Quella intrapresa dai Rise Above Dead è una strada importante. Dopo l’EP “Human Disintegration”, ferale e concreto a livello di impatto sonoro, la band milanese ha saputo deliziarci e stupirci con la pubblicazione di “Stellar Filth”, vero e proprio debutto discografico e primo grande tassello di una maturazione artistica più introspettiva che, speriamo, nel corso degli anni saprà sorprenderci non poco. Forte solo della propria passione e dell’entusiasmo che lo smuove, il quintetto ha saputo mettersi in gioco con una formula abusata ma convincente, una scelta azzeccata e parecchio appagante se teniamo in considerazione il risultato finale ottenuto, un disco che racchiude egregiamente i più svariati modi di interpretare il tanto generalizzato post metal, dalla lezione impartita dai Mastodon fino alle divagazioni atmosferiche dei vari Cult Of Luna e Fall Of Efrafa. Facile essersi già imbattuti in questa realtà durante diverse date di supporto a formazioni più o meno note, un’iniezione di fiducia per una band ancora in fase di “lavori in corso” ma ambiziosa e affamata come poche altre in circolazione sul suolo italico. Metalitalia.com è quindi lieta di dare il benvenuto a questi ragazzi, offrendovi l’opportunità di conoscere meglio il loro mondo, introdotto per l’occasione dalle esaurienti risposte dei due chitarristi, Matteo e Stefano…
SEBBENE SIATE AL VOSTRO DEBUTTO, I RISE ABOVE DEAD SONO UNA FORMAZIONE PIUTTOSTO CONOSCIUTA SUL SUOLO ITALICO, MERITO DELLE VOSTRE INNUMEREVOLI DATE DI SUPPORTO A ILLUSTRI COLLEGHI INTERNAZIONALI. VI ANDREBBE DI SVELARE ALCUNI RETROSCENA DELLA VOSTRA FORMAZIONE E DEI VOSTRI PRIMI PASSI?
Matteo: “Ci siamo formati agli inizi del 2009, quando io e Stefano abbiamo iniziato a provare le prime idee in sala prove. Diego (basso) e Andrea (Voce) si sono uniti subito dopo. Se escludiamo un paio di cambi di batterista, la formazione non ha poi subito altri cambiamenti. Questa cosa ci ha sicuramente permesso di instaurare un feeling particolare tra di noi, sia a livello musicale che umano”.
“STELLAR FILTH” È APPUNTO IL VOSTRO PRIMO ALBUM: UNA NETTA MATURAZIONE RISPETTO ALL’EP “HUMAN DISINTEGRATION”, CON L’AGGIUNTA DI MOLTI PIU’ DETTAGLI E UN GUSTO MELODICO CHE NON HA PAURA DI VENIRE A GALLA…
Matteo: “In effetti, mentre scrivevamo i pezzi di ‘Stellar Filth’ abbiamo introdotto qualcosa di più introspettivo, di meno diretto rispetto al precedente EP. Sono passati più di due anni, siamo riusciti a trovare una nuova forma di scrittura, cercando di dare spazio anche a parti più dilatate, che personalmente preferisco chiamare ‘malinconiche’ piuttosto che ‘melodiche’. In passato l’hardcore e il crust ci hanno segnato molto, tutt’ora siamo ascoltatori attenti di quelle sonorità, come ‘musicisti’ ci sentiamo di aver intrapreso una strada più difficile, ma anche più stimolante, certi di non seguire un trend ma solo il nostro cuore e la nostra passione”.
COME SONO NATI I VOSTRI BRANI? C’È STATO UN MOMENTO PARTICOLARE IN CUI VI SENTIVATE PRONTI PER STENDERE UN VERO E PROPRIO ALBUM DI INEDITI?
Matteo: “Dopo la pubblicazione nel giugno 2010 dell’EP che ci ha anche permesso di suonare abbastanza dal vivo non ci siamo mai fermati, le prove sono state costanti e le idee da subito molto chiare. Con il cambio di batterista nell’estate dell’anno scorso abbiamo trovato l’elemento mancante per rielaborare le bozze scritte fino a quel momento, e poi il tutto è nato abbastanza naturalmente. L’obiettivo era quello di creare un disco che rappresentasse la nostra evoluzione. Ci abbiamo messo circa un anno a concepirlo, utilizzando gli ultimi giorni prima di entrare in studio per ritoccare alcuni passaggi e scrivere ‘End Of A Kingdom’ lasciata volutamente strumentale”.
I SOLITI ETICHETTAMENTI PER IL VOSTRO GENERE SONO QUANTOMENO SUPERFLUI: VI CHIEDIAMO, PIU’ NEL DETTAGLIO, QUAL E’ L’ANIMA STILISTICA DELLA VOSTRA PROPOSTA E QUALI SONO STATI I PRINCIPALI SPUNTI PER QUESTO VOSTRO NUOVO PERCORSO…
Stefano: “Quasi tutte le idee e i riff nascono quando sono a casa, a volte anche mentre suono la chitarra acustica. Credo che nell’album siano presenti almeno tre o quattro brani concepiti interamente così. In generale, i miei gusti come ascoltatore possono risultare completamente estranei rispetto a quello che suoniamo, ma ti garantisco che molti passaggi nascono proprio grazie a questo approccio ‘contaminato’ da altri generi musicali come il blues o il classic rock degli anni ‘70”.
Matteo: “Non so se sia corretto parlare di anima stilistica vera e propria, facciamo sicuramente quello che ci viene naturale in sala prove. Una cosa che posso confidarti è che tutti e cinque ascoltiamo generi diversi e spesso troviamo delle divergenze musicali tra di noi, ma forse è un bene aver dei gusti diversi e non focalizzarsi solo sulle band alla quali stilisticamente assomigliamo”.
IL VOSTRO MODO DI CONCEPIRE LA MUSICA E’ MUTATO RISPETTO ALLE PRIME ESPERIENZE COME BAND?
Matteo: “Le prime esperienze ci hanno unito e ci hanno permesso di far venire a galla in nostri difetti ed i nostri pregi, da quello siamo partiti cercando qualcosa di più intimo, di non pensare ‘ok, facciamo qualcosa che colpisca il pubblico e che sicuramente piace alla gente’. Le mode passano, come gli anni per tutti noi, quindi cerchiamo di rimanere coerenti e di scrivere semplicemente della buona musica (almeno per le nostre orecchie)”.
Stefano: “Inoltre, a differenza delle altre esperienze che ho avuto con le mie band precedenti, questo progetto non solo mi ha fornito un costante stimolo per sviluppare le mie capacità tecniche, ma anche un grande aiuto per trovare la mia vera identità come musicista”.
QUALI SONO I TEMI CHE SIETE SOLITI TRATTARE? CHI SONO I PRINCIPALI ARTEFICI DEI BRANI TARGATI RISE ABOVE DEAD?
Matteo: “Sicuramente, gran parte dei riff sono nati da Stefano, ho aggiunto poi io qualcosa a livello di idee o come secondi arrangiamenti. La sezione ritmica ha avuto comunque grande libertà in sala prove, ogni passaggio, stacco o assolo è stato rodato maniacalmente, in modo da poter sentire tutti assieme il groove finale e trovare un coinvolgimento totale. Anche le jam session, soprattutto per i pezzi più prolissi, si sono rivelate fondamentali per dare ai brani la giusta naturalezza nella loro evoluzione e guidarli nella giusta direzione”.
Stefano: “A livello lirico, l’intero album ‘Stellar Filth’ descrive la realizzazione del fallimento della nostra specie nei confronti dell’universo che ci circonda. E’ un collage fatto di corruzioni politiche che mandano il mondo verso un punto di non ritorno, degrado culturale portato avanti dai media, egoismo collettivo, consumismo compulsivo, falsi miti e grandi illusioni. Pura spazzatura”.
SONORITA’ PESANTI, CON LUNGHI MOMENTI STRUMENTALI E CONTORNI SPESSO DEFINITI DA PASSAGGI ATMOSFERICI O DIVAGAZIONI NOISE: SEMBRA ESSERE QUESTA LA FORMULA TANTO IN VOGA NEGLI ULTIMI ANNI. PENSATE CHE VI SIANO DEI MOTIVI PARTICOLARE DIETRO QUESTA ESPLOSIONE?
Matteo: “Motivi particolari non ne vedo, questo tipo di musica non è certo nata ieri ma si è evoluta attraverso i gruppi e le etichette che continuano a supportare queste sonorità. Sicuramente negli anni ci sono stati cambiamenti anche tra le nuove generazioni, è passato un po’ il fenomeno screamo, il successivo metalcore e derivati. Ora sembra andare moltissimo l’elettronica e il rap, poi, in conclusione, oramai troppi scaricano e pochi sanno realmente apprezzare qualcosa indipendentemente dal genere musicale. Noi siamo una nicchia. Lo sludge, il postmetal, o come lo vuoi chiamare, non saranno mai generi in grado di attirare grandi major e grandi folle di pubblico, ma a noi va benissimo così”.
COLLEGANDOCI ALLA DOMANDA PRECEDENTE, IN ITALIA IL MOVIMENTO SEMBRA CONSOLIDARSI SEMPRE DI PIU’, CON I LAVORI DI TANTE VALIDISSIME GIOVANI BAND COME VOI. VI SENTITE PARTE DI QUESTA ONDATA? PENSATE CHE IL NOSTRO PAESE POSSA ANCORA DIRE QUALCOSA DI INTERESSANTE IN AMBITO MUSICALE?
Matteo: “Speriamo innanzitutto di poter dire la nostra in questo genere. Certamente il nostro paese è ben poco propenso al supporto di queste sonorità, ma devo ammettere che negli ultimi cinque anni alcuni gruppi Italiani stanno avendo più successo in Europa o nel mondo piuttosto che in Italia, e questo fa sicuramente piacere”.
TORNANDO AL DISCO, ABBIAMO PARTICOLARMENTE APPREZZATO BRANI COME “HIDE AND WEEP” E LA TITLE TRACK STESSA, DUE DEGLI EPISODI PIU’ COMPLETI E MATURI DEL VOSTRO ATTUALE REPERTORIO. COSA NE PENSATE? SONO ALTRI I BRANI CHE SENTITE PIU’ RIUSCITI?
Stefano: “Sento di darti pienamente ragione, aggiungendo magari nella mia top 3 anche ‘Bury Them In Dust’. La canzone ‘Stellar Filth’ è sicuramente il capitolo nel disco dove più abbiamo calcato la mano sulla sperimentazione, e di sicuro rappresenta il ponte di connessione con i pezzi che stanno nascendo e nasceranno in futuro”.
Matteo: “La title track è a mio avviso la favorita ma sul podio metto anche ‘Light Release’ e ‘No Land Toward The Sea’”.
QUANDO CAPITE CHE UN BRANO CHE STATE COMPONENDO VI SODDISFA AL CENTO PER CENTO? E, SOPRATTUTTO, C’E’ UN ELEMENTO FONDAMENTALE CHE NON DEVE MAI MANCARE IN UN PEZZO DEI RISE ABOVE DEAD?
Matteo: “Bella domanda. Siamo spesso in ‘lotta’ interna su come chiudere un brano ed il più delle volte è il punto dove ci fermiamo a provare più soluzioni. Quello che non deve mai mancare in un nostro pezzo? Non lo so, forse una buona intro”.
Stefano: “La sorte di ogni nostro brano viene decisa quasi all’istante. Nel senso che una volta completato, se dopo qualche prova non ci convince, viene cestinato definitivamente per lasciar spazio a una nuova idea fresca che, il più delle volte, finisce per diventare uno dei pezzi di cui andiamo più fieri”.
QUANTO E’ STATA IMPORTANTE LA MATURAZIONE LIVE OTTENUTA DALLE DATE DI SUPPORTO AI VARI NAPALM DEATH, EYEHATEGOD, ALTAR OF PLAGUES E COMPAGNIA BELLA?
Matteo: “Aver avuto la possibilità di suonare con quelle band ci ha messo nell’ottica di porci seriamente sia sul palco che in sala prove, alla fine la differenza sta proprio su come fai le cose e su quanto ci credi. Nessuna band è nata famosa o con il disco perfetto in tasca. Ci vogliono anni di esperienza, di sacrifici (a volte anche personali) e lasciare che il tempo porti i risultati. Credo che nel nostro paese se fai una cosa bene vieni inquadrato come altezzoso, uno con manie di protagonismo, se invece lo fa una band straniera allora sono dei professionisti. A mio modesto parere, è questo il difetto che abbiamo in Italia, ci lamentiamo di tutti e di tutto ma non facciamo mai nulla di concreto per cambiare il corso delle cose. Quindi, per noi che amiamo suonare, basta poco per fare la differenza. In fondo, non vivendo di musica, abbiamo purtroppo poco tempo per viverla, tanto vale farlo nel miglio modo possibile”.
LA DIMENSIONE LIVE VI CALZA A PENNELLO, SEMBRA QUINDI INUTILE CHIEDERVI SE AVETE INTENZIONE DI PROMUOVERE “STELLAR FILTH” IN LUNGO E IN LARGO…
Matteo: “Certamente il live rimane il momento più atteso, più ricercato. Siamo appena tornati da una serie di concerti tra Repubblica Ceca, Polonia e Germania e sicuramente anche nei prossimi mesi ci vedrete in giro, magari più vicino per ovvi problemi lavorativi, ma la determinazione e la voglia di suonare per tutta l’Europa è tanta e faremo il possibile per tornarci l’anno prossimo. Tenete d’occhio il nostro sito www.riseabovedead.com per aggiornamenti”.
QUAL E’ LA VOSTRA POSIZIONE RIGUARDO IL DOWNLOAD ILLEGALE? MOLTE BAND, SOPRATTUTTO POCO CONOSCIUTE, HANNO DECISO DI RENDERE COSTANTEMENTE DISPONIBILE L’ASCOLTO DEI PROPRI ALBUM TRAMITE SITI COME BANDCAMP: APPROVATE QUESTE INIZIATIVE?
Matteo: “Il free download è un ottima arma per una band, sopratutto nella nostra era dove il digitale e la fruizione gratuita della musica sono alla portata di chiunque. Siamo consapevoli che per una band piccola come la nostra il download gratuito è una buona cosa. Al momento, per il nuovo disco, abbiamo reso disponibili solo due brani su sette. Vorremmo che la gente ascoltasse attentamente quello che facciamo e poi, se incuriosita, eventualmente passasse all’acquisto del prodotto fisico. La musica ha un altro valore se acquistata, non credo sia nata come prodotto da business e noi non siamo di certo una band che campa con le vendite dei dischi, ma proprio per il gesto e il possesso di un disco vinile o cd che sia completo di booklet, grafiche, ecc… vale lo stesso discorso per un libro, avere centinaia di e-book non può essere paragonabile ad una bella libreria”.
NELLA VOSTRA MENTE STANNO GIA’ FRULLANDO NUOVE IDEE PER FUTURI BRANI? QUALI SONO GLI OBBIETTIVI CHE VI SIETE POSTI DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL VOSTRO ESORDIO?
Matteo: “Già da qualche tempo stiamo lavorando a alcuni nuovi brani che contiamo di includere in un nuovo album , magari già nel 2013, continuando nel frattempo l’attività live per promuovere ‘Stellar Filth’ il più possibile”.
Stefano: “Parallelamente a questo, abbiamo in cantiere sia un nuovo video che una ristampa del vinile di ‘Stellar Filth’, magari in versione arricchita”.
PER CONCLUDERE, DITEMI UNA BAND CON LA QUALE VI PIACEREBBE POTER SUONARE PIU’ DI CHIUNQUE ALTRA…
Matteo: “Ce ne sono molte ma una su tutte sono i Cult of Luna, ai quali devo moltissimo”.
Stefano: “Sono molto riconoscente per aver avuto la possibilità di aprire i concerti di grandi band seminali come Napalm Death e Eyehategod. Se proprio devo scegliere una band su tutte con la quale mi piacerebbe condividere il palco in futuro, dico gli Sleep”.