Jeff Scott Soto è uno degli artisti più longevi del panorama rock a livello mondiale, da oltre trent’anni ha dato la sua voce ad un numero esorbitante di band e di progetti. La sua nuova band, SOTO, a sentire le sue parole, rappresenta ora tutto ciò che questo grande artista desidera sviluppare, senza sguardi malinconici verso il passato, ma con grande determinazione per un futuro che, speriamo, porti fortuna a questo talentuoso cantante.
ALLORA JEFF, COME VALUTI QUESTO TUO PRIMO ANNO INSIEME AI SOTO?
“Sono molto contento della band e dei dischi realizzati, il lato dolente è che ho dovuto affrontare un po’ di casini con i vari management. Ti dico solo che per il nostro primo disco ho avuto a che fare con quattro diversi manager, che hanno causato problemi con la promozione e con alcuni aspetti relativi all’album. A conti fatti penso che abbiamo perso un sacco di momenti favorevoli che avremmo potuto sfruttare meglio. Questo è il motivo principale per cui ci siamo messi subito al lavoro su ‘Divak’, non volevo si perdesse ulteriore tempo, al contrario mi interessava scrivere un disco migliore rispetto ad ‘Inside The Vertigo’ e fare le cose fatte bene. Ora abbiamo un management che sa come lavorare ed un ottimo rapporto con la nostra casa discografica. Tutto finalmente sembra andare per il meglio, così io e gli altri ragazzi della band abbiamo deciso di accelerare i tempi e pubblicare ‘Divak’ prima del previsto. ‘Inside The Vertigo’ è nato come disco solista, ho utilizzato diversi musicisti e diversi songwriter, per ‘Divak’ invece ho deciso di lavorare come fa una vera band, tutti i miei musicisti sono stati coinvolti e hanno dato il loro contributo insieme al mio”.
QUALE E’ STATO QUINDI IL VOSTRO APPROCCIO UNA VOLTA ENTRATI IN STUDIO PER REGISTRARE “DIVAK”?
“Diciamo che sono tornato a lavorare nel mio classico stile, un po’ come è successo negli anni Novanta insieme ai Talisman. Ci siamo scambiati le nostre idee ed in studio le abbiamo messe insieme per realizzare le canzoni migliori. Internet e la tecnologia ci hanno facilitato molto i lavori, ognuno poteva registrare da casa e poi condividere il materiale con gli altri. Si è cercato di scrivere anche insieme durante il tour di supporto al primo disco, ma come sai durante i concerti la testa è concentrata sugli show, comunque qualcosa siamo riusciti a fare. La cosa fantastica è che gran parte della musica è stata scritta proprio dalla mia band, erano loro a mandare a me molte idee su cui poi io lavoravo. Questi ragazzi hanno una grande creatività, inoltre io non sono un bravo strumentista. Non mi considero un vero chitarrista, posso strimpellare qualcosa alla chitarra, ma nulla a confronto con i miei musicisti. Quindi loro mi davano le loro idee, io sceglievo le cose migliori e poi lavoravo sui testi e le parti vocali. Mi sono inoltre occupato di gran parte del lavoro di pre-produzione, aggiustando e perfezionando i pezzi che la band mi mandava”.
SE PENSIAMO ALLA TUA VASTA CARRIERA ED ALLE NUMEROSE PRODUZIONI A CUI HAI PRESO PARTE, INDUBBIAMENTE “DIVAK” E’ UNA DELLE PIU’ HEAVY E POTENTI DI SEMPRE.
“Sono perfettamente d’accordo con te, anche perché era mia intenzione tornare alle mie radici heavy e scrivere un disco davvero potente. Non volevo invece cadere nel tranello di riproporre la stessa musica che suonavo negli anni ottanta e novanta, ‘Divak’ doveva suonare heavy come le mie radici, ma nuovo ed attuale allo stesso tempo. Lavorare con musicisti giovani ha portato moltissima aria fresca al disco, loro sono la componente più moderna del disco, anche perché vista la loro età si trovano ad ascoltare le band di ultima generazione che io ammetto di non conoscere molto bene. Io posso scrivere pezzi alla Yngwie Malmsteen o alla Axel Rudi Pell, ma le canzoni più moderne non sono proprio pane per i miei denti. Per questo, come ti dicevo prima, è stato molto importante lavorare come una vera band, perché ognuno compensa le carenze dell’altro. Le mie intuizioni sono rivolte al classic metal, le loro verso il metal più moderno e potente”.
QUESTA TUA IDEA SI CONCRETIZZA SUBITO NEL VOSTRO PRIMO SINGOLO “FREAKSHOW” CHE DA UNA PARTE VIENE IMBASTARDITO DA ELEMENTI ELETTRONICI, MA POI SI RIVELA UN POTENTE PEZZO HEAVY METAL.
“Esatto, hai colpito il bersaglio (ride, ndR). ‘Freakshow’ rappresenta proprio ciò che ti dicevo, ovvero i ragazzi della band impegnati nelle parti più moderne, ma con il mio tocco di metal classico. I musicisti che mi accompagnano nei SOTO sono persone di grande talento e io voglio che le loro peculiarità escano e vengano notate. Non vogliamo scoprire nulla di nuovo o inventare chissà cosa, ma ci teniamo a proporre heavy metal con vesti moderne”.
VA DETTO CHE I TUOI MUSICISTI NON SONO PROPRIO DI PRIMO PELO, ANCHE PERCHE’ ORMAI SUONANO CON TE DA UN PO’ DI ANNI.
“Sì, loro in pratica sono la band che suonava con me durante i miei tour da solista. Stiamo insieme dal 2009 e credo che dopo tanti anni sia stato giusto dar loro un maggior coinvolgimento in ciò che facciamo, soprattutto perché hanno dimostrato di essere musicisti molto tosti. Durante i miei tour solisti si è generata una buona chimica fra di noi, perché non sfruttarla per una vera band?”.
QUAL E’ IL SIGNIFICATO DI UN TITOLO COME “DIVAK”?
“Devi sapere che mia moglie è bulgara ed ogni anno in estate andiamo in Bulgaria per visitare la sua famiglia. Là abbiamo anche un appartamento dove trascorriamo le nostre vacanze. Una sera i miei figli hanno trovato un gattino nero in mezzo alla spazzatura e lo hanno portato a casa. Io ho pensato subito ‘oh no, che diavolo si sono messi in testa?’ Inizialmente volevamo solo assicurarci che il gattino stesse bene fisicamente, quindi nutrirlo e guarirlo per poi affidarlo ad amici o vicini. Senza tanti giri di parole, a fine estate il gatto era perfettamente addomesticato e non ce la siamo sentita di lasciarlo, così lo abbiamo portato con noi dalla Bulgaria fino in America. Adesso quel gattino è diventato un grosso gatto e, come ogni proprietario di animali domestici sa, ogni tanto provoca qualche casino o piccolo incidente. Fatto sta che ho sentito più volte mia moglie usare la parola ‘divak’ e, quando le ho chiesto il significato, ho scoperto che vuol dire selvaggio, pazzo, combina guai. Credimi, ho avuto un lampo di genio in quel momento, perché avevo trovato il titolo del mio nuovo disco! ‘Divak’ suona molto aggressivo e nessuno sa cosa voglia dire, in pratica la parola perfetta per intitolare un disco. Per questo motivo la copertina del disco raffigura un gatto nero”.
NEL TOUR DI SUPPORTO AL DISCO TI CONCENTRERAI SUL MATERIALE DEI SOTO O PROPORRAI ANCHE ESTRATTI DA TUTTA LA TUA CARRIERA?
“L’idea è di proporre principalmente materiale dei SOTO, con due dischi all’attivo si può già imbastire una buona scaletta. Non mancherà anche qualche estratto dal mio passato, ma voglio insistere sul fatto che non stiamo parlando di un mio progetto solista, siamo una vera band e la band ha la priorità. Posso dire che ci sarà qualche sorpresa interessante, proporremo canzoni che i nostri fan non si aspettano, sicuramente qualcosa dei Talisman, ma molto particolare”.
STAI ANCORA COLLABORANDO CON LA TRANS-SIBERIAN ORCHESTRA?
“Sì, faccio ancora parte di questa grande realtà, è una vera macchina piena di ingranaggi. La Trans-Siberian Orchestra mi permette di lavorare come in una sorta di part-time e posso continuare a cantare con Paul O’Neill e compagni perché la loro attività non si scontra con le cose che voglio fare io. Tutti gli altri progetti che avevo in ballo li ho lasciati da parte perché non voglio competere con me stesso, devo dedicare il cento per cento delle mie energie nei SOTO ora. Per ora non ho intenzione di prendere parte ad altri progetti o collaborare a dischi di altri musicisti. Come tutti sanno la Trans-Siberian Orchestra non dipende certo da me, c’era prima del mio arrivo e continuerà ad esserci anche quando io non ne farò più parte, per cui posso permettermi di fare le mie cose con la massima serenità possibile”.
DURANTE LA TUA CARRIERA HAI CANTATO CON UN SACCO DI FORMAZIONI MOLTO DIVERSE, MALMSTEEN, TALISMAN, JOURNEY, SOTO, TANTO PER FARE ALCUNI NOMI. QUANTO SONO IMPORTANTI PER TE IL CAMBIAMENTO ED I NUOVI STIMOLI?
“Non ho mai pensato che lo spaziare su svariati generi potesse causarmi problemi o impedire ai fan di identificare me e ciò che faccio. Oggi posso permettermi di dedicarmi a ciò che mi piace, non devo pensare a cosa canto o se le persone saranno consapevoli di chi sia Jeff Scott Soto. E’ importante per me continuare a sfidarmi ed espandere il mio bagaglio musicale”.
PER IL MOMENTO “DIVAK” NON E’ PREVISTO IN VINILE, UN FORMATO CHE IN QUESTI ULTIMI ANNI STA VIVENDO UN RINNOVATO INTERESSE DA PARTE DEI FAN.
“Ne sono perfettamente conscio, tant’è che ho provato in tutti i modi a convincere la mia etichetta a pubblicare ‘Divak’ anche in vinile. Mi fu proposto, come prova, di pubblicarne qualche centinaio di copie, ma secondo me la cosa non aveva senso. La mia idea sarebbe di stampare qualche migliaio di dischi in vinili, ma mi sono fatto l’idea che la mia etichetta voglia andarci cauta e vedere prima i responsi del disco in formato cd. Spero in futuro sia possibile”.
TI RICORDI QUANDO HAI INIZIATO A CANTARE PER LA PRIMA VOLTA NELLA TUA VITA?
“Come no, ho cantato sin dai primi giorni in cui sono riuscito a parlare, fai un po’ tu! Ho una bellissima foto mia con un microfono in mano all’età di sette anni a casa di mio nonno, stavo già cantando come un matto! Credo che tutti i miei famigliari sapessero che sarei diventato un cantante”.
JEFF, SEI SULLA SCENA DA OLTRE TRENT’ANNI, CREDI DI AVER OTTENUTO IL SUCCESSO CHE MERITI O DI NON ESSERE STATO COSI’ ‘FORTUNATO’?
“Non mi piace pensare a ciò che avrei meritato o guardare al passato. Nel music business ogni riconoscimento ottenuto va guadagnato. Oggi i giovani musicisti puntano a show come X Factor o American Idol, ma questo non significa costruirsi una carriera, più che altro è un cavalcare l’onda della tv. Queste persone non lavorano veramente alla loro musica, in fin dei conti si limitano a cantare cover, brani famosi scritti da altri. Ogni cosa che ho fatto è frutto di un duro lavoro e non ho rimpianti, guardo a ciò che sto facendo e che farò”.