SONATA ARCTICA – Soffia un vento freddo

Pubblicato il 11/09/2019 da

Nonostante la qualità piuttosto altalenante ed opinabile di tutti i loro lavori da circa otto anni a questa parte, uno dei gruppi finlandesi più discussi di sempre continua regolarmente a far parlare di sé, soprattutto in concomitanza di una nuova uscita, come il recente e tutto sommato abbastanza deludente “Talviyo”. L’opportunità di interpellare messer Tony Kakko in persona, prontamente accompagnato dal suo chitarrista Elias Viljanen, non è da sottovalutare e, in occasione di un recente promo day, abbiamo appunto avuto modo di farci raccontare un po’ quali notizie portassero i venti freddi del nord. Se sull’espressività della recente musica dei Sonata Arctica si possono dire tante cose, a livello personale un encomio al buon Tony per la sua disponibilità, simpatia e capacità di farci sorridere non lo toglie nessuno. Buona lettura!

 

INIZIANDO SUBITO PARLANDO DEL NUOVO ALBUM: AVERE AVUTO UN ANNO IN PIÙ PER LAVORARCI HA RAPPRESENTATO UNA DIFFERENZA PARTICOLARE RISPETTO AI CASI PRECEDENTI?
– È sicuramente importante realizzare che la vita di un musicista, come nel nostro caso, deve tenere conto di numerosi fattori: partendo comunque dai ben due tour che abbiamo intrapreso, dall’uscita del precedente album ad oggi, passando anche per il fatto che molti di noi hanno una famiglia, dei bambini e in generale degli impegni extra-musicali che, col passare degli anni, hanno iniziato a diventare sempre più presenti. La stesura dei nuovi brani ha avuto inizio diverso tempo fa, ma è nell’ultimo anno che ci siamo dedicati anima e corpo ai lavori sul nuovo prodotto, senza però dimenticarci anche del tour natalizio e della successiva esperienza acustica che abbiamo intrapreso. Volendo, si potrebbe dire che lavorare ad un album musicale sia come approcciarsi ad un diamante grezzo che, comunque, richiede il suo tempo per prendere forma.

PARLANDO INVECE DEL SONGWRITING: C’ERANO DEI PIANI SPECIFICI PER IL SAPORE CHE I NUOVI PEZZI AVREBBERO DOVUTO AVERE?
– In realtà riteniamo che non sia sempre necessario dover avere un piano di base quando si inizia a lavorare ad un album musicale. Sicuramente l’idea di partenza era quella di proseguire sulla falsariga del predecessore “The Ninth Hour”, in quanto si tratta comunque del terzo capitolo di una trafila iniziata con “Pariah’s Child” nel 2014; di atti, se si prende in esempio “Stones Grow Her Name”, si può notare che si tratta di un prodotto alquanto differente, poiché quello rappresentava la conclusione del secondo ciclo della carriera dei Sonata Arctica, iniziato con “Unia”. Allo stesso modo, andando ancora più indietro, i primi quattro lavori a loro volta incarnano quello che è il primo atto dell’opera che porta il nostro nome, anch’esso con uno stile e delle influenze differenti rispetto a quelle che abbiamo deciso di intraprendere successivamente. Alla luce di ciò, la coerenza musicale con ciò che ci ha caratterizzato ultimamente era senza dubbio qualcosa di imprescindibile per una riuscita soddisfacente. Inoltre, abbiamo introdotto il supporto di un produttore che permettesse al sound di avere degli elementi in comune col feeling che si può avere in un contesto live.

C’È FORSE UN BRANO, O ANCHE PIÙ DI UNO, CUI ATTRIBUIRESTE UN VALORE PARTICOLARE ALL’INTERNO DELLA TRACKLIST?
– Per chiunque non lo sapesse, il brano “The Last Of The Lambs” si pone come un prosieguo della saga iniziata con “The End Of This Chapter”, presente originariamente sull’album “Silence”, con la quale condivide l’atmosfera malinconica e suggestiva. Inoltre, si potrebbe menzionare anche “Storm The Armada”, che non è solo uno dei brani più pesanti dell’album, ma fa germogliare un sorriso spontaneo al pensiero del processo di composizione, durante il quale ci è parso in un paio di punti di avere a che fare con un pezzo degli Amaranthe, definizione con la quale ci siamo riferiti al suddetto brano per diverso tempo, prima di stabilirne il titolo.

IL TITOLO DELL’ALBUM “TALVIYO”, SE TRADOTTO, SIGNIFICA ‘NOTTE D’INVERNO’; AVETE MAI PENSATO DI PROPORRE UN INTERO LAVORO IN LINGUA FINLANDESE?
– Sinceramente, pur avendoci magari pensato di sfuggita, si tratta di un’idea che non abbiamo mai tenuto davvero in considerazione, dal momento che potrebbe essere davvero molto difficile e scarsamente intuitivo, per un qualsiasi ascoltatore dalla provenienza esterna alla Finlandia, riuscire a immedesimarsi e fomentarsi con un prodotto di questo tipo. Esistono lingue, come anche il tedesco, che si possono prestare molto bene, come ci insegnano ad esempio i Rammstein, e altre che invece risulterebbero piuttosto complicate da sfruttare per raggiungere gli standard necessari. Sicuramente, se in un futuro dovessero esserci il tempo e il modo, potrebbe essere sicuramente una bella esperienza quella di basare un’uscita intera sulla lingua finlandese, nonché un qualcosa di diverso da tutto ciò che abbiamo fatto finora.

COSA NE PENSATE DEL FENOMENO CHE VEDE MOLTE PERSONE, PROVENIENTI DAI PAESI PIÙ DISPARATI, INIZIARE A STUDIARE LA LINGUA FINLANDESE PROPRIO GRAZIE ALLE BAND MUSICALI DI QUELLE PARTI?
– Ci capita spesso, in moltissimi paesi diversi, di entrare in contatto con estimatori della nostra musica che si rivolgono a noi parlando nella nostra lingua, con risultati più o meno convincenti. Alcuni di loro, addirittura, hanno deciso di farne una materia di studio con tanto di laurea; e tutto ciò è, a suo modo, a dir poco fantastico, anche al pensiero di quanto la nostra lingua sia oggettivamente difficile da imparare correttamente, soprattutto per chi proviene ad esempio dal Sud America, o anche dal Giappone. Inoltre, da quando il fenomeno metal finlandese ha iniziato a ritagliarsi un posto importante all’interno del mercato, moltissime persone hanno iniziato a venire in Finlandia per scoprire le terre da cui provengono i loro beniamini. Tutto questo non può che renderci ancora più fieri del nostro operato.

IL GIAPPONE IN PARTICOLARE, SE SI PARLA DI POWER METAL EUROPEO, È NOTORIAMENTE UNA DELLE METE PIÙ AMBITE E PROFICUE. COME DESCRIVERESTE QUESTO FATTO SULLA BASE DELLE VOSTRE ESPERIENZE?
– Il nostro avvicinamento al Giappone ha avuto inizio in concomitanza delle nostre prime uscite discografiche, la cui essenza è notoriamente a base di power metal veloce, melodico ed adrenalinico. Non si può certo dire che fossimo preparati all’incredibile accoglienza che abbiamo avuto modo di ricevere da quelle parti, e ciò si è tradotto in una quantità incredibile di esperienze fantastiche e uniche nel suo genere. Il che è un parere piuttosto diffuso tra i musicisti del nostro genere, ma anche per quanto riguarda realtà più grandi come gli Iron Maiden e altri.

A TAL PROPOSITO: MOLTI ESTIMATORI DEI SONATA ARCTICA CONTINUANO A CHIAMARE A GRAN VOCE UN RITORNO ALLE SONORITÀ PIÙ SPINTE DEGLI INIZI. VOI COSA VI SENTITE DI RISPONDERE IN QUESTI CASI?
– Potrà sembrare strano, ma probabilmente la nostra musica risulta essere ben più vicina alla nostra essenza adesso, piuttosto che ai tempi in cui ci si poteva etichettare semplicemente come power metal nudo e puro. Alla fine degli anni ‘90 ci siamo appassionati tutti alle proposte di gente come Stratovarius e affini, ed è sicuramente da lì che abbiamo scelto di cominciare; tuttavia, col trascorrere degli anni, i nostri gusti si sono espansi, e così anche il nostro modo di interpretare la passione, oltre che il mestiere, per la musica in generale. Ciascuno di noi ha degli ascolti prediletti cui attingere a piene mani ogni giorno, e si possono trovare numerosi spunti differenti in tutto ciò, sia che si tratti dei Queen, di Joe Satriani o persino dei Nickelback. Onestamente, nessuno di noi si etichetta più come un metallaro o cose simili; semplicemente, amiamo la buona musica e ci piace proporre qualcosa che ci rappresenti ora come ora.

TRATTANDOSI DEL VENTESIMO ANNIVERSARIO DALL’EFFETTIVA FORMAZIONE DELLA BAND, AVETE IN MENTE QUALCHE SORPRESA SPECIALE PER IL PROSSIMO PERIODO?
Sinceramente no, anzi si potrebbe dire che i Sonata Arctica siano piuttosto scarsi quando si tratta di fare delle sorprese o delle commemorazioni particolari (ridiamo, ndR). Chiaramente i vent’anni rappresentano un traguardo importante, ma non essendo una formazione che vive nel passato preferiamo celebrarlo semplicemente immettendo un nuovo album sul mercato e intraprendendo un nuovo tour, con tutto ciò che questo comprende. Ricordiamo anche la data già fissata in territorio italiano, in compagnia dei Twilight Force.

CAMBIANDO ARGOMENTO. IL VOSTRO TOUR ACUSTICO È GIUNTO AL TERMINE, E CHI VI HA VISTO HA DESCRITTO L’ESPERIENZA COME UN MODO DIFFERENTE DI APPROCCIARSI ALLA MUSICA DEI SONATA ARCTICA. DAL VOSTRO PUNTO DI VISTA, COME SI POTREBBE DESCRIVERE L’ESPERIENZA?
– Senza dubbio ci siamo divertiti davvero tantissimo, e abbiamo anche avuto modo di saggiare un modo del tutto differente di rapportarci coi nostri fan, sul palco e giù da esso: non avendo il solito muro sonoro, così come una folla in piedi e pronta a scalpitare ad ogni nostra canzone, si tratta sicuramente di un’esperienza molto più intima e rilassata, quasi sullo stile di una rappresentazione teatrale. Oltre a ciò, eseguire determinati brani sfoggiando un arrangiamento acustico ha rappresentato per noi uno stimolo nuovo ed interessante, che ha permesso non solo al pubblico, ma anche a noi stessi di osservare ed approcciare le suddette composizioni in una chiave inedita.

PRIMA DI CHIUDERE, GIUSTO PER FARCI DUE RISATE, CI PIACEREBBE SENTIRE DA TE (rivolgendoci a Tony), DUE PAROLE SUL RECENTE E BUFFO EPISODIO DEL BAGNO (ridiamo, ndR).
– Effettivamente è una storia che continua a far ridere anche me ogni volta che ci penso. Ci trovavamo negli uffici della Nuclear Blast in Germania, e dopo essere andato in bagno mi sono semplicemente accorto che la porta non si apriva più. Dopo che vari addetti presenti sul posto si sono scapicollati nel tentativo di tirarmi fuori, è stato necessario l’intervento dei pompieri, e il risultato è che sono rimasto chiuso là dentro per più di quaranta minuti, e nell’attesa mi sono messo a esercitarmi nel canto e a scattare qualche selfie col telefono, mentre là fuori i miei stessi compagni non sapevano se ridere o altro. Tutto questo mi porta alla conclusione che non esiste porta più dura da aprire di quella di un bagno tedesco. Volendo ci si potrebbe pure nascondere un tesoro senza il pericolo che possa essere trafugato (ridiamo, ndR). Però, nonostante tutto, quando sono uscito mi sono comunque scusato per aver rotto il loro bagno.

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