Dave Cobb, Atlantic e Low Country Records. RCA Studio A di Nashville. Una vagonata di influenze storiche. Ecco qui le radici ferali di questa nuova uscita dei californiani. Abbiamo avuto modo di fare una chiacchierata con lo stralunato Mike Miley, batterista di una delle formazioni portavoce dello spirito Rock’n’Roll di questi anni e abbiamo provato a chiedergli come stesse il nostro genere musicale preferito. In occasione della data di Parma, Miley si lascia andare ad alcune considerazioni sul nuovo e ancora una volta riuscitissimo settimo album “Feral Roots“. Ancora una volta segno che questa band è decisamente fondamentale per non affermare il decesso del buon vecchio r’n’r. Nashville aiuta di certo.
CONGRATULAZIONI, MILEY, PER IL NUOVO ALBUM. SUONA DAVVERO BENE. MI PIACEREBBE PERÒ INIZIARE CON IL TITOLO DI QUESTA INTERVISTA, CHE SARA’ QUALCOSA TIPO “LA MORTE DEL ROCK’N’ROLL” O QUALCOSA DI SIMILE. INFATTI VOLEVO CHIEDERTI: COME STA IL ROCK’N’ROLL OGGI? LO VEDI MORTO O MORENTE?
– Credo ci sia uno spirito, uno spirito che ognuno di quelli che suona rock’n’roll vuole canalizzare dentro di sé. È molto forte oggi. Ci sono un sacco di band che suonano altro e vendono bene. Pensa a tutto il pop o l’hip-hop di oggi. Non siamo rimasti in molti a fare rock’n’roll. Ma credo che questo genere sia ancora vivo e palpitante. Noi siamo una band che cerca di portarne la bandiera.
QUALI SONO STATE LE PRINCIPALI INFLUENZE DI QUESTO NUOVO ALBUM?
– Volevamo prenderci del tempo con questo disco, fare le cose per bene. Abbiamo scritto un sacco di canzoni, ne abbiamo registrate alcune, poi abbiamo fatto passare del tempo e ne abbiamo registrate altre. Se dovessi cercare un comune denominatore direi che è tutto nel nome “Feral Roots”. È sia molto umano che connesso al mondo animale, si connette a come siamo noi come persone-fiere e pensiamo sia molto diverso dal resto che abbiamo fatto precedentemente.
COSA PENSATE DI AVER RAGGIUNTO CON QUESTO DISCO? IN TERMINI DI QUESTA DIVERSITÀ…
– Credo che questo sia il nostro settimo album e che sia una combinazione di dieci anni di attività tutti in uno. Un lavoro duro, sicuramente. Una sorta di dolce ciliegina alla cima della nostra carriera. Una vera corona.
MI E’ PIACIUTA MOLTO L’ULTIMA TRACCIA, “SHOOTING STARS”. MI PUOI DIRE QUALCOSA DIETRO QUESTO BRANO?
– Eh già, per il coro gospel, giusto? Beh, io da batterista non posso andare troppo in profondità sui testi e sulle motivazioni che hanno spinto a creare questo brano. Jay ha scritto la canzone e posso solo parlare tramite quello che mi ha fatto percepire. Credo che sia una canzone di speranza, che vuole portare tutti insieme, una sorta di chiamata alle armi per l’amore e la pace.
E DA BATTERISTA, QUALE È INVECE LA TUA PREFERITA?
– Sicuramente “Too Bad”, senza dubbio. Credo che tutta la sezione ritmica e melodica vada insieme in una maniera perfettamente funzionante e porta un bel messaggio. Dire alle ex che potranno anche mancarti ma alla fine “peggio per loro”. C’est la vie, ci vediamo (ride, ndr). E poi l’abbiamo registrata alla prima o alla seconda take, quindi da band è stata veramente una cosa riuscita.
C’È UNA SORTA DI NECESSITA’ CHE VI SPINGE A REGISTRARE TANTI ALBUM? VOGLIO DIRE, E’ UN MODO PER PROTRARRE IN AVANTI UNA STAGIONE DI FORMA O PERCHE’ SCRIVETE UNA TONNELLATA DI MATERIALE ANCHE IN TOUR?
– Siamo molto produttivi, abbiamo un modus operandi di continuare a creare. Il nostro rock’n’roll, e quello dei nostri eroi, è stato sempre prolifico. Pensa ad Hendrix. Così poco tempo e così tanto materiale.
PREFERITE STARE IN STUDIO O SU UN PALCO?
– Adoro stare in studio, ma avere la location sold out e stare faccia a faccia col pubblico è sicuramente un’interazione molto bella e potente. Una connessione diretta. In studio prendi il tuo tempo, registri e alla fine hai un album che è mixato e masterizzato. Un bel processo. Dal vivo no. Fai uno sbaglio e davanti alla gente e sei fregato! Anche quello è il bello.
QUANTO È IMPORTANTE PER UN ALBUM ROCK’N’ROLL IL SOUND-ENGENEER?
– È importantissimo. Quando registri devi farlo con dell’attrezzatura perfetta. A noi capita così: questo album è stato registrato con dei segnali perfetti e delle uscite cablate alla perfezione. Dave Cobb e Eddie Spears sono un ottimo team e siamo passati da attrezzatura classica, che aveva usato anche Elvis Presley e Aretha Franklin. Abbiamo praticamente suonato a Nashville dove alcune icone della musica hanno fatto tutto quello che di migliore hanno fatto in carriera: l’RCA Studio A. Il mio suono di batteria è distinto, chiaro, pulito eppure potente. Le chitarre passano da diversi amplificatori e diversi microfoni. È una vera scienza.
QUALE È STATO IL MOMENTO PIU’ DIVERTENTE NEL VOSTRO ESSERE IN TOUR?
– Difficile a dirsi. Posso dire che voi italiani siete i più canterini. Sentiamo sempre l’energia che torna indietro quando veniamo a suonare in Italia ed è sempre una cosa che adoriamo. Abbiamo suonato in molti posti in Italia e se ti posso dire cosa mi piace davvero è sicuramente il cibo.
QUALE È STATA LA BAND PREFERITA CON CUI AVETE SUONATO?
– Beh, è stato leggendario sia con Deep Purple e con Black Sabbath, ma mi ricordo con piacere la data con i Queens Of The Stone Age. Davvero grande esperienza. Sono molti divertenti come persone.
PIANI FUTURI O QUALCOSA DI SPECIALE?
– Penso che mangeremo tanto in tour. Ma nessun posto batterà l’Italia. Ormai conosciamo un sacco di ristoranti in Italia. Mangiare e suonare bene. E anche rivedere alcuni vecchi amici. Alcuni miei parenti sono italiani, io sono italiano di quarta generazione.
HAI FERAL ROOTS ITALIANE DUNQUE?
– Puoi dirlo forte.