SEVERE TORTURE – La seconda occasione

Pubblicato il 20/06/2024 da

I Severe Torture sono recentemente tornati in scena con “Torn from the Jaws of Death”, a ben quattordici anni dall’ultimo full-length album, “”Slaughtered”. Un ritorno per certi versi insperato, che conferma il loro indiscusso attaccamento alla causa death metal.
Il nuovo capitolo discografico del quintetto olandese, i cui esordi risalgono al sempre più lontano 1997, rappresenta non solo un gradito ritorno per i fan di vecchia data, ma anche una dimostrazione di rinnovato affiatamento all’interno della band.
In questa raccolta di nuovi brani, il gruppo infatti riesce a mantenere intatta la brutalità e la tecnica che li ha sempre contraddistinti, introducendo al contempo alcune nuove idee che donano freschezza al loro classico sound.
Il risultato è un album che supera le aspettative, rilanciando i Severe Torture in un’ultima parte di carriera che a questo punto sembra promettere davvero bene. Ne parliamo con il chitarrista Thijs van Laarhoven.

BENTORNATI! SONO PASSATI BEN QUATTORDICI ANNI DAL VOSTRO ULTIMO DISCO. COS’È SUCCESSO NELL’ULTIMO DECENNIO CIRCA, OLTRE A PUBBLICARE L’EP “FISTING THE SOCKETS” E A LAVORARE SUL VOSTRO RITORNO, DAL TITOLO “TORN FROM THE JAWS OF DEATH”?
– Grazie per la calorosa accoglienza! Dopo aver pubblicato “Slaughtered” nel 2010, abbiamo tenuto parecchi concerti e abbiamo ricominciato a scrivere per l’album successivo. Tuttavia, con il passare del tempo ci siamo resi conto che semplicemente non eravamo soddisfatti di ciò che stavamo realizzando.
Dopo aver suonato al Maryland Deathfest nel 2016 abbiamo deciso che sarebbe stata una buona idea non fissare più concerti e fare tutti un passo indietro dalla band e dal processo di scrittura. Un anno è volato in questo modo e poi il nostro batterista originale, Seth, ha deciso di lasciare definitivamente il gruppo. Dopo qualche tempo di incertezza, abbiamo deciso di provare con un nuovo batterista e nel 2018 abbiamo trovato Damien come sostituto. Abbiamo iniziato a suonare insieme e a comporre e ben presto abbiamo sentito di essere di nuovo sulla strada giusta.
Dopo qualche altro concerto, abbiamo dato alle stampe l’EP “Fisting the Sockets” nel 2022 e successivamente abbiamo iniziato a registrare il nostro ultimo album, “”Torn from the Jaws of Death”, che è in dirittura d’arrivo (l’intervista è stata fatta a maggio, prima dell’uscita dell’album, ndr).

OGNI NUOVO ALBUM È UN PROGETTO DIVERSO CHE FA STORIA A SÉ, QUINDI LA MIA DOMANDA È: IN CHE MODO LA REALIZZAZIONE DI “TORN…” È STATA DIVERSA DAL CONFEZIONAMENTO DI QUELLO PRECEDENTE, “SLAUGHTERED”, AL DI LÀ DELLE TEMPISTICHE E DEL CAMBIO DI BATTERISTA? CI SONO STATE DIFFERENZE SIGNIFICATIVE NEL MODO IN CUI AVETE AFFRONTATO IL PROCESSO DI SCRITTURA DELLE CANZONI, QUESTA VOLTA?
– A dire il vero, la composizione delle canzoni non è cambiata molto rispetto al passato: il tutto inizia sempre con un riff e poi aumenta di consistenza con altri riff, fino a quando ci ritroviamo con un brano nuovo.
Per quanto riguarda la registrazione, siamo stati molto fortunati con il nostro nuovo batterista Damien, il quale possiede uno studio vicino a casa sua. Per “Slaughtered” e tutti i nostri album precedenti ci eravamo recati in uno studio costoso e avevamo dovuto registrare tutto con un produttore esterno. Per questo album e per l’EP abbiamo registrato tutto da soli e abbiamo assunto qualcuno solo per mixarlo e masterizzarlo. Questa situazione ci ha fornito maggiore controllo sul risultato finale e ci ha fatto risparmiare un sacco di soldi.
Il processo ha richiesto solo un po’ più tempo rispetto a una volta, ma almeno non abbiamo dovuto fare i conti con delle scadenze fastidiose.

ALCUNE DELLE NUOVE CANZONI PRESENTANO DELLE CURIOSE SUGGESTIONI BLACK METAL. SI RAVVISA UNA BUONA VARIETÀ DI RIFF E SOLUZIONI IN QUESTO ALBUM. SUONA SICURAMENTE PIUTTOSTO FRESCO, IL CHE È UNA COSA AMMIREVOLE, CONSIDERANDO CHE SIETE UNA BAND IN ATTIVITÀ DA MOLTISSIMI ANNI.
NON È MOLTO COMUNE VEDERE DEI VETERANI COME VOI PROVARE A FARE COSE DIVERSE COSÌ IN LÀ NELLA CARRIERA. SEI D’ACCORDO?

– Grazie, mi fa piacere che tu abbia notato lo sforzo! I toni black metal non erano intenzionali o comunque non sono stati studiati a tavolino, è semplicemente successo così. Alcuni di noi ascoltano parecchio black metal, quindi ciò potrebbe aver indirizzato alcuni dettagli in quella direzione. Inoltre penso che Patrick questa volta abbia portato un po’ di influenze Centurian in alcuni dei suoi riff: ha suonato in quella band per molti anni, quindi immagino che sia successo in maniera assai spontanea. Riguardo al rimanere freschi, penso che fosse quello che mancava quando abbiamo iniziato a scrivere nel 2011-2012 e il motivo per cui in quel periodo non ci siamo sentiti soddisfatti di ciò che stavamo componendo. Questa volta siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda e infatti abbiamo subito sentito un’energia diversa nelle canzoni che stavamo scrivendo.

QUANDO COMPONETE NUOVI PEZZI, COME FATE A VALUTARE LA QUALITÀ DELLA VOSTRA MUSICA? QUALI SONO I VOSTRI CRITERI PER UNA BUONA CANZONE DEI SEVERE TORTURE?
– Beh, è abbastanza semplice, il risultato finale deve piacere a ognuno di noi (ride, ndR). E non solo al primo ascolto, ma anche settimane o mesi dopo. So che messa così sembra facile, ma ovviamente non lo è. Buttiamo via un sacco di riff: quando uno di noi non riesce a entrare in sintonia con un certo riff o qualche parte, non li usiamo. Forse è anche questo il motivo per cui in genere ci occorre sempre un po’ di tempo per mettere insieme un album.

IN GENERALE, I FAN DEL DEATH METAL TENDONO AD ESSERE PIUTTOSTO CONSERVATORI NEI LORO GUSTI E NON APPREZZANO GRANCHÉ LA SPERIMENTAZIONE MUSICALE. COME SIETE SOLITI TROVARE UN EQUILIBRIO TRA SODDISFARE VOI STESSI COME MUSICISTI E ALLO STESSO TEMPO VENIRE INCONTRO AI VOSTRI FAN?
– Facciamo la musica che ci piace suonare: di solito con noi i fan sono piuttosto comprensivi in questo senso (ride, ndR). Ci sono stati dei cambiamenti in tutti questi anni, ma chi ci ascolta è sempre rimasto attaccato al nostro operato. Ma capisco cosa intendi: se parlo per me, ho un gusto musicale molto ampio, che va da Nick Cave agli Swans, ai Queens of the Stone Age, ai Suffocation, ai Mayhem, passando per tantissime altre cose. Basta rendersi conto che la maggior parte di quella roba non funzionerà mai nella musica dei Severe Torture. Posso arrivare a qualche accenno o ad inserire un riferimento in un testo, ma non andrei mai oltre, fino a snaturare ciò che questa band rappresenta.

QUALI ERANO LE VOSTRE PRINCIPALI SFIDE A LIVELLO COMPOSITIVO E DI PRODUZIONE ALL’INIZIO E COME SONO CAMBIATE NEL TEMPO?
– Quando abbiamo iniziato, alla fine degli anni Novanta, scrivevamo tutte le canzoni insieme in sala prove, con un semplice walkman al centro della stanza per registrarle in modo da non dimenticarci spunti interessanti. Di solito mettevamo insieme tutti i riff che avevamo e tenevamo quelli che si adattavano meglio. In studio pensavamo poi ad affinare il più possibile le canzoni, per renderle degne di un album.
Al giorno d’oggi, invece, la maggior parte delle tracce vengono parzialmente o completamente preparate a casa prima di portarle in sala prove. Abbiamo tutti vite fitte di impegni, quindi non possiamo più provare insieme molto spesso. Oggi ci viene facile comporre separatamente e presentarci con brani completi da far ascoltare agli altri. Oggi inoltre proviamo nello studio di Damien, così possiamo subito registrare ogni canzone o idea con una qualità davvero buona.

LE COSE SONO CAMBIATE PARECCHIO RISPETTO AGLI ALBORI DELLA BAND, CON LE PIATTAFORME STREAMING CHE HANNO PRATICAMENTE DISTRUTTO IL VECCHIO MODELLO DI BUSINESS DELLA VENDITA DI DISCHI. COME VEDI LA QUESTIONE, DA VETERANO DEL GENERE?
– Beh, io sono degli anni Novanta, quindi adoro avere tra le mani un prodotto fisico e guardo sempre con grande affetto ai vecchi tempi. Quando abbiamo pubblicato i nostri primi due album siamo riusciti a vendere un numero di copie insperato, il che si è tradotto in un budget per andare in tour e per registrare altra musica. Ciò è completamente cambiato con lo streaming e il download.
Certamente vedo anche i vantaggi della musica in streaming… è solo un peccato che l’artista non ottenga quasi nulla, anche se il numero di ascoltatori è piuttosto alto. Oggigiorno comunque mi dà molto più fastidio andare a un concerto e vedere costantemente persone che filmano o scattano foto invece di guardare realmente lo spettacolo.

TORNANDO AI SEVERE TORTURE E ALLA VOSTRA CARRIERA, COSA PENSI DEL DEATH METAL OGGI?
– Mi piace ancora suonare questo genere, ma per me l’epoca d’oro sono stati gli anni Novanta e i primi anni Duemila. C’è ancora un sacco di roba interessante in uscita, ma secondo me oggigiorno c’è più innovazione nel black metal che nel death metal.

LA SCENA DEATH METAL OLANDESE PUÒ ANCORA CONTARE SU DIVERSE BAND DELLE VECCHIA GUARDIA, COME VOI, SINISTER, ASPHYX O PESTILENCE. SEMBRA PERÒ CHE L’UNDERGROUND NON ABBIA PARTORITO COSÌ TANTE NUOVE BAND EMERGENTI NEGLI ULTIMI ANNI.
PENSI CHE L’OLANDA SIA ANCORA UNO DEI CUORI PULSANTI DEL DEATH METAL EUROPEO?

– Penso che abbiamo ancora una scena death metal rispettabile, ma effettivamente non credo che le cose siano come una ventina d’anni fa. Probabilmente è perché sto invecchiando e non riesco a seguire bene ciò che accade da noi (ride, ndR).

PENSANDO AL VOSTRO REPERTORIO, C’È QUALCHE BRANO O ALBUM IN PARTICOLARE DI CUI HAI DAVVERO UN BEL RICORDO?
– La prima canzone che mi viene in mente è “Buried Hatchet”, dall’album “Sworn Vengeance”. Prima di registrarla pensavamo che fosse una canzone soltanto ‘ok’, forse un po’ troppo midtempo vecchia scuola per noi, ma quando l’abbiamo registrata e in seguito abbiamo aggiunto delle backing vocals da parte di Jason dei Misery Index e di Che dei Born From Pain, il pezzo è diventato un classico istantaneo, tanto che da allora non è mai stato rimosso dalla nostra scaletta.

QUAL È STATO IL MIGLIOR CONCERTO CHE I SEVERE TORTURE ABBIANO MAI TENUTO E COSA LO HA RESO COSÌ MEMORABILE?
– Questa è sempre una domanda difficile! Potrei menzionare l’Hellfest perché è un evento davvero grande, ma d’altra parte mi piacciono di più gli show nei club più piccoli. Il concerto tende a essere più intenso e hai una connessione migliore con i fan. Ricordo uno show ad Atene, in Grecia, nel 2009. Il locale era pieno, la gente continuava a salire sul palco e quella sera eravamo davvero su di giri. È stato un concerto da ricordare!

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