Dopo averci piacevolmente convinto con il nuovissimo album “The Great War”, decisamente più ispirato e coinvolgente, rispetto al suo fin troppo smielato predecessore, i Sabaton giungono alle nostre porte in veste di messaggeri di guerra, in modo da poterci raccontare tutti i vari atti della campagna che ha portato alla nascita di un lavoro che, a pochi giorni dall’uscita, si sta già piazzando all’interno delle classifiche di tutto il mondo. In particolar modo, il simpatico e corpulento frontman Joakim Brodén, vera mente dietro tutto ciò che riguarda una delle power metal band del nuovo millennio, si è dimostrato disponibile ed entusiasta della possibilità di narrarci numerosi aneddoti riguardanti non solo la nascita dell’album, ma anche retroscena e iniziative da parte della formazione svedese più popolare degli ultimi anni. A questo punto, invitiamo tutti i soldati ad imbracciare il fucile, prendere posizione in trincea e prepararsi per ricevere ulteriori istruzioni. Buona lettura!
CIAO JOAKIM! LE DIFFERENZE DEL NUOVO LAVORO RISPETTO A “THE LAST STAND” APPAIONO PIUTTOSTO EVIDENTI, MA VORREMMO CONOSCERE DA TE IL PROCESSO ARTISTICO CHE HA PORTATO ALLA REALIZZAZIONE DI “THE GREAT WAR”.
– Ciao a tutti! Partirei ovviamente dal concept: rispetto al predecessore, infatti, il nuovo album vuole soffermarsi su un unico periodo storico, e per l’esattezza uno dei più bui e devastanti dell’intera storia dell’umanità. Con un tema come questo, non è stato semplice riuscire a mettere insieme dei testi epici e, soprattutto, delle composizioni che riflettessero in maniera adeguata le atmosfere e le caratteristiche principali di quegli anni. Da ciò ne è derivato un prodotto sicuramente più oscuro e drammatico, rispetto al mood decisamente più allegro di “The Last Stand”, in cui anche le tastiere e le melodie zuccherine erano decisamente più presenti; tutto questo senza sfociare in qualcosa di depresso, ma piuttosto io lo definirei emozionale e coinvolto. Anche con la produzione, naturalmente, è stato necessario applicarsi per fornire il giusto apporto a un lavoro che, come si può ben immaginare, non si compone di solo songwriting e/o tecnica esecutiva; senza un buon lavoro in studio, ricreare un contesto come quello selezionato non sarebbe stato possibile.
COME MAI, A QUESTO GIRO, LA SCELTA È RICADUTA PROPRIO SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE?
– In verità avevamo già cominciato a maturare l’idea ai tempi di “The Art Of War”, all’interno del quale troviamo infatti ben due brani con la suddetta collocazione temporale, ovvero “The Price Of A Mile” e “Cliffs Of Gallipoli”. In questo caso l’occasione è giunta, in un certo senso, da due fronti: da una parte, le prime bozze di songwriting per il nuovo album in cui abbiamo avuto modo di cimentarci, seppur ancora in maniera relativamente distaccata, sono risultate particolarmente oscure e massicce, rispetto a quanto ci aspettavamo originariamente, ma ci piacevano e abbiamo deciso di tenerle; tutto mentre si avvicinava il centesimo anniversario dalla fine della prima guerra mondiale, il che ci ha fornito una volta per tutte l’idea e la consapevolezza di ciò che potevamo raccontare all’interno del nuovo prodotto.
A TAL PROPOSITO, È DAVVERO INTERESSANTE LA SCELTA DI PROPORRE LA COSIDDETTA ‘HISTORY EDITION’, DOTATA DI UNA VERA E PROPRIA NARRAZIONE PRIMA DI OGNI BRANO. QUESTO FA PARTE DELLA VOSTRA INTENZIONE DI RACCONTARE UNA STORIA?
– Sicuramente, e ti dirò di più! Per come concepisco io il sapore particolare che abbiamo voluto dare a “The Great War”, credo che la History Edition rappresenti il giusto modo in cui ci si dovrebbe approcciare all’ascolto; o per lo meno per quanto riguarda i momenti in cui ci si può permettere di essere particolarmente concentrati. Se poi lo si vuole mettere a tutto volume in una circostanza più distaccata e/o goliardica, tipo durante una grigliata con gli amici, si può tranquillamente optare per la versione standard, ma in altri momenti di rischia di tralasciare una parte dello spirito narrativo di “The Great War”. Anzi, è una soluzione che spero di aver modo di utilizzare anche all’interno delle nostre produzioni future.
PER LA PRIMA VOLTA, DAI TEMPI DI “ATTERO DOMINATUS” L’ALBUM ESCE NON A DUE, MA A TRE ANNI DI DISTANZA DAL PREDECESSORE, COM’È STATO INVESTITO IL MAGGIORE TEMPO A DISPOSIZIONE?
– Sicuramente le nuove dimensioni, raggiunte dalla band negli ultimi anni, hanno reso in parte più difficile potersi dedicare, con tutta la cura necessaria, alla stesura di un nuovo album. Partendo naturalmente da un tour imponente come quello che è seguito all’uscita del nostro lavoro precedente, caratterizzato da molteplici elementi su cui è stato necessario convogliare le nostre attenzioni: non solo per via del tempo che avremmo inevitabilmente speso ben lontani da casa e studio, ma anche per proporre uno spettacolo completo e al passo coi nostri tempi di crescita come band all’interno della scena. Tuttavia, è anche vero che l’album era già praticamente pronto a febbraio, anche se abbiamo preferito non far trapelare informazioni in merito prima di una certa data. Nel frattempo, ci siamo dedicati alla realizzazione dei singoli e dei video che abbiamo rilasciato negli ultimi mesi, tra cui anche “Bismarck”, “Fields Of Verdun”, “The Red Baron” e così via.
ANCHE LA COPERTINA HA FATTO MOLTO PARLARE DI SÉ, SIA PER LA SUA REALIZZAZIONE DAVVERO IMPECCABILE, SIA PER QUANTO RIGUARDA QUELLA DERIVA QUASI MACABRA CHE SI PUÒ SCORGERE IN PIÙ DI UN DETTAGLIO. COME SIETE GIUNTI AL RISULTATO FINALE?
– Il primo elemento su cui ci siamo soffermati è sicuramente la figura centrale del ‘quadro’, ovvero il soldato con il volto tra le mani, e che originariamente avrebbe dovuto indossare una maschera anti-gas, se ben ricordo. Inizialmente ammetto che ero titubante per il risultato, un po’ per la somiglianza con quella di “The Last Stand”, senza però quella parvenza facilmente assimilabile e alla portata di molti, per via della drammaticità che traspare. Tuttavia, dopo alcuni minuti passati a osservarla, ha cominciato a trovare un equilibrio sempre maggiore all’interno della mia mente, il che mi ha permesso di sperare che potesse colpire allo stesso modo anche gli ascoltatori che avrebbero comprato l’album. Naturalmente sono stati aggiunti numerosi dettagli per renderla più completa e interessante, a partire da un campo di battaglia più realistico possibile, fino alle forme dei teschi all’interno della cortina fumogena.
L’ALTRA NOVITÀ FICCANTE IN CASA SABATON È, NATURALMENTE, IL NUOVO CANALE YOUTUBE A TEMA STORICO. COM’È SOPRAGGIUNTA UN’IDEA COSÌ PARTICOLARE E POTENZIALMENTE INTERESSANTE?
– Anche in questo caso si tratta di un desiderio che in casa Sabaton covavamo ormai da parecchio tempo, anche se c’è voluto un po’ per dargli una forma effettivamente realizzabile; sia che si trattasse di un documentario, di un film o di una mini-serie, dovevamo riuscire a trovare un modo per proporre ciò che avevamo in mente. Ovviamente abbiamo escluso in relativamente poco tempo l’idea del film, optando piuttosto per un canale YouTube, prendendo ispirazione direttamente dal canale che porta il medesimo nome del nostro ultimo album “The Great War”: una programmazione settimanale, in cui si va ad approfondire numerose tematiche che si possono trovare già all’interno di molti dei nostri brani e dei rispettivi testi. Il tutto non solo per promuovere, anche a livello narrativo, la nostra musica, ma anche per riportare all’attenzione dei nostri ascoltatori dei momenti e degli episodi storici che vale la pena ricordare e/o conoscere; senza comunque voler fare la parte degli esperti o dei professionisti, dal momento che siamo dei semplici amatori e tali vogliamo rimanere.
DAL MOMENTO CHE UNO SHOW DEI SABATON NON PUÒ CONSIDERARSI TALE SENZA LE PARTICOLARI SCENOGRAFIE, GLI EFFETTI, ECCETERA. COS’AVETE IN MENTE PER IL PROSSIMO TOUR DEDICATO AL NUOVO ALBUM?
– Naturalmente abbiamo cercato di prendere più ispirazione possibile dalla prima guerra mondiale, quindi con numerosi orpelli provenienti direttamente dalle situazioni belliche di quel periodo; all’infuori del carro armato, che è stato semplicemente spostato in un contesto differente, per ragioni anche abbastanza ovvie. Invece, per quanto riguarda gli effetti pirotecnici, naturalmente ne aggiungeremo di nuovi, spostando quelli che già utilizziamo in posizioni tattiche e d’effetto. Tra l’altro, è stato interessante studiare delle soluzioni che si prestassero bene ai vari tipi di palco su cui avremo modo di esibirci: in America, ad esempio, è consuetudine per noi calcare dei palchi più piccoli rispetto a quelli cui siamo abituati in Europa, e va da sé che questo comporti delle differenze in termini scenografici, per ragioni di spazio. Abbiamo anche qualcosa di speciale che riserveremo per i palchi più grandi, basato sulle dimensioni degli stage principali del Wacken Open Air, che sono ben più grandi della stragrande maggioranza di quelli che si vedono solitamente.
VISTO CHE LO HAI MENZIONATO, VUOI ACCENNARE QUALCOSA IN MERITO ALLO SHOW IN PROGRAMMA AL WACKEN OPEN AIR?
– Non volendo anticipare più del necessario, mi limito a far presente che si tratta, almeno per noi, di qualcosa che non è mai stato fatto prima, e che potrebbe anche non essere fatto mai più. Anche per Wacken si tratterà di qualcosa di davvero speciale, e che ci auguriamo verrà ricordato veramente a lungo da tutti coloro che avranno modo di presenziare.
CAMBIANDO ARGOMENTO, VORREMMO FARE UN BALZO INDIETRO FINO AL MOMENTO IN CUI I SABATON SONO DIVENUTI CIÒ CHE SONO ORA. COME SIETE PASSATI DAI TESTI INIZIALMENTE PIUTTOSTO DERIVATIVI, AL VOSTRO FORMAT ORMAI ICONICO?
– Faccio a meno di dirti che è con “Primo Victoria” che tutto ha preso la giusta direzione, anche perché prima, detto con tutta la sincerità, scrivere i testi per le canzoni era vissuto, da me personalmente, quasi come una sorta di impiccio necessario per poter portare le canzoni on stage. Col passare del tempo, però, ho cominciato a maturare la voglia di cantare qualcosa che si distanziasse dai classici testi power metal in cui si cavalcano, uccidono o fottono draghi (ridiamo, ndR). Il nostro D-day, se così vogliamo definirlo, è avvenuto in concomitanza della commemorazione dello sbarco in Normandia, evento sul quale si basa il testo stesso di “Primo Victoria”, dopo la quale ci siamo guardati e abbiamo deciso che, forse, valeva la pena continuare a insistere con delle tematiche riguardanti la guerra o la storia, e che potessero dare un tocco personale alla nostra musica e, nel contempo, enfatizzare quel retrogusto belligerante che non nuoce mai in una produzione di genere metal.
COME TI SENTI AL PENSIERO CHE MOLTE PERSONE, SOPRATTUTTO GIOVANI, ABBIANO INIZIATO AD APPASSIONARSI AI SUDDETTI ARGOMENTI PROPRIO ASCOLTANDO LA MUSICA DEI SABATON?
– Oh beh, ammetto francamente che non è mai stato l’obbiettivo principale dei Sabaton quello di insegnare semplicemente la storia tramite l’ausilio della musica heavy metal, però ammetto che, se davvero delle persone hanno scoperto un interesse in tutto ciò grazie alla nostra musica, non possiamo che andarne enormemente fieri ed esserne entusiasti. Se ci pensi, molto spesso la storia viene raccontata, soprattutto nei libri di storia, in una maniera anche piuttosto noiosa e ridondante, tralasciando anche determinati episodi e personaggi, come ad esempio un Lawrence d’Arabia, che, forse, meriterebbero un’attenzione maggiore anche da parte di insegnanti e istituzioni. Molti ignorano la quantità incredibile di materiale interessante ed avvincente, eppure così scarsamente trattato, che si può trovare con un minimo di dedizione; e il pensiero di aver dato un contributo alla diffusione di determinati racconti e informazioni, più o meno tralasciate, non può che farci sentire enormemente soddisfatti.
VIRANDO SU TERRITORI UN PO’ PIÙ NERD: RICORDIAMO TUTTI LA VOSTRA APPARIZIONE ALLA FIERA VIDEOLUDICA PIÙ GRANDE D’EUROPA, OSSIA LA GAMESCOM. PENSI CHE IN FUTURO POTREMO VEDERE I SABATON COINVOLTI NELLA REALIZZAZIONE DI UNO O PIÙ VIDEOGIOCHI? COME DESCRIVERESTI IL TUO RAPPORTO CON ESSI?
– Se da una parte non vedo molto bene i Sabaton intenti a realizzare un videogioco, dall’altra li vedo maledettamente bene nella possibilità di cooperare per poter fornire un’impronta personale, passando per la colonna sonora o facendo qualche apparizione in qualcosa di inerente quelle che sono le nostre tematiche. In quanto uomo nato all’inizio degli anni ’80, ho avuto modo di vedere l’ascesa del fenomeno videoludico, che è passato dall’essere un hobby di nicchia, a quello che è forse il sistema di intrattenimento più popolare al mondo, secondo solo al cinema; e il periodo in cui questa passione ha iniziate a sdoganarsi è stato al momento in cui la Nintendo era la compagnia dominante del mercato con la sua console a 8 bit. Da lì si è passati ai 16 bit e così via fino ai prodotti moderni, che possono essere gustati persino su un tablet, con la conseguenza di rendere molto più facili i nostri noiosissimi viaggi in aereo (ridiamo, ndR); anche se io, personalmente, non condivido del tutto questa piega che stanno prendendo molti prodotti moderni, in cui è necessario essere perennemente connessi online, invece di godersi una sana campagna single-player in cui sono il gameplay e la storia a farla da padrone, magari anche in cooperativa locale. Magari, almeno nei gdr, evitando di circondarsi di amici infami che ti fregano i punti esperienza, tirando una freccia al nemico che tu hai ridotto in fin di vita a suon di bestemmie e spadate (ridiamo, ndR).
PRIMA DI CONCLUDERE, IN QUANTO AMANTE DELLA MUSICA E FRONTMAN DI UNA BAND SULLA CRESTA DELL’ONDA, QUALE PENSI DOVREBBE ESSERE LA GIUSTA ATTITUDINE DI UN APPASSIONATO DI HEAVY METAL PER APPROCCIARSI AL FUTURO DEL GENERE?
– Credo che bisognerebbe tornare a dare importanza al comparto emozionale della musica, invece di continuare a costruire castelli relativamente inutili su tutto ciò che dovrebbe essere mosso, prima di tutto, dall’emozione. Ogni giorno si leggono sproloqui di ogni genere da parte di persone che continuano a idealizzare tutto, dimenticandosi totalmente di quello che la musica dovrebbe rappresentare, e facendo anche figure abbastanza ridicole in determinate situazioni, tipo quando fai ascoltare a qualcuno un brano di una band che affermano di disprezzare, e se non gli dici di chi si tratta, li vedi esaltarsi come bambini. Inoltre, molti dicono che la musica metal è in una fase morente, e sarei stato d’accordo fino a tipo quindici anni fa; ma ora, con un po’ di apertura mentale, non è difficile accorgersi che la scena si sta ripopolando di una folta schiera di artisti, anche tra quelli dediti alle sonorità più melodiche, epiche e sognanti, in grado di ricolorare un mondo che era diventato grigio. Però, chiaramente, bisogna anche avere la giusta predisposizione per apprezzare ciò che il mercato può offrire, e finché si vive nel passato non sarà mai possibile andare avanti.