SANCTUARY – La luce accecante del sole morente

Pubblicato il 19/10/2014 da

L’idea di avere di nuovo per le mani un disco con Warrel Dane alla voce è una di quelle eventualità che stimola parecchio i metalhead, a qualsiasi fazione essi appartengano: troppo importante il ruolo giocato dai Nevermore per il metal tutto a cavallo di secondo e terzo millennio, troppo doloroso il loro scioglimento per non lasciare un grande vuoto nella scena. A lenire lo shock di uno split abbastanza improvviso, ci ha pensato la quasi contemporanea reunion dei Sanctuary – avvenuta nel 2010, mentre gli autori di “Dead Heart In A Dead World” hanno detto stop nel 2011 – prima band di Dane ed entità autrice di due capolavori assoluti del metal americano anni ’80. I metaller più tradizionali hanno probabilmente apprezzato maggiormente “Refuge Denied” e “Into The Mirror Black” di qualsiasi platter a firma Nevermore, e hanno salutato con gioia il nuovo avvento del leggendario combo di Seattle. Come avrete letto sulle nostre pagine, siamo rimasti un po’ freddi su “The Year The Sun Died”: pur riconoscendo che si tratta di un buon ritorno, non riusciamo a trovarvi il genio incontrastato dei primi album e riteniamo inoltre eccessivo lo sbilanciamento verso l’ultimo sound nevermoriano. Il chitarrista e principale songwriter Lenny Rutledge e Warrel Dane, nostri interlocutori nell’intervista, si sono dimostrati carichi a mille, orgogliosi del disco e dell’accoglienza ricevuta dai fan in questi quattro anni di concerti in giro per il mondo. Le risate a crepapelle udite durante la conversazione telefonica hanno spiegato più di mille parole la ritrovata armonia in seno a una band che, a sentire il Dane di dieci-quindici anni fa, doveva essere oramai relegata al passato.

Sanctuary - foto intervista - 2014

SONO PASSATI QUATTRO ANNI DALLA REUNION, QUAL È OGGI L’ATMOSFERA NELLA BAND E QUALI SONO LE DIFFERENZE RISPETTO AGLI ANNI ’80?
Warrel Dane: “L’atmosfera nella band è ottima, siamo contenti di come sta andando la reunion.  Siamo felici di avere finalmente registrato un nuovo disco dopo tutto questo tempo, i fan lo stavano aspettando da una vita. Direi che al momento va tutto per il verso giusto, siamo contenti. Contenti (ride, ndR), cosa sto dicendo? Siamo una metal band, non dobbiamo essere contenti, dobbiamo essere arrabbiati!”.

PER “THE YEAR THE SUN DIED” AVETE UTILIZZATO SOLO MATERIALE COMPOSTO DOPO LA REUNION, OPPURE CI SONO DELLE IDEE RISALENTI AL PRIMO PERIODO DELLA BAND O A DELL’ALTRO MATERIALE CHE AVEVATE COMPOSTO PRIMA DEL 2010?
Warrel Dane: “Quello che senti sul disco è il frutto del lavoro degli ultimi quattro anni. Siamo arrivati al risultato che senti nel disco attraverso un lungo processo evolutivo, che è cominciato con la reunion ed è proseguito negli anni successivi”.
Lenny Rutledge: “Ci siamo subito accorti che c’era un’ottima chimica tra di noi, e a poco a poco che ritrovavamo il vecchio feeling le canzoni sono uscite in maniera piuttosto naturale. Ci siamo trovati a maneggiare la nuova musica senza troppi problemi, lasciandola venire fuori e perfezionandola man mano che riuscivamo ad avere qualcosa di nuovo da dire. Su alcuni brani abbiamo dovuto lavorare più che su altri, ma non ci sono stati grandi blocchi creativi da affrontare”.

MI PARE CHE NEL DISCO CI SIA UN CLIMA MOLTO CUPO E PESSIMISTICO. È UN RIFLESSO DEI TEMPI DIFFICILI CHE STIAMO VIVENDO E DELLA DIFFUSA MANCANZA DI SPERANZA PER IL FUTURO?  QUALI SONO STATE LE PRINCIPALI FONTI DI ISPIRAZIONE?
Warrel Dane: “I toni dark dell’album riflettono bene o male quello che hai detto, mentre per quanto riguarda le fonti di ispirazioni, sarò banale, ma stanno molto semplicemente nella gioia di ritornare a essere una band, un insieme di individui che si sentono come fratelli gli uni per gli altri, e che per celebrare questa ritrovata comunione di intenti hanno deciso di suonare il più pesante e duro possibile. Nient’altro”.

IL SUONO DEL DISCO SEMBRA SIA STATO MOLTO INFLUENZATO DA “THE OBSIDIAN CONSPIRACY” E “PRAISES TO THE WORLD MACHINE”. SIETE D’ACCORDO? AVETE CERCATO DI MANTENERVI VICINI A QUANTO FATTO IN PASSATO, OPPURE NON VI SIETE POSTI ALCUN PROBLEMA AD EVOLVERVI E A COMPORRE COSE DIFFERENTI?
Warrel Dane: “Credo che i rimandi ai Nevermore derivino principalmente dalla mia voce, ed è naturale che sia così perché molte persone sentono prima quella e poi tutto il resto. Mi rendo conto che l’impronta data dalle mie vocals giochi un ruolo importante nel creare delle somiglianze, ma ci tengo a ribadire che questa è un’altra formazione, non ha nulla a che spartire con i Nevermore. Anche se è probabile che i fan dei Sanctuary lo siano anche dei Nevermore, e viceversa, e chi non conosce gli uni o gli altri finisce poi per incuriosirsi e andare a scoprire l’altro gruppo”.

LA DECADENZA DELL’UMANITÀ E IL SUO INESORABILE AVVIC INARSI ALLA FINE È UN TEMA CHE TI È SEMPRE STATO MOLTO CARO, WARREL, E LO SI PERCEPISCE ANCHE IN “THE YEAR THE SUN DIED”. COSA C’È DI DIVERSO NELLE LIRICHE DEI SANCTUARY RISPETTO A QUELLE DEI NEVERMORE?
Warrel Dane: “A dire il vero, credo che nei Sanctuary ci sia una grossa spinta positiva verso il futuro, cosa che nei Nevermore non c’era. E poi nei Nevermore vi erano molti testi a sfondo politico, mentre nei Sanctuary non c’è nulla del genere”.

SEMPRE PARLANDO DI TESTI, VI CHIEDEREI DI APPROFONDIRE IL SIGNIFICATO DI “ARISE AND PURIFY”, CHE RICORDA UN ARGOMENTO TRATTATO SPESSO DAGLI STESSI NEVERMORE, QUELLO DELLA RINASCITA E PURIFICAZIONE. E POI VORREI SAPERE COME MAI AVETE INTITOLATO L’UNICA STRUMENTALE IN LATINO, “AD VITAM AETERNAM”.
Warrel Dane: “Per quanto riguarda ‘Arise And Purify”… (si ferma, soppesa le parole, ridacchia, silenzio… ndR) Beh, è una delle canzoni che mi piace di più cantare (non dice altro, ndR)”.
Lenny Rutledge: “Il titolo in latino di ‘Ad Vitam Aeternam’ non ha una ragione precisa, ci sembrava semplicemente che suonasse bene. Funge da semplice intro della title-track: un giorno ci siamo trovati con questa melodia in mano e non sapevamo esattamente cosa farcene. Allora ci abbiamo pensato un po’ su e poi l’abbiamo utilizzata per introdurre ‘The Year The Sun Died’”.

PARLANDO DEL PASSATO, SE DOVESTE VALUTARE OGGI “REFUGE DENIED” E “INTO THE MIRROR BLACK”, CHE GIUDIZIO NE DARESTE? PERCHÉ SONO DIVENTATI COSÌ INFLUENTI NEGLI ANNI PER I NUOVI GRUPPI HEAVY METAL?
Warrel Dane: “’Refuge Denied’ cattura perfettamente il suono degli eighties, riesce a farti percepire esattamente quello che era il modo di interpretare il metal in quel determinato periodo storico. ‘Into The Mirror Black’ ne è la naturale prosecuzione. Ci tengo a sottolineare che una caratteristica di questa band è stato il voler sempre sperimentare qualcosa di nuovo, è successo nei primi due album, è accaduto anche stavolta”.

TRE MEMBRI DEI SANCTUARY, DOPO LO SPLIT DEL ’92, SONO USCITI DAL MUSIC BUSINESS. COSA AVETE COMBINATO NEL FRATTEMPO, PRIMA DI RICOMINCIARE A SUONARE NEI SANCTUARY?
Lenny Rutledge: “Mentre Warrel e Jim formavano i Nevermore, io e gli altri abbiamo provato per un periodo ad andare avanti a suonare assieme. Poi mi sono dedicato a differenti tipi di musica, ma senza dedicarci tutto il tempo e l’impegno che ci avevo messo in passato nei Sanctuary. Infine, grazie ai rapporti di amicizia che erano rimasti sempre vivi, abbiamo deciso che era il momento di riprendere a suonare assieme. Alla fine, i Sanctuary sono stati il mio unico vero gruppo ed è a loro che sento di appartenere come musicista, per questo sono contentissimo della reunion”.
Warrel Dane: “Io preferisco chiamarla reinvenzione, non reunion”!(Warrel lo ripeterà spesso, ridacchiando di gusto tutte le volte che pronuncerà la parola “reinvention” per correggere l’uso del termine “reunion”, ndR)”.

CHE RAPPORTI CI SONO STATI FRA I DIVERSI MEMBRI DELLA BAND FRA IL 1992 E IL 2010? VI SIETE SENTITI SPESSO IN QUESTI ANNI, SIETE RIMASTI ASSIDUAMENTE IN CONTATTO?
Warrel Dane: “Non abbiamo mantenuto una relazione strettissima gli uni con gli altri, non da vedersi o sentirsi regolarmente. Certo, non ci siamo nemmeno persi completamente di vista per anni: ci vedevamo per caso a qualche concerto, partecipavamo a feste dove era invitato qualcun altro che faceva parte della band, cose così. Capitava di vedersi, ma i nostri incontri, con Lenny o altri ex membri dei Sanctuary, non hanno avuto per un po’ di tempo una frequenza molto elevata”.

Sanctuary - foto intervista 2 - 2014

L’UNICO MEMBRO DELLA LINE-UP ORIGINALE NON PRESENTE  IN QUESTA REUNION È IL CHITARRISTA SEAN BLOSL. PERCHÉ NON SI HA PARTECIPATO ALLA NUOVA INCARNAZIONE DELLA BAND?
Lenny Rutledge: “Quando ci siamo riuniti, abbiamo provato a chiamarlo e a chiedergli se voleva far parte di nuovo del gruppo. Non ci sentivamo da molto tempo, ma eravamo interessati ad averlo ancora con noi. Soltanto che lui adesso ha altri impegni che non gli permettono di essere ancora impegnato con i Sanctuary, fisicamente non gli è possibile togliere spazio alle attività in cui è impegnato oggigiorno (per la cronaca, Blosl è proprietario di una casa di produzione, la Golden Flower Media, con la quale si occupa di creare progetti audio-video correlati alla musica indiana e del Sud-Est asiatico, ndR)”.

ALL’EPOCA DEI PRIMI DUE ALBUM VIVEVATE TUTTI NELL’AREA DI SEATTLE. SIETE RIMASTI AD ABITARE A SEATTLE O NELLE SUE VICINANZE O VI SIETE SPOSTATI DI MOLTO? COME GIUDICATE LA SCENA METAL DELLA VOSTRA CITTÀ NATALE ORA, RISPETTO ALLA SITUAZIONE CHE C’ERA NEGLI EIGHTIES?
Warrel Dane: “Lenny vive sulle montagne vicino a Seattle, a circa un’ora dalla downtown, in un posto davvero incantevole. Anch’io sto nelle vicinanze di Seattle, e anche gli altri abitano nell’area metropolitana della città. Seattle in sé è una città molto ricettiva rispetto alla musica, ma non è propriamente un posto che ha un grandissimo amore per il metal, e questo non è cambiato molto negli anni, non credo ci siano molte persone così legate ai Sanctuary per quello che hanno fatto in passato”.

LENNY, GUARDANDO AI SUCCESSI OTTENUTI DA WARREL E JIM CON I NEVERMORE, PROVI MOLTI RIMPIANTI PER I TRAGUARDI CHE AVREBBERO POTUTO RAGGIUNGERE I SANCTUARY SE IL LORO PERCORSO ARTISTICO FOSSE CONTINUATO?
Lenny Rutledge: “Tutto sommato, direi che non ho molti rimpianti né idee particolari su quello che sarebbe potuto accadere se non ci fossimo sciolti a inizio anni ’90. Anche noi ci siamo presi le nostre soddisfazioni, su tutte quella di avere ancora oggi molti fan che sono legati alla nostra musica e non ci hanno mai abbandonato. Quindi direi che non è un problema se Warrel e Jim hanno ottenuto grande soddisfazioni con i Nevermore, non sento il peso di non essere riuscito a fare le stesse cose che sono riuscite a loro due”.

SULLA VOSTRA PAGINA FACEBOOK AVETE CHIESTO AI VOSTRI FAN DI INDOVINARE PERCHÉ VI CHIAMATE SANCTUARY, METTENDO IN PALIO UNA MAGLIETTA DELLA BAND PER CHI AVESSE INDOVINATO I REALI MOTIVI CHE VI HANNO SPINTO A SCEGLIERE IL NOME. VOLETE SVELARLO ANCHE A NOI?
Lenny Rutledge: “Quando eravamo adolescenti divoravamo moltissimi film di fantascienza e uno di questi ci aveva impressionato più degli altri. Si chiamava ‘La Fuga Di Logan’ (‘Logan’s Run’ il titolo originale in inglese, è uscito nel 1976, ndR), e parlava di una società del futuro, dove le persone vivevano in una città-cupola e un computer gestiva tutte le incombenze legate alla vita di tutti i giorni e all’organizzazione della metropoli. Fuori la città c’era solo la distruzione, si capiva che in passato c’erano state molte guerre e disastri di vario tipo, ma dentro la cupola c’era ancora vita. Per mantenere l’equilibrio e non avere problemi di sovrappopolamento, era stato stabilito che al compimento del trentesimo anno di età le persone fossero uccise, facendogli credere che si sarebbero reincarnate in un nuovo individuo. La maggior parte della popolazione accettava questo rituale, ma esisteva una minoranza che fuggiva al momento di essere chiamata al processo di ‘rinnovamento’. Questi individui, al momento di partecipare alla cerimonia, chiamata ‘Carousel’, fuggivano verso quello che loro chiamavano ‘Sanctuary’. I fuggiaschi erano conosciuti come ‘runner’ e a alla loro caccia erano assegnati i cosiddetti ‘sandmen’. In realtà, questo famoso ‘Sanctuary’ non esisteva, era un qualcosa di cui si parlava in tutto il film ma che si scopriva non essere per niente presente all’interno della cupola. E’ un film molto bello quello che ci ha ispirato per il monicker della band, vale davvero la pena di essere guardato”.

QUALI SONO LE CONNESSIONI, SE CI SONO, TRA LO SPLIT DEI NEVERMORE E LA REUNION DEI SANCTUARY?
Warrel Dane: “Vorrei chiarire una volta per tutte che lo split dei Nevermore non è stato assolutamente influenzato dalla reunion dei Sanctuary, ha cause precise che non riguardano minimamente quanto abbiamo deciso di fare con questa band. Dal primo giorno in cui abbiamo deciso di ricominciare questa avventura, abbiamo cercato di trovare il nostro sound e portarci verso qualcosa di nuovo, ma ciò non ha interessato l’attività di Nevermore e non ha interferito con essa”.

WARREL, HO LETTO DA PIÙ FONTI CHE TI SARESTI IRRIMEDIABILMENTE ROVINATO LA VOCE NEL CORSO DELLE REGISTRAZIONI DEL PRIMO DISCO, NEL TENTATIVO DI PRODURRE LE VOCALS ALTE E TAGLIENTI CHE CARATTERIZZANO “REFUGE DENIED”. È VERO QUANTO SI LEGGE IN GIRO? OPPURE È SOLO UNA SPECIE DI LEGGENDA METROPOLITANA?
Warrel Dane: “La verità è che la mia voce ha iniziato a cambiare nel 1988, e mi sono adattato ad essa. Nel nuovo album mi sono sforzato molto per coprire il range vocale più ampio possibile, ho cercato di sperimentare molti modi diversi di cantare, senza spingere necessariamente sulle note alte. So che in tanti si aspetterebbero da me questo tipo di cantato ma, mi spiace per loro, non canto più così e se pretendono di sentire ancora quel tipo di voce, farebbero meglio ad andarsi a risentire quello che facevo all’epoca (e se la ride bellamente un’altra volta, ndR). Comunque vorrei tranquillizzare i miei fan: sono ancora capace di cantare come una ragazza (qui si sganascia alla grande, ndR). Scherzi a parte, sono orgoglioso di tutti i dischi su cui ho messo la mia voce, e mi piace ancora adesso riascoltare come cantavo su ‘Refuge Denied’”.

HO LETTO CHE WARREL E JIM SONO SOCI IN UN RISTORANTE DI SEATTLE. DI CHE TIPO DI RISTORANTE SI TRATTA?
Warrel Dane: “Sì, io e Jim siamo proprietari di questo locale, si chiama “Mettle Sandwich”, dove ci è capitato di incontrare molte star del metal, che vengono da noi quando passano in tour da Seattle, e poi lasciano una loro foto ricordo su un muro del locale. Uno dei più importanti a essere stato nostro cliente è Dee Snider, ci è preso un colpo quando l’abbiamo visto entrare nel ristorante! Una volta è venuto anche Eddie Vedder, volevo incontrarlo, ma c’erano di mezzo troppe guardie del corpo. Sai com’è, lui è ricco e famoso, è normale che non si riesca ad avvicinarlo facilmente… (e giù risate, ndR)”.

IN QUESTI QUATTRO ANNI DI CONCERTI, QUALI SONO STATI GLI SHOW MIGLIORI, QUELLI CHE RICORDATE PIÙ VOLENTIERI?
Lenny Rutledge: “Ce ne sono stati molti di estremamente positivi, i primi che mi vengono in mente sono Wacken del 2012 e i concerti in Giappone; credo siano questi quelli che ci hanno emozionato di più”.

COSA CI POTETE DIRE DELL’ARTWORK? E’ MOLTO DIVERSO DA QUELLI DI “REFUGE DENIED” E “INTO THE MIRROR BLACK”, CHE GIÀ ERANO MOLTO DIFFERENTI TRA DI LORO.
Warrel Dane: “L’artwork è opera di Travis Smith, un artista secondo me notevolissimo, con cui abbiamo lavorato proficuamente per molti anni con i Nevermore. Credo sia stato molto bravo a disegnare illustrazioni che si adattano benissimo alla musica contenuta nel disco, la descrivono come meglio non si potrebbe. Trovo che ‘The Year The Sun Died’ abbia un suono molto cinematografico e questo elemento lo ritrovo anche nelle immagini in copertina e nel booklet. Travis Smith ha compiuto un eccellente lavoro anche stavolta, qualcosa di unico”.

NON POSSO ESIMERMI DA FARTI UNA DOMANDA RIGUARDANTE I NEVERMORE, WARREL: CREDI CHE CI POSSA ESSERE ANCORA UN FUTURO PER LA BAND? HAI PIANI PER TORNARE A SCRIVERE MUSICA SOTTO QUESTO NOME?
Warrel Dane: “Al momento la mia priorità sono i Sanctuary. Ho molta fiducia nel nuovo album, ritengo che sia davvero molto buono e quindi per l’immediato futuro metterò tutto me stesso in questa band. Per i Nevermore, al momento non ti so dire se tornerò mai a fare qualcosa che li riguardi. Però non sono nemmeno in grado di escludere che ciò possa accadere più avanti nel tempo: che cosa accadrà nel lungo periodo non posso assolutamente prevederlo”.

CI SONO PIANI PER UN TOUR IN EUROPA A BREVE?
Warrel Dane: “Per il momento stiamo lavorando soltanto per gli Stati Uniti, non so dirti esattamente se ci sarà una serie di concerti anche in Europa e quando succederà di venire a fare un tour esteso nel Vecchio Continente”.

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