SÓLSTAFIR – Dipendenze affettive ed altre romanticherie

Pubblicato il 12/11/2020 da

Un titolo scenografico e ruffianissimo (“Endless Twilight Of Codependent Love”), una copertina simbolicamente altisonante a richiamare la nazione islandese nei suoi caratteri fondanti, un lotto di canzoni figlie di struggimento, romanticismo, amarezza e una rinnovata rabbia; i Sólstafir sono tornati a bussare al nostro cuore e alla nostra anima e non si sono persi nelle loro evoluzioni, andando piuttosto a riprendere un approccio chitarristico verace che si era messo un poco in disparte, rispetto ad archi e sinfonie, negli ultimi dischi. Il nuovo album ce li riconsegna in splendida forma: non saranno più una sorpresa (i canoni del loro sound sono oramai ben chiari) ci sono elementi ricorrenti che ci fanno subito capire con chi abbiamo a che fare. Eppure, a non far evaporare l’entusiasmo ed a non far diventare consuetudine il loro operato, basta la cosa più semplice e assieme più difficile da realizzare: delle grandi canzoni. Di queste, “Endless Twilight Of Codependent Love” ne è zeppo. Pertanto, non è stato difficile farsene rapire come per le uscite precedenti. In attesa di poterli reincontrare live – il dubbio del se e quando, ahinoi, vale per loro come per chiunque altro – ci siamo fatti raccontare come se la sono passata negli ultimi tempi dall’ultimo arrivato, il batterista Hallgrímur Jón Hallgrímsson.

AFFRONTANDO IL VOSTRO NUOVO ALBUM, SI RIMANE SUBITO AFFASCINATI DALLA COPERTINA, CHE MI PARE SIA, COME DETTO NELLE NOTE DI PRESENTAZIONE, UN DIPINTO PIUTTOSTO FAMOSO NEL VOSTRO PAESE, UN SIMBOLO DELL’ISLANDA. SI TRATTA DI “LADY OF THE MOUNTAIN”, DIPINTO DEL 1864 DI JOHANN BAPTIST ZWECKER, RAPPRESENTEREBBE LA PERSONIFICAZIONE DELLA NAZIONE ISLANDESE. PERCHÉ PROPRIO QUESTA IMMAGINE PER PRESENTARE “ENDLESS TWILIGHT OF CODEPENDENT LOVE”?
– È un’immagine molto nota nel nostro paese, anche se forse lo era più qualche tempo fa che non adesso. È una figura che in sé racchiude alcuni degli aspetti associati di norma al nostro paese, vale a dire i ghiacci, i vulcani, i vasti ambienti naturali… Da noi, nel giorno di festa nazionale dedicato a ricordare la nascita della repubblica – il 17 giugno – le ragazze hanno l’usanza di vestire abiti tradizionali che ricordino la Signora della Montagna. Ecco, abbiamo pensato che il dipinto potesse rinsaldare il legame che abbiamo con la nostra nazione e i suoi caratteri fondanti.

UNA DELLE COSE CHE SALTA ALL’ORECCHIO FIN DAI PRIMI ASCOLTI È CHE ABBIATE IN PARTE ACCANTONATO GLI ARCHI E LA VENA SINFONICA DEGLI ULTIMI ALBUM, PER RIAPPROPRIAVI DI UNA DIMENSIONE PIÙ RUVIDA E CHITARRISTICA. A COSA DOBBIAMO QUESTA (PARZIALE) INVERSIONE DI ROTTA?
– Ah, non saprei proprio. Non ci abbiamo pensato preventivamente. Siamo una band che non si basa su chissà quali ragionamenti prima di cominciare a comporre. Sarà che questa volta volevamo essere più heavy, e il disco ci è venuto così. Talvolta ci piace essere pesanti, altre volte soft, dipende. Non c’è una pianificazione precisa di quello che suoniamo.

TRA LE CANZONI IN SCALETTA, EMERGE NITIDAMENTE “OR”, PER IL SUO FEELING JAZZ E BLUES; PER QUANTO CI SI ATTENDA SEMPRE DA VOI UN CERTO GRADO DI SPERIMENTAZIONE, IN QUESTO CASO SIAMO RIMASTI ABBASTANZA SPIAZZATI E CREDIAMO CHE SI TRATTI DI UNA DELLE TRACCE PIÙ RIUSCITE DELL’ULTIMO DISCO. VOLEVO ALLORA SAPERE COME SIETE GIUNTI A UN BRANO SIMILE E PERCHÉ L’AVETE POSIZIONATO PROPRIO IN QUEL PUNTO DELLA TRACKLIST.
– Sono contento ti sia piaciuta, perché all’inizio non ne eravamo convinti, ci sembrava troppo fuori dai canoni e troppo tranquilla, debole, per apparire nella tracklist ‘regolare’. Ci abbiamo girato attorno un po’, anche con le vocals dava questa sensazione di essere un pezzo blues con poca cattiveria, stavamo pensando di utilizzarla al massimo come b-side per qualche edizione limitata o singolo. Poi ci siamo trovati a suonare un altro pezzo di canzone, all’inizio non c’entrava nulla con il primo abbozzo di “Or”, era molto diverso; abbiamo provato a mettere assieme questi due spezzoni e, incredibilmente, la cosa ha funzionato! A quel punto avevamo un brano completamente nuovo, è un’operazione avvenuta direttamente in studio di registrazione. È rimasto il feeling blues, ma collegandoci una parte dal suono più potente ha preso una direzione che ci convinceva. Dopo aver sentito la fusione di questi due spezzoni, mi sono seduto al drumkit e, senza nulla a guidarmi, ho suonato quelle che sarebbero diventati le parti di batteria di “Or”. Avevo già la canzone completa in testa. Così sono riuscito a convincere anche gli altri, che si sono accorti di quanto fosse valida e infine l’abbiamo messa nell’album.

È STATO DIFFICILE PER TE ENTRARE IN UNA BAND CHE AVEVA GIÀ MOLTA STORIA DIETRO LE SPALLE E SOSTITUIRE UN SUO MEMBRO COSÌ IMPORTANTE, QUANDO SEI ENTRATO NELLA BAND?
– Credo di essere riuscito a comprendere subito quale fosse il mio ruolo nella band. Mi sono approcciato con molto rispetto al lavoro del precedente drummer, nelle canzoni più vecchie. Sono entrato nei Sólstafir nel 2015 e in poco tempo mi sono trovato ad andare in tour, a suonare in grossi festival. Certo, sotto alcuni punti di vista è stato stressante, eppure mi sono sentito subito a casa. Gli altri ragazzi non mi hanno mai fatto sentire come se fossi l’ultimo arrivato, uno che doveva sentirsi in inferiorità perché arrivato per ultimo nel gruppo. Grandi difficoltà di inserimento non ne ho avute, né sul piano strettamente musicale, né su quello umano.

NEGLI ULTIMI ANNI I SÓLSTAFIR SONO RIUSCITI A OLTREPASSARE I CONFINI DELL’AUDIENCE METAL E A FARSI APPREZZARE ANCHE DA TIPOLOGIE DI ASCOLTATORI CHE COL METAL HANNO POCA DIMESTICHEZZA. QUESTO VI HA ANCHE CONSENTITO DI SUONARE DAL VIVO IN SITUAZIONI DISTANTI DA QUELLE IN CUI VI TROVATE ABITUALMENTE, DAVANTI A UN PUBBLICO NON PER FORZA DI METALLARI. C’È UN’OCCASIONE DI QUESTE CHE RICORDI CON PARTICOLARE PIACERE, UN EVENTO CHE TI HA COLPITO?
– Mi viene difficile risponderti, perché per me, che si tratti di grandi eventi o concerti in piccole venue, ogni concerto è speciale e c’è qualcosa che mi rimane nel cuore. Qualche dettaglio, l’atmosfera del momento, ci sono cose che mi danno emozione e belle sensazioni al ricordo un po’ in ogni posto dove ci siamo trovati a suonare. Quindi non riesco proprio a esprimere una preferenza, mi spiace!

DA FUORI, QUANDO ANCORA NON FACEVI PARTE DEL GRUPPO, QUAL ERA IL TUO GIUDIZIO SUI SÓLSTAFIR? UNA VOLTA CHE SEI ENTRATO, E HAI COMINCIATO A SUONARE I LORO PEZZI, HAI CAMBIATO IN PARTE LA TUA PROSPETTIVA RISPETTO AL SOUND DELLA BAND?
– Già prima di entrare nella band ero amico di Aðalbjörn Tryggvason (il cantante/chitarrista del gruppo, ndR), avevamo frequentato la stessa scuola. Per cui ho seguito la band fin dai loro inizi, ho ascoltato le canzoni dei Sólstafir prima ancora che venissero pubblicate e possono ritenermi un loro fan della prima ora. So di essere un batterista diverso da Óli (Guðmundur Óli Pálmason, lo storico batterista del gruppo, uscito in modo burrascoso dalla line-up nel 2015, ndR) e sicuramente do un tocco differente dal suo alla musica. Non so però spiegare in modo più approfondito cosa ci sia di diverso tra me e lui, è molto una questione di interpretazione della singola persona che ascolta cogliere certi dettagli.

RITIENI CHE NELLE PERFORMANCE LIVE LA BAND ABBIA MODIFICATO DI MOLTO IL SUO APPROCCIO, DAI TEMPI IN CUI ERA QUALCOSA PER POCHI, AL SUCCESSO OTTENUTO A PARTIRE DA “SVARTIR SANDAR” IN AVANTI?
– Con la crescita di popolarità sempre più persone hanno iniziato a venire ai nostri show e, migliorando la qualità delle nostre produzioni, abbiamo cercato di offrire uno spettacolo che si facesse ricordare, che valesse la pena di essere ammirato. Anche dal punto di vista delle performance live, siamo sempre alla ricerca del miglioramento.

TORNANDO AL NUOVO ALBUM, VOLEVO SAPERE SE QUESTA VOLTA, A DIFFERENZA DI “BERDREYMINN”, IL PERCORSO DI AVVICINAMENTO SIA STATO ABBASTANZA TRANQUILLO E SENZA PROBLEMI PARTICOLARI A CARATTERIZZARLO E SE QUESTA MAGGIORE SERENITÀ SI SIA RIFLESSA NEI TESTI DELL’ALBUM.
– È stata una gioia comporre quest’album. La chimica nella band è ottima, remiamo tutti nella stessa direzione e condividiamo le stesse idee su ciò a cui vogliamo tendere come gruppo. L’intero processo che ha portato alla realizzazione del disco è filato via liscio. C’è stata un’ottima intesa in studio anche con Birgir (Birgir Jón Birgirsson, il produttore/ingegnere del suono di “Endless Twilight…”, già al lavoro coi Sólstafir per “Ótta” e “Berdreyminn”, ndR), ormai lo possiamo considerare il quinto membro della band.

SECONDO QUALE CRITERIO AVETE SCELTO I SINGOLI DI PRESENTAZIONE DELL’ALBUM?
– Abbiamo avuto lunghe discussioni per decidere quale dovesse essere il primo singolo dell’album. Alla fine siamo andati su “Akkeri” perché riassume alcuni significati per noi molto importanti ed è rappresentativa delle molte anime del disco. “Drýsill” avevamo deciso da tempo che sarebbe stata utilizzata come singolo, per questa non ci sono stati dubbi. Quest’ultima racchiude le sfumature malinconiche e dark del nostro sound, sia nella musica che nelle lyrics.

ALCUNE EDIZIONI DI “ENDLESS TWILIGHT OF CODEPENDENT LOVE” PRESENTANO DUE BONUS TRACK, “HROLLKALDA ÞOKA EINMANALEIKANS” E “HANN FOR SJALFUR”. NON SONO PRESENTI NELLA COPIA PROMOZIONALE IN NOSTRO POSSESSO, PUOI DIRCI QUALCOSA IN PIÙ SU QUESTI DUE BRANI?
– Penso siano entrambe due ottime canzoni. Solo – e questo può essere il classico problema di quelle che diventano delle b-side, andavano a interrompere il flusso dell’album – erano poco coerenti con il resto del materiale. Sembrandoci però materiale di valore, abbiamo deciso di inserirle come bonus track.

NEGLI ULTIMI ANNI I SÓLSTAFIR SONO DIVENUTI UN MODELLO PER CHI SUONA METAL ATMOSFERICO; NEI SUONI, NEL MOOD, NELL’INTERPRETAZIONE, SIETE CONSIDERATI UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER GRUPPI DI ESTRAZIONE E BACKGROUND ANCHE MOLTO DIVERSI. CI SONO GRUPPI CHE TI HANNO COLPITO, TRA QUELLI CHE POSSONO AVER TRATTO ISPIRAZIONE DAI SÓLSTAFIR, PUR SUONANDO QUALCOSA DI PERSONALE E DISTINTIVO?
– Una band con cui penso possiamo avere alcune affinità e mi piacciono molto sono i Kontinuum. Si sente che abbiamo alcune cose in comune, anche se magari non ci sono similitudini così smaccate tra noi e loro.

ALLARGANDO IL CAMPO ALLA SCENA METAL ISLANDESE NELLA SUA INTEREZZA, ORAMAI UNA DELLE PIÙ ACCLAMATE DALL’AUDIENCE METAL INTERNAZIONALE, QUALI SONO I TUOI GRUPPI PREFERITI?
– Anch’io sono molto interessato alla scena black metal islandese, e seguo attentamente l’operato di gruppi come Svartidauði, Misþyrming, Auðn. In questo periodo la scena islandese sta offrendo moltissimo.

TI VORREI CHIEDERE INFINE QUALI POTREBBERO ESSERE I VOSTRI PROGETTI FUTURI, TENENDO CONTO DI UNA SITUAZIONE CHE NON PERMETTE ANCORA DI GUARDARE CON SERENITÀ AL FUTURO…
– Stiamo ovviamente aspettando che si possa tornare a suonare musica dal vivo. Spero che nel breve si possano trovare delle regole che consentano alle venue di attrezzarsi per ospitare le persone e le band e consentire gli show. Nel frattempo, dobbiamo cercare altri modi che consentano alle persone di vivere la musica e di star bene con essa. Arriverà anche il momento di lavorare su un altro album ma, per il momento, la mia speranza più grande è che si possa tornare a tenere concerti.

 

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