Il 2016 ha messo i Riverside di fronte a una tragedia, quella della morte improvvisa del chitarrista e amico fraterno Piotr Grudziński, che avrebbe potuto fatalmente mettere fine all’avventura della band polacca. La quale, quando Piotr ha lasciato questo mondo, si stava apprestando a dare gli ultimi ritocchi a “Eye Of The Soundscape”, uscita molto particolare, nella quale si compendiano le idee in materia di sonorità elettroniche e ambient, molto d’atmosfera e delicate, frequentate misuratamente anche negli album ‘regolari’ della formazione. Un’uscita non di secondo piano, tutt’altro, necessaria sia a mostrare una faccia del poliedro-Riverside che ai più è ignota, sia a inaugurare una nuova pagina nella carriera del gruppo. Scossi e smarriti di fronte al lutto, Mariusz Duda e compagni non si sono persi d’animo e hanno deciso di guardare avanti, completando un lavoro già in fase di rifinitura e provando a immaginare un futuro diverso da quello che avrebbero ipotizzato solo pochi giorni prima di quel maledetto 21 febbraio. È il leader della formazione esteuropea a presentarci il nuovo disco e i progetti per il 2017, all’insegna di una ferma volontà di non bloccarsi nel dolore e di trovare una ragione per proseguire il cammino.
IL 2016 È STATO UN ANNO MOLTO DURO PER I RIVERSIDE, FUNESTATO DALLA MORTE DEL VOSTRO CHITARRISTA PIOTR GRUDZIŃSKI. COME AVETE TROVATO, E DOVE L’AVETE TROVATA, LA FORZA PER CONTINUARE LA VOSTRA AVVENTURA COME RIVERSIDE?
“Per quanto riguarda ‘Eye Of The Soundscape’, tutto il lavoro è stato terminato prima della morte di Piotr. Si tratta di una compilation, nella quale volevamo svelare un lato di noi che chi ci conosce solo come band progressive può tenere in considerazione solo in minima parte. La musica elettronica e ambient è stata importante in ogni nostro album, ma di questo molte persone sembra non essersene mai accorte. Volevamo mostrare meglio cosa sapevamo fare con questo tipo di sonorità solo strumentali e quindi rilasciare un disco interamente basato su di esse. Però non ci bastava che uscisse una raccolta con materiale già edito, per essere onesti con noi stessi avevamo bisogno di entrare in studio e misurarci nuovamente con una scrittura diversa da quella solita. Piotr è morto quando i lavori su ‘Eye Of The Soundscape’ erano quasi terminati, eravamo in fase di missaggio finale. Dopo quanto è accaduto, ci siamo fermati e abbiamo preso una lunga pausa. Solo in un secondo tempo abbiamo iniziato a valutare come avremmo potuto muoverci. Abbiamo pensato che Piotr teneva molto a questo progetto e noi stessi eravamo intenzionati ad andare avanti, così ci siamo rimessi sotto per ultimare il disco e renderlo disponibile. Così ci siamo imposti di concludere tutta l’attività legata ad esso entro marzo del 2016. E così è stato. Quando abbiamo terminato, abbiamo pensato: ‘Guarda Piotr, ce l’abbiamo fatta, ecco qua l’album’. È stato comunque un anno molto duro, eravamo molto uniti e non è stato affatto facile accettare la situazione. Purtroppo la vita ti pone davanti a momenti simili, devi prenderne atto e andare avanti. Non potevamo mollare. Abbiamo cercato di mantenerci positivi e di eliminare tutti i pensieri stupidi che ti vengono in mente in questi casi e abbiamo portato a termine ‘Eye Of The Soundscape’”.
“EYE OF THE SOUNDSCAPE” È MOLTO DIVERSO DA QUELLO CHE SIETE ABITUATI A OFFRIRE AI VOSTRI FAN, È VERO, PERÒ HA COMUNQUE UNA FORTE CONNESSIONE CON IL MATERIALE ‘NORMALE’ DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA E CREDO CHE CHI VI SEGUE CON ATTENZIONE LO POSSA CAPIRE. CREDI CHE LA MAGGIOR PARTE DEL VOSTRO PUBBLICO SIA IN GRADO DI APPREZZARE UN DISCO DEL GENERE E DI CAPIRNE LA DIREZIONE ARTISTICA?
“Certamente questa compilation non ha nulla a che vedere con le strutture complicate e ritmi intricati tipici del progressive, i rimandi con i nostri album passati vanno rintracciati nelle atmosfere, nei sentimenti che evoca, nel mood generale. Le melodie, i colori della musica sono assimilabili a quelli che abbiamo sempre frequentato nella nostra carriera. Eccoli qua, anche nell’elettronica e nell’ambient di ‘Eye Of The Soundscape’. Se ascolti attentamente, già in ‘Second Life Syndrome’ c’erano dinamiche simili, le puoi ritrovare anche in ‘Anno Domini High Definition’. Non sono in grado di entrare di descrivere esattamente la nostra musica e di identificare punto per punto tutti gli aspetti per i quali gli altri nostri dischi siano assimilabili a ‘Eye Of The Soundscape’, certamente si sente che arriva da noi, dai Riverside. D’altronde, non siamo nemmeno mai stati una band prog metal in senso classico, nulla a che vedere con Dream Theater o altra roba simile. Da un certo punto di vista, con questa uscita vogliamo far capire cosa rappresenti veramente il sound dei Riverside, togliendogli la parte rock/metal si può comprendere la sua origine e la sua natura, sganciata dal prog come lo si immagina di solito. Serve, inoltre, ad apprezzare quello che facciamo sotto una diversa prospettiva: chi ci segue da tempo credo possa afferrare il significato di quello che abbiamo creato anche stavolta”.
IN “LOVE, FEAR AND THE TIME MACHINE” AVETE COMPIUTO UN IMPORTANTE LAVORO DI INTROSPEZIONE E RICERCA DELLE RAGIONI CHE SPINGONO LE PERSONE A PRENDERE DETERMINATE DECISIONI, IMMAGINANDO LE LORO CONSEGUENZE SUL FUTURO. C’È UN CONCEPT SIMILE ALLA BASE DI ‘EYE OF THE SOUNDSCAPE’, RINVENIBILE NELLE ATMOSFERE E NEL TIPO DI SUONO CHE AVETE DECISO DI ESPLORARE?
“A dire il vero non ci sono connessioni tematiche con l’album precedente. Di fatto non c’è nemmeno un’idea comune a legare tutte le tracce di ‘Eye Of The Soundscape’. Piuttosto, quella che vi è contenuta è musica che deriva dai nostri caratteri e si basa sulla nostra pura immaginazione. Abbiamo riversato la nostra personalità in queste tracce ed è come se raccontassimo una vecchia storia sul vissuto di ognuno di noi. Intendo quello che suoniamo come un palcoscenico sul quale ognuno può trovare il suo specifico significato. Ci sono molti soggetti diversi che possono essere accostati alle musiche di ‘Eye Of The Soundscape’, non ha confini netti nelle emozioni che può evocare e i sentimenti suscitati possono essere innumerevoli e cambiare di molto da una persona all’altra. Certamente, riascoltandolo prima e dopo quello che ci è accaduto quest’anno, cambia anche il modo in cui si può vedere quest’ultima release. Quando abbiamo scritto le nuove canzoni, eravamo in uno stato d’animo sereno, c’era molta gioia in quello che stavamo facendo, lo si può osservare anche dall’artwork. Mentre se ci pensi adesso, dopo la morte di Piotr, è difficile rintracciare tutta la positività che era presente quando abbiamo creato i pezzi più recenti”.
QUALE SIGNIFICATO POSSIAMO ATTRIBUIRE ALL’ARTWORK, CON TERRA E CIELO CHE SEMBRANO UNIRSI SULLO SFONDO, SEGUENDO IL CORSO DEL FIUME?
“Come dice il nostro moniker, alla fine ci riconnettiamo all’idea del fiume, che tutto scorre in una certa direzione. Parla anche di come certe canzoni che erano per certi versi andate perdute sono ritornate in circolo, come in un fiume, e sono state raccolte in una pubblicazione che le presenti al meglio. Rappresenta soprattutto l’idea che il fiume continua a scorrere nonostante tutto quello che possa accadere nelle nostre esistenze. Anche nella nostra musica, non siamo rimasti sempre gli stessi, siamo andati avanti, abbiamo apportato significativi cambiamenti, eppure non ci siamo mai fermati. Per l’artwork abbiamo scelto dei colori vivaci, allegri, perché dovevano servire a ricordare quanto stessimo bene assieme durante le recording session. Qualcuno, ascoltando i contenuti del disco, potrebbe chiedersi se non fosse stato meglio utilizzare dei disegni più cupi, ma noi da questo punto di vista volevamo andare avanti nel solco di ‘Love, Fear And The Time Machine’, tramite immagini che facessero pensare a un futuro positivo, alla speranza. Travis Smith ha interpretato benissimo quelle che erano le nostre intenzioni”.
AVETE DOVUTO METTERVI IN UNA PROSPETTIVA DIVERSA DAL CONSUETO PER CONCEPIRE TRACCE COSÌ DIVERSE DA QUELLE DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA, DICIAMO, PIÙ ‘TRADIZIONALE’?
“Cerco sempre di crescere come musicista, di sviluppare il modo in cui interpreto la musica, cercando di essere felice in quello che faccio. Non mi piace suonare una sola tipologia di musica, lo trovo noioso, per questo cerco di proporre degli esperimenti. Con il mio progetto solista, Lunatic Soul, vado a sviluppare sonorità distanti da quelle dei Riverside, andando in una direzione profondamente diversa. Anche se in entrambi i casi sono il compositore principale, Lunatic Soul è pensato in ‘bianco e nero’, mentre i Riverside sono più colorati e potenti. Mi è servito, ‘Eye Of The Soundscape’ come tutti gli altri progetti in cui sono coinvolto, ad approfondire una parte di me stesso, che se rimanesse fossilizzato su un solo tipo di approccio non potrei conoscere”.
GUARDANDO AL FUTURO, NELLE NOTE DI PRESENTAZIONE DEL DISCO PARLATE DI INIZIARE UNA NUOVA TRILOGIA, LA TERZA, DOPO CHE SI SONO ESAURITE LE PRIME DUE. PERCHÉ PER VOI È COSÌ IMPORTANTE RAGIONARE IN QUESTI TERMINI?
“Mi succede che quando compongo una canzone, poi un disco intero, finisco per immaginarli sempre nell’ottica di un contesto più ampio, che vada al di là dei confini del singolo album. Immagino come possa porsi un album in mezzo ad altri, al tassello di un mosaico più ampio e dal significato più grande. Ogni qual volta completo un nuovo full-length, me lo vedo inserito in una trilogia, una parte di un discorso più importante e articolato. E sono sicuro che avverrà la stessa cosa per il prossimo album”.
RECENTEMENTE AVETE DICHIARATO CHE PROSEGUIRETE L’ATTIVITÀ COME TRIO, SENZA RIMPIAZZARE PIOTR GRUDZINSKI CON UN CHITARRISTA CHE DIVENTI MEMBRO STABILE DELLA LINE-UP. PERCHÉ PENSATE CHE PIOTR NON POSSSA ESSERE ASSOLUTAMENTE SOSTITUITO?
“Ci siamo accorti che era la soluzione per noi più naturale a questo punto. Del resto, da un punto di vista pratico, sono il principale compositore del gruppo e mi sono occupato finora di scrivere le parti di basso e chitarra in prima persona. In studio posso occuparmi tranquillamente di entrambi gli strumenti. Dal punto di vista emozionale, aspetto fondamentale nei Riverside, nulla sarà più lo stesso e da qui in avanti saremo una band diversa da quello che siamo stati quando eravamo in quattro”.
TORNANDO A “EYE OF THE SOUNDSCAPE”, UTILIZZATE TALVOLTA LA VOCE NEGLI ARRANGIAMENTI, COME STRUMENTO DI COMPLEMENTO. VISTO ILSUO EFFETTO MOLTO SUGGESTIVO, VOLEVO SAPERE SE VI FOSSE VENUTO IL DUBBIO DI USARNE DI PIÙ ALL’INTERNO DELLE CANZONI E DI DARLE UN RUOLO MAGGIORE DI QUELLO EFFETTIVAMENTE RICEVUTO, TRATTANDOSI DI UN ALBUM STRUMENTALE.
“Volendo avere un disco che lasciasse campo libero agli strumenti e facesse emergere il lato ambient del Riverside-sound, ci siamo premurati di non inserire troppe voci all’interno di ‘Eye Of The Soundscape’. È un disco diverso dagli altri anche per come uso la voce, che diventa semplicemente uno strumento come tutti gli altri. Anche per la batteria abbiamo scelto un approccio fuori dalle nostre abitudini. L’idea era che la strumentazione dovesse essere usata in maniera specifica per questa pubblicazione e non richiamasse troppo altre cose nostre già note”.
VOLEVO SAPERE SE AVEVI QUALCOSA IN PROGRAMMA PER I LUNATIC SOUL E SE SIA PREVISTO A BREVE UN SUCCESSORE DI “WALKING ON A FLASHLIGHT BEAM”, USCITO NEL 2014.
“Sì, credo che a breve cercherò di dare un seguito all’ultimo disco. Vedi, ho passato un anno molto difficile, oltre a Piotr ho perso anche mio padre. Ho vagato per tanto tempo in pensieri oscuri, Lunatic Soul si nutre di pensieri grigi e bui, quindi voglio trasformare tutta la negatività provata negli ultimi mesi in una musica che la rifletta. Il nuovo materiale dei Lunatic Soul parlerà di come ci si sente quando perdi qualcuno che è molto vicino a te, e come sopravvivere a tutto questo, a come venirne fuori e continuare a vivere, tornando ad essere positivi e provare sentimenti felici. Sarò in studio tutta l’ultima parte dell’anno a questo scopo e credo che nel 2017 potrò rilasciare uno dei miei migliori album, ne sono convinto”.
POSSIAMO ASPETTARCI DEI CONCERTI DOVE PRESENTERETE “EYE OF THE SOUNDSCAPE”, OCCASIONI SPECIALI IN CUI NE PROPORRETE ALMENO ALCUNE DAL VIVO?
“Non so se proporremo qualcosa di ‘Eye Of The Soundscape’ in futuro durante i nostri concerti. So che è importante che ritorniamo on stage e vedere l’effetto che fa. Quali possono essere le reazioni del pubblico, cosa proverà chi verrà ad ascoltarci. Se i primi concerti andranno bene, allora potremo anche pensare di ributtarci in un tour. Se dovesse andare male, torneremmo subito in studio per focalizzarci sul nuovo album”.