RHAPSODY REUNION – Luca Turilli racconta il Farewell Tour

Pubblicato il 14/02/2018 da

Il successo della cosiddetta Rhapsody reunion e del suo “Farewell Tour” prosegue in maniera eclatante e Turilli e compagni sono pronti ad iniziare una nuova serie di date un po’ in tutta Europa, a cominciare dall’Italia. Abbiamo sentito proprio Luca, con il quale abbiamo anzitutto fatto una chiacchierata relativa a questo tour e a quello che ci potremo aspettare da questi nuovi show. Ci siamo poi spostati tra futuro e passato, chiedendo anticipazioni su quelli che saranno i suoi prossimi progetti e su come affronterà il dopo Rhapsody, inaugurando di fatto una nuova fase della sua carriera. D’altro canto, abbiamo ripercorso insieme a lui anche i momenti salienti che ha vissuto con la band, toccando così diversi aspetti legati alla storia dei Rhapsody Of Fire, tra ricordi e considerazioni personali.

SO CHE SIETE REDUCI DA UN TRIONFALE TOUR IN SUD AMERICA, CON DIVERSE DATE SOLD-OUT: COM’È ANDATA?
– È stato fantastico perché è molto raro che una band vada per due volte in un arco di tempo così stretto, praticamente dopo il successo della prima leg di Aprile-Maggio scorso, è stato veramente doveroso ritornare perché erano tantissimi i fan che erano rimasti a bocca asciutta, nel senso che non avevano avuto l’opportunità di presenziare ad un nostro concerto e allora è stato normale ritornare dopo poco tempo e non ci aspettavamo una tale accoglienza, per cui sì, siamo tornati una seconda volta, veramente fantastico.

COM’È STATO RITROVARE FABIO E ALEX AGLI INIZI DI QUESTO TOUR, DOPO QUALCHE ANNO CHE NON LAVORAVATE PIÙ INSIEME?
– È stato fantastico, perché erano tantissimi anni appunto, a parte qualche mail, che non avevo contatti con Fabio e con Alex, sai com’è, quando lavori, sempre tra casa e studio, ecc., alla fine non trovi mai neanche tempo per sentirti con i vecchi amici e in questo caso sono stati i manager a contattarci, così hanno lavorato perché questa reunion avvenisse. Quando ci siamo sentiti all’inizio io ero titubante, però quando ho pensato che alla fine il 2017 corrispondeva al ventennale, allora ho detto: “Ma sì, perché no?”, e allora ci siamo messi d’accordo con Fabio, ho chiamato e subito anche lui eccitatissimo, mi ha detto: “Creiamo un evento speciale per celebrare il ventennale”, per cui abbiamo deciso di non fare solo una reunion, ma di aggiungere il concept del “Farewell Tour”, del tour d’addio, in modo da rendere il tutto un evento ancora più imperdibile e l’idea sembra funzionare perché veramente ha aderito tantissima gente. All’inizio dovevamo suonare solo per qualche show, fare dei festival, invece alla fine ci ritroviamo dopo un anno e mezzo ancora on the road, con la Rhapsody reunion.

A PROPOSITO DI QUESTA ‘NOMENCLATURA’: MOLTI CRITICANO IL FATTO CHE SI PARLI DI RHAPSODY REUNION QUANDO POI DIVERSI MEMBRI ORIGINARI DELLA BAND NON NE FANNO PARTE E SOPRATTUTTO NON C’È STAROPOLI: COSA RISPONDI A QUESTE CRITICHE?
– Sinceramente, siccome per me i social non esistono, nel senso che io non ho né Facebook, né Instagram, né Twitter, io proprio nei social non esisto, non so di queste critiche. Adesso che me lo dici tu, posso solo sorridere, perché in realtà è stata una cosa già pianificata in anticipo, nel senso che i membri dei Luca Turilli’s Rhapsody, cioè Patrice, Dominique ed io dovevamo incontrarci con Fabio ed Alex che avevano da poco lasciato i Rhapsody of Fire e il concetto della reunion si basava sull’incontro tra questi membri. Qualche giornalista mi ha chiesto come mai non avessimo coinvolto Daniele Carbonera, il vecchio batterista originale, io rispondo sempre che Daniele si sta godendo la vita in quel di Miami, ha fatto una vita migliore della nostra (risate, ndR), per cui ha fatto benissimo a lasciare i Rhapsody. No, son cose non fattibili tecnicamente, per cui è stato normale per noi magari coinvolgere i membri che hanno presenziato di più nell’arco del ventennale, che sono appunto Alex, Dominique, io, e Fabio. Per Alex Staropoli, devi chiedere a lui: noi gliel’abbiamo proposto mille volte, però lui non se l’è mai sentita di far parte di questa band. Da quello che ho capito, perché aveva lasciato un messaggio su Facebook un annetto fa, quando questa reunion era nella fase iniziale, diceva che voleva concentrarsi sui suoi Rhapsody Of Fire e questo è assolutamente rispettabile.

AVETE PREVENTIVATO BEN QUATTRO NUOVE DATE IN ITALIA PER QUESTO TOUR D’ADDIO: COSA POSSONO ASPETTARSI I FAN ITALIANI IN QUESTI CONCERTI? CI SARANNO NOVITÀ PARTICOLARI RISPETTO AI VOSTRI ULTIMI SHOW?
– Beh, qualche titolo diverso, ovviamente. In realtà le hit che la gente vuole sentire sono sempre quelle e l’incredibile è che la canzone più nuova di questa setlist risale al 2001. È una cosa particolare anche per noi suonare questi pezzi, ma son quelli che la gente quando li suoni balla, poga e quant’altro, nel senso che sono proprio quelli che la gente vuole sentire. È per noi una sorta di ‘best of’, comunque ci sarà qualche titolo diverso rispetto al festival in cui abbiamo suonato con gli Epica qualche mese fa a Milano. Poi puoi immaginare quanto sia emozionante per me perché sono gli ultimi show quasi in ambito metal, per cui non è solo l’addio ai Rhapsody ma qualcosa di più per me dopo venti anni che mi do da fare in questo genere. È una cosa molto particolare che ho sentito e quest’atmosfera si respira anche durante tutti gli show, ecco perché stiamo continuando da un anno e mezzo a suonare, c’è molta richiesta. Immagino che sia qualcosa di unico, anche perché i fan possono vedere per le ultime volte me e Fabio insieme suonare i vecchi pezzi mitici dei Rhapsody.

PENSI CHE IL TOUR SI ESAURIRÀ DEFINIVAMENTE A MARZO O POTREBBE ESSERCI ANCORA QUALCHE DATA?
– Non lo so assolutamente perché ci sono degli accordi legali, potrebbe succedere tutto e il contrario di tutto. In ogni caso, io nel 2020 sono impegnato in altre cose, nuovi contratti, nuovi progetti musicali, per cui ad un certo punto tutto deve finire necessariamente, poi ci sono anche degli accordi legali con Alex per via del nome, per cui bisogna decidere, accordarsi e vedere: può darsi che siano gli ultimi show, come potrebbe esserci una minima appendice per qualche mese visto che io sono ancora libero nel 2019, però è qualcosa che ora non so, perché magari adesso si decide che dopo l’ultimo show in Spagna potrebbe finire tutto veramente lì in quel momento.

RIGUARDO QUESTI NUOVI PROGETTI, PUOI DARCI QUALCHE PICCOLA ANTICIPAZIONE?
– Sono cose al di fuori del metal, però in generale un progetto potrebbe essere abbastanza appetibile per i vecchi fan nostri nel senso che con Fabio abbiamo l’idea di mettere su una band symphonic rock, in stile Queen: per me la voce di Fabio è qualcosa di incredibile, ho sempre pensato che lui possa dare molto di più delle cose fantastiche che ha già dato sino ad oggi. Io lo vedo come il Freddie Mercury della situazione, penso che in futuro sarebbe possibile proporre a qualche casa discografica importante una situazione musicale del genere, ci stiamo pensando, sarebbe il nostro sogno. Poi per altri progetti sono cose symphonic pop, symphonic rock… Sai, attualmente adoro per esempio i Muse come band, cantanti come Adele, Sia, che veramente mi toccano il cuore, l’anima, per cui cose anche in quelle direzioni là.

QUINDI CONFERMI DI ACCANTONARE DEFINITIVAMENTE PER IL FUTURO LA POSSIBILITÀ DI RIPROPORRE CANZONI DEI RHAPSODY, SARÀ UN CAPITOLO CHIUSO?
– Sì, questo era stato dichiarato al momento della presentazione della reunion, tanti non ci hanno creduto ma è la verità (risate, ndR).

PIÙ CHE ALTRO SEMBRA UNA SCELTA UN PO’ DRASTICA, NEL SENSO CHE MAGARI IL FATTO DI INTRAPRENDERE ALTRI PROGETTI NON DOVREBBE PRECLUDERE NECESSARIAMENTE IN LINEA DI PRINCIPIO LA POSSIBILITÀ DI PROPORRE DAL VIVO ANCHE BRANI PIÙ DATATI.
– No, ma sai, adesso è un fatto veramente particolare quello di proporre canzoni che vanno dal 1997 al 2001, pensa che io ho quarantacinque anni e adesso è una cosa fantastica per me poter suonare quelle vecchie canzoni e avere un riscontro simile da parte dei fan: addirittura vedere gente giovane che gode di questa musica, per me questo è il risultato più incredibile e di questo sono rimasto sorpreso, però c’è sempre una fine. Quando vedo quelle band che a settanta anni si ritrovano a suonare in qualche festival i pezzi di quando ne avevano venti, quando avevano iniziato, so che non è per me (risate, ndR), per cui mi piace lasciare nel momento del massimo clamore e preferisco lasciare così che portare una cosa avanti e farla morire naturalmente. Preferisco lasciare in un ottimo momento e dedicarmi poi ad altre cose, anche perché la vita passa talmente veloce e io sono compositore più che musicista live, mi sono sempre sentito un po’ forzato a livello live, nel senso che non è il mio ambiente, a parte il godimento nell’incontrare i fan e riproporre la musica che componi in studio sul palco, io sono nato più come compositore e come tale immagino la mia seconda parte di vita per altri progetti, altre cose. È come un cerchio, alla fine, non riuscirei ad impostare tutta la vita solo su una cosa, perché poi arrivi addirittura dopo tanti anni a detestare le stesse canzoni. Io non voglio questo, perché adesso godiamo ancora tantissimo a suonare i vecchi pezzi mitici dei Rhapsody che ci hanno portato tanto successo, però alla fine arriva il momento giusto, quando devi dire stop.

PENSANDO A QUESTI VENT’ANNI CHE SONO TRASCORSI, QUALI SONO STATI ALCUNI DEI MOMENTI DELLA TUA CARRIERA CON I RHAPSODY CHE PER TE SONO STATI I PIÙ SIGNIFICATIVI E DI CUI CONSERVERAI SEMPRE LA MEMORIA?
– Beh, tantissimi, ci sono stati momenti positivi, fantastici e momenti negativissimi, com’è tipico della carriera di una band. Diciamo che i momenti più incredibili sono stati l’incontro con Mr. Christopher Lee, quello ci ha proprio segnato l’esistenza: mi ricordo ancora quando io e il mio ex collega Alex Staropoli ci siamo recati a Londra, proprio timidissimi e con la pelle d’oca al suo apparire quando è arrivato Mr. Lee di fronte a noi, alla fine lui a rotto il ghiaccio e dopo mezz’ora eravamo tipo come fossimo in famiglia (risate, ndR) e ci ha raccontato tutti gli aneddoti, i segreti dietro le quinte dei vari film, per cui è diventato veramente come un nostro zio e diciamo quello è stato il momento più incredibile. Ci metterei anche altri due momenti: il primo sempre riferito ai Rhapsody, ovvero il primo contratto con Limb, che ci ha scoperti grazie al nostro primo demo. Quello è stato un momento eccitantissimo, puoi immaginare; poi una volta non c’era internet, c’erano i fax e allora aspettavi che uscisse questa pagina con la risposta e il giudizio sul nostro demo. È stato un momento specialissimo anche quello relativo all’ultimo album come Luca Turilli’s Rhapsody, quello è stato il terzo momento più importante, quando la Dolby e la Yamaha hanno scelto la mia musica per promuovere la nuova tecnologia del Dolby Atmos in tutti i cinema del mondo e anche grazie a questo adesso posso fare dei progetti musicali che prima mi sarei sognato, perché ho cominciato ad avere contatti con persone importanti e ti si aprono così tante opportunità, per cui l’album “Prometheus” per me è stato importantissimo.

QUALI SONO GLI ALBUM DEI RHAPSODY OF FIRE CHE PREFERISCI O CHE COMUNQUE A CUI SEI PIÙ AFFEZIONATO E CHE METTERESTI SU UN IPOTETICO PODIO?
– Ho un amore particolare per “The Frozen Tears Of Angels” tra gli ultimi, mentre andando in là con gli anni direi “Power Of The Dragonflame” o ancora di più “Symphony Of The Enchanted Land”: sai, erano tantissimi anni che non l’ascoltavo ma adesso per preparare la setlist degli ultimi concerti veramente me lo sono goduto e devo dire che la qualità di quell’album è notevole e questo grazie al fatto che io ed Alex Staropoli abbiamo investito da subito tantissimi soldi personali oltre al budget originario previsto per ogni album al fine di uscire dallo studio ogni volta con il massimo della soddisfazione artistica. Diciamo che io alla fine in venti anni con i Rhapsody non ci ho guadagnato niente, né io né Alex, è stato più che altro un investimento personale ed artistico per arrivare alla qualità tipica degli album dei Rhapsody. Siamo contenti di aver fatto godere tantissimi fan, ma che piaccia o meno la musica, la qualità del suono è abbastanza notevole proprio grazie a questi investimenti. Sai, ogni band ha il primo album e di solito se ne vergogna un po’, lo definisce un demo, invece noi ascoltando “Legendary Tales” siamo veramente orgogliosi perché già il primo album del ’97 suonava molto bene grazie ad un investimento importante che di solito una band agli esordi non ha possibilità di effettuare.

GUARDANDO OGGI IN RETROSPETTIVA, QUAL SONO STATI A TUO AVVISO I CONTRIBUTI PIÙ IMPORTANTI CHE HANNO DATO I RHAPSODY ALLA SCENA METAL E ALLE TANTE BAND CHE SI SONO ISPIRATE A VOI NEL CORSO DEGLI ANNI?
– Guarda, mi ricordo come in quella fase – anche gli Hammerfall sono venuti fuori contemporaneamente nel ’97 – era un momento di crisi, c’erano solo gli Angra che rappresentavano la corrente definita power metal o come la vuoi chiamare, io non ho mai capito che genere suonavamo, ma va bene. C’erano state band rappresentanti di quella corrente di successo, però erano passati molti anni in cui non c’erano molte band che suonavano quello stile; dopo siamo arrivati noi e c’è stato un boom incredibile: nei quattro-cinque anni successivi c’è stata un’esplosione di band. Sai, non c’era ancora internet però c’era questa creatività legata a quel genere e sono venute fuori tantissime band, c’è stato un boom e le stesse band vendevano molto di più grazie al successo dei Rhapsody, me lo ricordo. Dopo c’è stato però il fenomeno internet e quello ha arrecato danno soprattutto ad una band come i Rhapsody: nella metà 2006-2007 sono iniziati i problemi perché dovendo investire tantissimo noi, anche soldi personali, alla fine il download illegale non ci ha portato tanti vantaggi, nel senso che non eravamo una band agli esordi che doveva essere conosciuta e che doveva sfruttare il fenomeno Youtube, ecc., per farsi conoscere. Alla fine il problema era proprio che i download illegali ci hanno lentamente ma inesorabilmente danneggiati fino ai tempi recenti, quando fare un album Rhapsody non è più quasi possibile dal punto di vista economico perché non è un album basato su una band normale, tipo quattro musicisti, perché ci sono tutte le orchestrazioni, ci sono tantissimi mesi di lavoro in studio, per cui diciamo che il fenomeno internet l’abbiamo sentito molto e ci ha arrecato molto danno.

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