SHORES OF NULL – Anatomia di un lutto

Pubblicato il 24/12/2020 da

Un anno certamente particolare, per gli Shores Of Null, questo 2020: anno di scelte difficili, situazioni complesse, l’impossibilità per chiunque di fare chissacosa sul fronte live; ma anche un anno di prime volte, azzardi compositivi e, giusto sul finale, della realizzazione di un video epocale, stupefacente, probabilmente mai realizzato prima, e che si spera possa fare da apripista ad altre opere d’arte di siffatto genere. “Beyond The Shores (On Death And Dying)” è da poco uscito e l’eco della sua cifra stilistica deve ancora scemare: un album mono-traccia di trentotto minuti, composto in poco tempo e quando già un altro disco era pronto per la pubblicazione, che ha già di per sé un valore intrinseco encomiabile, trattando il profondo tema dell’elaborazione del lutto, ma che prende connotati incredibili una volta abbinato alla visione del video menzionato. Di tutto questo, del recente passato, del futuro e del sorprendente presente, abbiamo discusso con la band nostrana, nelle persone di Gabriele Giaccari, chitarra, e Davide Straccione, voce.

CIAO RAGAZZI, E BENTORNATI SU METALITALIA.COM! COLMIAMO SUBITO IL GAP INTERCORSO DALLA PUBBLICAZIONE DI “BLACK DRAPES FOR TOMORROW” A POCO PRIMA DELL’INIZIO DELLA PANDEMIA, RIASSUMENDO UN PO’ I VOSTRI PASSI, I TRAGUARDI RAGGIUNTI E LE MOSSE AZZARDATE COMPIUTE…
Gabriele – Ciao Marco, è sempre un piacere essere qui su Metalitalia.com. Sono già passati tre anni e mezzo dall’uscita di “Black Drapes For Tomorrow” e sono stati in effetti molto intensi. In primis dal punto di vista live. Il disco è uscito qualche mese dopo il ritorno dal tour europeo con Novembre e Isole, e nel 2017 abbiamo fatto parecchie date in Italia tra cui l’apertura a Candlemass e Hooded Menace a Brescia, il primo Frantic Fest e la data proprio al Metalitalia.com Festival con Death SS e Moonspell, tra gli altri; per poi partire per un lungo tour europeo con Harakiri For The Sky e alcune date con i Sylvaine. Non ci siamo fermati neanche per il 2018 con diverse date europee, tra cui il Winter Days Of Metal in Slovenia, per poi proseguire nel 2019 con un tour italiano di apertura agli Arcturus e col tour europeo con In The Woods…, Ereb Altor e ancora Isole. Di li a poco, purtroppo, tutta la musica live si sarebbe fermata. I momenti in tour sono stati intervallati inizialmente da attività promozionali per “Black Drapes…” (abbiamo realizzato i video ufficiali per “Donau”, “House Of Cries” e la titletrack) e dalla composizione di nuova musica, e poi eccoci qui…

SAPPIAMO CHE NELLA SECONDA META’ DEL 2019 E AD INIZIO 2020 VI SIETE TRASFERITI IN STUDIO DI REGISTRAZIONE PER COMPLETARE I BEN DUE (!) ALBUM COMPOSTI. COME E’ SALTATA FUORI QUESTA COSA DEL DOPPIO ALBUM IN CONTEMPORANEA? ECCESSO DI BUON MATERIALE, OPPURE UNA SCELTA OCULATA FATTA A TAVOLINO? E COME SONO ANDATE LE SESSIONI DI COMPOSIZIONE?
Gabriele – In effetti, per il paio d’anni dopo l’uscita di “Black Drapes…”, ci siamo dedicati alla scrittura del nuovo album, realizzando undici brani inediti su cui abbiamo lavorato nel tempo per diversi mesi. Poco prima di entrare in studio, però, e siamo ormai nell’estate del 2019, abbiamo vissuto un momento particolarmente buio come band, soprattutto nei rapporti con la nostra precedente label (la Candlelight, ndR), considerando poi il disastro che aveva compiuto con la promozione del secondo disco (video dei brani pronti in largo anticipo e poi bloccati per MESI per errori di gestione; un pessimo lavoro di promozione; comunicazioni molto difficoltose); un momento talmente buio che l’idea di fare un altro disco col rischio che fosse gestito in quel modo era deprimente… Quindi ci siamo detti ‘piuttosto facciamo un disco di una sola nota per un’ora ed usciamo con quello!’. E così, nel giro veramente di poche ore, distribuite su quattro-cinque giorni di luglio e agosto, tra la depressione e la rabbia, è nato “Beyond The Shores (On Death And Dying)”. Solo che ci siamo fatti un po’ prendere la mano: i riff che uscivano ci piacevano molto, l’idea della nota sola è stata accantonata presto ed è venuta fuori una traccia molto più variegata delle aspettative, e sicuramente una composizione diversa da ciò che abbiamo sempre fatto in passato. Nel frattempo, i rapporti con la precedente label si sono chiusi del tutto e abbiamo deciso a quel punto di credere in questo disco fino in fondo, nato e registrato nel giro di poche settimane.

UNA SCELTA, QUELLA CHE AVETE FATTO, CHE ALL’INDOMANI DELL’ESPLOSIONE DEL FENOMENO PANDEMICO MONDIALE SEMBRA MOLTO LOGICA. PUR NON SAPENDO DI CHE PASTA SARA’ FATTO L’ALTRO DISCO, QUELLO RIMASTO NEL CASSETTO, PARE RAGIONEVOLE PUBBLICARE OGGI UN DISCO MONO-TRACCIA, PROPRIO QUANDO I CONCERTI SONO FERMI. SAREBBE STATO OSTICO DA PROMUOVERE DAL VIVO, NO?
Gabriele – Sarebbe stato sicuramente ostico, e direi che lo sarà anche quando riprenderemo a suonare, anche se abbiamo intenzione di fare una serie di concerti dedicati solo all’esecuzione di questo brano. In effetti, già prima del Covid, stavamo riflettendo se fare uscire prima questo disco o quello che di fatto è il suo predecessore (anche se ancora inedito), proprio per dare maggiormente un senso di rottura col passato. Il fatto che poi sia anche arrivata la pandemia, con effetti così devastanti sulla vita di tutti, colpendo in un modo violentissimo anche il mondo dell’arte e degli spettacoli dal vivo, è stato l’evento che ci ha fatto capire che “Beyond The Shores (On Death And Dying)” fosse giusto per questo periodo. Inoltre l’altro album, a cui teniamo molto, non avrebbe mai potuto ricevere la giusta attenzione in queste condizioni. Abbiamo deciso quindi di tenerlo quiescente, se mi permetti l’autocitazione (“Quiescence” è il titolo del debutto della band, ndR), fino a quando non passerà questo lungo inverno rappresentato dalla pandemia, certi che possa prendere vita quando le condizioni lo permetteranno.

DOPO DUE LAVORI SULLA PRESTIGIOSA CANDLELIGHT RECORDS, QUINDI, AVETE SCELTO DI ACCASARVI ALLA SPIKEROT RECORDS, UN’ETICHETTA CHE OVVIAMENTE VI SUPPORTA AL MASSIMO DELLE SUE POSSIBILITA’ E CHE VI CONSIDERA’ PRIORITA’. MA, A PARTE QUELLO CHE CI AVETE GIA’ DETTO SOPRA, COM’E’ FINITA CON LA CANDLELIGHT? NON C’ERANO PROPRIO I PRESUPPOSTI PER CONTINUARE?
Gabriele – Come accennavo poco fa, non c’erano in effetti i presupposti. I primi anni con Candlelight sono stati incredibili, ma poi purtroppo l’etichetta è fallita. Abbiamo ricevuto una lettera con la comunicazione che il catalogo era stato acquisito da Spinefarm Records, sottoetichetta della Universal Music. Alcune band sono state confermate per la stampa di un nuovo disco, tra cui noi. Quella che sembrava un’ottima notizia ha preso però, poco dopo, una piega piuttosto negativa. Gestione caotica di questo passaggio, errori su errori, molta frustrazione. Probabilmente eravamo un pesce troppo piccolo in un contesto troppo mainstream, o semplicemente tutta la parte che veniva da Candlelight è stata snobbata, non saprei. Fatto sta che le condizioni minime per proseguire erano del tutto assenti. Ci siamo decisi a cambiare, e piuttosto a provare a metterci in gioco in prima persona per seguire le sorti della band, mantenendo un forte controllo su tutto. Non ci siamo mai adagiati contando su altri, abbiamo sempre considerato il fatto di stare su un’etichetta importante come uno stimolo per lavorare sodo; il problema è che quando il master è di proprietà di qualcun altro, molte cose proprio non le puoi fare, punto e basta, deve farle l’etichetta. E se non le fa, sei bloccato in un limbo in cui, sicuramente, non vogliamo più tornare.
Questa libertà e soprattutto tale fiducia poteva darcela Spikerot Records. Già all’attivo con diverse uscite, e con ottime band, è un’etichetta giovane e che forse anche per questo si impegna al massimo; e il fatto che Davide sia coinvolto non è che l’ennesima garanzia che tutto sia fatto a dovere e in totale sinergia con la band. E per fortuna per ora la scelta si è rivelata sorprendentemente efficace. La promozione in atto da parte nostra e dell’etichetta, anche solo per la fase di pre-lancio, in un paio di mesi ha già superato ampiamente il lavoro che con “Black Drapes For Tomorrow” non venne fatto neanche in tre anni, nonostante questo periodo storico. Parlo proprio di numero e qualità di news, interviste, recensioni, gestione dei social, ascolti su Spotify moltiplicati… Se poi avremo avuto ragione lo sapremo solo tra almeno un anno, ma siamo fiduciosi.

UNO DEI MOLTEPLICI ASPETTI CHE RENDE MOLTO CURATO ED INTERESSANTE DA SCOPRIRE IL VOSTRO NUOVO LAVORO E’ IL COMPARTIMENTO VOCALE, NEL QUALE AVETE FATTO CONFLUIRE DIVERSE OSPITATE DI QUALITA’ E LIVELLO. IL FATTO CHE VI SIANO CINQUE VOCI ALL’INTERNO DEL DISCO COMBACIA CON LA TEMATICA TRATTATA (I CINQUE STADI DELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO)? PARLATECI DI COME AVETE CONTATTATO GLI OSPITI E DI COME AVETE CREATO QUESTA INTERPRETAZIONE CORALE DEL TEMA…
Davide – Sulle cinque voci non ci avevo ragionato, ce la potremmo giocare così in effetti, grazie (ride, ndR). Il compartimento vocale è da sempre molto importante per gli Shores Of Null ed è quello che forse ci distingue maggiormente. Fatta eccezione per Carmelo Orlando dei Novembre, presente su “Tide Against Us” nel precedente “Black Drapes For Tomorrow”, non avevamo mai avuto collaborazioni vocali esterne nei nostri dischi, ma nel caso di “Beyond The Shores…” la situazione era differente: un brano di questo tipo si presta maggiormente a collaborazioni di più ampio respiro e fin da subito l’idea è stata quella di creare un lavoro corale, come delle vere e proprie voci narranti piuttosto che dei semplici cameo. Gli ospiti internazionali di questo lavoro sono Mikko Kotamäki e Thomas A.G. Jensen, rispettivamente voce di Swallow The Sun e Saturnus, due tra i growl più sofferti e caratteristici dell’intera scena death/gothic/doom. Sono fan di entrambe le band da circa quindici anni, con i Saturnus abbiamo avuto modo anche di suonare qualche show insieme nel 2014, mentre con gli Swallow The Sun non abbiamo ancora avuto il piacere; ma ho potuto chiacchierare con Mikko in occasione del loro ultimo concerto romano, esattamente un anno fa. In quella occasione gli chiesi di partecipare, nello stesso periodo proposi la cosa anche a Thomas. Per fortuna accettarono entrambi e li invitammo a Roma tra gennaio e febbraio 2020 per le registrazioni. E’ stata un’esperienza meravigliosa e umanamente molto appagante, che ricorderemo a lungo. Sentivamo poi la necessità di inserire una voce femminile, come nella migliore tradizione gothic metal, una voce che potesse arricchire il brano di sfaccettature angeliche ed eteree, quasi a dare conforto nel mare di dolore che viene narrato. Abbiamo trovato quello che cercavamo in Elisabetta Marchetti degli Inno. L’altra voce invece è quella di Martina McLean, che rinforza con i suoi scream una parte piuttosto significativa del brano. Martina è la mente dietro i nostri videoclip ed è stato bello poterla inserire all’interno di un nostro brano, non soltanto lasciandole l’interpretazione dell’aspetto visuale.

NELLA CREAZIONE DI UN BRANO UNICO DI OLTRE TRENTOTTO MINUTI DI DURATA SI ENTRA PER FORZA IN CAMPO PROGRESSIVE E, NEL VOSTRO CASO, L’UTILIZZO DI ARCHI, PIANOFORTE E STRUTTURE E VOCI CHE RITORNANO AMPLIFICA L’EFFETTO EPICO ED ENFATICO DEL TUTTO. QUAL E’ PERO’, SECONDO VOI, LA PARTE PIU’ DIFFICILE DA AFFRONTARE NELLA COMPOSIZIONE DI UNA CANZONE COSI’ LUNGA? DOVE SI DEVE STARE PIU’ ATTENTI PER MANTENERE ALTA L’ATTENZIONE DEL FRUITORE?
Gabriele – La risposta sincera è: non ne ho idea (ride, ndR)! Non direi che siamo esperti di brani lunghi, per noi è la prima volta, e soprattutto è stata una scrittura molto di getto e inizialmente poco ragionata. I riff proposti da me e Raffaele (Colace, l’altro chitarrista, ndR) si evolvevano e mischiavano naturalmente, l’unica regola era mantenere un andamento lento e disperato. Dopo un po’, il procedere della composizione ha iniziato a suggerire che ci fosse un andamento preciso, e da lì è iniziato a nascere il collegamento con il libro “On Death and Dying”. A quel punto abbiamo rifinito e modellato il brano, ispirati da questo parallelismo.

I TESTI INCENTRATI SUL LAVORO DI ELISABETH KUBLER-ROSS SONO ALTRESI’ PARTE DI UN TUTT’UNO CONCETTUALE CHE DIFFICILMENTE SI PUO’ SLEGARE. GRAFICA, LIRICHE, MUSICA, VOCI…TUTTO PARE CONVOGLIATO NEL RAPPRESENTARE AL MEGLIO LA TEMATICA SCELTA. DA DOVE E’ PARTITA QUESTA RICERCA E QUESTA IDEA DI BASE? QUALE LO SPUNTO INIZIALE PER METTERE ASSIEME I PEZZI DEL PUZZLE?
Davide – Quando il brano era praticamente pronto strumentalmente, ricordo che Gabriele mi disse ‘sarebbe figo parlare delle cinque fasi di elaborazione del lutto, c’è questo libro…’. La mia reazione è stata qualcosa del tipo: ‘Ho capito, non aggiungere altro’. Un brano di questa portata necessitava di una tematica adeguata e grazie a questo spunto ho cominciato a leggere ‘On Death And Dying’ (‘La Morte E Il Morire’) della Kübler-Ross, opera nella quale la psichiatra svizzera formula queste cinque fasi del lutto, che elabora ascoltando i malati terminali; lei stessa affermerà che i suoi pazienti le hanno insegnato più come vivere che come morire. Mi sono quindi addentrato in concetti come Negazione (Denial), Rabbia (Anger), Contrattazione (Bargaining), Depressione (Depression) e Accettazione (Acceptance), che poi sono anche i nomi delle cinque varianti del vinile; sono fasi che non si presentano mai in maniera lineare, per cui non abbiamo diviso il disco in veri e propri movimenti, ma tutto segue un flusso narrativo ed esperienziale totalmente indipendente. Sempre la Kübler-Ross, infatti, diceva che ‘il nostro dolore è unico come le nostre vite’, non c’è mai un percorso identico per tutti. La scelta dei colori non è stata casuale: le cinque versioni dei vinili seguono una sequenza che dal nero va a morire verso il bianco, come in una sorta di transizione, dalla scoperta e dal rifiuto della malattia all’accettazione della morte, rappresentata dal colore bianco, candido, come una sorta di sereno abbandono. La copertina racchiude in sé questo concetto: gli alberi spogli immersi nel freddo dell’inverno simboleggiano in qualche modo la fine di un ciclo e la sua accettazione.

AVETE LAVORATO PER DIVERSI GIORNI AD UN VERO E PROPRIO MEDIOMETRAGGIO CON SANDA MOVIES, VALIDISSIMA AGENZIA DI FILMMAKING CHE NON MANCA MAI DI STUPIRE PER LA QUALITA’ DEI SUOI VIDEO (FRA I QUALI RICORDIAMO BUONA PARTE DEI VOSTRI FIN QUI REALIZZATI, DA “RUINS ALIVE” A “DONAU”, PER CITARNE DUE). IL RISULTATO FINALE E’ VISIONABILE DA UN PAIO DI SETTIMANE IN RETE E, OLTRE AD ESSERE MAGNIFICO E REALMENTE TOCCANTE, STA OTTENENDO GRANDI RISCONTRI, ANCHE IN VIRTU’ DEL FATTO DELLA SUA ECCEZIONALITA’: RARAMENTE SI E’ VISTO UN VIDEO DI MATRICE HEAVY METAL COSI’ LUNGO, COSI’ PROFONDO E COSI’ BEN REALIZZATO! COME SI SONO SVOLTE LE COSE E COME STATE ASSORBENDO IL FEEDBACK POSITIVO?
Gabriele – Intanto grazie per le tue parole. Il feedback che abbiamo ricevuto finora per il disco è già stato oltre le aspettative, recensioni con voti altissimi, top album e via dicendo, ma l’uscita del video ha segnato un passo che credo veramente resterà nella storia della band. Martina e Sanda Movies (che si occupano dei nostri video dall’uscita di “Quiescence”) hanno realizzato qualcosa che, anche riguardandolo ora a mente più fredda, è incredibile. Il video, la musica, i testi si fondono e si esaltano tra di loro in un’esperienza che effettivamente riesce a coinvolgere dal primo all’ultimo minuto, e soprattutto, come ci ha scritto tantissima gente, ad emozionare. Credo non ci sia complimento più bello per chi si esprime con le immagini o con la musica. Per ora ci godiamo questo momento, e speriamo che sia solo un trampolino per farlo arrivare a più persone possibile.
Come dici, raramente si è visto un video metal così lungo, e inizialmente anche noi ci siamo chiesti se fosse realmente possibile e se ne valesse la pena. Ad essere sincero non abbiamo fatto caso a eventuali altri video del genere, mentre ci lavoravamo, ma ora che è uscito diverse persone ci stanno segnalando l’unicità di quanto realizzato. In effetti i dischi con una singola traccia che conosciamo non hanno video, o hanno delle immagini di accompagnamento, stock o estratti di vecchi film. In questo caso invece Martina ha pensato un vero e proprio mediometraggio per raccontare le fasi del lutto e il viaggio emotivo dalla negazione all’accettazione finale; e quindi abbiamo girato tre giorni per il Centro Italia per filmare tutto quello che potete vedere, in location bellissime, con l’eroico team di Sanda Movies. Ed è stata veramente un’impresa, tra zone rosse, guasti meccanici, malattie, carabinieri e di tutto di più, con un budget che può permettersi una band underground, cioè praticamente nullo. Nonostante tutto, il risultato è quello che hai visto e non potremmo esserne più felici. Non per caso, come hai sottolineato anche tu, nel corso degli anni il team Sanda si sta affermando come una delle realtà più valide in ambito metal, e ha collaborato con band estere e band italiane molto affermate come Fleshgod Apocalypse e Novembre. Un grazie di cuore anche a Julia Werecat, la bravissima attrice, e a Peppe Vetrano col suo carro funebre.

GLI SHORES OF NULL POSSONO CONTARE SU UN’OTTIMA ORGANIZZAZIONE PROMOZIONALE, SE CONSIDERIAMO LA VOSTRA DIRETTA O INDIRETTA INTERAZIONE CON ALCUNI ATTORI BEN AFFERMATI E ORMAI NOTI NELLA SCENA, FRA CUI APPUNTO LE GIA’ CITATE SPIKEROT RECORDS E SANDA MOVIES. MA COME PENSATE SI SVOLGERA’, IN GENERALE, LA PROMOZIONE LIVE DEI DISCHI CHE USCIRANNO IN QUESTO PERIODO DI BLOCCO DELLE ATTIVITA’ LIVE? E SECONDO VOI, E’ PIU’ GIUSTO FERMARSI E ATTENDERE CHE TUTTO PASSI, OPPURE IMPEGNARSI E CERCARE NUOVE IDEE PER OTTENERE ALMENO UN MINIMO DI RITORNO?
Davide – Per la prima volta nella storia stiamo letteralmente promuovendo un disco senza show in programma e, se da un lato questa cosa è triste e deprimente, dall’altro ci sta offrendo nuovi spunti per capire come crescere, ora che i fan possono essere raggiunti solo online. Abbiamo dedicato più tempo allo studio dei tool a nostra disposizione, non demonizzando ad esempio lo streaming ma utilizzandolo come un alleato che può aiutare la band a crescere. Uscire con un disco del genere nel 2020 ha un significato particolare, in fondo il mondo intero è in lutto, e tale concetto può essere esteso anche alla categoria del mondo della musica live, duramente colpita da questa situazione. Personalmente ho visto uscire solo dischi bellissimi quest’anno, penso a My Dying Bride, Paradise Lost, Draconian, Ulver, Wayfarer, Counting Hours, ma ne potrei citare tanti altri ancora; addirittura i My Dying Bride hanno fatto uscire due lavori a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro. Mossa suicida? Io non credo. Rimandare tutto al 2021 o addirittura oltre, dal punto di vista delle pubblicazioni, non la reputo una mossa saggia. Anche i fan sono colpiti da questa situazione ed è bene pensare anche a loro, in un periodo così buio l’unica cosa che può salvarci è proprio la musica.

LA DOMANDA FINALE CHE OVVIAMENTE DEVO FARVI E’ QUELLA SU UNA POSSIBILE PICCOLA ANTICIPAZIONE DI CIO’ CHE SARA’ IL PROSSIMO DISCO, PERALTRO GIA’ REGISTRATO, COME SOPRASCRITTO. QUANDO PENSATE DI FARLO USCIRE? E NON AVETE TIMORE DI SENTIRLO GIA’ VECCHIO QUANDO LO DARETE IN PASTO A FAN E STAMPA?
Davide – Abbiamo provato a fare piani, ma vista l’attuale situazione è difficile sbilanciarsi o fare previsioni. Vorremmo comunque lasciare a “Beyond The Shores (On Death And Dying)” una finestra promozionale adeguata. Il prossimo disco, che in realtà è addirittura stato composto temporalmente prima di questo, come giustamente ipotizzavi in sede di recensione, sarà più legato al filone ‘classico’ della band, mentre “Beyond The Shores…” ci piace considerarlo come un’esplorazione del nostro lato più drammatico e lento. Prima di pianificare la prossima uscita ci godiamo la promozione di quella corrente, con la speranza di poter fare i live programmati per la prossima estate e suonare l’album interamente dal vivo laddove possibile. Sul timore di sentirlo già vecchio quando lo daremo alle stampe, credo di poter dormire sonni tranquilli, l’importante è che sia nuovo per i fan e per la stampa, l’anno in cui è stato registrato è irrilevante.

 

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