SAVATAGE – Per sempre una famiglia

Pubblicato il 08/06/2025 da

Può sembrare anomalo intervistare un artista che non è presente nel tour della sua band per conoscerne tutti i retroscena, ma Jon Oliva non è un artista qualunque.
Il ‘Re della Montagna’, infatti, è l’anima dei Savatage, il fondatore, colui che, assieme a suo fratello Criss, ha dato vita ad una delle band più innovative del metal; nati negli anni ’80 come band heavy metal di scuola americana, dopo l’incontro con il produttore Paul O’Neill hanno trovato un suono molto personale (influenzato dai musical di Broadway), capace di stregare generazioni di ascoltatori, mescolando il suono corposo del metal con partiture orchestrali ed armonizzazioni vocali uniche.
I fan del gruppo hanno aspettato a lungo questa reunion e l’incidente che ha coinvolto Jon ha rischiato di mandare tutto in fumo: con la pervicacia che ha contraddistinto tutta la sua storia, però, Jon non si è perso d’animo e la band arriverà anche in Italia, il 24 giugno, all’Alcatraz di Milano, per una data che sa già di evento irrinunciabile.
Assieme a lui, quindi, abbiamo ripercorso il passato, il presente e anche il futuro dei Savatage, in una chiacchierata amichevole ma anche molto schietta, capace di guardare con lucidità alle scelte del passato, ai compromessi, ma con in testa l’idea di essere sempre e comunque una grande famiglia. 

JON, QUESTA INTERVISTA NON PUO’ CHE INIZIARE CON UNA DOMANDA: COME STAI? COME PROCEDE LA TUA CONVALESCENZA?
– Mi sento di merda! (ride, ndr) Allora, voglio essere onesto con te, la ripresa è dolorosamente lenta, non immaginavo che una frattura alla spina dorsale avesse degli effetti su così tante cose. Immaginavo la schiena, ovviamente, invece coinvolge così tante parti del corpo che non puoi immaginare. Non voglio girarci intorno, è frustrante. Non posso cantare, non riesco a raccogliere quell’energia necessaria per farcela, e non riesco nemmeno a camminare molto bene… Insomma, questi sono i motivi per cui non sarò in tour con il resto dei ragazzi.
Quando abbiamo pianificato tutto, loro mi hanno chiamato, mi hanno detto “Jon, vuoi che cancelliamo tutto?”. Io ho risposto che avrei dovuto pensarci su, ma poi mi sono detto che i fan dei Savatage sono troppo importanti e non avrei mai potuto farlo. Immagina una squadra di calcio in cui un giocatore si rompe una gamba: non si ferma l’intera squadra per questo motivo. Quel giocatore resta a bordo campo e offre al team il suo supporto, anche se non potrà giocare la partita.

CERTO, MA NON SARA’ STATO FACILE PER TE DIRE, “OK, ANDATE AVANTI SENZA DI ME”. IN FONDO TU SEI IL FONDATORE E IL PRINCIPALE COMPOSITORE DELLA BAND.
– No, certo, ma l’ho fatto per i fan. Questi ragazzi hanno aspettato così a lungo, sarei veramente uno stronzo ad annullare tutto. Ne ho parlato con Zak (Stevens, il cantante dei Savatage ndr), gli ho detto che avrebbe dovuto cantare tutto, e lui ha accettato di buon grado.
I Savatage sono una squadra, in cui uno dei suoi componenti che si è infortunato, e il resto della squadra si è fatto avanti per aiutare. Siamo partiti dal Sud America ed è andata alla grande, hanno spaccato.

BISOGNA DIRE CHE, DAI FILMATI CHE GIRANO IN RETE, SEMBRA DAVVERO CHE TUTTO QUESTO TEMPO NON SIA PASSATO.
– Sì, sono solo tutti più brutti! (risate, ndr)
Questa band ha attraversato momenti difficili, come la morte di Criss (nel 1993, ndr), ma non ci siamo mai sciolti veramente. Ci vogliamo bene e ci piace stare assieme.

PERO’, SE ESCLUDIAMO LO SHOW SPECIALE A WACKEN DEL 2015, SONO PIU’ DI VENT’ANNI CHE I SAVATAGE NON VANNO IN TOUR. COME MAI OGGI? COSA VI HA FATTO PRENDERE QUESTA DECISIONE?
– Beh, perché no! In realtà non è una cosa improvvisa, il nostro management sta pianificando questa cosa da due anni almeno e l’avremmo concretizzata anche prima se io non fossi stato tanto idiota da finire coinvolto in quell’incidente. Ho incasinato tutto!
Improvvisamente, non ero più in grado di farlo… Così ci siamo riuniti, ne abbiamo parlato e abbiamo deciso di andare avanti lo stesso. Io ho lavorato con loro sullo show, sulla scaletta, ho presenziato ad ogni singola prova, per tre settimane filate. Alla fine era tutto pronto, ho detto “andate e spaccate!”.

LA SCELTA DELLA SCALETTA SARA’ STATA CRUCIALE, E’ UN PO’ LA FOTOGRAFIA DI COSA SIANO I SAVATAGE NEL 2025. COME L’AVETE COSTRUITA?
– Ho passato in rassegna ogni nostro album, ma non volevo costringere Zak a cantare troppe ‘mie’ canzoni (Jon Oliva è stato il cantante principale della band fino al 1992, poi ha passato il testimone di voce principale a Zachary Stevens, rimanendo a cantare i cori e qualche brano in solitaria. Unica eccezione l’album “Poets and Madmen”, del 2001, in cui torna a cantare solo Jon, ndr). Ce ne sono tante, comunque, che gli vengono benissimo: “Jesus Saves”, “Gutter Ballet”, “Hall Of The Mountain King”… Gli ho passato una lista di canzoni e lui non ha fatto una piega.
Poi sono passato alle ‘sue’ canzoni, quindi “Chance”, “Handful Of Rain”, “Dead Winter Dead” ecc. Ovviamente ho dato più spazio alle canzoni in cui Zak era già la voce principale, e ho costruito la scaletta.
I ragazzi poi sono venuti qui in Florida per le prove e abbiamo dovuto fare delle piccole modifiche, soprattutto per via di alcune accordature… altrimenti sarebbero dovuti andare in tour con novanta chitarre! Abbiamo aggiustato qualcosa, ma tutto ha funzionato alla grande. Sono davvero contento del risultato.

SIAMO ANDATI A SBIRCIARE LE CANZONI CHE SONO STATE SUONATE NELLE DATE DA HEADLINER, QUELLE FUORI DAI FESTIVAL, ANCHE PER AVERE UN’IDEA DI COSA VEDREMO A MILANO. CI HA COLPITO MOLTO VEDERE COME “THE WAKE OF MAGELLAN” SIA L’ALBUM PIU’ RAPPRESENTATO. COME MAI? HAI UN RAPPORTO SPECIALE CON QUESTO DISCO?
– Sì, in un certo senso sì, perché penso che sia il miglior album di Zak: canzoni come “The Hourglass”, “The Wake Of Magellan”, “Turns To Me”, hanno qualcosa di speciale. Per me lo stesso vale anche per “Poets And Madmen”, anche se non abbiamo inserito nessuna canzone in scaletta, ma è sempre per quel discorso sulle accordature, e poi volevo davvero dare maggiore risalto alle canzoni di Zak, anche se poi i vecchi classici non mancano.
Volevo che i fan potessero avere la miglior rappresentazione possibile della band, nonostante la mia assenza.

HAI PARLATO DI UN NUOVO DISCO ORMAI QUASI PRONTO. DA QUELLO CHE HAI DICHIARATO, LE CANZONI SONO PRATICAMENTE FINITE E SI TRATTA SOLO DI ASPETTARE CHE TU SIA ABBASTANZA IN FORMA DA ANDARE IN STUDIO. CI PUOI DARE QUALCHE ANTICIPAZIONE? SI TRATTA DI MATERIALE CHE E’ STATO CHIUSO IN UN CASSETTO PER TUTTI QUESTI ANNI, O COMPOSIZIONI NUOVE?
– In realtà molto materiale è completamente nuovo.
Volendo fare dei paragoni, è una via di mezzo tra “The Wake Of Magellan” e “Poets And Madmen”, sarà molto vario, con molte canzoni epiche, tipo “The Hourglass”. Credo che finiremo per fare un doppio album, perché abbiamo un sacco di materiale.

QUESTO DISCO SARA’ IL PRIMO AD ESSERE PUBBLICATO SENZA IL SUPPORTO DEL VOSTRO STORICO PRODUTTORE, PAUL O’NEILL (MORTO NEL 2017). E’ INNEGABILE COME LUI SIA STATO UNA FIGURA FONDAMENTALE NELLA STORIA DEI SAVATAGE E IL SUO ARRIVO VI ABBIA CAMBIATO PROFONDAMENTE. CREDI CHE LA SUA ASSENZA POSSA INFLUENZARE IN QUALCHE MODO IL NUOVO DISCO?
– Non penso, sai? Abbiamo lavorato con lui tanti anni, sia come Savatage che con la Trans-Siberian Orchestra, e abbiamo imparato tanto da lui. Lui è stato un grande insegnante, per noi, eppure a sua volta aveva bisogno dei nostri input. Anche per la Trans-Siberian Orchestra, saresti sorpreso di sapere quante canzoni sono state scritte da me, da Al Pitrelli o da Chris Caffery.
Paul ha sempre creduto tantissimo in noi, era un grande amico. Quando lo incontrammo, all’epoca di “Hall Of The Mountain King”, noi eravamo al verde. Non avevamo un centesimo, nemmeno per comprarci da mangiare. Paul diede a me e a mio fratello un assegno di cinquantamila dollari, di tasca sua. Non ci ha mai chiesto indietro un centesimo di quei soldi, ci disse “con questi pagateci le bollette e l’affitto per un paio d’anni, l’unica cosa che voglio è scrivere musica con voi. Facciamo un grande album dei Savatage”. E quell’album era “Hall Of The Mountain King”.
In realtà lui non ha scritto tutti i testi di quell’album: lui scrisse quelli della title-track, “Strange Wings”, “The Price You Pay”, “Legions”, ma non ha scritto nemmeno una parola per “Beyond The Doors Of The Dark”, “Devastation” o “White Witch”. Le odiava! Mi diceva “Jon, non puoi scrivere una canzone sulla cocaina (la ‘Strega Bianca’, ndr)!”.
Però più passavano gli anni e più ci capivamo. E’ stato lui a spingermi a usare sempre di più le tastiere. Io non ero convinto, dicevo “non so, le tastiere, sai… l’heavy metal”. E lui mi rispondeva “Fanculo l’heavy metal! Voi non siete una band heavy metal! Suonate canzoni heavy, ma non siete solo quello”.
E così abbiamo fatto “Gutter Ballet”: mi portò a Broadway a vedere “Il Fantasma Dell’Opera”, e quando tornai mi misi al piano e ve venne fuori quel giro di pianoforte (Jon ci canticchia la melodia di piano e l’inizio della strofa, ndr). Paul iniziò a scrivere un testo su un taccuino e mio fratello mi venne dietro con il riff di chitarra.
Poi fu la volta di “When The Crowds Are Gone”…

SE POSSO, E’ IN ASSOLUTO LA MIA CANZONE PREFERITA DEI SAVATAGE…
– E lo sai che è stata scritta sul pianoforte di John Lennon? Quando me lo dissero non riuscii a toccarlo per tre giorni… Ero impazzito! Mi tremavano le mani. E Paul ha scritto un testo bellissimo per questa canzone, quando me lo lesse per la prima volta per intero, pensai che era la canzone che avrei voluto qualcuno suonasse al mio funerale.

VORREMMO CHIEDERTI ANCHE UN PAIO DI COSE SU DUE TUOI ALTRI PROGETTI. IL PRIMO E’ QUELLO DEI JON OLIVA’S PAIN. ALL’EPOCA TU AVEVI SENTITO LA NECESSITA’ DI SGANCIARTI DAL NOME SAVATAGE E DI CREARE QUALCOSA CHE POTESSE IN QUALCHE MODO RIPORTARTI ALLE ORIGINI, AL SOUND DELLA BAND PRIMA DI “GUTTER BALLET”, PER INTENDERCI. COME MAI?
– Dunque, la ragione principale è che all’epoca avevo trovato delle cassette che mia moglie aveva conservato e di cui mi ero completamente dimenticato. Contenevano registrazioni mie e di mio fratello, con un sacco di materiale davvero valido che non avevamo mai utilizzato nei Savatage.
Per esempio, se ti ricordi il primo disco, “’Tage Mahal”, c’è questa canzone, “Walk Alone”: l’avevamo scritta per i Savatage, ma non fu mai pubblicata. Quindi i Jon Oliva’s Pain sono stati un modo per recuperare una parte di quelle idee, mie e di Criss, e dare loro una forma compiuta. Volevo che tutto ciò che avevo scritto con mio fratello fosse pubblicato.
Inoltre avevo bisogno di fare qualcosa di nuovo, perché ero annoiato: un sacco di quel materiale registrato da Criss era composto solo da frammenti, quindi con i Jon Oliva’s Pain ho potuto svilupparli.

POI NON POSSO FARE A MENO DI CHIEDERTI QUALCOSA ANCHE SULLA TRANS-SIBERIAN ORCHESTRA. NOI IN EUROPA NON ABBIAMO AVUTO MOLTE OCCASIONI PER VEDERVI DAL VIVO, MA LA STORIA DI QUESTO PROGETTO E’ QUALCOSA DI UNICO. E’ NATO QUASI PER CASO, SULL’ONDA DEL SUCCESSO DI “CHRISTMAS EVE (SARAJEVO 12/24)”, CHE AVEVATE PUBBLICATO SU “DEAD WINTER DEAD”, POI COL TEMPO E’ DIVENTATA UNA COSA GIGANTESCA TANTO DA SUPERARE I SAVATAGE IN TERMINI DI NOTORIETA’ E DI GUADAGNI…
– Assolutamente, di molto.

ECCO, PERFETTO, QUINDI COME VIVI OGGI QUESTO DUALISMO TRA SAVATAGE E TRANS-SIBERIAN ORCHESTRA?
– Ora ti racconto tutta la storia. Quando Criss morì, io decisi di fare “Handful Of Rain” praticamente da solo. Fino quasi alla fine c’ero solo io, poi chiamai Zak e Alex Skolnick che mi aiutarono ad affinare un po’ di cose. Se ascolti “Chance”, da quel disco, quella di fatto è la prima canzone della Trans-Siberian Orchestra.
Io e Paul O’Neill ci sedemmo ad un tavolo e io gli dissi: “Nessuno potrà mai sostituire Criss, sarebbe come sostituire Paul McCartney, non possiamo farlo”. Lui allora ebbe l’idea di provare a sviluppare maggiormente l’uso della voce, un po’ come facevano i Queen, e in “Chance” sviluppammo questi controcanti che diventarono il marchio di fabbrica di molte delle nostre canzoni successive.
Dopodiché registrammo “Dead Winter Dead” e Paul ebbe l’idea di fare “Christmas Eve (Sarajevo 12/24)”. Io all’inizio ero contrarissimo, gli dicevo che non mi avrebbe trasformato in una specie di Babbo Natale heavy metal. Lui allora mi suggerì di farla alla Savatage e io mi presi due/tre giorni per lavorarci su.
Andai in studio con il mio amico Bob Kinkel (tastierista ed ingegnere del suono, poi coinvolto direttamente nella Trans-Siberian Orchestra, ndr) e la arrangiammo, con la batteria, le chitarre distorte e via dicendo.
Paul tornò dopo qualche giorno e noi gliela suonammo, ci piaceva un sacco, mentre lui l’ha letteralmente odiata! Quindi decidemmo di accantonarla, di non usarla per l’album. Poi, però, Paul ci ripensò, il giorno dopo tornò e ci disse che era un gran pezzo. Un cambiamento così drastico che io gli chiesi se si fosse fatto di qualcosa!
Così la registrammo. Al Pitrelli aggiunse molte delle sue chitarre, era una figata, sapevamo che sarebbe stata una hit. Una domenica pomeriggio ero a casa a guardarmi i playoff della NFL in TV e ad un certo punto misero la nostra canzone.
Insomma, la faccio breve: io pensavo che a quel punto fosse fatta, invece nessuno poi voleva passarla in radio, perché noi eravamo una band heavy metal degli anni Ottanta. Mi faceva incazzare questa cosa, andai da Paul e gli dissi: “E’ il nome, solo il nome!”. Lui allora si inventò questo nome, Trans-Siberian Orchestra, e pubblicammo la stessa canzone, identica, con lo stesso mix, tutto uguale: in pochissimo tempo diventò la canzone più richiesta in radio, veniva trasmessa da cinquecentocinquanta radio negli Stati Uniti. Mi ha reso milionario.
Più passava il tempo e più questa cosa cresceva, ora facciamo due spettacoli al giorno da ventimila persone l’uno, non possiamo più fermarci, è diventata una cosa immensa. E ha dato da vivere a tutti i ragazzi dei Savatage –  tutti – perché ciascuno di loro è coinvolto anche nella Trans-Siberian Orchestra.
Ho sentito gente che piagnucolava: “Ooooh, la Trans-Siberian Orchestra ha ucciso i Savatage”! No, non l’ha fatto, voi avete ucciso i Savatage! Forse dovevate comprare i nostri cazzo di dischi quando li facevamo, come invece hanno fatto un sacco di persone con quelli della Trans-Siberian Orchestra! Ho guadagnato più soldi con quel disco che con l’intera carriera dei Savatage!

JON, GRAZIE PER QUESTA INTERVISTA E PRIMA DI SALUTARCI ABBIAMO UN’ULTIMA DOMANDA. AGLI INIZI DEGLI ANNI 2000, QUANDO DOPO “POETS AND MADMEN” I SAVATAGE SI SCIOLSERO, TU RILASCIASTI UN COMUNICATO IN CUI FONDAMENTALMENTE DICEVI CHE PER TE I SAVATAGE NON ERANO DAVVERO I SAVATAGE, DOPO LA MORTE DI CRISS. E CHE TUTTI GLI ALBUM SUCCESSIVI FOSSERO DI FATTO LAVORI DELLA TRANS-SIBERIAN ORCHESTRA. LA PENSI ANCORA COSI’?
– No… All’epoca dovevo dirlo, perché stavamo iniziando una transizione che ci avrebbe portato dai Savatage alla Trans-Siberian Orchestra. Cos’altro potevo dire? Ascolta, i Savatage sono la ragione per cui esiste la Trans-Siberian Orchestra: noi siamo sempre rimasti assieme, siamo sempre stati una famiglia e lo saremo per sempre.

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