SEVEN IMPALE – Saggio sull’assurdo

Pubblicato il 09/08/2023 da

Probabilmente, se il tastierista Håkon Vinje non fosse entrato a far parte degli Enslaved, nel mondo del metal nessuno si sarebbe accorto dell’esistenza dei loro concittadini Seven Impale; eppure, la formazione di Bergen ha già una storia piuttosto lunga e prestigiosa, nata nel 2010 e consolidatasi nel tempo presso gli appassionati del progressive più coraggioso.
Con il terzo album “Summit”, pubblicato a ben sette anni di distanza dal precedente “Contrapasso”, i sei norvegesi continuano il loro processo di evoluzione, mescolando in modo sempre più ardito prog, rock, jazz e metal. I loro suoni fuori dagli schemi colpiscono per originalità e freschezza, ripartendo dal punto in cui il filo del discorso si era interrotto ma aggiungendo anche nuovi elementi ad una proposta già ricca e sfaccettata.
In occasione di questo gradito ritorno, abbiamo approfittato per parlare con la band della loro storia e dei progetti presenti e futuri.

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“SUMMIT” ARRIVA A BEN SETTE ANNI DI DISTANZA DA “CONTRAPASSO”. COME MAI COSI’ TANTO TEMPO? COSA AVETE FATTO IN QUESTI ANNI? 
– Grazie! E’ assolutamente meraviglioso tornare dopo tutti questi anni!
Beh, diciamo che la vita scorre, come spesso si dice. Sei ruolini di marcia molto differenti in qualche modo devono coincidere. Ciò richiede tempo! Terminare gli studi, costruirsi una vita, la famiglia e così via…
Sfortunatamente non ci sono più soldi nel mondo del rock, così ogni progetto è solo un hobby. Prima dobbiamo pagare le nostre spese, e poi possiamo divertirci… Triste, ma vero.
Scriviamo molto bene quando siamo insieme e, in un mondo perfetto, potremmo pubblicare un album all’anno, se fosse il caso. Ovviamente è positivo non avere addosso questo tipo di pressione, ma ognuno di noi sarebbe entusiasta di poterlo fare. Ma sono solo sogni…

UN ASPETTO CHE IMPRESSIONA DELLA VOSTRA MUSICA E’ COME I PEZZI SIANO LIBERI DA STRUTTURE DEFINITE. CI SONO DEGLI ARTISTI DA CUI AVETE APPRESO QUESTA LEZIONE? IN GENERALE, QUALI SONO LE BAND CHE PIU’ VI HANNO ISPIRATO?
– Generalmente cerchiamo di seguire il nostro istinto e indirizzare la musica dove essa stessa vuole andare. Vogliamo che le canzoni suonino organiche, altrimenti non ci sarebbe nessuna ragione di scriverle. Ovviamente queste nostre intuizioni non vengono dal nulla: Tool, The Mars Volta, Enslaved, Jaga Jazzist sono grandi ispirazioni, in modo particolare dal punto di vista della libertà espressiva!

NELLA MUSICA DEI SEVEN IMPALE E’ COME SE LO SPIRITO DEL JAZZ E QUELLO DELL’HARD ROCK SI FONDESSERO. E’ QUALCOSA DI NATURALE NEL VOSTRO PROCESSO DI SCRITTURA?
– Ciò che affermi ha assolutamente senso, in quanto siamo tutti appassionati di jazz, di hard rock e di heavy metal! La natura piena di immaginazione del jazz è molto importante, e il fatto di fonderla con l’attitudine dell’hard rock e dell’heavy metal ci permette di esistere e di identificarci come Seven Impale!

ARRIVIAMO AL VOSTRO NUOVO ALBUM, “SUMMIT”. IN COSA ASSOMIGLIA AI VOSTRI VECCHI DISCHI E IN COSA E’ DIFFERENTE?
– Crediamo che sia molto simile alle nostre precedenti uscite in termini di musicalità ed intenzioni. L’ovvia differenza è che siamo molto più esperti, sotto ogni aspetto. Nella vita, come musicisti, come compositori. Eppure siamo sempre gli stessi sei tizi che formarono una band nel 2010!

DI COSA PARLANO I PEZZI? C’E’ UNA CONNESSIONE TRA DI LORO?
– Le canzoni parlano dei tratti tossici della società e delle persone. “Hunter” parla dell’aggressività, e di come descrivere in modo romantico la violenza spesso conduca proprio a comportamenti personali e sociali violenti. “Hydra” parla di demoni interiori, di come non affrontando questi demoni si finisca per conferire loro un potere ancora più grande. “Ikaros” riguarda la ricerca della ricchezza e del potere, il volare vicini al sole, e il modo in cui ciò può portare alla nostra fine. “Sisyphus” è un’analogia con l’eterno ‘macinare’ del capitalismo al giorno d’oggi. Non importa quanto lontano ci si debba spingere, non è mai abbastanza.
Così, le connessioni con alcuni miti per noi sono simboliche. Non vogliamo raccontare le vicende di questi miti tali e quali, ma usarli come simboli per raccontare storie più vicine al mondo attuale.

ANDANDO NELLO SPECIFICO, “SISYPHUS” E’ IL PEZZO PIU’ LUNGO ED ARTICOLATO. COME E’ NATO?
– “Sisyphus”, in realtà, è il brano più vecchio dell’album; ne suonammo una versione live a Milano e a Verona nel 2018. Iniziammo a scriverlo appena dopo “Contrapasso” e poi lo modificammo nei successivi quattro anni ogni volta ci capitasse di suonarlo. Stian venne fuori con il riff iniziale e con alcune idee per le altre parti, ma alla fine, come sempre, siamo arrivati alla versione definitiva solamente attraverso delle jam tra tutti noi, provando tutte le soluzioni possibili finché abbiamo trovato la forma che sentivamo essere la migliore.

QUAL E’ IL SIGNIFICATO DELLA COPERTINA DEL DISCO?
– Principalmente cattura alla perfezione il tono dell’album. Nella creazione della copertina abbiamo seguito il nostro istinto. Abbiamo lavorato con Erik Hølleland, che è anche un nostro buon amico oltre che l’esecutore dell’artwork di “City Of The Sun”, e siamo molto contenti del risultato!

TENENDO IN CONSIDERAZIONE LE DIFFERENTI INFLUENZE CHE CONFLUISCONO NELLA VOSTRA MUSICA, VIENE SPONTANEO FARVI QUALCHE DOMANDA RIGUARDO IL VOSTRO BACKGROUND. COME AVETE INIZIATO A SUONARE E QUAL E’ LA VOSTRA FORMAZIONE?
– Benjamin e Fredrik hanno iniziato a suonare i loro strumenti nella banda della loro scuola locale agli inizi degli anni 2000. Tormod ha imparato a suonare il violoncello nell’orchestra dei giovani di Bergen ed è passato alla chitarra solo in seguito. Il padre di Håkon era un organista ed è stato l’ispirazione principale per il figlio, che andava nella stessa scuola di Benjamin e Tormod e con loro ha iniziato a suonare la musica dei Pink Floyd per un progetto scolastico. Poi lo stesso Håkon si è unito a noi come tastierista e Tormod è stato convinto a passare al basso. Anche il padre di Erlend era un musicista e per questo il figlio si è ritrovato a suonare la chitarra, mentre il talento e l’amore per le sette note da parte di Stian sono nati in modo spontaneo. Anch’egli iniziò come chitarrista ma, una volta terminata la scuola, si è focalizzato sulla voce. Stian e Fredrik sono stati i fondatori della band, dopo aver visto uno show dei The Mars Volta a Oslo, ed il resto è arrivato passo dopo passo.

QUANDO PENSIAMO ALLA NORVEGIA, E’ AUTOMATICO PENSARE AL BLACK METAL MA, NEGLI UTLIMI ANNI, LA VOSTRA PATRIA HA DATO I NATALI AD UN ELEVATO NUMERO DI INTERESSANTI BAND CHE SUONANO PROGRESSIVE. SEMBRA CHE CI SIANO ANCHE MOLTE INTERAZIONI TRA LE DUE SCENE ED UN ESEMPIO E’ IL VOSTRO TASTIERISTA, CHE E’ MEMBRO ANCHE DEGLI ENSLAVED. PENSATE CHE LA SUA ESPERIENZA IN UNA BAND BLACK METAL ABBIA DATO UN APPORTO DI QUALCHE GENERE AL VOSTRO SUONO? IN GENERALE, PENSATE CHE QUESTA MESCOLANZA TRA GENERI MUSICALI POSSA ESSERE UNA SPECIE DI CARBURANTE PER LA CREATIVITA’?
– Assolutamente! Gli Enslaved sono una band che soprattutto Stian ha ascoltato a lungo, anche prima di formare i Seven Impale! Ed anche molti altri artisti black metal ci sono stati d’ispirazione. Pensiamo che il loro approccio ‘senza tante stronzate’ alla loro musica ed alla loro espressione sia molto interessante. E’ anche un qualcosa che ha a che fare con la bellezza strana della musica. Quella malinconica asprezza, e la loro estetica in generale, sono unici! “Ikaros” e “Sisyphus” ne hanno tratto ispirazione!

SPESSO GLI ASCOLTATORI SONO CONSERVATIVI NELLE LORO SCELTE E NON APPREZZANO LA SPERIMENTAZIONE. PENSATE DI AVER TROVATO UN BUON BILANCIAMENTO TRA LA STRADA CHE VOLETE SEGUIRE E LA FELICITA’ DEI VOSTRI FAN?
– La nostra ambizione primaria è fare musica che ci diverte e che vogliamo ascoltare. Solo in seguito speriamo che ciò coincida con i gusti del nostro pubblico e che gli altri la trovino interessante.
E’ così stimolante e ci rende felici vedere che le reazioni sono positive, come quelle per “Summit” in questo momento!

COME BEN SAPRETE, IL NOSTRO PAESE, L’ITALIA, NEGLI ANNI ’70 E’ STATA LA PATRIA DI MOLTE FAMOSE BAND PROGRESSIVE ROCK E SONO MOLTI I MUSICISTI APPASSIONATI DI QUESTO FILONE (MIKAEL ÅKERFELDT DEGLI OPETH E’ L’ESEMPIO PIU’ FAMOSO). CI SONO BAND ITALIANE DI QUEL PERIODO CHE VI PIACE ASCOLTARE?
– Stian ascolta molti cantanti pop italiani degli anni ’60, come Fred Bongusto, ma è ovviamente un altro discorso. Alcuni di noi ascoltano le grandi prog band italiane, come la Premiata Forneria Marconi o il Banco Del Mutuo Soccorso, ma, onestamente, in generale tra i nostri ascolti non c’è molta musica prog. Diamo più spazio al jazz e a tutti i tipi di sperimentazione, siano essi legati al metal o alla musica classica. Se devo citarti un gruppo italiano, mi vengono in mente gli Zu. Quei tizi sono dei pazzi!

QUAL E’ IL PROSSIMO PASSO PER I SEVEN IMPALE? AVETE PIANIFICATO UN TOUR? AVETE ALTRO IN MENTE?
– Il primo obiettivo è sicuramente continuare a scrivere musica, ma anche avere nuovi contatti che ci aprano altre possibilità. Tour e concerti al momento sono veramente difficili da sostenere da un punto di vista economico, e senza il giusto apparato alle spalle è praticamente impossibile. Vorremmo viaggiare e suonare, ma attualmente non c’è niente in programma.

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