SHYLMAGOGHNAR – Il paradiso sperperato

Pubblicato il 24/01/2024 da

Nato dieci anni fa come duo composto dal polistrumentista Nimblkorg e dal cantante/tastierista Skirge, il progetto Shylmagoghnar è diventato una one-man band che vede il primo impegnato ora anche alla voce. Un decennio che ha visto la pubblicazione di tre album strettamente connessi tra loro, una sorta di trilogia che è anche un viaggio negli spazi più reconditi dell’animo umano, condotto con una sensibilità che rende la band unica. La proposta dell’artista olandese usa il black metal come base espressiva ma, senza porsi troppi limiti, si dipana verso altre sonorità, disegnando affreschi che lasciano a bocca aperta per la profondità che riescono a raggiungere e che, allo stesso momento, suonano accessibili e suadenti.
Il nuovo album “Convergence” si inserisce perfettamente nei solchi di questo sentiero e, se possibile, ne eleva ulteriormente la qualità.

In questa lunga intervista il musicista di South Limburg si dimostra disponibile, aperto al dialogo e smanioso di spiegare cosa si cela dietro alla sua creatura.

 

CIAO NIMBLKORG, BENVENUTO SU METALITALIA.COM E CONGRATULAZIONI PER IL DISCO. SI TRATTA DEL TUO TERZO ALBUM ED E’ ANCHE IL TERZO ATTO DI UNA TRILOGIA. COME DESCRIVERESTI “CONVERGENCE”? IN COSA E’ DIFFERENTE DA “EMERGENCE” E “TRANSIENCE”, I SUOI PREDECESSORI, ED IN COSA E’ SIMILE?
– Ciao e grazie a voi! “Convergence” è appunto la fine della trilogia che ha avuto la durata di una decade, circa. Penso che similitudini e differenze tra gli album arrivino direttamente da una crescita a livello personale e dai cambiamenti avvenuti durante tutto questo tempo. Ho acquisito confidenza nell’esprimere me stesso attraverso la musica, come nel mettere insieme la musica stessa in modo coerente.
Il tema portante di Shylmagoghnar è sempre stato il viaggio, e anche in questo caso lo è. Laddove i primi due dischi riguardavano il viaggio attraverso la vita, rispettivamente nello spazio e nel tempo, e come trovare il proprio posto in tutto ciò, il terzo parla del viaggio nella morte.
La differenza maggiore, dalla mia prospettiva, è che questo album l’ho realizzato da solo, mentre per i primi due avevo un partner musicale, Skirge, che ha scritto gran parte dei testi e si è sobbarcato il peso delle voci. Anche se questo nuovo ruolo non è completamente nuovo per me (mi sono occupato in parte di voci e testi anche negli album precedenti), per la prima volta ho assunto il pieno controllo sul flusso di tutta la storia dell’opera. Penso che, parallelamente ai miglioramenti in fase di scrittura, la situazione mi abbia portato ad avere tra le mani un disco che suona coerente come mai è successo in passato.

COME E’ STATO LAVORARE IN SOLITUDINE? COME MAI SKIRGE HA PRESO LA DECISIONE DI LASCIARE? SEI SEMPRE IN CONTATTO CON LUI?
– Skirge è emigrato dall’Olanda nel momento in cui stavamo pubblicando “Transience”. Questo di per sé non sarebbe stato un problema: abbiamo sempre lavorato come una squadra affiatata, dove io scrivevo la musica e lui poi aggiungeva testi e voce al termine di tutto, quindi all’inizio lavorare a distanza non ci preoccupava. Ciò che alla fine è successo, però, è stato che Skirge ha passato un paio di anni difficili nella sua nuova patria, cercando di trovare un proprio punto d’appoggio. Questa situazione è stata molto faticosa per lui e, per quanto ci provasse, semplicemente non c’era stata alcuna scintilla creativa in tutto quel lasso di tempo. Ciò lo faceva sentire malissimo, poiché Shylmagoghnar era diventato una sorta di obbligo incombente, invece del sodalizio artistico liberatorio tra amici che avrebbe dovuto essere. Questa stasi è perdurata nel tempo, così abbiamo deciso che non era il caso di insistere e che le cose non sarebbero dovute proseguire in quel modo; così Skirge si è ritirato dal mondo della musica.
Siamo sempre in contatto e siamo rimasti ottimi amici, come lo siamo sempre stati fin da quando eravamo ragazzi. Non escludiamo neanche la possibilità di lavorare ancora insieme in futuro. Se non come Shylmagoghnar, perlomeno con un progetto differente.
Per quanto riguarda come mi sono ritrovato a lavorare da solo, se devo dire la verità, è stata un’esperienza positiva, poiché sono un solitario per natura.
Rimarrò sempre un fan dei testi di Skirge e del suo stile vocale, e certamente mi mancano i suoi scherzi, ma ci tengo a dire qualcosa riguardo l’avere una completa libertà produttiva ed artistica: come accennato, lavoravamo in team, perciò il processo di scrittura non è cambiato in alcun modo, ma il compito aggiuntivo di dover pensare anche ai testi ha aggiunto una dimensione creativa che non avevo mai affrontato. Per me è stato quasi naturale e non vedo l’ora di rifarlo per un nuovo album.

LA TUA MUSICA SUONA PIUTTOSTO COMPLESSA E SEMBRA INCORPORARE DIVERSI ELEMENTI PROVENIENTI DA STILI DIFFERENTI. PER QUESTO MOTIVO E’ DIFFICILE INQUADRARLA CON UNA DEFINIZIONE. SE DOVESSI DARLE UN’ETICHETTA QUALE SAREBBE?
– Da anni ci sto provando! Poiché non ragiono per generi musicali, non rispetto neanche le divisioni che ci sono tra loro, così cambio in modo drastico tra un pezzo ed un altro. Partendo dalle definizioni che gli ascoltatori danno, penso sia qualcosa tipo atmospheric/melodic blackened death metal. Piuttosto impegnativo, ma tralasciando anche solo uno dei termini si escluderebbero elementi ricorrenti nella mia musica.

DA UN ALTRO PUNTO DI VISTA, RIESCI SEMPRE A MANTENERE LA TUA MUSICA ‘CATCHY’ E ASCOLTARE I TUOI ALBUM NON E’ UN IMPEGNO GRAVOSO. E’ UN ASPETTO CHE TIENI IN CONSIDERAZIONE QUANDO COMPONI O TI VIENE NATURALE? QUAL E’ IL TUO TIPICO PROCESSO COMPOSITIVO? PARTI DAI TESTI, DA UN RIFF, DA UN CONCETTO O DA QUALCOS’ALTRO?
SAPPIAMO CHE HAI UNO STUDIO CASALINGO. COME CI LAVORI? HAI SUGGERIMENTI DA DARE AD ALTRI MUSICISTI CHE VORREBBERO FARE LO STESSO?

– Riguardo alla prima parte della tua domanda sono contento che la pensi così! Sì, per me è una cosa naturale. Ho notato che la mia mente semplicemente lavora in modo melodico, ed ogni cosa che faccio ruota attorno a ciò. Per questo motivo, non importa quale genere o strumento stia affrontando, la melodia rimane sempre riconoscibile a livello subconscio e penso che sia qualcosa che gli ascoltatori riescono a capire.
Mi piace anche avere uno stile di produzione decifrabile. Con ciò intendo che una produzione per me non deve essere necessariamente pulita e scintillante, ma voglio essere in grado di focalizzare ogni singolo elemento che attragga la mia attenzione, e questo aspetto vale per i tutti i miei lavori.
In genere inizio a comporre una canzone da basi che non ho mai utilizzato in precedenza. Poiché considero Shylmagoghnar un viaggio personale, voglio imparare qualcosa di nuovo da ogni nuovo pezzo. Quale sia il punto di partenza in realtà dipende dal momento. Ci sono canzoni basate su elementi o tecniche particolari, come un suono di batteria o una linea di basso. Altre volte semplicemente improvviso su una melodia.
Mi è anche capitato di scrivere i testi e poi costruirci intorno il pezzo. Ma il mio metodo preferito è lavorare sulle idee che giungono a me attraverso i sogni. Può essere estremamente frustrante, poiché è impossibile sapere quando arriverà qualcosa di buono, ma quando accade per me ha un significato speciale.
Se qualcun altro volesse registrare da uno studio casalingo, per prima cosa suggerirei di focalizzarsi su ciò che è più importante: conoscere il proprio luogo ed i propri mezzi. Imparare a lavorare con sistemi audio necessita un tempo pari a quello di studiare uno strumento, e la mia raccomandazione è di mantenere lo stesso approccio.
Bisogna costruire su fondamenta solide, altrimenti tutto crollerà in breve tempo. Si deve conoscere alla perfezione l’acustica della propria stanza e perfezionarla tramite un ottimale piazzamento delle casse, creare i propri pannelli di assorbimento acustico, in modo da poter ascoltare ciò che si sta facendo in fase di missaggio. Provare e riprovare con i mezzi che si hanno, prima di comprarne di nuovi. I tuoi fornitori di amplificatori, cavi e altro materiale in genere tenteranno di venderti un bottone magico per risolvere tutti i tuoi problemi ma, finché non avrai abbastanza pratica alle spalle, queste scorciatoie ti indeboliranno solamente.
L’audio si basa su leggi naturali, ed una volta che avrai compreso le basi dell’equalizzazione, della compressione, della saturazione e degli effetti temporali, non avrai bisogno di nessun bottone magico.

SAPPIAMO CHE I TESTI SONO UNA PARTE FONDAMENTALE DELLA TUA ARTE. C’E’ UN MESSAGGIO DIETRO AI TUOI LAVORI? QUAL E’ QUELLO LEGATO A “CONVERGENCE”? QUANDO SCRIVI I TESTI TRAI ISPIRAZIONE ANCHE DALLA TUA VITA PRIVATA?
– Ci sono diversi temi di carattere generale che si trovano nei testi di Shylmagoghnar. Come già accennato, il viaggio d’esplorazione è uno di quelli principali.
Un altro è la rinascita. Penso che Skirge abbia sintetizzato in modo perfetto quando, alla fine di “Edin In Ashes”, ha scritto: “Un uomo deve cadere per rialzarsi nuovamente“. La conoscenza più profonda deriva dal commettere errori, così da riconoscere le imperfezioni personali allo scopo di crescere: questo è il cuore di ciò che Shylmagoghnar vuole comunicare.
Come per l’album precedente, questo sforzo è messo in mostra nella forma del protagonista principale che ha bisogno di lasciarsi alle spalle tutto ciò che lo lega alla terra degli esseri viventi, prima di essere veramente capace di morire. All’inizio, nella canzone “Threshold”, è messo in chiaro che non importa quali demoni o labirinti si debbano affrontare durante questa lotta, essi sono tutti costruiti da noi stessi. Non significa, però, che questi non abbiano potere. La mente è una cosa mostruosa ed alcune delle fosse che abbiamo scavato per noi stessi durante la nostra vita sono così profonde da consumarci. Talvolta la soluzione è provare a risolvere, altre volte l’unica risposta è lasciar scorrere.
Sì, le questioni personali costituiscono una buona fetta dei miei testi. Shylmagoghnar è qualcosa di molto intimo per me e tutto ciò che accade nella mia musica di solito è un riflesso del periodo che sto attraversando nella mia vita.
Durante la scrittura di “Convergence” ho perso mia mamma per un tumore, prima che mio figlio compisse un anno: mai come allora ho percepito il valore della vita e della morte così strettamente correlati l’uno all’altro. Era impossibile pensare ad alcunché di diverso in quegli anni. La gioia ed il dolore hanno dato forma a quest’album, e non penso sarei stato in grado di scriverlo se non fosse stato per quelle esatte circostanze.

HAI QUALCHE CREDENZA FILOSOFICA? COSA PENSI, INVECE, DELLA RELIGIONE?
– Sì, ne ho, ma sono fortemente basate sulle esperienze personali che ho vissuto durante la mia vita, nella malattia e nella salute, e sono tali per cui non saprei come definirle con un nome. Non sono basate su alcun ‘-ismo’, almeno che ne sappia io.
La maniera più semplice di riassumerle, ancorché molto cruda, è quella di affermare che non credo che la realtà sia quella che pensiamo. Non riceviamo informazioni sufficienti per comprenderla veramente. Per esempio: se non fosse per i nostri occhi, probabilmente non avremmo mai saputo che l’universo esiste. E’ un qualcosa di non misurabile, oltre l’umana comprensione, perciò l’unica ragione per cui sappiamo che c’è è che abbiamo sviluppato un sensore per essere sicuri che il pesce enorme che sta nuotando sopra di noi non ci mangi. Ora pensiamo a tutti i sensori che non abbiamo sviluppato: la nostra percezione della realtà è uno scherzo crudele.
Mentre di sicuro vale la pena compiere questa esplorazione, pensare che saremo sempre in grado di raggiungere un pieno livello di conoscenza è, ai miei occhi, perlomeno dubbio.
Inoltre, pensare che abbiamo già raggiunto questo livello è arrogante. Questa dovrebbe essere la risposta alla tua domanda sul mio pensiero riguardo la religione.

“I HEAR THE MOUNTAIN WEEP” E’ UN PEZZO MOLTO EMOZIONANTE. DI COSA PARLA?
– Si tratta di un pezzo che ero in procinto di finire da tantissimo tempo. Ho immaginato che, mentre il protagonista sta per morire, entra in un suo mondo nel quale, all’inizio, si sente solo ed estraneo. Ciò che personalmente avrei fatto è trovare una strada od un punto di riferimento, così da avere una mia posizione fissa.
In questo caso non ci sono strade, ma c’è una montagna, sulla quale si abbattono grandi tempeste. Così, la pioggia comincia a formare un grande rivolo d’acqua che scende dalle fiancate del monte e che alla fine va a creare il fiume che porterà il protagonista al mare. Come i torrenti che si ingrossano, così le emozioni che prova il protagonista in questa situazione crescono, fino alla realizzazione di non avere altra scelta se non quella di intraprendere questo viaggio.
L’acqua che scorre ed il mare sono concetti importanti in questo album, sento che sono entrambi fortemente simbolici ed anche che costituiscono una sorta di ponte tra due mondi. Per rafforzare la natura ciclica della vita e della morte, mi sembrava che l’inizio e la fine del viaggio dovessero essere due punti di riferimento riconoscibili; dopotutto, è naturale per noi mortali vedere un inizio ed una fine, anche dove in realtà non ce ne sono.
Mentre il mare rappresenta l’infinità, oltre che la dissoluzione dell’individuale in qualcosa di più grande, la montagna simboleggia qualcosa di potente ed apparentemente insuperabile, eppure alla fine anch’essa cederà alla forza erosiva delle piccole sorgenti che scorrono. Le forze in gioco tra questi due luoghi sono il vero motore nascosto.

COME GIA’ IN PASSATO, ANCHE QUESTA VOLTA MOLTI DEI PEZZI SONO STRUMENTALI. PENSI CHE QUESTI SIANO EFFICACI QUANTO I BRANI CON LA VOCE? COME SI PUO’ MANDARE UN MESSAGGIO SENZA UN TESTO?
– Sì, ma in modo differente. Tante volte la musica può raccontare ciò che le parole non riescono a fare, a tal punto che aggiungere un testo annacquerebbe l’impatto.
Quando usi le parole, praticamente usi un mezzo per traferire un’esperienza a qualcun altro. Quando utilizzi la musica, lasci che le altre persone vivano questa esperienza da loro stessi. Specialmente in un contesto personale quale quello legato a questo album, penso che l’ascoltatore debba avere la possibilità di immaginare la propria versione di alcuni dei capitoli del viaggio.
L’immagine che egli si crea di come questi posti surreali possano essere è valida quanto la mia, e mi piacerebbe rispettare questa situazione non negandogli l’opportunità di avere la propria risposta.

TRA QUESTI STRUMENTALI, “GARDENS OF ERASED” E’ IL PIU’ FUORI DAGLI SCHEMI. SEMBRA UN PEZZO ANNI ’80 CON INFLUENZE DARKWAVE ANNESSE. COME E’ NATO? LO RITIENI UNA SORTA DI ESPERIMENTO?
– Sì, brani del genere e la strana piega che prendono si avvicinano alla mia esperienza della realtà. Come a volte si rompono gli schemi previsti per mostrare qualcosa di bizzarro. Quando scrivo per questo progetto, c’è sempre un equilibrio tra creare qualcosa che penso piacerà agli altri tanto quanto a me, o semplicemente fare davvero quello che voglio, nonostante sia pienamente consapevole che potrebbe risultare strano per il mondo esterno.
È il mio modo di affermare che Shylmagoghnar proviene ancora dallo stesso posto in cui proveniva originariamente, prima che iniziasse ad attirare attenzione.
Per quanto riguarda le influenze di “Gardens Of Erased”, direi che ciò che hai più o meno azzeccato.
Mi piace sperimentare con i sintetizzatori fin da quando ho ascoltato Jean-Michel Jarre per la prima volta da bambino, e talvolta mi diverto ancora con la darkwave. Per quanto ami suonare la chitarra, non penso che questa possa coprire ogni stato d’animo che desidero utilizzare per esprimermi, quindi uno strumento versatile come il sintetizzatore è per me una gradita aggiunta.
Il modo in cui una traccia del genere finisce per prendere forma si basa principalmente sulle immagini che ho dei luoghi che sto cercando di ritrarre. Il percorso che sta seguendo il protagonista è una strada a doppio senso, quindi alcuni elementi compiono il cammino opposto e provengono anche dal mare, attraverso “Infinion”, e alla fine passano nella nostra realtà.
Per “Gardens Of Erased”, ho immaginato questo vuoto stravagante di cose non ancora completamente formate e di esseri bloccati nel limbo, incapaci di avanzare verso l’esistenza. Essi sono intrappolati in una notte infinita, sapendo cosa avrebbero potuto essere, ma non ne hanno mai avuto la possibilità, perché la loro essenza vitale è stata divorata dal mostro di Egregore. Questo è anche il motivo per cui la melodia principale del pezzo è piuttosto sotto traccia nel mix, e ho appositamente creato alcuni suoni glitch con i sintetizzatori, che rappresentano la loro disperata richiesta al protagonista di aiutarli a uscire dal loro stato.

SAI SUONARE DIVERSI STRUMENTI E LA TUA MUSICA E’ SFACCETTATA ED INFLUENZATA DA MOLTI GENERI DIFFERENTI. QUAL E’ LA TUA FORMAZIONE? QUALE STRUMENTO HAI INIZIATO A SUONARE PER PRIMO?
– La chitarra è stata la mia prima scelta e rimane il mio strumento principale. Ho iniziato a suonare punk e metal nella mia adolescenza, quando ho scoperto per la prima volta l’esistenza di questi generi e stili. La prima volta che ho sentito una chitarra fortemente distorta ho capito subito che era ciò a cui volevo dedicare la vita.
Da lì in poi ho iniziato ad ascoltare e seguire le solite band con cui la maggior parte dei chitarristi metal della mia generazione ha imparato a suonare, cose come Metallica ed Iron Maiden.
Fin dall’inizio ho sentito anche un forte desiderio di creare la mia musica, e con questo è arrivata anche l’attrazione per l’ingegneria del suono. Ho creato e mixato i miei demo, che sono poi diventati la base per Shylmagoghnar. Alcuni dei riff di quei primi demo li ho inseriti anche nei nuovi album.

CON QUALI GENERI MUSICALI E GRUPPI SEI CRESCIUTO E QUALI DI QUESTI CONSIDERI ANCORA UN’INFLUENZA QUANDO COMPONI? PENSI DI ESSERE ISPIRATO ANCHE DA FONTI ESTERNE ALLA MUSICA, QUALI POSSONO ESSERE LIBRI O FILM?
– Ho già menzionato Jean-Michel Jarre, ma un’altra artista che mi ha colpito è Kate Bush. Non ricordo esattamente, ma penso che avessimo una cassetta di uno dei suoi album in casa e la ascoltavo con uguale fascino e terrore. Qualcosa nel suo suono mi spaventava da bambino, ma lo adoravo. L’alto tasso di oniricità della sua musica è qualcosa che cerco ancora oggi di raggiungere nel mio lavoro.
Anche alcuni brani classici – tra cui “The Moldau”  che mi viene sempre in mente in maniera decisa – sono stati importanti nella mia formazione, perché mi hanno fatto capire che la musica può raccontare una storia anche senza parole. Più tardi fu “Orion” dei Metallica a risvegliare questa consapevolezza.
Oltre a ciò, una grande influenza sono state le colonne sonore dei videogiochi, dal Commodore 64 ai giochi per PC degli anni ’90 e ’00. La musica Chiptune e MIDI aveva un suono particolare, che di per sé era piuttosto piatto. Ciò ha costretto i compositori ad attirare la nostra attenzione con la loro creatività melodica e atmosferica. Penso che questo sia un buon esempio di come una limitazione possa migliorare la scrittura dei pezzi.
Al contrario, sento orchestre, nei giochi e nei film moderni, che sembrano produzioni su larga scala, e quasi tutte mi sembrano perfettamente dimenticabili, mentre ancora adesso posso facilmente ascoltare la colonna sonora di “The Settlers” o “Blood” senza annoiarmi.

COSA CI PUOI DIRE DEL TUO FUTURO? CONTINUERAI A LAVORARE DA SOLO O QUALCOSA CAMBIERA’? HAI IN MENTE DI SUONARE DAL VIVO PER PROMUOVERE IL NUOVO ALBUM?
– Probabilmente rimarrò una one-man band, poiché l’ho vissuta come un’esperienza perfettamente naturale e il processo di lavorazione mi è piaciuto parecchio. Ma vedremo!
Non ho intenzione di andare in tour, perché semplicemente non è nella mia natura. Per me, l’introspezione costante e la ricerca solitaria di nuova musica sono i momenti in cui si accende la magia. Non mi piace stare in mezzo alla gente più di quanto necessario.

 

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