Un’intervista con Matt Fox, leader e chitarrista degli Shai Hulud, è davvero un’esperienza straordinaria. Capita di rado di trovarsi davanti ad una persona così onesta ed entusiasta del suo essere musicista; una persona genuina, che arriva anche a commuoversi mentre spiega il perchè non si vede a fare altro nella vita o mentre prova ad illustrarti i motivi dietro certe scelte della band. Personaggi così coinvolti in quello che stanno facendo ridonano spessore ad un mondo e ad una scena musicale in cui sempre più spesso non vi sono valori e dove vige la politica dell’usa e getta. Fox ha dedicato la propria vita alla musica e, nonostante abbia praticamente contribuito a creare un sotto-genere – il metal-core – ha probabilmente raccolto molto meno di quanto avrebbe in effetti meritato. Ma, a vent’anni circa dalla fondazione del suo gruppo e nonostante innumerevoli cambi di formazioni, il chitarrista statunitense è ancora qui, carico e affammato come agli esordi. Lo abbiamo incontrato in quel di Londra, poche ore prima che con gli Shai Hulud aprisse per i Propagandhi nel primo tour europeo di supporto al nuovo album “Reach Beyond The Sun” – disco che vede il ritorno in studio dello storico frontman Chad Gilbert – e ci ha letteralmente contagiato con la sua sincerità e il suo entusiasmo…
IL NUOVO ALBUM STA GENERANDO GRANDE ENTUSIASMO FRA MEDIA E FAN, ANCHE E SOPRATTUTTO PER IL RITORNO – ALMENO IN STUDIO – DI CHAD GILBERT DIETRO AL MICROFONO. COME SIETE TORNATI A COLLABORARE CON LUI ANCHE PER IL RUOLO DI CANTANTE? INIZIALMENTE DOVEVA SOLO PRODURRE IL DISCO NEI SUOI STUDI…
“In effetti, quando lo abbiamo contattato per produrre il nuovo album, non avevamo idea che sarebbe finito anche a registrare le voci. Nel 2008 o 2009 abbiamo tenuto qualche concerto con la sua band, i New Found Glory, e un giorno, mentre stavamo effettuando il sound check, gli ho fatto sentire alcuni riff su cui stavo lavorando. Si è subito dimostrato altamente entusiasta del materiale, così anche nei mesi successivi gli ho inviato alcune bozze di canzoni, giusto per tenerlo aggiornato, in amicizia. Da lì siamo passati a proporgli di produrre il disco, visto che nel tempo Chad è diventato un produttore hardcore molto valido. Ogni brano che gli mandavo veniva accolto da grandi complimenti, quindi ad un certo punto non vedevamo davvero l’ora di lavorare insieme in studio su questo materiale. Inizialmente, insomma, non avevo idea di proporgli di cantare: la nostra collaborazione riguardava esclusivamente le registrazioni dell’album. Poi però ci siamo separati dal cantante che ci aveva accompagnato negli ultimi tour di ‘Misanthropy…’ e allora, siccome mancava poco all’inizio delle registrazioni, mi è venuto naturale chiedere a Chad se fosse interessato anche a cantare sui pezzi. In principio mi ha lasciato intendere che la mia non fosse una buona idea, poi però il giorno seguente mi ha richiamato e ha detto che se la sentiva di provare. Inutile sottolineare quanto sia stato sollevato nel sentire quella risposta. Da lì in poi non abbiamo dovuto fare altro che concentrarci sul disco e cercare di confezionare qualcosa che fosse competetivo sotto ogni punto di vista”.
ORA PER MOLTI SAREBBE UN SOGNO POTERLO VEDERE IN TOUR CON LA BAND…
“Lo so, ma non è proprio possibile. Abbiamo tenuto un paio di concerti con Chad subito dopo il termine delle registrazioni, ma si è trattato di eventi speciali. È troppo impegnato come produttore e come chitarrista della sua band. Noi, dal canto nostro, siamo un gruppo che va spesso in tour, quindi non potremmo mai aspettare i suoi momenti liberi. È stata una bella esperienza e lui sarà sempre pronto ad aiutarci in studio o per qualche ‘comparsata’ qua e là, ma una collaborazione full time oggi è da escludere. Abbiamo un nuovo ragazzo, Justin Krauss, che ci aiuterà per i prossimi tour. Poi vedremo il da farsi. Anche lui ha famiglia ed è coinvolto in un altro gruppo, quindi la nostra ricerca per un frontman non è finita”.
A QUESTO PUNTO SARAI STANCO DI DOVER CONTINUAMENTE RISPONDERE A DOMANDE SUI CAMBI DI LINEUP, MA QUANTO QUESTI ULTIMI EFFETTIVAMENTE INFLUISCONO SULLE ATTIVITÀ DELLA BAND? COMPOSIZIONE, REGISTRAZIONI, TOUR…?
“I cambi di lineup certamente creano problemi a livello di tour. Personalmente, se qualcuno mi propone un tour, io sono subito pronto a partire. Questa band è in attività dal 1995: è da allora che sono pronto a suonare. In qualsiasi momento. Tuttavia, non avere una lineup solida, con qualche ruolo vacante, ti mette sempre nelle condizioni di fare decine di telefonate, stressarti e stressare il prossimo, cercare una soluzione più o meno ideale. Una band al completo, che rema nella stessa direzione, può evitare facilmente tutto questo. Purtroppo per gli Shai Hulud gli ultimi anni sono stati un po’ complicati, anche se le cose stanno migliorando – ruolo di cantante a parte. Per quanto riguarda la composizione, invece, i problemi sono minori. Ho scritto la maggior parte della musica e dei testi sin dal nostro primo giorno di vita, quindi per me ha una relativa importanza avere le stesse persone attorno, anche se a volte non mi dispiacerebbe avere degli input esterni. Anzi, credo che le mie canzoni migliori siano quelle che ho composto con l’aiuto di terzi. Ma, come dicevo, da tempo mi trovo nella situazione di essere praticamente sempre da solo, quindi non posso proprio cimentarmi in delle formule nuove”.
QUINDI I LUNGHI INTERVALLI FRA ALBUM NON SONO CAUSATI DAI CAMBI DI LINEUP…
“No, assolutamente. Su questo non ci sono proprio dubbi. I circa cinque anni fra ogni album non hanno niente a che vedere con i problemi di formazione. Molto semplicemente, io non compongo musica quando non ho niente da dire. Certo, a volte capita che imbracci la chitarra per divertimento, giusto per vedere che cosa salta fuori, ma senz’altro non mi metto a prenotare studi o ad informare la casa discografica. Se non ho idee, resto tranquillo al mio posto. Andare in studio tanto per registrare un nuovo album non avrebbe senso. Non saremmo gli Shai Hulud. Gli Shai Hulud pubblicano un nuovo album quando gli Shai Hulud hanno scritto abbastanza musica genuina e hanno abbastanza idee genuine da condividere con la gente. E per arrivare a quel punto ci vuole del tempo. Insomma, il viavai di membri non ha davvero mai influito sul nostro modo di comporre. Gli unici veri problemi si sono verificati in materia di tour”.
PENSI CHE UNA VOLTA CHE AVRETE TROVATO UN NUOVO FRONTMAN A TEMPO PIENO AVRETE MENO PRESSIONE ADDOSSO? TI IMMAGINI DI DIVENTARE PIÙ SERENO E DI AVERE MAGGIORE ISPIRAZIONE PER REGISTRARE UN ALTRO ALBUM IN TEMPI BREVI?
“Sì, potrebbe succedere. Già adesso mi sento particolarmente ispirato. Magari la prossima volta impiegheremo tre anni anzichè cinque (ride, ndR)! Scherzi a parte, non abbiamo mai studiato a tavolino un nostro album, quindi non credo che inizieremo a farlo adesso. Di certo il tutto dipende anche dalla mia ispirazione e dalla situazione interna alla band, ma, come avrai capito, non mi piace fare le cose di fretta o tanto per farle. Senza dubbio, il ruolo di frontman è un problema. È difficile trovare qualcuno che abbia tempo e voglia di seguire un gruppo come il nostro, che non è in grado di garantire un grande ritorno economico. Soprattutto negli ultimi tempi si sta ponendo il problema di trovare qualcuno che sia più o meno della nostra età o che almeno provenga dalla nostra scuola di pensiero. Abbiamo provato ad affidare il lavoro a ragazzi di appena vent’anni, ma ci siamo accorti che alla lunga le cose non funzionano. Abbiamo mentalità e modi di vivere troppo diversi. Non abbiamo granchè in comune. Allo stesso tempo, io ho quasi quarant’anni e trovare una persona nei trenta che non ha obblighi lavorativi e familiari è chiaramente una piccola impresa. In tanti in questa età hanno un vero lavoro o mettono su famiglia. È una cosa normale. Io ho fatto scelte diverse nella vita, tanto che alla mia età mi ritrovo ad affittare una stanza e a condividere un appartamento con altri. Ma va bene così: ho trascorso gran parte della mia vita in tour, ho fatto esperienze incredibili, ho vissuto la mia musica al 100%. Si tratta ora di trovare qualcuno che capisca chi sono gli Shai Hulud e quali sono le nostre prospettive… e che sia disposto a contribuire alla nostra avventura nella maniera più onesta e leale possibile”.
HAI RIMPIANTI, A LIVELLO DI CARRIERA?
“No, non credo di avere rimpianti. Ogni tanto penso al 2003/2004, quando la band era in procinto di esplodere a livello di popolarità. In quel periodo avremmo potuto diventare realmente ‘grandi’ se avessimo insistito coi tour e con un altro album subito dopo. Ma poi ci separammo dal frontman di allora, Geert van der Velde, che era molto amato dai fan, e per un po’ le cose presero una piega negativa. Oggi siamo ancora molto amici, ma in quel periodo si crearono forti tensioni e fu imperativo chiedergli di andarsene. In molti ci dicono che abbiamo perso il cosiddetto ‘treno del successo’ con quella mossa proprio quando eravamo in forte ascesa, ma non posso farci nulla. Non so nemmeno se sarei stato in grado di comporre un altro album in quei mesi. È tutto un ‘se’, tutto una ipotesi. Ma non mi guardo indietro, penso al futuro e a tutte le idee che continuamente mi vengono per nuove canzoni”.
VEDI GLI SHAI HULUD ANDARE AVANTI ANCORA PER LUNGO TEMPO?
“Sì, per quanto mi riguarda, mi vedo suonare questa musica anche a sessant’anni. Certo, magari non potrò più saltare sul palco e mi ci vorrà più tempo per riprendermi fra un tour e l’altro, ma non riesco a immaginarmi a fare altro. In qualche maniera riuscirò sempre a trovare persone disposte ad accompagnarmi. Gli Shai Hulud sono la mia vita, sono tutto quello in cui ho sempre creduto”.
QUAL È LA COSA PIÙ BELLA CHE TI È CAPITATA GRAZIE AGLI SHAI HULUD?
“Ce ne sono diverse… Tramite la band ho conosciuto una ragazza che per del tempo è stata la mia compagna. Con lei ho trascorso alcuni degli anni più belli della mia vita. Senza il gruppo, senza questa musica, non l’avrei mai conosciuta. È un’esperienza che mi ha segnato profondamente. Ma non posso dimenticare il rapporto di amicizia nato con persone che si sono avvicinate a me proprio perchè amavano le mie canzoni. Ho conosciuto ragazzi e ragazze in ogni parte del mondo, con cui ho un rapporto fortissimo. Potrei presentarmi in Australia o in Giappone, senza un soldo in tasca, e con un paio di telefonate potrei avere tantissima gente intorno a me pronta ad aiutarmi e a farmi sentire il benvenuto. Grazie alla musica sono nati dei legami straordinari. Sono grato per tutto quello che ho ricevuto grazie a questa band”.
SI STENTA A CREDERE CHE TU SIA L’AUTORE DI TESTI TANTO NEGATIVI!
“Sì, i testi sono negativi, ma vanno sempre visti come una denuncia verso ciò che non va nel modo giusto in questo mondo, non come un semplice ‘sparare a zero’. Non dico ‘questo fa schifo’ così tanto per fare. L’idea è sempre quella di innescare una reazione: far riflettere in modo che magari qualcuno assieme al sottoscritto si impegni a cambiare le cose. Odio l’ottimismo spiccio, ma non sono nemmeno una persona cinica e negativa per il gusto di esserlo. Per come la vedo io, il nostro messaggio non è lontano anni luce da quello di un gruppo come gli Hatebreed. Affrontiamo le stesse cose, ma da punti di vista e con un linguaggio differenti”.
NON ABBIAMO PRATICAMENTE PARLATO DI “REACH BEYOND THE SUN”, AD ECCEZIONE DEL RUOLO DI CHAD GILBERT. DIMMI QUAL È L’ASPETTO DEL DISCO DI CUI TI SENTI PIÙ SODDISFATTO…
“Ci sono tante cose che mi esaltano di questo nuovo album… e non lo sto dicendo solo perchè sono galvanizzato dagli ottimi riscontri che sta ottenendo. Per me è davvero un album ispirato e, soprattutto, equilibrato. Tutti i nostri lavori sono frutto della massima spontaneità, ma oggi mi rendo conto che, ad esempio, ‘Misanthropy Pure’ è a tratti eccessivamente tecnico e contorto. A volte lo ascolto e non so nemmeno che cosa stiamo cercando di fare con certi riff! ‘Reach Beyond The Sun’ ha invece avuto una gestazione più hardcore: mi sono ritrovato a badare maggiormente al sodo, ricercando una certa musicalità anche in quelle parti in cui mi stavano venendo delle cose molto tecniche. Siamo sempre stati un gruppo piuttosto cerebrale, soprattutto per standard hardcore, ma credo che ‘Reach…’ sia il nostro lavoro più maturo e digeribile da questo punto di vista”.
IN EFFETTI, VI HO SEMPRE VISTO COME UN GRUPPO “TROPPO PROGRESSIVO PER GLI HARDCORE FAN” E “TROPPO HARDCORE PER I METAL FAN”. FORSE È ANCHE PER QUESTO CHE NON AVETE MAI RAGGIUNTO UN PUBBLICO VERAMENTE AMPIO…
“Sicuramente, quello che dici per alcuni è da sempre la ‘maledizione’ degli Shai Hulud. Ma devi anche tenere conto del fatto che io personalmente ho sempre voluto suonare così. Il mio background è al 50% metal e al 50% hardcore. Sono cresciuto ascoltando Coroner e Metallica da un lato e Chain Of Strength e Sick Of It All dall’altro. Per me non ha mai avuto senso suonare qualcosa di identico o simile a quello o a quell’altro gruppo. Ho imbracciato uno strumento per dire la mia, per fare qualcosa che non sapesse di già sentito. Non ho mai apprezzato i gruppi-clone. Se suoni musica tua, deve essere tua al 100%. Gli Shai Hulud, come gli Strongarm, gruppo al quale sono molto legato, hanno sempre avuto questo tipo di attitudine. Non siamo famosissimi? Vero, ma non è nemmeno un problema. Non ho mai voluto essere una rock star. Quello che ho sempre desiderato è vedere una persona ascoltare un nostro pezzo ed esclamare dopo cinque secondi ‘Questi sono gli Shai Hulud!’. E questa è una cosa che accade sempre. Sia a livello musicale che lirico, la gente ci riconosce subito o resta colpita al punto da chiedere informazioni sulla band che sta ascoltando. Pensa ai nostri testi: se cerchi su Google un titolo come ‘Scornful Of The Motives And Virtue Of Others’, quanti risultati pensi di ottenere? Te lo dico io… solo uno: Shai Hulud. In tanti si lamentano dei nostri titoli, perchè non sono facili da ricordare, ma non ci posso fare nulla. Odio uniformarmi. Odio essere generico”.
DOVE CREDI CHE “REACH BEYOND THE SUN” POSSA PORTARVI?
“Non ne ho idea. Mi basta sapere che i fan di vecchia data siano contenti di avere fra le mani un nostro nuovo album, così come mi rende felice vedere qualche faccia nuova ai nostri concerti. Per il resto, si vedrà. Certo, poi ci sono anche coloro che ancora pretendono per filo e per segno un nuovo ‘Hearts…’, ma è impresa impossibile accontentare quelle persone. Personalmente, mi sono reso conto dopo una vita trascorsa ad ascoltare e suonare musica che il fattore nostalgia gioca un ruolo fondamentale nelle nostre preferenze. Se ascoltavi ‘Hearts…’ quando avevi diciassette anni, se ascoltavi un pezzo come ‘My Heart Bleeds The Darkest Blood’ quando la tua ragazza ti aveva appena lasciato… è normale che quelle esperienze ti segnino e ti rimangano impresse per il resto della tua vita. Oggi ascolti ‘Reach Beyond The Sun’, hai oltre trent’anni, un lavoro, una casa, una famiglia… come è possibile che una canzone fra quelle nuove possa emotivamente coinvolgerti tanto quanto l’ennesimo ascolto di un brano di ‘Hearts…’? È impossibile. Succede anche a me. Ascolto il nuovo Slayer e penso: ‘Carino, ma non è come ‘Hell Awaits”. Non ci puoi fare niente. Entrano in gioco la nostalgia dei tempi andati, le diverse percezioni del mondo e della musica, modi differenti di ascoltare quest’ultima, ecc. Per me ‘Reach Beyond The Sun’ è un disco all’altezza del nostro nome, ma non credo che riuscirà a diventare più importante dei nostri primi album, almeno fra i fan della prima ora. Comunque, che cosa stavamo dicendo? Vedi, sono vecchio, inizio a parlare e vado avanti a toccare altri argomenti senza alcun senso logico (ride, ndR). Datemi la mia pensione hardcore!”.