Alzi la mano chi non vede l’ora di assistere al concerto che i Sadist terranno all’imminente seconda edizione del Metalitalia.com Festival, in cui il gruppo ligure riproporrà il proprio storico debut album, “Above The Light”, per intero con l’ausilio di un quartetto d’archi! Questo monumentale esempio di progressive death metal compie vent’anni proprio quest’anno e, anche con la scusa di sapere qualcosa in più sulla nuova opera solista di Tommy Talamanca – “Na Zapad”, ora disponibile su Nadir Music – abbiamo deciso di andare a riscoprirlo, facendo qualche domanda al noto chitarrista/tastierista, che ovviamente visse in prima persona la genesi dell’album e gli echi che questo generò nella scena metal internazionale. Buona lezione di storia e appuntamento al prossimo 11 maggio!
“ABOVE THE LIGHT” COMPIE VENT’ANNI. COME PERCEPISCI QUESTO LASSO DI TEMPO? TI ‘SEMBRA IERI’ OPPURE SEI DELL’OPINIONE CHE SIA EFFETTIVAMENTE UN PRODOTTO DEL 1993, LEGATO AD UN’ALTRA EPOCA?
“Che dire, il tempo vola quando ci si diverte… Per me non è facile parlare di un disco che ho realizzato quando io ed Andy eravamo poco più che adolescenti. A posteriori, dire che un disco che mischiava barocchismi, thrash/death metal, assoli malmsteeniani, sintetizzatori e reminescenze prog vent’anni fa era sicuramente ‘avanti’ è presuntuoso: la verità è che suonavamo tutto quello che ci passava per la testa senza chiederci se un assolo di flauto ‘agreste’ prima e dopo un riff slayeriano fosse appropriato. Certo, riascoltato oggi il disco ha le sue pecche, ma resta quella genuina incoscienza tipica della giovinezza e figlia di un’epoca che sembra lontana anni luce se paragonata all’’era di photoshop’ in cui stiamo vivendo!”.
IL DISCO È ANCORA OGGI CONSIDERATO COME UNA DELLE VOSTRE OPERE MIGLIORI. PER TANTI FAN È PERSINO IL VOSTRO CAPOLAVORO. D’ALTRONDE, SI SA CHE, SOPRATTUTTO TRA I METAL FAN, ‘IL PRIMO ALBUM È SEMPRE IL MIGLIORE’. TU COME LO VEDEVI ALL’EPOCA? HAI PENSATO SUBITO DI AVER REALIZZATO UN ALBUM FUORI DAL COMUNE? E COSA NE PENSI OGGI?
“Oggi sono probabilmente più distaccato e riesco a rileggere quell’epoca sotto una luce più benevola, senza preoccuparmi troppo di quello che la gente pensa, non soltanto di quel disco ma della carriera dei Sadist in generale. Non voglio dire cosa penso riguardo ad ‘Above…’, sia o non sia un capolavoro: ancora oggi l’unica cosa che conta veramente è fare la propria musica in modo sincero, andando incontro al giudizio degli altri senza paura e consci del fatto che non si può piacere a tutti. Questo è il motivo per cui oggi mi sono preso la briga di realizzare un album ostico e stravagante come ‘Na Zapad’, conscio del fatto che i ‘duri e puri’ molto probabilmente non lo capiranno! Ma il tempo è sempre galantuomo: ricordo molto bene i commenti all’uscita di ‘Above…’; certo, per lo più positivi, ma nessuno aveva gridato al miracolo… va bene così, trovo la dietrologia una debolezza tutto sommato veniale dell’animo umano”.
CERTI COMMENTI E PRESE DI POSIZIONE IN MERITO AD “ABOVE…” TI HANNO MAI MESSO ADDOSSO PRESSIONE, MAGARI QUANDO SI TRATTÒ DI SCRIVERE IL SUO SUCCESSORE “TRIBE”? E, IN SEGUITO, TI SEI MAI SENTITO FRUSTRATO QUANDO, ANCHE A FRONTE DELLA PUBBLICAZIONE DI ALTRI ALBUM, FAN E MEDIA HANNO CONTINUATO A VEDERLO COME IL VOSTRO APICE?
“‘Tribe’ ha avuto una genesi piuttosto stravagante: io avevo cominciato a portare demo dei brani interamente realizzati da me e già completi di parti di batteria, molte delle quali sono poi piaciute a Peso, che le ha riadattate al suo stile. Fino a poco prima componevamo esclusivamente in sala prove, poi, con l’uscita di Andy dalla band, le cose hanno preso una piega un po’ diversa. Sicuramente ‘Tribe’ è un disco più freddo e calcolato, se paragonato al nostro debutto. Io personalmente ero forse troppo concentrato su me stesso e non così tanto sul sound generale delle canzoni. Ma all’epoca probabilmente non ci rendevamo conto di quanto il processo compositivo avrebbe influito sul sound della band. In generale, ‘Tribe’ ha diviso il pubblico, ma è servito a far capire che il carattere principale della band era appunto l’imprevedibilità, il non ripetere sempre lo stesso clichè. Commercialmente siamo stati dei pazzi: di lì a poco sarebbe esploso il trend del black metal sinfonico e se avessimo soltanto calcato la mano su alcuni aspetti presenti su ‘Above…’ avremmo probabilmente cavalcato l’onda dei vari Cradle of Filth e Dimmu Borgir…”.
“ABOVE THE LIGHT” È UNO DEI PRIMI ESEMPI DI PROGRESSIVE DEATH METAL E CERTAMENTE UNO DEI PRIMI ALBUM DEATH METAL IN CUI LE TASTIERE HANNO UN RUOLO DI PRIMO PIANO. QUALI ERANO LE VOSTRE INFLUENZE MUSICALI ALL’EPOCA? IMMAGINO CHE I NOCTURNUS ABBIANO RIVESTITO UNA CERTA IMPORTANZA, MA ANCHE LA MUSICA CLASSICA, O SBAGLIO?
“All’epoca esistevano nella band due anime ben distinte: una legata al death più classico ed una di derivazione più spiccatamente prog. L’intuizione davvero geniale è probabilmente da attribuire a Peso, credo che sia stato lui a spingere per l’inserimento delle tastiere all’epoca della registrazione del nostro primo EP ‘Black Screams’. Tutti ascoltavamo ed ammiravamo i Nocturnus, ma credo che tra le due band ci fosse una differenza sostanziale. Inoltre, la necessità di gestire i due strumenti con un unico musicista anche in sede live ha definitivamente marcato la distanza tra le due band; basti pensare che, a parte la peculiarità di essere le uniche band in campo estremo ad utilizzare attivamente le tastiere, nessuno ha mai trovato altre affinità tra Sadist e Nocturnus”.
RICORDO CHE IN UNA VECCHIA INTERVISTA PER UN’ALTRA TESTATA MI FACESTI CAPIRE CHE CONSIDERAVI “TRIBE” UNA SORTA DI DISCO SOLISTA, IN CUI AVEVI ECCEDUTO NEL RECITARE LA PARTE DEL LEADER. PRESUMO INVECE CHE LA STESURA DI “ABOVE THE LIGHT” AVVENNE IN CIRCOSTANZE DIFFERENTI. QUANTO CONTRIBUIRONO ANDY E PESO ALLA STESURA E ALLA RIUSCITA DI QUESTO LAVORO?
“Peso è stato il motorino di avviamento della band, ma Andy è sempre stato il mio alterego compositivo nei Sadist, e l’unico disco dove questa figura era venuta meno è appunto ‘Tribe’. Per questo motivo, anche se sarebbe probabilmente stato più logico chiamarlo a suonare sul mio disco solista, per ‘Na Zapad’ ho preferito registrare personalmente anche il basso, esasperando quello che avevo già un po’ fatto su ‘Tribe’. Andy è in assoluto il mio bassista preferito ed uno dei musicisti più talentuosi che conosco, e credo che lavorare con lui in tandem caratterizzi il sound Sadist in modo sostanziale. Su ‘Tribe’ ha preso forza il lato sperimentale della band, lasciando forse in secondo piano l’animo più cupo ed intimista presente su ‘Above…’. Credo che l’equilibrio perfetto la band lo abbia trovato soltanto nel 2007, con l’album ‘Sadist’, per quel che conta a mio parere l’album migliore che la band abbia mai realizzato”.
L’ALBUM VENNE REGISTRATO A CATANIA CON ALBERTO PENZIN DEGLI SCHIZO IN VESTE DI PRODUTTORE. DIREI CHE, CONOSCENDO LE DIFFICOLTÀ NEL REGISTRARE METAL IN ITALIA ALL’EPOCA, I RISULTATI OTTENUTI FURONO PIÙ CHE BUONI. COSA RICORDI DI QUELLE SESSIONI? LA SICILIA, ANCHE CASA DELLA NOSFERATU RECORDS, VOSTRA ETICHETTA DELL’EPOCA, FU LA PRIMA OPZIONE PER LE REGISTRAZIONI?
“Ricordo che io ed Andy eravamo due sbarbatelli; chi aveva un poco più di esperienza era Peso e noi ci siamo affidati a lui, preoccupandoci di altri aspetti rispetto alla scelta del produttore, che, nell’underground metal italiano di quegli anni, era comunque una figura un po’ fumosa. Quello che veramente ricordo di quelle sessioni sono gli aspetti più folcloristici: ad esempio, lo studio era in una zona di Catania piuttosto ‘pesante’ e ci era stato consigliato di muoverci con circospezione. E’ stata l’esperienza umana e professionale tra le più stressanti della mia vita, ma molto formativa e, nonostante gli errori fatti, a distanza di anni sono convinto che quell’esperienza abbia influenzato il mio percorso di musicista e, ancor di più, di produttore”.
VI È UN BRANO NELL’ALBUM CHE ANCORA OGGI TI DÀ I BRIVIDI? E QUAL È INVECE QUELLO CHE OGGIGIORNO MODIFICHERESTI MAGGIORMENTE?
“Un disco è come una Polaroid: non la si può andare a ritoccare con photoshop una volta fatta. Come già detto, dopo tanti anni impari ad essere benevolo nei confronti degli errori, tuoi e delle persone con cui lavori. Inoltre, un disco è un tutt’uno organico, ha una sua logica e non puoi prescindere da questo. Sarebbe come leggere un libro saltando dei capitoli e stupirsi se alla fine ci sembra di non avere capito bene cosa l’autore volesse comunicare. In sede live ci sono brani che funzionano meglio ed altri che risultano meno immediati, ma in generale resta un disco particolare, e se tanta gente vi è così affezionata forse valeva la pena farlo come lo abbiamo fatto”.
HAI SEMPRE ASCOLTATO “ABOVE THE LIGHT” IN QUESTI ANNI? SEI UNA PERSONA CHE RIASCOLTA LA PROPRIA MUSICA?
“Non riascolto troppo la mia musica, a meno che, per motivi professionali, non vi sia costretto. Nei Sadist, da qualche disco a questa parte, rivesto anche il ruolo di produttore artistico e quindi, volente o nolente, arrivo ad ascoltare i nostri lavori fino all’esasperazione. Con i lavori più datati, i sentimenti sono spesso contrastanti, ma prevale per lo più la tenerezza nei confronti di un’epoca in cui fare dischi era molto più eccitante. Con ‘Na Zapad’, per esempio, prima di cominciare a registrare le tracce definitive ho fatto un lungo lavoro di selezione della musica da me scritta nel corso di oltre quindici anni, molta della quale pensata inizialmente per Sadist, e poi, prima di chiudere la fase di mastering, ho riascoltato il disco nei contesti più svariati; ma diciamo che questo processo è oramai una necessità lavorativa più che un piacere”.
TROVASTE COMPLICATO RIPROPORRE QUESTA MUSICA DAL VIVO ALL’EPOCA? DOVE ERAVATE SOLITI ESIBIRVI? COME REAGIVANO GLI ASCOLTATORI OCCASIONALI DAVANTI ALL’USO DELLE TASTIERE? IMMAGINO ABBIA DESTATO SCALPORE ANCHE IL FATTO CHE TU SUONASSI TASTIERE E CHITARRA ALLO STESSO TEMPO…
“Le difficoltà rendono le sfide più interessanti ed un live è sempre, per un verso o per l’altro, una sfida. Non ricordo come sia nata l’idea di suonare tastiere e chitarra contemporaneamente: sono così tanti anni che lo faccio che, quando mi capita di suonare su un palco solo uno strumento, mi sento nudo! Personalmente mi reputo un musicista live, costretto, per motivi professionali, a passare molto più tempo in studio che non sul palco. L’aspetto divertente è che, i primi tempi, alcune persone non credevano che io suonassi veramente le tastiere, altri pensavano che avessi qualche amplificatore miracoloso che facesse suonare la chitarra in qualche modo strano… Di contro, non capisco le band che suonano con delle basi pre-registrate, o meglio, lo capisco ma non fa per me, non lo trovo eccitante!”.
COSA DISSE DI VOI E DELL’ALBUM LA STAMPA SPECIALIZZATA ALL’EPOCA? RICORDI UN COMMENTO PARTICOLARMENTE ENTUSIASTA O UNO MOLTO NEGATIVO O, A DETTA TUA, FUORI LUOGO?
“Naturalmente nessuno all’inizio parlava di capolavoro: come già detto, le critiche erano in generale positive ma, come sempre è successo con Sadist e come sta ora succedendo anche con il mio disco solista, spesso un po’ fredde. Per fortuna all’estero non era così e la forza della band è sempre stata appunto quella di non chiudersi in un campanilismo senza prospettive, ma mettersi in discussione affacciandosi sul mercato globale. Certo, la proposta musicale ostica non avrebbe mai potuto attecchire sulle grandi masse, e del resto quando abbiamo provato a rendere il nostro sound più in sintonia con i tempi (all’epoca di ‘Lego’) l’abbiamo pagata cara!”.
HAI IDEA DI QUANTE COPIE ABBIA VENDUTO AD OGGI L’ALBUM?
“L’album, tra varie licenze in giro per il globo, ristampe successive, non ha mai smesso di vendere, e sul fronte digitale non ho dati precisi alla mano. Mettiamola così, per essere un disco così fuori dai canoni, possiamo considerarlo un disco di successo, seppur in un contesto non mainstream”.
PENSI CHE “ABOVE THE LIGHT” FOSSE UN PRODOTTO TROPPO ‘AVANTI’ PER L’EPOCA? PENSI CHE SE FOSTE STATE STATUNITENSI O NORDEUROPEI “ABOVE THE LIGHT” E I SADIST IN GENERALE AVREBBERO POTUTO RAGGIUNGERE UNA POPOLARITÀ ANCORA MAGGIORE? HAI QUALCHE RIMPIANTO?
“Quello della nazionalità delle band metal è un argomento che mi infastidisce parecchio. E’ molto facile recriminare quando non si ha in concreto la controprova che le proprie recriminazioni sono puerili! Io sono di Genova, concittadino di Renzo Piano, uno che, continuando a vivere a Genova, ha conquistato il mondo! Nascondersi dietro ad un dito non serve a niente: la proposta musicale Sadist è e resta una proposta per pochi. All’inizio forse non ce ne rendevamo conto, oggi io personalmente ne sono orgoglioso, tanto che, avendo deciso di realizzare un album solista, ho fatto, come già con Sadist, qualche cosa che andasse testardamente controcorrente! Alla fine i discorsi passano, i fatti restano: la popolarità su larga scala è un parametro universalmente riconosciuto e non voglio fare lo snob dicendo che non è importante! Ma tutto ha un prezzo e la maggior parte degli artisti che prendo ad esempio, da Lisa Gerrard ai Cynic, restano artisti per un’elite. Certo, esistono le eccezioni, come Sting o Bjork, che mantengono una credibilità artistica ‘nonostante’ il successo su larga scala, ma sono appunto eccezioni”.
SENTI L’INFLUENZA DEI SADIST IN ALCUNE BAND DI OGGI?
“Assolutamente sì, ma non voglio fare nomi, perchè chi non conosce la storia dei Sadist non sarebbe d’accordo col sottoscritto e chi invece segue la band dall’inizio ha ben chiaro quali band hanno ascoltato Sadist almeno una volta nella vita”.
LA SCENA EXTREME METAL ITALIANA È CAMBIATA PARECCHIO IN QUESTI VENT’ANNI. IN MEGLIO O IN PEGGIO, SECONDO TE? SEGUI I GRUPPI NOSTRANI DI OGGI?
“Da produttore, non solo metal, devo e voglio restare costantemente aggiornato sui trend e gli stili delle nuove band, se non altro per non sembrare più vecchio di quello che sono quando lavoro con le band più giovani. Le cose cambiano, non in meglio e non in peggio, semplicemente cambiano… La tentazione di fare dietrologia va sempre combattuta, perchè la dietrologia, sterile recriminazione di persone invecchiate precocemente, non ci fa cogliere lo spirito del tempo in cui viviamo, che è fatto di lati positivi e di lati negativi”.
“ABOVE THE LIGHT” VERRÀ RIPROPOSTO PER INTERO E CON IL SUPPORTO DI UN QUARTETTO D’ARCHI PER LA PRIMA VOLTA ALL’IMMINENTE METALITALIA.COM FESTIVAL. COME VI È VENUTA QUESTA IDEA E COSA DEVONO ASPETTARSI I VOSTRI FAN?
“La voglia, sempre e comunque, di trovare nuove sfide, nuovi stimoli artistici e professionali. Questo del quartetto è un bell’esperimento, le prove procedono in modo fruttuoso e sono sicuro che la proposta sarà accolta con entusiasmo dal pubblico; molti tabù, anche tra i rockettari ed i metallari, sono per fortuna venuti meno, ed oggi è più facile sperimentare anche dove, forse, sarebbe più saggio fare il minimo sindacale”.
PENSI CHE LA COMPONENTE ORCHESTRALE POSSA ESSERE ALLARGATA ANCHE AD ALTRI VOSTRI BRANI/ALBUM?
“Sarebbe banale allargare l’esperimento a tutto il nostro repertorio, svilirebbe l’operazione in sè, rendendola prevedibile. Serializzarci non ha mai fatto parte del nostro stile, anche quando, soprattutto ad inizio carriera, sarebbe stato sicuramente più ‘furbo’! Piuttosto, speriamo che questo esperimento possa essere riprodotto in altre sedi, dando la possibilità di essere visto anche da parte di quei fan che, per motivi logistici, non riusciranno a vederlo la prima volta. Tutto dipenderò dalla risposta del pubblico e, soprattutto, da quanto tempo ci metteremo a comporre e registrare il prossimo album!”.
SU COSA STANNO LAVORANDO I SADIST IN QUESTO PERIODO, OLTRE OVVIAMENTE ALLA PREPARAZIONE DI QUESTE SPECIALE CONCERTO? “SEASON IN SILENCE” RISALE ORMAI AL 2010. VI È UN NUOVO ALBUM ALLE PORTE?
“Siamo una band terribilmente lenta sul fronte del songwriting: decisamente non corriamo il rischio di saturare il mercato con i nostri dischi! Da quando la band è ripartita, nel 2005, è riuscita a togliersi parecchie soddisfazioni e, soprattutto, a realizzare due ottimi album. Ora il carico di pressione psicologica, dentro e fuori la band, è sicuramente alto… Inutile girarci intorno, il prossimo disco dovrà essere al di sopra delle aspettative, rischiando magari di spiazzare qualcuno, ma di certo non possiamo adagiarci e fare affidamento solo sul ‘mestiere’. Sarebbe come tradire la nostra storia, così travagliata ma anche così viva!”.
TOMMY, DI RECENTE HAI APPUNTO PUBBLICATO L’ALBUM SOLISTA “NA ZAPAD”. VUOI PRESENTARCI E RACCONTARCI I RETROSCENA DI QUEST’OPERA? DA QUANTO CI LAVORAVI? POSSIAMO ASPETTARCI UNA CARRIERA SOLISTA PARALLELA AI SADIST, D’ORA IN AVANTI?
“Ho lavorato a ‘Na Zapad’ per circa sei mesi, sfruttando i pochi ritagli di tempo che ho in Nadir ed approfittando di quest’anno quasi sabbatico che con Sadist ci siamo imposti. Come mi è già successo con Sadist, il disco sta raccogliendo due tipi di responsi: entusiastici da una parte, freddi e distaccati dall’altra, e ciò mi fa ben sperare. Certo, chi si aspetta un album in linea con le produzioni dei chitarristi rock/metal rimarrà parecchio spiazzato, e sono conscio del fatto che questo disco da molti non verrà capito, ma, a differenza di quello che mi succedeva in passato con Sadist, questa volta è stata una scelta ragionata; realizzare un disco per pochi ma che, a quei pochi, arrivi al cuore. Riproporlo in sede live potrebbe non essere così agevole, dal momento che la componente acustica ed etnica è preponderante. Naturalmente sarebbe bello proporlo anche dal vivo, ma non sarebbe pensabile farlo in un contesto tipicamente di club. Tutto dipenderà dal grado di interesse che il disco riuscirà a suscitare nel pubblico. Il tempo dirà se è un buon disco o no, io sono a posto con la mia coscienza”.