Per molti, il climax di questo 2023 death metal ancora agli albori va fatto coincidere con il buon ritorno sulle scene degli Obituary e con il tam-tam mediatico generato dalla band dei fratelli Tardy a questo appuntamento. D’altro canto, senza nulla togliere alle convincenti trame di “Dying of Everything”, crediamo sia nell’underground che si debbano ricercare i veri colpi da KO assestati dal genere, con l’esordio della one-man band Seven Doors a contendersi il primato grazie ad una miscela barbara e curatissima di metallo della morte ispirato ai fasti di tardi anni Ottanta e primi anni Novanta. Un’opera, “Feast of the Repulsive Dead”, che ci ha permesso di scoprire le ottime capacità di scrittura dell’inglese Ryan Willis, il quale – senza ovviamente reinventare la ruota – ha ribadito come, con i giusti riff a supporto, anche la più abusata delle soluzioni possa avere un effetto prorompente e adombrare la mancanza di personalità, in un flusso elettrizzante di richiami a gente come Death, Gorguts, Malevolent Creation e Pestilence. Derivativo? Sì. Efficace? Anche, per un disco che abbiamo idea non si schioderà tanto facilmente dai nostri ascolti nei prossimi mesi…
LA PRIMA DOMANDA È ANCHE LA PIÙ OVVIA: COME, QUANDO E PERCHÈ HAI DECISO DI AVVIARE UN PROGETTO DEATH METAL?
– Quando è iniziata la pandemia ed è entrato in vigore il primo lockdown, la band a cui dedicavo la maggior parte del mio tempo (i Deadwood Lake) ha dovuto cancellare un tour e sospendere i piani previsti per il 2020; in quel momento, ho deciso di non restarmene con le mani in mano e di iniziare a lavorare per conto mio. Essendo un fan di lunga data del death metal, volevo avviare un progetto tutto mio con cui cimentarmi nel genere, approfittando anche del tempo libero concesso dal Covid per riguardare classici del cinema horror e magari scoprire qualche nuovo titolo interessante. Death metal e film dell’orrore sono sempre andati a braccetto, quindi ho pensato che la cosa potesse funzionare.
NEL TUO CASO, SEMBRA CHE LA PASSIONE PER IL CINEMA SIA PARI A QUELLA PER LA MUSICA, E HO APPREZZATO LA MANIERA IN CUI LE DUE COSE SONO STATE FUSE NELL’ALBUM. AD ESEMPIO, “THE GRAVES OF MATOOL” REINTERPRETA IL TEMA DI “ZOMBI 2” DI FABIO FRIZZI IN UNA CHIAVE METAL DAVVERO EFFICACE. CI SONO ALTRI ‘ESPERIMENTI’ DI QUESTO TIPO IN PROGRAMMA?
– Cerco sempre di includere la mia personale rivisitazione di una soundtrack, se quest’ultima si adatta bene alla canzone. Ad esempio, in due brani dell’EP di debutto “The Gates of Hell”, intitolati “Into the Tombs” e “Blinding Horrors”, ho incluso parti delle colonne sonore di “Paura nella città dei morti viventi” e ” …e tu vivrai nel terrore! – L’aldilà”, anch’esse composte da Fabio Frizzi.
D’ALTRONDE, ANCHE LA SCELTA DI SEVEN DOORS COME MONICKER DELLA BAND È UN CHIARO RIFERIMENTO A LUCIO FULCI. MOTIVO PER CUI SONO CURIOSO DI CHIEDERTI: QUALI SONO LE SCENE SPLATTER DEI SUOI FILM CHE PREFERISCI?
– Questa è una decisione davvero difficile da prendere. Volendo però restringere il campo a tre scene, ti dico: l’occhio perforato dalla scheggia di “Zombi 2”, il trapano elettrico che buca la testa in “Paura nella città dei morti viventi” e l’esplosione della faccia di Jill in ” …e tu vivrai nel terrore! – L’aldilà”.
“FEAST OF THE REPULSIVE DEAD” VEDE IL COINVOLGIMENTO DI DIVERSI OSPITI. PARLACI UN PO’ MEGLIO DI QUESTO ASPETTO DEL DISCO…
– La prima volta che ho ascoltato l’esordio dei Live Burial (“Forced Back to Life” del 2016, ndR), sono rimasto impressionato dall’intro “Screams from the Morgue”, ad opera di Slasher Dave degli Acid Witch. Dopo essermi immerso per un po’ nella sua musica, sono giunto alla conclusione che potesse essere un ospite perfetto anche per il mio album, esplorando lo stesso tipo di immaginario. Per “The Morbid Mortician”, invece, ho chiesto a Paul Nazarkardeh dei De Profundis di incidere un assolo; siamo buoni amici da diversi anni, e prima di questa occasione avevamo già collaborato per l’album di una mia band precedente. Per concludere, volevo che “The Graves of Matool” fosse il gran finale dell’album, e che vantasse dei nomi di alto profilo della scena; è stato quindi naturale chiedere a Chris Monroy e Mike De La O degli Skeletal Remains di contribuirvi con il loro talento. Hanno accettato, e il lavoro svolto è stato fantastico. Del resto, sono sempre stato un grande fan della loro musica e dei loro assoli. Non avevo dubbi sul fatto che sarebbero stati perfetti.
UN ALTRO PUNTO A FAVORE DI “FEAST…” È L’OTTIMA PRODUZIONE, CHE HAI CURATO INSIEME A JB VAN DER WAL (ABORTED, GAEREA, TEETHGRINDER). AVEVI IN MENTE FIN DA SUBITO IL TIPO DI SUONO CHE VOLEVI OTTENERE?
– Ho lavorato a stretto contatto con Ben King dei Cryptic Sound, che ha mixato l’album prima che JB van der Wal lo masterizzasse. Volevo che suonasse in maniera simile ai capolavori della vecchia scuola dei Morrisound Recording, come ad esempio “Considered Dead” o “Once Upon the Cross”. Alla base, c’era l’idea di unire questo stile tradizionale con un tocco produttivo più moderno, un po’ come fatto dagli Skeletal Remains per “Devouring Mortality”. Ho dato delle indicazioni molto chiare e precise ad entrambi, e il risultato finale – secondo me – è davvero fantastico.
NEL CIRCUITO DEATH METAL LA FORMULA DELLA ONE-MAN BAND NON È MOLTO DIFFUSA. PENSI CHE QUESTA COSA POSSA PENALIZZARE I SEVEN DOORS AGLI OCCHI DI ALCUNI ASCOLTATORI?
– Finora, l’unica cosa che delude il pubblico è l’eventualità che non riesca a portare il progetto sul palco. In effetti, più che renderli diffidenti o scettici, il fatto che sia da solo sta sorprendendo in positivo molti ascoltatori. Altre band one-man band death metal che vi consiglio di ascoltare sono i Trench Foot dal Regno Unito, i Cryptivore dall’Australia e gli Alchemy of Flesh dagli Stati Uniti.
A TUO AVVISO, COSA RENDE UN PEZZO DEATH METAL UN’OTTIMA CANZONE?
– Dipende dalla canzone. Se parliamo di un brano lento, allora credo debba avere un buon groove, riff corposi e possibilmente qualche assolo melodico; se invece parliamo di un pezzo veloce, mi piace l’alternanza di ritmi esplosivi e claudicanti, riff tecnici e in tremolo picking, con assoli frenetici nel mezzo. Non bisognerebbe poi mai sottovalutare l’importanza delle metriche vocali, che se studiate bene sono sempre di grande aiuto.
RICORDI COME HAI SCOPERTO QUESTO GENERE?
– Intorno ai tredici/quattordici anni ero un grande lettore di “Metal Hammer”, e in quelle pagine sentivo spesso parlare di death metal, ma la cosa si fermava lì. Poi, un giorno, sullo scaffale dell’edicola vidi un numero speciale di “Terrorizer” dedicato al genere. Ricordo che il disegno in copertina era fantastico, con uno zombi che suonava la chitarra. La comprai, tornai a casa e misi nello stereo il CD compilation in omaggio: la prima canzone era “Hammered Smashed Face” dei Cannibal Corpse. Quella fu la scintilla che mi spinse a fare ricerche e a scoprire altre band come Dying Fetus e Aborted. Mi sono addentrato nel filone old-school più avanti, una volta iniziato il college nel 2012; un mio amico dell’epoca era grande fan dei Death e me li fece conoscere. Da lì non mi sono più fermato, e ancora oggi non riesco a smettere di esplorare l’underground in cerca di nuovi gruppi, sia vecchi che nuovi.
SEMPRE PIÙ LEGGENDE DEGLI ANNI NOVANTA SONO ACCUSATE DI ESSERE DIVENTATE DELLE SPECIE DI ‘COVER BAND’, SENZA QUASI PIÙ MEMBRI ORIGINALI IN LINE-UP (PENSO AGLI ATHEIST, AI MALEVOLENT CREATION, AI MASSACRE, AI SUFFOCATION ,ECC.). QUAL È LA TUA POSIZIONE AL RIGUARDO?
– Fintanto che la musica resta buona e coerente, la faccenda non mi turba. Ad esempio, anche se i Suffocation non possono più contare sull’apporto dei membri fondatori in line-up, hanno comunque Terrance Hobbs che rappresenta un tassello cruciale nel suono della band, e infatti suonano ancora al 100% Suffocation. Stessa cosa per i Monstrosity: ho perso il conto dei cambi di formazione che hanno subito, ma il loro stile è rimasto piuttosto costante nel corso degli anni. Finché nessuna di queste band farà la fine degli Opeth, starò sereno e tranquillo.
LA NOTIZIA DELLA SCOMPARSA DI RUGGERO DEODATO RISALE NON TROPPO TEMPO FA. CHE RICORDI ASSOCI ALLA VISIONE DEI SUOI FILM?
– Il primo ricordo che associo a “Cannibal Holocaust” sono io che penso a cosa mangiare sul divano per accompagnarne la visione. Optai per del fish & chips, ma non ci volle molto tempo per capire che quella scelta si sarebbe ritorta contro di me (ride, ndR). Più di recente, io, la mia fidanzata e la sua coinquilina abbiamo trascorso il giorno di Natale guardando cannibal-movie, e ovviamente “Cannibal Holocaust” è stato quello che abbiamo scelto per dare il via alla maratona. Un vero Natale cannibale!
I CINQUE MIGLIORI DISCHI DEATH METAL DI TUTTI I TEMPI SONO…
– Stilare un elenco di soli cinque dischi è quasi impossibile, ma penso di riuscire a restringerlo a “Devouring Mortality” degli Skeletal Remains, “Vile” dei Cannibal Corpse, “Human” dei Death, “Savage Land” dei Gruesome e “Pierced from Within” dei Suffocation.
INVECE, I TUOI CINQUE FILM HORROR PREFERITI SONO…
– “Halloween” è il mio preferito in assoluto, dato che si tratta del primo film horror che ho visto da bambino. Ancora oggi, a distanza di una vita, non riesco a trovargli dei difetti. “La notte dei morti viventi” è un altro classico della mia infanzia, lo rivedo almeno una volta all’anno. Per quanto riguarda i film di Fulci, scelgo ” …e tu vivrai nel terrore! – L’aldilà”: è implacabile, ha un’atmosfera grandiosa e una colonna sonora fantastica. De “La Casa” adoro la natura low budget, che comunque non incide sull’atmosfera generale e sulla resa di alcune scene diventate ormai iconiche. Infine, “Alien” di Ridley Scott, perché è un altro dei primi film horror in cui mi sono imbattuto da piccolo. E il design delle creature è perfetto.
PENSI DI PORTARE LA MUSICA DEI SEVEN DOORS SUL PALCO?
– Questa è la domanda a cui rispondo più spesso. Ci ho pensato, e non credo che al momento funzionerebbe da un punto di visto logistico, ma resta una possibilità per il futuro.