SECRET SPHERE – La vita e le sue virtù

Pubblicato il 10/07/2017 da

Abbiamo ritenuto “The Nature Of Time”, nuovo disco dei Secret Sphere, meritevole di essere segnalato come Top Album su Metalitalia.com e non potevamo dunque esimerci dal sentire la band per farci raccontare qualcosa a riguardo. Abbiamo avuto dunque il piacere di poter fare una lunga chiacchierata con Aldo Lonobile, chitarrista e fondatore del gruppo alessandrino, reduce da un periodo davvero molto intenso, nonostante i cinque anni che separavano il nuovo disco dal precedente “Portrait Of A Dying Heart”. Aldo ci ha raccontato dunque tutto quello che è successo nel frattempo, tra impegni esterni e cambi di line-up, tra tour, concerti e remake (spiegandoci anche quali sono state le vere ragioni di un lasso di tempo così lungo) ed abbiamo fatto qualche accenno riguardo gli impegni futuri, con particolare riferimento alla partecipazione dei Secret Sphere al prossimo Metalitalia.com Fest, che li vedrà esibirsi nella giornata del 9 settembre, in uno show che si preannuncia davvero speciale e da non perdere!

QUEST’ANNO I SECRET SPHERE CELEBRANO VENTI ANNI DI CARRIERA: QUALI SONO STATI A TUO AVVISO ALCUNI DEI MOMENTI PIU’ IMPORTANTI O PIU’ SIGNIFICATIVI CHE HANNO CONTRADDISTINTO QUESTI ANNI?
“Beh, son tanti anni, quindi ce ne sono stati vari. Ci sono state belle esperienze dal punto di vista live, situazioni che appunto sono avvenute nel corso di questi anni e ci hanno permesso di portare la nostra musica anche davanti a svariate persone. Un episodio tra quelli che ricordo, ad esempio, con molto piacere, è il Prog/Power Fest negli Stati Uniti nel 2003 che è un festival molto bello: ne abbiamo fatto anche altri, probabilmente anche più grossi, però quello lì lo ricordo con molto piacere. Poi ci sono state anche delle belle opportunità discografiche, abbiamo avuto modo di lavorare a cavallo tra il 2003 ed il 2007 con la Nuclear Blast, che onestamente ci ha anche insegnato parecchie cose. Abbiamo avuto anche tante vicissitudini a livello di line-up: l’idea iniziale dietro la band era quella di avere come collante di fondo sempre un rapporto di amicizia, infatti i Secret Sphere sono nati nel ’97 come una band di amici fondamentalmente, tre quarti del gruppo abitavano nella stessa via, giusto per intenderci, poi le vicissitudini della vita cambiano le priorità e alcuni si sono smarriti per strada, però è sempre rimasto questo rapporto di amicizia; in seguito di volta in volta i nuovi arrivati si sono sempre integrati molto bene continuando a portare avanti questo tipo di rapporto tra la band. Forse il cambio più importante – quello anche più difficile da gestire – perché poi si è rivelata una nuova fase per la band, è stato il cambio della voce a cavallo tra il 2011 ed il 2012, quando appunto ci siamo separati da Roberto che era il cantante storico della band proprio per delle difficoltà… più che altro proprio non si riusciva più a convivere a livello stilistico, nel senso che i gusti erano diversi, le necessità musicali erano completamente diverse, quindi si è separata la nostra strada, pur mantenendo, come ho detto anche prima, sempre un grandissimo rapporto di amicizia e di stima. È subentrato Michele, si è aperta proprio un’altra era per la band. È stato anche secondo me molto, molto importante il nuovo rapporto con la Frontiers, che ci ha rigenerato anche dal punto di vista degli stimoli, nel senso che Frontiers è un’etichetta leader nel settore e quindi ci ha permesso di essere di nuovo in collaborazione con una compagnia discografica che comunque ha determinati canali promozionali, determinati canali esecutivi ed è una grande cose per una band. Ci sono stati tantissimi momenti, forse il momento più goliardico rimane la registrazione del primo disco che è quella che, puntualmente, quando si fanno le serate insieme, viene ricordata, perché è stato proprio mettere insieme dei ragazzi (il bassista non era neanche maggiorenne quando siamo entrati in studio), molto inesperti, a registrare il loro primo disco con tutti i difetti del caso. Però, ecco, sono veramente tante in vent’anni le cose che potrei raccontarti, queste sono le prime che mi sono venute in mente e quelle un po’ più importanti”.

DOPO LA PUBBLICAZIONE DI “PORTRAIT OF A DYING HEART”, SIETE STATI IMPEGNATI CON VARI PROGETTI: TI ANDREBBE DI FARE DUNQUE UN BREVE EXCURSUS DELLE NOVITA’ CHE HANNO RIGUARDATO LA BAND NEGLI ULTIMI ANNI?
“Dopo ‘Portrait Of A Dying Heart’ c’è stato di nuovo un bel momento della band, nel senso che il disco ha avuto un ottimo riscontro, quindi abbiamo avuto modo di suonare parecchio dal vivo: abbiamo fatto tantissimi concerti a supporto di ‘Portrait’, tant’è che nell’ultimo tour che abbiamo fatto adesso ad aprile con DGM e Trick Or Treat, fondamentalmente continuavamo a suonare grandissima parte di quel disco e ormai erano già passati quasi cinque anni, quindi diciamo che è stato un bel ‘pretesto’ che ci ha permesso di suonare tanto dal vivo. Poi avevamo una richiesta ormai da un bel po’ di tempo dal Giappone, che è da sempre una delle nostre fanbase più nutrite e i promoter ci chiedevano da un bel po’ di anni di ri-registrare ‘ A Time Never Come’ , che è il nostro secondo disco e che ottenne un grosso successo in Giappone quando uscì nel 2001: quando è arrivato Michele all’interno della band, la richiesta è stata ancora più insistente perché era proprio anche un discorso di novità, quindi è stato fatto quel remake e di conseguenza una volta che era registrato abbiamo deciso di farlo uscire anche in Europa. È stata secondo me una bella mossa perché a dispetto di tante ri-registrazioni di band molto più blasonate di noi, è stato recepito molto bene, perché comunque è stato trattato anche a livello di arrangiamenti come un’opera a sé: ci sono stati dei cambiamenti, Michele ha adattato delle parti alla sua voce, è stata una mossa a mio parere anche abbastanza azzeccata, a dispetto di quello che si possa credere quando ci si accinge a fare una ri-registrazione. Poi si è avvicinata molto Frontiers, chiedendoci quali erano i nostri progetti futuri, i nostri impegni discografici eventuali e siamo riusciti appunto a chiudere un accordo ed essendo noi pronti anche con un live album (perché nel 2015 eravamo andati a fare un secondo tour in Giappone) e per l’occasione, grazie anche all’aiuto dei promoter dell’etichetta giapponese, avevamo registrato tutto il live, sia audio che video, per un ipotetico futuro che poi non si è materializzato neanche tanto lontano, perché Frontiers ci ha proposto di fare uscire prima di un nuovo album il live, che fondamentalmente era pronto. Dopodiché, abbiamo continuato la scrittura dei brani per il disco nuovo finchè eravamo pronti per uscire ed uscirà praticamente venerdì prossimo (l’intervista è infatti del 26 maggio, ndR), a poco più di cinque anni da ‘Portrait Of A Dying Heart’”.

COME MAI APPUNTO E’ TRASCORSO COSI’ TANTO TEMPO? L’ALBUM HA AVUTO UNA GESTAZIONE PARTICOLARMENTE LUNGA O SIETE STATI PER COSI’ DIRE ‘DISTRATTI’ DAGLI ALTRI PROGETTI A CUI ABBIAMO PRIMA ACCENNATO?
“Noi non abbiamo mai fatto un disco all’anno, sono sempre passati due anni o due anni e mezzo, quindi fondamentalmente per i primi due anni si è portato avanti il discorso live e si è portato avanti il discorso di ri-registrazione di ‘A Time Never Come’. C’è stato anche un momento dove c’era un po’ di difficoltà e di dubbio sulla direzione artistica da prendere, poi ci sono stati tutta una serie di altri fattori, personali e non: tanto per dirne uno, Michele è stato come tastierista e corista con i Whitesnake e quello vuol dire aver lasciato a lui questi due anni da dedicare a quest’avventura; noi abbiamo scelto di aspettarlo e di appoggiarlo, quindi già quello è stato un motivo, nonostante comunque, per dirti, il live sia stato remixato nella pausa del secondo tour che ha fatto con i Whitesnake; ‘Portrait Of A Dying Heart’ è uscito che Michele era già con i Whitesnake, quindi quando aveva la possibilità lui si adoperava. Sono state varie le cose, però al di là di questo principalmente direi che l’attesa è stata molto dovuta proprio ad aspettare di avere un materiale che ci convincesse veramente”.

C’E’ STATO NEL FRATTEMPO ANCHE QUALCHE CAMBIO IN LINE-UP…
“Sì, Federico (Pennazzato, ndR) dopo dieci anni nella band ha deciso di dedicarsi più come addetto ai lavori: Federico è un ottimo fonico e ha deciso appunto di dedicarsi momentaneamente a quello, poi non so se ritornerà dietro le pelli, però sta facendo quest’attività di fonico, lo fa molto bene con ottimi risultati e lavora anche con noi, tanto per intenderci. Onestamente spero che torni anche a suonare perché Federico è molto talentuoso, secondo me è uno dei migliori batteristi che abbiamo qua in Italia! Dopo di lui è subentrato Marco Lazzarini che è molto giovane, molto volenteroso ed è anche lui molto bravo. Recentemente invece abbiamo anche separato le strade con Marco Pastorino, che è il chitarrista ritmico; anche questo è uno split avvenuto con molta tranquillità, in maniera molto amichevole, secondo me è una cosa che andava fatta un po’ da parte nostra, un po’ da parte sua, fondamentalmente perché….ecco, diciamo che la seconda chitarra nei Secret Sphere non è mai stata una cosa fondamentale, nel senso che io ho sempre composto tutto non considerando molto la seconda chitarra, ho scelto di suonare tutte le linee di chitarra in qualsiasi disco da solo. Questo era un discorso che è venuto fuori all’inizio, quando la band è nata ci fu una formazione a due chitarre, ma con il passare del tempo secondo me serviva sempre meno. Il discorso di Marco era interessante per il suo apporto vocale, perché Marco è un ottimo cantante prima che un chitarrista, ma anche lui ha dedicato molto tempo ai suoi progetti, quindi era anche giusto secondo me prendere queste due direzioni diverse, che fan bene a tutti e due”.

QUINDI NON SARA’ PROBABILMENTE NEANCHE SOSTITUITO?
“No, no, rimarremo con questa formazione a cinque”.

TORNANDO ALL’ALBUM, COME SI E’ SVOLTO IL PROCESSO REALIZZATIVO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE REGISTRAZIONI, MIXAGGIO, MASTERING, ECC.?
“Per le registrazioni, come ormai da due album a questa parte, ci troviamo molto bene a lavorare con Simone Mularoni, che è allo stesso tempo un grande professionista ed un grandissimo amico, quindi conosce le necessità della band, quindi tutti gli strumenti sono stati registrati da Simone. Le tastiere, le orchestrazioni, gli intermezzi li abbiamo incisi invece nella postazione che abbiamo noi, mentre le voci, come è usanza di Michele, le ha prodotte e registrate completamente nel suo studio”.

QUINDI ANCHE I CORI SONO TUTTI OPERA SUA?
“Sì, tutta la produzione vocale è stata seguita completamente da Michele, dopodiché abbiamo fatto il mixaggio insieme a Simone, il quale ha curato anche il mastering che è una via di mezzo tra un analogico ed un digitale, mentre il discorso compositivo è stato un po’ più travagliato, perché essendo un concept questa volta la tematica è anche un po’ particolare, per cui abbiamo cercato di trattarlo molto come un mini-musical, spendendo tanto tempo proprio per il tipo di musica proposta, quasi come se quella che stavamo andando a fare fosse una colonna sonora. In totale ci avremmo messo intorno ai due anni tra comporre tutto e impostare la storia, che è stata vista insieme da me e Michele, il quale si è occupato di scrivere anche tutti i testi e comporre le melodie vocali, dando un apporto a livello compositivo questa volta molto più che in passato, anche perché ormai ci conosciamo bene quindi abbiamo interagito molto di più. Lui ha anche scritto completamente un pezzo che è ‘Honesty’, quindi abbiamo impiegato due anni per avere il prodotto finito”.

A PROPOSITO DEL FATTO CHE E’ UN CONCEPT, PUOI ACCENNARE QUALCOSA RELATIVAMENTE ALLE TEMATICHE CHE SONO ALLA BASE DELLE CANZONI?
“Il concept prende spunto da un fatto accaduto all’interno della band e parla del concetto del ‘ritorno alla vita’ in senso letterale: ci sono casi di situazioni a seguito di incidente o malattia o altri traumi dove si ha la fortuna di ‘farla in barba’ alla morte e questo è un po’ il concetto alla base del concept del disco. Ora, non è stata riportata in maniera esplicita la storia reale, ma ci sono molti punti in comune. Per quanto riguarda il concept, fondamentalmente è la storia di una ragazza che ha avuto un incidente, a seguito del quale cade in un coma profondo: apparentemente sembra in realtà morta ma a seguito dei soccorsi, proprio quando tutto sembrava perso, la vita torna in lei ma rimane in coma. La sua anima entra in un viaggio spirituale, andando ad affrontare quelle che secondo lei sono le sette virtù, che sono tanto per nominarne qualcuna l’amore, piuttosto che la gentilezza, l’onestà, la fede e le analizza, anche perché, nel suo percorso di vita antecedente all’incidente, aveva uno stile di vita rivolto completamente a se stessa e quindi durante questo sonno intraprende questo viaggio. È diviso in capitoli, nel primo c’è la chiamata della sua anima, nel secondo ci sono le sette virtù, poi segue ‘The Awakening’, dove alla fine di questo viaggio spirituale l’anima recupera il possesso del corpo e c’è appunto questa sorta di risveglio/convalescenza. In ‘The New Beginning’, affronta quello che è il cambiamento di tutte le persone che hanno visto e vissuto questa cosa con lei, prendendo i benefici di quella che è stata quest’esperienza nel bene e nel male”.

CREDO CHE IN SINTESI QUESTA TRAMA SIA RACCONTATA ANCHE NEL VIDEO DI “THE CALLING”, E’ CORRETTO?
“Sì, ‘The Calling’ racconta appunto la prima parte, adesso a breve uscirà ‘Kindness’ (ricordiamo che l’intervista è infatti antecedente all’uscita del secondo video, ndR), che è il prosieguo proprio, anche con la stessa attrice”.

CI RACCONTI QUALCOSA SULLA REALIZZAZIONE DEL VIDEO? DOVE SI SONO SVOLTE LE RIPRESE?
“E’ stato registrato in Liguria, in località Piani di Praglia, che è una zona montagnosa in Liguria, molto bella, con dei paesaggi molto caratteristici, mentre invece le parti relative al mare sono proprio state fatte a Genova, nella spiaggia di Genova. Piani di Praglia è veramente un posto stupendo, neanche molto distante da dove viviamo, noi siamo di Alessandria e non sapevamo che esistesse questo posto. Il regista ed i ragazzi di Lucerna Film, che sono la compagnia di video shooting ed editing di Genova, ci hanno presentato appunto questo posto bellissimo e hanno scritto anche tutta quanta la sceneggiatura. Le parti relative invece alla situazione di coma della ragazza sono state girate in degli studi medici che ci hanno letteralmente concesso la possibilità di farlo e c’è stata anche la Croce Rossa di Genova-Pegli che si è prestata a far parte di questo video con quella che è realmente la manovra di pronto soccorso, quindi diciamo che c’è stato un aiuto da parte di tante persone”.

A PROPOSITO DEL CONCETTO DI “BACK TO LIFE”, HAI UNA VISIONE A RIGUARDO CHE SI POSSA BASARE SU CONVINZIONI IDEOLOGICHE O RELIGIOSE?
“Ho alcune mie convinzioni che sono state generate dall’aver letto alcuni libri o dall’aver seguito determinate ideologie. Fondamentalmente quello che io credo e che penso è che dobbiamo cercare di prenderci la responsabilità di quello che vogliamo fare realmente, che non è facile, anzi, è veramente difficile. Ciò non nel senso che uno dice: ‘Faccio quello che voglio’, ma poi non vivo, non campo. In realtà, sto semplicemente dicendo di essere realmente convinti di quello che si vuol fare e di agire provandoci, non da ‘l’importante è partecipare’, ma come parte attiva, provandoci; mi ci metto in primis anch’io, nel senso che se guardo alcuni episodi passati, anche musicali, forse non ho agito abbastanza e ci sono stati appunto degli avvenimenti che mi hanno fatto riflettere un po’ su questa cosa. Quindi più che sul tenore di vita, la mia considerazione è su come si vive la vita, fondamentalmente secondo me è un cercare di assumersi la responsabilità di quello che si vuol fare”.

CI SONO ALCUNE NOVITA’, ALCUNI ASPETTI A LIVELLO STILISTICO RISPETTO AI VOSTRI PRECEDENTI LAVORI, CHE MERITANO DI ESSERE EVIDENZIATE?
“Secondo me musicalmente questo disco, a livello stilistico, è molto diverso da quello che abbiamo fatto in passato: non è stata una scelta organizzata, non ci siamo detti ‘facciamolo così piuttosto che in un altro modo’, anzi, se avessimo fatto una scelta del genere probabilmente sarebbe uscito un disco spudoratamente power metal, perché noi siamo conosciuti come una band power metal. Io non sono molto amante delle etichette, però capisco che purtroppo nel vostro lavoro dovete darle, perché un indirizzo bisogna darlo. Secondo me in questo frangente abbiamo esplorato, abbiamo messo quello che ci piace realmente fare, io ho letto di tutto e ovviamente mi fa anche piacere capire anche come viene recepito anche quello che musicalmente viene fatto. In questo disco ci sono molti passaggi che ricordano il progressive rock, ad esempio, passaggi hard rock o AOR che si voglia. Ci sono alcuni passaggi progressive metal, ce ne sono altri che ricordano invece un po’ di più il discorso power metal, c’è un po’ di tutto quello che è probabilmente il background nostro. Io oserei dire, avendo scritto la musica dei pezzi, che ci sono delle tracce che forse addirittura potrebbero anche essere accostate a delle reminiscenze pop, ma questo è dovuto proprio al fatto di una maturazione, se così vogliamo dire, ma più che maturazione è proprio una necessità di scrivere questo disco con quest’impronta stilistica. Io ho letto anche frasi del tipo: ‘Magari il cambio è stato affrontato perché Michele ha un’estensione più AOR’. No, Michele è un cantante che è talmente bravo e preparato che può cantare tanti generi, probabilmente ne predilige più uno che un altro, ma non è quello il fatto. Il cambio è un cambio che volevamo fare insieme tutti; poi io non lo chiamerei neanche cambio perché è un comporre quello che adesso ci va come Secret Sphere, quindi ti ringrazio della domanda, perché è interessante che la gente abbia notato questa cosa e va nella maniera giusta, ecco”.

AL TERMINE DI OGNI TRACCIA C’E’ UNA SORTA DI PROLUNGAMENTO RAPPRESENTATO DA EFFETTI SONORI, VOCI, ECC. COME MAI AVETE RITENUTO DI INSERIRE TUTTI QUESTI ELEMENTI? PENSI CHE EFFETTIVAMENTE FOSSERO UTILI AD ARRICCHIRE IL SINGOLO BRANO?
“Sono stati inseriti proprio per come è stato strutturato il disco, nel senso che è proprio un viaggio, un racconto ed è proprio una necessità per come è strutturato l’album, essendo una storia raccontata in una determinata maniera ed affronta tra l’altro un tipo di discorso come quello che ti ho detto prima, con questa ragazza che, fondamentalmente, per quasi tutto il disco, è sul letto di ospedale, quindi questo è servito a dare del collante narrativo. Ci sono situazioni in cui, anche in base a quello che sarà il pezzo dopo, fondamentalmente gli effetti, le parti, sono arrangiate in previsione di quello che succederà di volta in volta, quindi appunto è proprio una necessità narrativa, chiamiamola così”.

HAI ACCENNATO PRIMA AD UN TOUR EUROPEO CHE AVETE DA POCO CONCLUSO: COME MAI L’AVETE FATTO COSI’ A RIDOSSO RISPETTO ALL’USCITA DEL DISCO? E’ STATA UNA COSA SLEGATA, PERCHE’ COMUNQUE ERA GIA’ PREVISTO DI FARLO CON DGM E TRICK OR TREAT OPPURE L’AVETE PROGRAMMATO APPOSITAMENTE PROPRIO PER COMINCIARE A SPIANARE LA STRADA AL DISCO?
“Inizialmente c’era in previsione di fare il tour con i Trick Or Treat e i DGM insieme da più di un anno, nel senso che avendolo organizzato completamente noi ci abbiamo messo un po’ a pianificare un tour. Il discorso di organizzarlo insieme a loro era dovuto tanto al rapporto che abbiamo con loro, nel senso che siamo veramente molto legati a tutt’e due le band. Quando si discusse di fare il tour, sia i Trick Or Treat che i DGM avevano un disco in uscita e noi abbiamo cercato di lavorare nell’ottica di cercare di realizzare il disco un po’ prima. In realtà, poi ci siamo detti, ‘no, facciamo il disco come va fatto’. Alla fine loro avevano da promuovere i loro due lavori, noi avevamo comunque il live in uscita, si poteva sfruttare anche l’onda promozionale che Frontiers avrebbe fatto sul lavoro e allora abbiamo intrapreso il discorso del tour. Non ti nascondo che comunque adesso mi accorgo che un suo perchè l’ha avuto anche per il disco nuovo, nel senso che stiamo facendo anche tante interviste in alcuni stati che abbiamo toccato durante il tour, perché comunque nella sua totalità, tra alti e bassi, è andato molto bene secondo noi e ci sono appunto questi riscontri nei paesi dove abbiamo suonato con più attenzione nei confronti della band, perché magari i giornalisti sono venuti a vedere il concerto e hanno fatto il live report”.

SUONERETE AL METALITALIA.COM FESTIVAL 2017 E PROPORRETE UNO SHOW CHE CELEBRERÀ IL VOSTRO VENTENNALE. VUOI ANTICIPARCI QUALCOSA?
“Il Metalitalia.com Festival è oramai un evento consolidato, molto seguito, un happening speciale e siamo lieti di farne parte! Stiamo valutando come impostare lo spettacolo, daremo spazio alla nuova release e suoneremo un cameo di vecchi successi, magari con qualche ‘vecchia sorpresa’, vediamo! Al solito ci impegneremo per divertirci e far divertire!”.

CI SONO PROGETTI PERSONALI A CUI VUOI ACCENNARE?
“Beh c’è Andy, con gli Hell In The Club, i quali sono in uscita con il disco nuovo prossimamente, io ho appena realizzato un disco hard rock ed ho appena trovato un accordo con un’etichetta tedesca che si chiama Pride & Joy, poi Michele ovviamente ormai fa parte in pianta stabile dei Whitesnake e quindi direi che è un bell’ingaggio: diciamo che ci teniamo impegnati quando non abbiamo grossi impegni con i Secret Sphere”.

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