Il curriculum di Steve DiGiorgio permetterebbe la stesura di almeno dieci libri di aneddoti su quanto accaduto nella scena heavy metal. Quella che inizialmente doveva essere la classica intervista promozionale per l’uscita del nuovo “Out For Blood” dei Sadus è diventata una chiacchierata-fiume in cui il bassista ha preso in considerazione gran parte della sua carriera e di suoi ricordi relativi alle grandiosi formazioni in cui ha militato. A momenti allegri si sono alternati fasi tristi della sua vita da musicista e persona, come la morte del suo grande amico Chuck Schuldiner ed il destino del disco che insieme hanno scritto con i Control Denied. Una persona umile, schietta e sincera, Steve DiGiorgio ha dimostrato una cordialità che molti colleghi ben meno noti di lui dovrebbero soltanto invidiare. “Out For Blood” è un disco semplicemente letale, e per descriverlo lasciamo la parola al grandissimo Steve.
STEVE, SONO PASSATI DIVERSI ANNI DA “ELEMENTS OF ANGER”. QUANDO E COME AVETE CAPITO CHE ERA ARRIVATO IL MOMENTO GIUSTO PER UN NUOVO DISCO DEI SADUS?
“Sai, mi piacerebbe poterti dire che per noi è sempre il momento giusto per registrare un disco, ma devi fare i conti con qualcosa più grande di te, la vita! In tutti questi anni siamo stati separati a causa dei nostri lavori, delle altre band in cui ho suonato, ti ricordo che sono stato ben sette anni nei Testament, e degli svariati progetti a cui abbiamo partecipato. Jon inoltre ha avuto alcuni problemi con sua figlia, fortunatamente ora è tutto risolto. Non solo i nostri lavori, ma anche ciò che la vita quotidiana ci ha mandato contro sono tutti motivi che hanno rallentato l’attività della band. Da un altro aspetto, questa lontananza ci ha permesso di ricaricare le nostre forze e trovare la giusta ispirazione per scrivere il nuovo disco. Noi, oltre che compagni di band, siamo innanzitutto grandi amici da sempre, quindi ognuno ha rispettato le necessità dell’altro senza forzare le cose e questo comportamento ha permesso ai Sadus di sopravvivere fino a oggi.”
COME VI SIETE SENTITI UNA VOLTA IN STUDIO A COMPORE DOPO TANTO TEMPO DELLA NUOVA MUSICA?
“Appena tornati insieme in studio abbiamo subito capito che la magia, l’alchimia che ci legava non aveva perso nulla del suo antico vigore. Ridendo e scherzando suoniamo insieme da circa ventuno anni, e ti assicuro che una formazione non dura così tanto senza un forte legame personale. Tutto il lavoro su ‘Out For Blood’ è stato fatto insieme: all’inizio ci siamo trovati proponendo ognuno le proprie idee. Sempre insieme le abbiamo sviluppate fino ad arrivare alla stesura completa delle canzoni. Non è stato un processo breve, per fare le cose nel miglior modo possibile abbiamo suonato molto i nuovi pezzi in sala prove e abbiamo migliorato gli aspetti che non ci convincevano del tutto. Dopo tutta questa preparazione, in studio il lavoro è stato molto più snello e veloce dovendo lavorare solo sui suoni e non sulle canzoni stesse. ‘Out For Blood’ composto da brani dalla forte impronta live, avendole suonate moltissimo prima ancora di registrarle era inevitabile questa componente.”
LE TUE PAROLE CALZANO A PENNELLO, ASCOLTANDO “OUT FOR BLOOD” HO INFATTI RITROVATO TUTTA LA RABBIA E L’ENERGIA DEI VOSTRI VECCHI DISCHI, COME SE IL TEMPO NON FOSSE PASSATO…
“E’ ovvio che non siamo più i ragazzini di vent’anni fa, ma siamo sempre noi e credo possediamo ancora la stessa rabbia musicale degli anni passati. Attenzione, non siamo incazzati tutto il santo giorno come certi punk-rockers, ci piace stare in compagnia, berci qualche birra insieme e ci godiamo al massimo tutti i bei momenti che la vita ci offre. Con i Sadus posso esprimere la rabbia che provo, ad esempio, quando vedo come sta andando a rotoli il mondo…ci sono guerre, intrighi politici, gente che muore di fame mentre altri navigano nei soldi, sono tutte cose che fanno incazzare e la mia valvola di sfogo è proprio la musica.”
COSA VOLETE DIRE CON UN TITOLO COME “OUT FOR BLOOD”?
“Il titolo deriva dallo stesso della canzone, nel senso che lo abbiamo trovato molto azzeccato anche per l’album. Con ‘Out For Blood’ volevamo dire che non ci siamo riuniti tanto per fare, ma la nostra intenzione è quella di ripresentarci col botto grazie ad un disco pieno di energia e adrenalina (da qui la nostra immagine sanguinosa e d’impatto). Senza falsa modestia ritengo che il nostro nuovo disco sia molto valido e dia una bella botta all’ascoltatore, in questo senso il titolo sarà un’anteprima di ciò che ci si deve aspettare dai Sadus.”
LA CANZONE “CRAZY” PRESENTA CHUCK BILLY IN QUALITA’ DI SPECIAL GUEST. E’ STATA UNA TUA IDEA COINVOLGERLO?
“Sì, l’idea è mia ed è stato molto facile e naturale realizzarla. Ho suonato sette anni con i Testament e sono diventato molto amico con Chuck, inoltre lo considero uno dei migliori cantanti metal di sempre, perché quindi non chiamarlo a suonare su un nostro pezzo? Darren e Chuck sono due cantanti molto diversi, anche se ognuno calza perfettamente con la musica dei Sadus, io considero ‘Crazy’ un pezzo ben riuscito con due grandi voci che ci cantano sopra unendo due stili semplicemente fantastici. Chuck stesso mi disse più volte di amare la musica dei Sadus, per cui la nostra scelta non poteva davvero cadere su altri eh eh!”
RIUSCIREMO A VEDERE I SADUS IN ITALIA?
“Stiamo già lavorando al tour di supporto per ‘Out For Blood’, e ci sono molti Paesi che hanno richiesto i nostri show. Attualmente non so nulla di più preciso, ma per il nostro primo vero tour europeo almeno una data in Italia credo proprio che ci sarà. Suoneremo in posti vicino alle vostre grandi città come Milano e Roma, non c’è nulla di confermato ma stiamo vagliando alcune offerte. Invito tutti i nostri fans a controllare con regolarità il nostro sito internet per avere aggiornamenti sulle date del tour.”
STEVE, COME MUSICISTA HAI COLLABORATO CON TANTISSIME BAND, COME TESTAMENT, DEATH, ICED EARTH, SEBASTIAN BACH E MOLTE ALTRE. IN BASE A COSA DECIDI DI COLLABORARE CON UNA BAND, NON DIRMI SOLO I SOLDI?
“Una domanda più semplice no, vero?? Ovviamente la musica valida è un elemento fondamentale, inoltre la collaborazione è avvantaggiata se conosco personalmente il musicista e lo ritengo una persona degna di stima. Tutto nacque comunque con i Sadus, una band di amici che suona musica in cui crede e che oggi è ancora qui. Successivamente venni ingaggiato dai Death e ricordo ai concerti che i fans dicevano: ‘Hey, quello è Steve dei Sadus’. Il passa parola e spero il mio buon lavoro hanno fatto circolare il mio nome e da allora sono nate tutte le collaborazioni della mia carriera. Tu hai citato Sebastian Bach o Iced Earth, queste formazioni sono per me uno stimolo perché propongono un genere in cui io il mio modo di suonare il basso è totalmente diverso rispetto a Death o Testament. Suonare in band dai così diversi stili è un’opportunità di arricchire il mio bagaglio di musicista e di affrontare nuove sfide senza il rischio di annoiarmi. Personalmente ritengo che un musicista non debba mai sentirsi ‘arrivato’, c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare e per poter apprendere bisogna confrontarsi con situazioni sempre diverse. Se una band mi chiama a suonare, cerco di divertirmi il più possibile, cerco di non essere un freddo e distaccato session man anche se a volte è proprio così.”
DOPO SETTE ANNI DI MILITANZA NEI TESTAMENT, COSA HAI PENSATO QUANDO CHUCK BILLY HA DECISO DI FARE LA REUNION DELLA PRIMA LINE-UP?
“Sai, non sono rimasto offeso per nulla da questa scelta. Hanno voluto riunire la line-up originale e rispetto la loro decisione, io comunque non sono rimasto con le mani in mano, ma sono stato molto impegnato sul nuovo disco dei Sadus e su almeno cinque altri progetti (ride, nda). Non so cosa attualmente stiano facendo i Testament e non ne ho nemmeno parlato molto con Chuck, ognuno va semplicemente per la propria strada in amicizia!”
STEVE, TEMPO FA PARLAI CON JON SCHAFFER DEGLI ICED EARTH CHE ONESTAMENTE NON SPESE PAROLE ECCESSIVAMENTE BUONE NEI TUOI CONFRONTI. SEMBRA CHE IL TUO ABBANDONO REPENTINO LO ABBIA INVIPERITO NON POCO…
“(parte una risata sarcastica…, ndA) A volte è veramente strano come due persone possano vedere la stessa cosa in modi così diversi. Io ti dico che non ho mollato di sana pianta la band semplicemente perché non sono mai entrato nella band. Credo che ci sia stato un grosso equivoco su tutta la situazione. Sono stato chiamato a suonare sul nuovo disco della band, io l’ho fatto, ma ho specificato sin dall’inizio che non avrei potuto seguire gli Iced Earth in tour a causa di altri impegni già concordati. Io non ho mai detto a Schaffer che sarei entrato nella band, in quel caso il mio lavoro si limitava unicamente a quello di session player, ma forse non l’ha voluto capire. Io credo di essermi comportato nel modo più professionale possibile, ho suonato con tutto me stesso per realizzare le migliori parti di basso per il disco degli Iced Earth. Nella mia vita ho suonato con tantissime altre band e non ho mai avuto problemi di questo tipo, ragion per cui ho la coscienza a posto sul mio comportamento. Io mi trovo sempre a lavorare con persone nuove, se fino ad oggi solo Schaffer si è lamentato, forse è lui il vero problema non io.”
NONOSTANTE UN CURRICULUM A CINQUE STELLE SEI SEMPRE RIMASTO NELLA FRANGIA MENO COMMERCIALE DEL ROCK DURO. TI E’ MAI PASSATO PER LA TESTA DI PROVARE A SUONARE IN QUALCHE BAND DA CLASSIFICA CHE TRASMETTONO SEMPRE SU MTV?
“Guarda, io adoro la scena underground perché in fans sono dei veri intenditori musicali e pretendono sempre il massimo dalle loro band preferite, chiedono musica nuova e ripudiano chi si riposa sugli allori cercando di fregarli. Non so come funziona in Italia, ma qui negli States, quando ascolto la radio o guardo MTV, non faccio altro che trovare band tutte uguali, che vestono allo stesso modo e che non dicono proprio nulla dal punto di vista musicale. La scena underground è piena di talenti, basta cercare e troverai tonnellate di buona musica!! Io sono orgoglioso di far parte di questo movimento underground, c’è più rispetto per la musica e per i fans e non si tiene conto solo della moda e delle vendite, come accade nei piani alti del music business. A me piace suonare la mia musica, non quella che ti impongono le etichette, inoltre c’è un maggior contatto con i fans. Adoro fermarmi a parlare con la gente dopo i concerti e quando vedo tutte quelle grandi band attorniate di guardie del corpo far fatica a firmare un autografo mi viene da sorridere. Anche se faccio meno soldi sto meglio dove sono.”
E’ DIFFICILE SOPRAVVIVERE DI MUSICA NELLA SCENA UNDERGROUND?
“Sì, è davvero arduo. Alcune band hanno la fortuna di vendere abbastanza dischi o intraprendono lunghissimi tour che consentono loro di sopravvivere. Per noi purtroppo non è così, abbiamo tutti un lavoro normale e appena abbiamo un minuto di tempo libero ci dedichiamo alla nostra musica. A volte ci sono periodi difficili in cui devi registrare dopo cena o scarificare i week end, ma di norma riusciamo ad organizzarci molto bene per far convivere lavoro quotidiano, la propria famiglia e musica. In un certo senso questa condizione è molto buona per noi, perché essendo la musica un hobby ci sentiamo liberi di fare ciò che vogliamo senza nessuna pressione esterna, contrariamente ai musicisti full time che fanno di tutto per vendere e campare, arrivando a compromettere la loro integrità artistica. Oggi negli States è vacanza, quindi sfrutto questo giorno di riposo per fare le interviste di supporto al nuovo disco dei Sadus…credimi, mi diverto molto di più a rilasciare interviste che andare a lavoro eh eh!”
PARLIAMO DI ARGOMENTI PIU’ TRISTI…LO SCORSO ANNO KARMAGEDDON MEDIA HA VINTO LA BATTAGLIA LEGALE CONTRO LA FAMIGLIA DI CHUCK SCHULDINER PER LA PUBBLICAZIONE DEL SECONDO DISCO DEI CONTROL DENIED. A CHE PUNTO STANNO I LAVORI?
“Sinceramente non so nulla, mi piacerebbe dirti di più, ma sono nella tua stessa situazione. Anch’io sto aspettando che qualcosa si muova dall’etichetta. Io e gli altri ragazzi dei Control Denied siamo pronti a finire l’album suonato da Chuck, ma attualmente non abbiamo nessuna notizia né dalla Karmageddon né dalla famiglia di Chuck. Tutto fa sembrare che il disco non uscirà mai, ci sono troppi muri da abbattere e le questioni legali tra la label e Jane Schuldiner non sono ancora terminate. Io posso dire che sono pronto a finire il disco, ricordo l’ultima volta che ho parlato al telefono con Chuck dei nuovi pezzi…sono ormai sei anni che sto seduto ad aspettare di finire il disco, io ci spero ancora.”
TU ERI MOLTO AMICO DI CHUCK, CREDI CHE, PUR CONSCIO DELLA SUA MALATTIA, LA SUA VOLONTA’ FOSSE QUELLA DI PORTARE A TERMINE IL DISCO DEI CONTROL DENIED E DI PUBBLICARLO?
“Conosco Chuck da una vita e siamo stati grandi amici, io sono sicuro che la sua volontà fosse di finire il disco e di pubblicarlo, senza ombra di dubbio. Non so però cosa lui e sua madre si siano detti durante gli ultimi giorni della sua vita, forse c’è stato un cambio di piani…davvero non saprei dire, anche se io spero di no perché un disco valido come quello meriterebbe di vedere la luce. Credo che se noi fossimo stati davanti a Chuck negli ultimi minuti , lui ci avrebbe detto (ora Steve parla con voce quasi commossa…nda): ‘Hey ragazzi forza datevi una mossa, finite e pubblicate questo disco!’. E’ una questione molto triste, soprattutto per Chuck, ma anche per me e gli altri ragazzi della band in quanto non abbiamo nessun potere per sbloccare la situazione.”
STEVE, TU HAI SUONATO SU UNO DEI MIGLIORI DISCHI DEI DEATH, PARLO DI “INDIVIDUAL THOUGHT PATTERNS”. COSA RICORDI DI QUEL PERIODO E DI CHUCK?
“Devi sapere che quando io e Chuck ci siamo conosciuti avevamo al massimo sedici o diciassette anni, eravamo davvero grandissimi amici anche prima di suonare insieme e lo siamo rimasti fino alla fine. La musica ci ha fatto conoscere e quando sono entrato nei Death per registrare ‘Individual Thought Patterns’ ero già molto amico con Chuck. Di lui ricordo la sua dedizione e attitudine verso la musica, ai tempi era molto frustrato per le uscite discografiche delle altre band. Lui voleva sempre dare qualcosa in più alla sua musica e cercava di essere più originale di tutte le band valide che ai tempi pubblicavano dischi! Aveva un quadro ben preciso su come dovevano essere i Death, lui si preoccupava di scrivere riffs originali per rendere il disco interessante e lasciava tutto il resto dello spazio a me e a Gene Hoglan. Chuck era frustrato sull’heavy metal in generale, diceva che non offriva più nulla di interessante, per questo dedicava anima e corpo nel creare la sua musica. Una cosa che ho imparato da Chuck è il non fermarsi mai, anche quando hai scritto delle buone canzoni non pensare di essere arrivato al traguardo, ma continua a cercare qualcosa di stimolante e diverso. Per i Death fu un periodo molto importante di cambiamenti, creammo un disco veramente interessante con una serie di spunti mai visti prima.”
ANCHE SE NE HAI GIA’ PARLATO PRIMA, CHIUDEREI L’INTERVISTA CHIEDENDOTI, VISTE LE TUE CONTINUE COLLABORAZIONI, SE TI CONSIDERI PIU’ UN GRANDE SESSION PLAYER O UN AFFIDABILE MEMBRO DI UNA BAND!
“Dipende dalle varie situazioni. Come ti dicevo, per gli Iced Earth ero semplicemente un session player, mentre con Testament o Sadus mi sentivo un vero membro della band! Mi piace essere un session player in quanto posso suonare su progetti molto diversi senza impegni a lungo termine, però far parte di un team affiatato da molte più soddisfazioni a livello personale, non solo per l’amicizia con gli altri, ma anche perché non ti ritrovi a suonare parti scritte da altri. Per impressionare va bene essere coinvolti in un progetto magari formato da musicisti di fama, ma l’importante è risultare affiatati nella squadra.”