Il ritorno dei Rotting Christ con il loro ultimo album “Pro Xristou” segna un ulteriore allentamento dal fiero e agile black metal simbolo di grosse fette della discografia della storica formazione ellenica.
Oltre a insistere sulle coordinate più lente e atmosferiche esplorate negli ultimi album, intrise di tentazioni tribali ed elementi folk, il nuovo disco degli ateniesi cerca pure di aggiornare il sound più prettamente heavy metal espresso in alcuni capitoli di fine anni Novanta, per un risultato finale magari non esaltante da un punto di vista strettamente compositivo, ma quanto meno curioso, se non altro per coloro che hanno una certa familiarità con l’intera discografia del gruppo.
Come sempre, è il buon Sakis Tolis a introdurci a questa nuova opera della sua band: raggiunto a casa in una rara pausa fra un tour e l’altro, il frontman si conferma una persona estremamente onesta e affabile, sempre pronta ad esporsi con concetti anche molto franchi e a far emergere un genuino attaccamento alla causa e alla ‘missione’ della sua creatura, ormai sempre più vicina ai quarant’anni di attività.
CIAO SAKIS, BENTORNATO SULLE NOSTRE PAGINE. COME TI SENTI IN QUESTI GIORNI? SIETE APPENA TORNATI DA UN TOUR, SE NON SBAGLIO.
– Esatto, sono molto stanco perché sono stato in tour nell’ultimo mese. Sono appena tornato a casa e ripartiamo molto presto per l’Australia, quindi puoi immaginare che soffro un po’ questo continuo andirivieni. Siamo stati in Nord America, poi Sud America. Siamo andati avanti e indietro dal Nord America e dall’Europa tre volte nell’ultimo periodo, quindi puoi immaginare come ora mi senta un po’ perso… Mi fa quasi strano stare a casa, anche se ho senz’altro bisogno di riposo.
È BELLO PERÒ CHE POSSIATE DI NUOVO ANDARE REGOLARMENTE IN TOUR DOPO DUE ANNI DI PAUSA FORZATA A CAUSA DEL COVID…
– Oh sì, quel periodo senza concerti è stato così difficile che sono quasi andato in psicoterapia perché temevo di avere perso il mio sogno e la mia vita.
In quei mesi ho capito che sono una persona che vive grazie all’amore (per la musica, ma non solo) che cerco di trasmettere e all’amore che ricevo dalle persone. Quindi da allora, da quando siamo tornati a poter suonare dal vivo, siamo sempre in tour.
PARLIAMO QUINDI DEL NUOVO ALBUM “PRO XRISTOU”: UNA PROVA PER CERTI VERSI INTERESSANTE, VISTO CHE SUONA COME UN MIX DEGLI ULTIMI DISCHI E QUALCOSA DEI ROTTING CHRIST DELLA SECONDA METÀ DEGLI ANNI NOVANTA…
– Sono d’accordo con te. Questo album è stato composto durante la pandemia: ho avuto ovviamente molto tempo per parlare con me stesso e riflettere su cosa voglio veramente offrire alle persone in questo momento della mia carriera.
Mi sono reso conto che sto invecchiando e che non posso più gestire come una volta la musica molto estrema. Io ci tengo molto a essere onesto con le persone che seguono la mia band. Non voglio fingere di essere una sorta di ragazzo di cinquantadue anni che fa di tutto per essere il black metaller più estremo sulla terra.
Voglio essere sincero, non ho più molto interesse in certa musica e questo mi ha portato a esprimermi su registri più melodici, più epici ed heavy metal, che hanno in effetti qualcosa in comune con un certo periodo della band, risalante appunto agli anni Novanta. Inoltre, ho dato sfogo ad altre influenze, come quella dei Bathory di dischi come “Hammerheart” e “Nordland”. Questo suono mi rappresenta meglio, è ciò che sono io oggi e voglio mostrarlo alla gente.
PROBABILMENTE ALCUNI DI QUESTI SPUNTI SORPRENDERANNO PARTE DEI VOSTRI ASCOLTATORI: MI SEMBRA CHE ABBIATE GUADAGNATO NUOVI FAN CON GLI ULTIMI ALBUM E C’È OVVIAMENTE UNO ZOCCOLO DURO CHE CONTINUA A SEGUIRVI SOLO PER LE PRIMISSIME COSE. IL VOSTRO REPERTORIO INTERMEDIO INVECE NON GODE DI GRANDE POPOLARITÀ, ALMENO OGGIGIORNO…
– Sì, sembra che al giorno d’oggi il fan sia qui solo per la roba molto vecchia scuola o per quella nuova, niente in mezzo! Ed è forse un peccato, perché mi piacerebbe che coloro che ci seguono avessero più familiarità con gli album usciti appena dopo “Triarchy of the Lost Lovers”.
Oggigiorno la maggior parte del nostro pubblico si è davvero avvicinata alla band con dischi come “Κατά τον δαίμονα εαυτού”: conoscono i Rotting Christ degli ultimi quattro album, diciamo. Questa nostra ultima evoluzione potrebbe quindi risultare come una sorta di sorpresa per quelle persone, perché questo album cerca di prendere delle strade diverse rispetto agli ultimi capitoli. È appunto un po’ più melodico, più basato sull’era di mezzo della band.
Volevo questo cambiamento, di certo non desideravo pubblicare un altro album che suonasse come “Rituals” o ”The Heretics”. Non so se alla gente piacerà o no, ma volevo almeno provarci.
Sono contento perché a suo modo il nuovo “Pro Xristou” ha un qualcosa di fresco, andando a recuperare formule che non usavamo da molto tempo. Secondo me ci sono tante belle canzoni in opere come “A Dead Poem” o “Sleep of the Angels”. Penso a “Cold Colours”, “Der Perfekte Traum”, “The World Made End”… volevo recuperare lo spirito di quei pezzi e mischiarlo con il sound degli ultimi tempi.
VI È ANCHE UN BRANO CON UN TITOLO IN ITALIANO: “LA LETTERA DEL DIAVOLO”…
– Sì, immaginavo che quel titolo potesse stuzzicare gli ascoltatori italiani. È una traccia basata su una storia vera. Se cerchi “La Lettera del Diavolo” su Google scoprirai tutto su una monaca. Si tratta della vera storia di una monaca italiana del Medioevo.
Sai qual è uno dei miei obiettivi con questa band? Insegnare qualcosa o stuzzicare la curiosità di chi ci ascolta. Sul nuovo album puoi trovare anche un pezzo come “Saoirse”: mi piace pensare che qualcuno sia andato a fare una ricerca sul significato di questa parola dopo aver ascoltato la musica. Del resto, secondo me nel metal non si tratta solo di ascoltare la musica, ma anche di leggere i testi e di immergersi nel concept di un gruppo. Se poi scoprirai qualcosa di nuovo, sarò doppiamente felice.
Secondo me c’è molto bisogno di testi interessanti nel metal estremo. È un aspetto che ricerco con molta passione da parecchi anni a questa parte. Il concept e la melodia sono elementi sempre più vitali per noi.
Per questo guarderò sempre con grande affetto a opere come “Triarchy…” o “A Dead Poem”, perché con quei dischi abbiamo gettato le basi per ciò che siamo oggi.
RISPETTO AL PERIODO IN CUI AVETE PUBBLICATO QUEGLI ALBUM OGGI SIETE TUTTAVIA MOLTO PIÙ RICONOSCIUTI E APPREZZATI. C’È STATO SENZ’ALTRO UN SALTO DI QUALITÀ, A LIVELLO DI POPOLARITÀ E PRESA SULLE MASSE, NEGLI ANNI DUEMILA, PIÙ O MENO DA QUANDO SIETE ENTRATI NELLA SCUDERIA SEASON OF MIST E AVETE INIZIATO A SUONARE DAL VIVO MOLTO PIÙ SPESSO…
– Andare in tour è molto importante per noi, perché, prima di tutto, ci permette di entrare in diretto contatto con le persone. In secondo luogo, non dobbiamo dimenticarci che il gruppo è la nostra unica occupazione. Negli ultimi tempi abbiamo insomma cercato di unire l’utile al dilettevole, di suonare sempre di più per vivere con questa band, ma anche per stare a stretto contatto con i fan, che sono il motivo per cui oggi possiamo continuare a fare ciò che facciamo.
Ovunque andiamo, facciamo meet & greet gratuiti, non facciamo richieste assurde ai promoter o altro: manteniamo un’etica underground e abbiamo sempre a cuore i nostri valori del passato, quelli con cui siamo cresciuti.
Di contro, la nostra scena musicale non è mai stata così avida: tutti si fanno pagare per qualsiasi cosa, tutto costa, tutti vogliono soldi. Ok, ovviamente anche a me servono dei soldi per sopravvivere, ma non voglio rubare ai fan, non voglio chiedere loro dei soldi per un semplice autografo.
Siamo gente onesta ed è per questo che ancora amo suonare dal vivo. A volte mi chiedono perché lo faccio ancora dopo trentacinque anni: il motivo è che ricevo amore dalle persone e questo scambio di energie è una cosa molto importante per me. Mi fa sentire orgoglioso e ricco nella mia anima. Siamo cresciuti così. Quando abbiamo iniziato avevamo dei sentimenti, avevamo un rapporto vero con le persone e cerchiamo di mantenerlo al giorno d’oggi.
Facciamo del nostro meglio per rendere felici queste persone, perché se dai amore, ricevi amore dalle persone.
GESTISCI TU IN PRIMA PERSONA GLI INTERESSI DELLA BAND?
– Ho delle persone che mi aiutano a fissare alcuni show, ma in generale faccio tutto da solo. Non voglio manager, perché se lasci tutto il tuo lavoro a figure come quella, poi perdi parte della tua identità. E, come dicevo, io voglio essere onesto con le persone.
In certi casi potrei avere bisogno di un manager, in passato con l’aiuto di qualcuno più esperto avrei forse potuto ottenere di più dal gruppo, ma pazienza, oggi non voglio farlo, perché non voglio tradire le mie radici. Questo sono io e voglio morire così.
E NEL CORSO DEGLI ANNI, OVVIAMENTE, SEI SEMPRE STATO IL LEADER DELLA BAND, COMPONENDO TUTTA LA MUSICA. HAI AVUTO ACCANTO MOLTI MUSICISTI, MA HAI SEMPRE MANTENUTO PIENO CONTROLLO, NEL BENE O NEL MALE…
– Certo, ed è stato difficile. Io sono sempre stato il leader del gruppo, ma ho sempre fatto il possibile per rendere tutti partecipi e per mettere ogni musicista a suo agio.
Ho sempre onorato gli impegni e pagato chiunque faceva parte della band: nessuno se ne è andato perché non ha ricevuto il giusto compenso. Alcune persone hanno lasciato la band perché volevano avere modo di comporre e suonare la propria musica, cosa che capisco e sostengo totalmente. Se vuoi scegliere la tua strada, vai avanti. Hai tutto il mio rispetto. Questo è l’unico motivo per cui abbiamo cambiato la formazione di tanto in tanto.
Poi ci sono stati dei casi in cui qualcuno era stanco della vita on the road: non è una vita per tutti e capisco anche questa presa di posizione. Far parte di un gruppo come il nostro è una cosa molto difficile. Devi sacrificare molte cose per seguire i nostri impegni. Alcune persone non riescono a restare fissi su questo obiettivo, non riescono a sentirlo come lo sento io.
SENZA CONTARE CHE UNA BAND CHE SI CHIAMA ROTTING CHRIST È DESTINATA AD AVERE QUALCHE PROBLEMA OGNI TANTO, PERSINO ALL’INTERNO DELLA STESSA SCENA METAL. BASTI PENSARE A QUANDO DAVE MUSTAINE NON HA VOLUTO CONDIVIDERE LO STESSO PALCO CON VOI…
– Sì, tutto sommato penso di aver fatto molto, in termini di fama o seguito, per essere una band chiamata Rotting Christ: un nome come questo ci ha causato non pochi problemi in tutto il mondo, quindi voglio credere che abbiamo fatto del nostro meglio per arrivare al punto in cui siamo.
Tanta gente ha spesso parlato di noi per il nostro nome, ma il nostro obiettivo ovviamente non è mai stato la pubblicità. Il nostro obiettivo è cambiare qualcosa in questo mondo. E andare avanti con passione, senza perdere l’essenza di noi stessi. Spero di restare forte e di continuare a farlo per qualche altro anno.
CON TUTTI QUESTI ALBUM ALL’ATTIVO STARÀ DIVENTANDO SEMPRE PIÙ COMPLICATO METTERE INSIEME UNA SCALETTA PER I CONCERTI…
– A volte suoniamo ai festival e ci viene concessa un’ora. Quanto è un’ora per noi? Sono dieci o dodici canzoni… ma abbiamo quasi duecento canzoni nel nostro repertorio. Quindi sì, è sempre una seccatura preparare una scaletta, anche se ovviamente quando siamo headliner in un locale possiamo prenderci più tempo.
Di tanto in tanto cerchiamo di includere brani da tutta la nostra storia per cercare di soddisfare vari tipi di persone e per creare un’atmosfera unica quando siamo sul palco; mettendo insieme pezzi da diversi dischi, facciamo anche in modo di promuovere parte del nostro repertorio che magari la gente non conosce benissimo.
I Rotting Christ sono una band diversa, unica in questo senso. Abbiamo così tanti album, quindi puoi davvero sbizzarrirti a livello di toni e atmosfere.
Sono molto felice quando i giovani, che magari conoscono solo gli ultimi tre album, scoprono, ad esempio, “A Dead Poem” o “Sleep of the Angels”. Per quanto mi riguarda, sono molto orgoglioso, mi sento orgoglioso quando vedo nuove persone che finalmente scoprono tutte queste melodie, tutta la musica che facevo in quei giorni ormai lontani.
Voglio credere che la nostra musica continuerà ad essere ascoltata e che la gente continuerà a scoprire alcune cose interessanti della band, perché i Rotting Christ sono per certi versi una band strana, perché non siamo mai soddisfatti di quello che abbiamo fatto e cerchiamo sempre di evolverci. Per un ascoltatore nuovo, è complicato capire subito il nostro percorso stilistico.
PENSI CHE CI SIA UN ALBUM PARTICOLARMENTE SOTTOVALUTATO NELLA VOSTRO DISCOGRAFIA?
– Sì, c’è un album molto sottovalutato, secondo me, ed è “Sleep of the Angels”. Mi piace perché ha una produzione dal suono molto particolare, ed è un disco molto oscuro, e questo tono mi piace davvero. È cupo, è analogico.
Tutto venne registrato alla vecchia maniera, senza aiuto digitale… lì non c’è niente di digitale. Tutto è registrato come ai vecchi tempi. E le canzoni sono davvero solide, secondo me. Tuttavia, venne pubblicato in un momento un po’ infelice per il metal in generale. Oggi mi piacerebbe riportare quello e altri album sotto i riflettori, curare meglio le prossime ristampe, ecc. C’è chi ha anche suggerito di registrare da capo certi vecchi album, ma non sono del tutto certo che quella sia la strada da imboccare. Per ora meglio pensare a delle ristampe e magari trovare il modo di suonarli dal vivo.
Un altro album a cui mi sono ri-affezionato ultimamente è “Khronos”: ha alcuni brani molto belli, c’è una cover di “Lucifer Over London” dei Current 93 e la produzione è molto diversa dai nostri standard… Un album dal suono molto audace, registrato in Svezia. È un capitolo speciale con un suono speciale, tanto che vorrei lasciarlo così per sempre.
DOPO QUEL LAVORO FU IL TURNO DI “GENESIS”, UN DISCO CHE MI PIACQUE PARECCHIO ALLA SUA USCITA…
– Con “Genesis” cercammo di fare nuovamente qualcosa di più melodico. Mi piace molto l’ultima canzone di quell’album, “Under the Name of Legion”. La suoniamo ancora dal vivo.
HO UNA DOMANDA SUI VOSTRI CONCERTI: UNA COSA CHE HO NOTATO, ANCHE IN QUELLE OCCASIONI IN CUI NON AVETE MOLTO TEMPO A DISPOSIZIONE, È CHE SUONATE SEMPRE LA COVER DI “SOCIETAS SATANAS” DEI THOU ART LORD. PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE PER TE?
– È un piccolo tributo ad una band che non ha mai suonato dal vivo. Voglio presentare questo pezzo di storia del metal ellenico al nostro pubblico.
Inoltre ha uno stile molto diverso da quello di buona parte del nostro repertorio recente, quindi aiuta a vivacizzare il concerto, a renderlo più ritmato e aggressivo per qualche minuto. M piace vedere la gente divertirsi e pogare, come appunto fanno sempre con questa canzone.
VOLEVO POI CHIEDERTI QUALCOSA SULLE TUE USCITE DA SOLISTA. HAI INIZIATO A PUBBLICARE MATERIALE DA SOLISTA UN PAIO DI ANNI FA. TI È VENUTA VOGLIA DI SPERIMENTARE CON L’AUTOPRODUZIONE DURANTE LA PANDEMIA?
– Esattamente. Si è trattato di vari esperimenti. Volevo suonare tutti gli strumenti, sfogarmi e pubblicare musica senza etichette, senza chiedere soldi alla gente. L’ho fatto durante la pandemia, quindi ho avuto tutto il tempo per imbarcarmi anche in questa avventura. Ora, non so se avrò sempre abbastanza tempo, ma mi piacerebbe continuare a offrire musica gratuitamente alle persone tramite i miei canali, senza grandi pretese, solo per condividere qualcosa con la gente.
Viviamo in un mondo nuovo, ma abbiamo ancora bisogno di alcune lezioni dal vecchio mondo.
PRENDERESTI IN CONSIDERAZIONE L’IDEA DI FARE TUTTO DA SOLO, SENZA CASA DISCOGRAFICA, ANCHE PER I ROTTING CHRIST?
– Credo che lavorare così per un gruppo come i Rotting Christ sarebbe un azzardo. Un’etichetta ti facilita le cose sotto tanti aspetti. Non sempre andiamo d’accordo su tutto, ma sono un male necessario, in un certo senso. Sarebbe difficile fare tutto da soli.
In passato ho combinato qualche pasticcio, tra contratti e altro, tanto che oggi ci sono ristampe di alcuni nostri vecchi album che non so esattamente da dove saltino fuori. Oggi preferisco affidarmi a un partner consolidato come la Season Of Mist e limitare gli esperimenti in quel senso.
Sono più bravo con gli strumenti che con le scartoffie burocratiche. L’importante, comunque, è che ogni disco sia in qualche modo disponibile là fuori e che la gente abbia modo di ascoltarli liberamente.