti, e perciò abbiamo deciso di dare il via a questo side-project dandogli il nome “Refuge” in memoria della nostra famosa canzone. Inizialmente doveva essere solo per divertimento e senza dedicarsi alla produzione di brani inediti, ma col tempo abbiamo deciso di cambiare idea, soprattutto dopo aver ricevuto numerose offerte da alcune label più o meno importanti che evidentemente hanno creduto sin dall’inizio nel progetto, tra cui l’italiana Frontiers Records con la quale successivamente abbiamo firmato un contratto per la produzione del nuovo album, ora finalmente disponibile.
COM’E’ AVVENUTA LA SCELTA DI FIRMARE PER FRONTIERS RECORDS, RISPETTO ALLE CERTAMENTE NUMEROSE ALTERNATIVE?
– Bella domanda in effetti! Partiamo dal presupposto che per dedicarsi alla produzione di un nuovo album è necessario investire davvero molto tempo, soprattutto quando giunge il momento di chiudersi in studio, e tutti e tre siamo persone piuttosto impegnate, che quindi difficilmente avrebbero potuto gestire i ritmi richiesti dalla stragrande maggioranza delle label interessate. Frontiers Records si è dimostrata sin da subito molto insistente e determinata, arrivando persino a farci una proposta che non abbiamo potuto in alcun modo rifiutare: in breve, ci hanno dato la totale libertà in termini di tempistiche per lo sviluppo dell’album, eliminando quindi totalmente il fattore fretta e permettendoci di applicarci rispettando i nostri impegni e le nostre esigenze personali. Perciò, con una situazione così rilassata e favorevole, è stato inevitabile per noi cogliere l’occasione per metterci al lavoro con tutta la calma necessaria, e i risultati penso siano più che tangibili.
PARLANDO DEL SONGWRITING DEL NUOVO LAVORO: QUALE RITIENI CHE FOSSE IL VOSTRO OBIETTIVO PER DARE UNA SOLIDA IDENTITA’ ALL’ALBUM?
– Sicuramente, considerando anche la direzione intrapresa dalla nuova incarnazione dei Rage, la priorità era quella di non proporre un semplice disco clone, ma qualcosa che si distanziasse adeguatamente in modo da avere delle caratteristiche precise e identificabili. Tenendo conto del diciamo ‘illustre’ passato di questa formazione, abbiamo deciso di orientarci verso un songwriting e un sound dalle tinte più vintage che fosse almeno in parte in grado di rievocare quello che era il vecchio stile dei Rage, dando così una determinata impronta anche ai singoli strumenti in modo da rendere il tutto più old-school, pur senza dimenticarci che si tratta comunque di una produzione moderna, ovviamente.
AVETE DEI PIANI PER LA PROMOZIONE DELL’ALBUM IN SEDE LIVE?
– Sì, abbiamo già in programma delle esibizioni in alcuni festival più o meno importanti, tra cui ad esempio il vostro Metalitalia.com Festival in Italia verso settembre. Purtroppo non è semplice in questo specifico caso programmare un tour effettivo, tenendo conto comunque delle rispettive vite e delle priorità di ognuno di noi, ma certamente c’è moltissima voglia di proporre dal vivo i nuovi pezzi e cercheremo di sfruttare ogni possibile opportunità.
QUALI SONO LE TUE ASPETTATIVE PER IL PARTICOLARE DOPPIO SHOW IN PROGRAMMA TRA QUALCHE MESE AL METALITALIA.COM FESTIVAL?
– Trovo che sia un’idea molto accattivante e potenzialmente vincente, anche considerando che comunque siamo tutti amici, oltre che musicisti più che preparati, ora come ora; quindi insieme possiamo davvero proporre qualcosa di speciale e unico, in grado di esaltare tutti gli estimatori che decideranno di presenziare all’evento. Inoltre, per me personalmente tutto ciò è davvero molto interessante, anche perché non capita tutti i giorni di poter tenere uno spettacolo di questo tipo.
CAMBIANDO ARGOMENTO: COSA POSSIAMO ASPETTARCI INVECE DAI RAGE DOPO L’ALBUM “SEASONS OF THE BLACK”?
– Allora, al momento come potete intuire ci siamo presi una piccola pausa in modo da dare a me la possibilità di dedicarmi anima e corpo ai Refuge, ma verso fine anno abbiamo già in programma di tornare a dedicarci alla scrittura di nuovo materiale da proporre successivamente in un nuovo album; inoltre, dobbiamo concordare delle date in alcuni festival per l’anno prossimo. La nuova direzione intrapresa coi Rage sta ottenendo ottimi consensi, quindi sicuramente c’è tutta l’intenzione di proseguire su quella strada.
A TAL PROPOSITO: CONSIDERANDO I NUMEROSI CAMBI DI LINE-UP AVVENUTI NEGLI ANNI ALL’INTERNO DELLA FORMAZIONE, DOPO QUASI QUATTRO ANNI E CON DUE NUOVI ALBUM ALL’ATTIVO, COME DESCRIVERESTI IL FEELING E LA COESIONE COI DUE GIOVANI INGRESSI RECENTI?
– Naturalmente la mia speranza è che si tratti della formazione finale dei Rage (risate, ndr), anche perché, come ho detto poco fa, questa nuova incarnazione della band sta portando davvero grandi soddisfazioni, quasi inaspettate oserei dire per certi versi. I ragazzi hanno davvero molto talento e, anche a livello personale, c’è davvero una bella intesa per via della discretamente longeva amicizia con Marcos e Vassilios, i quali hanno dato davvero un notevole contributo allo sviluppo della formula presente all’interno degli album usciti di recente, grazie alle loro influenze personali e al loro stile esecutivo decisamente in linea con quelle che erano le intenzioni principali.
ESSENDO TU SULLE SCENE DA ORMAI TRENTACINQUE ANNI, CHE OSSERVAZIONI TI SENTIRESTI DI FARE SUI NUMEROSI CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL METAL CHE HAI POTUTO NOTARE IN UN COSI’ LUNGO PERIODO?
– Come in tutte le cose, i cambiamenti possono essere positivi così come negativi: se da una parte la fruizione musicale è diventata più semplice e anche la possibilità di diffondere la propria arte, dall’altra è diventato sempre più difficile riuscire a vivere di musica per via di un mercato che negli anni ha assunto numerosi connotazioni precedentemente non identificabili, non solo dal punto di vista del music business, ma anche per via di questo bisogno spasmodico di complicarsi la vita applicando delle etichette non sempre necessarie, il che in alcuni casi ha generato una divisione tra i fan della musica heavy metal. Ai miei tempi il suddetto termine si poteva applicare davvero per moltissime band diverse, e gli estimatori erano molto meno propensi a suddividere ogni proposta in base anche alla più piccola differenza stilistica, invece adesso è sempre più frequente notare come molti tendano un po’ a limitare i loro ascolti in base alla nomenclatura affibbiata all’artista in questione, il che a parer mio non ha particolarmente giovato a una scena che comunque rimane di nicchia.
INVECE PARLANDO DELLE GIOVANI BAND, QUAL’E’ PER TE L’ERRORE PEGGIORE CHE TENDONO A COMMETTERE OGGI?
– Non è facile rispondere a questa domanda così su due piedi, ma posso dire che una delle problematiche più diffuse tra le realtà recenti è, secondo me, quella sorta di fissazione che molte tendono ad avere per assomigliare a tutti i costi a qualcosa di già venuto prima, non solo per quanto riguarda lo stile e il songwriting, ma anche la produzione in molti casi. Trovo che l’originalità ormai sia un obiettivo difficile da perseguire senza ombra di dubbio, ma è evidente che molte band nemmeno ci provano a trovare una propria identità, preferendo seguire un sentiero già tracciato in modo da compiacere una determinata nicchia di ascoltatori. Non mi è dato sapere quale sarà il futuro dell’heavy metal, ma mi auguro che ci sia un ricambio generazionale in grado di sorprendere, e non solo imitare chi ha già lasciato un segno nella storia di questa musica.