SOULFLY – Il Verbo di Max

Pubblicato il 06/10/2005 da


Max Cavalera è senza ombra di dubbio uno dei personaggi più carismatici, rispettati ed apprezzati di tutto il metal-biz: la sua coerenza di base, la sua genuinità di fondo, il suo non essere mai banale, sono aspetti di un carattere che rispecchia in toto l’amore viscerale che l’artista prova per la musica, al di là di ogni categorizzazione e oltre ogni etichetta. Vita e musica: sembra proprio che queste due parole, per il frontman brasileiro, siano e restino indivisibili ed inseparabili…la vita è musica e la musica è ragione di vita. Chi scrive, che giudica Max uno dei migliori cantanti e songwriter della storia del metal estremo, era quasi certo, prima di rispondere al telefono, di trovarsi di fronte una voce quasi amica, umile, provata dagli eventi di un’esistenza amara e per certi versi dolorosa, ma anche forte e consapevole dell’ineluttabilità del Destino, capace di togliere e dare a suo piacimento. E così è stato: una chiacchierata fluida e appassionata, purtroppo interrottasi troppo presto, per tassative ragioni temporali, quando ancora c’era l’urgenza di togliersi qualche curiosità sul pensiero extra-musicale di Max, magari a proposito del conflitto ideologico e non tra mondo arabo e civiltà occidentale, oppure riguardo la ribellione che la Natura sembra attuare da qualche mese a questa parte nei confronti dell’Uomo…e – perché no? – magari anche sui prossimi Mondiali di calcio, ai quali il Brasile si presenterà come favorito assoluto. Ma non tergiversiamo e non lamentiamoci troppo; piuttosto accontentiamoci di come Max si sia prodigato nel presentare il nuovo disco dei Soulfly, a suo modo, spaziando attraverso la sua filosofia ed il suo modo di pensare. Signore e signori…Max Cavalera! Ed è semplicemente un onore…


MAX, LA PRIMISSIMA PAROLA CHE MI E’ VENUTA IN MENTE AL TERMINE DEL PRIMO ASCOLTO DI “DARK AGES” E’ STATA RABBIA. SEMBRA PROPRIO DI ESSERE TORNATI AI TEMPI DEL VOSTRO DEBUTTO OMONIMO! DA DOVE E’ SCATURITA TUTTA QUESTA AGGRESSIVITA’?
“Sì, è vero…’Dark Ages’ è decisamente vicino alle sonorità di ‘Soulfly’, o perlomeno il nostro debut-album è quello che si può paragonare più facilmente alla nuova creatura! C’è della rabbia, sì…il disco E’ rabbia! Una rabbia che ha le proprie origini nella tragedia. Ho attraversato un periodo piuttosto oscuro mentre componevo l’album e alcuni avvenimenti hanno incanalato in un certo senso il mood delle canzoni. Ho tirato fuori tutto quello che mi bruciava dentro, aggrappandomi forse più delle volte scorse al mio passato, alle mie radici musicali, le quali si tuffano nell’hardcore e nel thrash vecchio stampo. Si tratta comunque di un lavoro molto ricco, pieno di sfumature diverse e capace di donare emozioni diverse. E’ anche un disco che si è plasmato da solo con il tempo, seguendo i miei cambi d’umore e quelli dei ragazzi della band, variazioni davvero influenti sul tono della composizione”.

SO CHE IL PERIODO NERO A CUI TI RIFERISCI E’ STATO CAUSATO PRINCIPALMENTE DALLA MORTE DI TUO NIPOTE MOSES E DI DIMEBAG DARRELL…
“Be’, sì, è accaduto tutto davvero in modo incredibile! Eravamo nel pieno delle registrazioni e del songwriting…una sera, uscendo dallo studio, siamo venuti a sapere che Moses era morto; la sera dopo, sempre mentre, già addolorati, uscivamo di nuovo dallo studio, ci hanno informato dell’omicidio di Dimebag. Incredibile, vero? Nel giro di poco più di ventiquattro ore, uno dei miei più cari parenti e un mio grandissimo amico non c’erano più. Con Dimebag avevo suonato diverse volte, così per divertimento…era un compagnone, uno a cui piaceva proprio divertirsi…il modo con cui è stato ucciso mi ha lasciato senza parole. L’unico modo per uscire da questa sequela di eventi nefasti è stato inevitabilmente quello di tuffarmi nella musica. Io, i ragazzi e basta. Da quel momento in poi, l’umore generale è cambiato ed è spuntata fuori la rabbia. Vedi, se non si riesce a reagire in situazioni come queste, si rischia davvero di finire male: a me è successo parecchie volte nella vita, ormai sono quasi vaccinato…e ho la musica che ogni volta mi salva e mi fa sollevare la testa e andare avanti. Tutti noi abbiamo problemi, ognuno ha i propri demoni da sconfiggere, ma lamentarsi non serve proprio a nulla…bisogna accettare i fatti e cercare di venirne fuori, bisogna darsi da fare! Solo così ci si riesce a capacitare del perché Dio ha fatto accadere certe cose, del perché il Destino sembra spesso così ostile. E alla fine, posso dire di essere orgoglioso di aver composto quello che ritengo in assoluto il miglior disco dei Soulfly”.

PER “DARK AGES” AVETE ADDIRITTURA VIAGGIATO IN CINQUE PAESI DIVERSI: STATI UNITI, TURCHIA, FRANCIA, SERBIA E RUSSIA… SEI ORMAI UN GIRAMONDO DEL METAL!
“Praticamente sì! Ma, sai, è davvero eccitante e stimolante questo metodo di composizione e registrazione. A me piace molto viaggiare e con ‘Prophecy’ già ero stato molto in giro… Con ‘Dark Ages’ c’è stato un ulteriore sviluppo: mi piace l’imprevedibilità delle cose, arrivare in un posto con le tue canzoni scritte in un certo modo, confrontarti con una cultura diversa e cercare di migliorare i brani mischiando tutte le influenze. Se ci pensi, è estremamente stimolante, soprattutto se ci rapportiamo all’ottica chiusa e tradizionalista del metal e del rock. Questo girovagare sta diventando semplicemente il metodo di scrittura dei miei dischi. Ho tanti fan sparsi per il mondo e mi piacerebbe avere qualcosa di ognuno nelle mie canzoni. In futuro credo che continuerò ad espandere sempre di più le mie influenze”.

IN ALCUNI BRANI – AD ESEMPIO “FRONTLINES”, “I AND I”, “FUEL THE HATE” – MI E’ SEMBRATO DI CAPTARE FORTI RICHIAMI AL SUONO DI “ARISE” E “BENEATH THE REMAINS”… SEI D’ACCORDO?
“Uhm…’Arise’, ‘Beneath The Remains’, ‘Chaos A.D.’…il fulcro di tutto ciò e che sono sempre io a scrivere la musica! Non c’è bisogno di andare a sviscerare il singolo riff per intuire a quale disco o a quale brano si possa ricondurre. E’ il mio passato che, sempre, fa capolino nel mio presente, così come la mia musica è anche rivolta al futuro. Passato, presente e futuro…noi siamo questo, è inutile girarci intorno! Non riuscirò mai ad estraniarmi da me stesso. Non riuscirò a sradicare qualcosa che mi è servito per arrivare dove sono adesso e che, comunque, mi porterà dove sarò più avanti. Io trovo sia naturale comporre in questo modo…voglio dire, non vedo la necessità di porsi troppe domande sul dove vanno a parare le strutture delle canzoni. I miei dischi, dal primo all’ultimo, sono ovviamente legati fra loro, in quanto ci sono di mezzo sempre io…e io, pur se cresciuto, sono rimasto sempre coerente a me stesso. E’ quindi ovvio che tu abbia sentito in quei pezzi qualche elemento proveniente dai Sepultura: anche se la separazione da loro è stato il momento più difficile della mia vita (notare: non dice carriera, ma vita…, ndR), non posso, non riesco e non voglio staccarmi del tutto da loro, in quanto, in un certo senso, fanno ancora parte di me”.

ANCHE LA COVER DI “DARK AGES” RICORDA DA VICINO QUELLA DI “ARISE”: QUESTA SPECIE DI MOSTRO INFORME SEMBRA ANCH’ESSO USCITO DALLA RIELABORAZIONE GRAFICA DELLE DESCRIZIONI DELLE DIVINITA’ ANTIDILUVIANE CREATE DA LOVECRAFT. CHE MI DICI A RIGUARDO?
“Uno degli aspetti che più adoro del fare e vivere la musica è la possibilità di diversificare le cose. Adoro il cambiamento! Le cover dei dischi dei Soulfly, se le osservi, sono totalmente diverse fra loro. La luminosità e la spiritualità di ‘Soulfly’, i colori e lo stile giamaicano di ‘Primitive’, la semplicità di ‘3’, il misticismo di ‘Prophecy’…ora è giunta l’ora di un’immagine di guerra. E sì, perché il mostro di cui parli è la rappresentazione della guerra, così come l’ha immaginata Michael Whelan, l’artista che ha realizzato il dipinto. Ha ascoltato le canzoni e ha letto i testi: quel disegno in bianco e nero è ciò che la sua fantasia ha partorito. E’ vero che il soggetto, in definitiva, rammenta quello di ‘Arise’ (il disegnatore, in fondo, è lo stesso!), però mi piace molto la sua atipicità: devi sapere che le opere di Michael sono solitamente colorate e anche ‘Arise’ ha delle belle tonalità arancio, rosso e marrone. Per questa volta ha deciso però di optare per un essenziale bianco e nero, molto cupo ed oscuro. In qualche modo mi ricorda i primi dischi hardcore! Pensa che ho conosciuto di persona Michael giusto un anno fa ed è un ragazzo che mi piace davvero molto…è un grande!”.

COME IN PASSATO, FORSE UN PO’ MENO PER LA VERITA’, PURE QUESTA VOLTA HAI CERCATO GENTE CHE TI DESSE UNA MANO A FARE IL DISCO. CI PARLI DELLE COLLABORAZIONI PRESENTI SU “DARK AGES”?
“E’ solo un altro aspetto del mio modo di concepire la musica, di lavorare su un disco e di cercare varietà dove possibile. Mi piace tremendamente collaborare con altri musicisti…anche solo amici, a volte, come Paul Filipenko, un ragazzo russo che canta nella sua lingua in ‘Molotov’. Trovo che la musica non debba essere assolutamente competizione, sfida…c’è bisogno di condivisione e collaborazione. Adoro sentire qualcun altro che canta le mie canzoni o che dà il suo apporto, anche se minimo, per un particolare o per un microscopico dettaglio. Su ‘Dark Ages’ mi hanno aiutato alcuni miei amici serbi, nella costruzione di ‘Innerspirit’, il grande Billy Milano (S.O.D., M.O.D. e altri, ndR), anche lui in ‘Molotov’, e mio figlio Richie, con il quale ho co-scritto ‘Staystrong’. Devo ammettere che è un po’ un mio pallino…in passato, come ben saprai, ho avuto il piacere di lavorare con Tom Araya (Slayer), Dave Grohl (ex-Nirvana, Foo Fighters), Chino Moreno (Deftones, Team Sleep), Dino Cazares (ex-Fear Factory, Brujeria), Sean Lennon, il figlio di John Lennon, e tanti altri, senza dimenticare le sperimentazioni con i Sepultura all’epoca di ‘Roots’, quando andammo a registrare in Amazzonia dagli Xavantes… E’ decisamente una mia prerogativa quella di attingere sempre dal largo giro di amicizie (ride, ndR)”.

MAX, MA QUAL E’, SE ESISTE, LA RICETTA MAGICA PER FAR CONVIVERE COSI’ BENE IL LATO SPIRITUALE DELLA TUA MUSICA CON QUELLO AGGRESSIVO?
“E’ difficile risponderti… Probabilmente, la verità risiede nel fatto che la musica che faccio è lo specchio della mia personalità, la quale è in grado di provare sentimenti diametralmente opposti in maniera viscerale ed intensa. Mi piace il suono pesante, ma anche la sperimentazione, e nessuna influenza è preclusa. Inoltre, penso che uno degli atteggiamenti più utili nel comporre musica, ma anche in ogni aspetto e situazione della vita, sia quello di non pensare troppo. Ecco, spesso il segreto per resistere alle intemperie dell’esistenza è proprio quello di non pensare. Io compongo dischi per come li sento; non riuscirei a fare altrimenti. Con questo non voglio dire che mi limito a fare la prima cosa che mi passa per la testa…devi sapere che sono molto puntiglioso in studio di registrazione…mi è capitato di lavorare per settimane solo per perfezionare delle intro strumentali da un minuto! Sono quasi ossessivo quando ho trovato l’idea buona e cerco di renderla buonissima. Però, quello che voglio dire è che ogni idea può essere buona; e bisogna lavorarci su senza pensarci troppo, senza chiedersi se sarà davvero quella buona. Bisogna dirsi che tocca a noi farla diventare buona. Con la speranza…perché la speranza non muore davvero mai. Ritorno un attimo ai Sepultura: quando me ne andai, soffrii davvero moltissimo e non sapevo davvero se fondare o meno una nuova band. Vedi, i Sepultura erano la mia vita e per loro ho fatto dei sacrifici incredibili. Appena andatomene, non vedevo nessuna speranza, zero assoluto. Poi ho realizzato che la musica era un bene troppo importante da lasciar fuggire via in quella maniera, e ho creato i Soulfly…con poche aspettative. Ed ora eccomi qua, arrivato al quinto disco e con un gruppo che è cresciuto e cambiato di album in album. Piccolo passo dopo piccolo passo…e questo è quello che conta nella vita!”.

QUALI SONO GLI STATI D’ANIMO CHE TI HANNO PORTATO A COMPORRE I DISCHI DEI SOULFLY NEL MODO IN CUI SONO STATI COMPOSTI? VOGLIO DIRE, IN QUALI MOMENTI DELLA TUA VITA SONO ARRIVATI?
“Be’, non è possibile identificare per ognuno un preciso stato d’animo…ce ne sono molti di più e tutti intercorrono e partecipano alla definizione del suono di un disco. Certamente ‘Soulfly’ e ‘Dark Ages’ hanno in comune la rabbia e la frustrazione, la voglia di spaccare tutto e di ribellarsi; ‘Primitive’, invece, è decisamente sperimentale: penso che in pochi si sarebbero azzardati a scrivere un disco così vario e diverso…infatti non è stato molto capito ed è stato criticato ingiustamente; è stata una specie di sfida a me stesso, per vedere come me la cavavo con qualcosa di davvero strano; ‘3’ è arrivato in un momento di calma apparente, mentre con ‘Prophecy’ ho sentito il bisogno di cambiare ancora…ho avvertito il desiderio di suonare con gente nuova e ho chiamato Bobby e Marc (rispettivamente Burns e Rizzo, bassista e chitarrista dei Soulfly, ndR); volevo proprio rinascere, in un certo senso…rinascere anarchico (cita il titolo di ‘Born Again Anarchist’, un pezzo di ‘Prophecy’, ndR). Questo perché troppe persone mi stavano dicendo come secondo loro dovevo comportarmi…e non mi piaceva. Comunque sia, una cosa è certa: non ho rimpianti. Odio rimpiangere qualcosa, sono fiero di tutto quello che ho fatto e lo rifarei nello stesso modo! Tranne una cosa, in verità: avrei dovuto dare un titolo vero a ‘3’: tutti i miei dischi hanno dei titoli con un significato forte e deciso. ‘3’, sotto questo punto di vista, è un po’ ambiguo e risulta debole”.

SIA CON I SEPULTURA CHE CON I SOULFLY, MAX, HAI GIRATO IL MONDO. QUAL E’ STATO IL POSTO DOVE TI E’ PIACIUTO PIU’ SUONARE? E QUAL E’ IL POSTO IN CUI NON HAI MAI SUONATO E TI PIACEREBBE FARLO?
“Devo dire di non avere una città o una nazione preferita. Ho davvero suonato un po’ ovunque…in molte città ci sono tornato anche decine di volte. Ti posso assicurare che non si è mai ripetuta la stessa atmosfera…anche nel caso in cui i locali dove suoniamo li conosciamo a menadito. Ci sono troppe varianti all’interno di un concerto per far sì che si possa stabilire con certezza un posto migliore dove suonare: c’è il pubblico, innanzitutto…una volta può essere caldissimo, la volta dopo un po’ meno caldo…e questo noi lo percepiamo; e poi ci siamo noi, che non possiamo essere sempre al massimo. L’importante è suonare con l’anima, suonare come se quello a cui stai partecipando fosse l’ultimo show della tua vita; anche se sai che non è così, se ti concentri e pensi che dopo quella sera non suonerai mai più, le tue energie si raddoppieranno, stanne certo! Per quanto riguarda i posti dove mi piacerebbe suonare…di primo acchito, ti direi i luoghi in cui c’è ancora la guerra…Iraq, Afghanistan…molti Paesi dell’Africa. Pensa che una volta vidi su MTV un reportage da Baghdad, in cui l’inviata chiese ad un ragazzo del luogo qual era il suo gruppo preferito…lui rispose Sepultura! Mi si riempì il cuore d’orgoglio, anche se ora sono i Soulfly la mia priorità. Credo questo successo mondiale sia nato anche grazie ai testi che, con Sepultura prima e Soulfly ora, ho sempre proposto: la gente povera, la gente che vuole libertà e desidera ribellarsi si rivede nelle mie parole. Invece, l’altra faccia della medaglia: ricevo ancora lettere da reduci dalla Guerra del Golfo che mi ringraziano perché, grazie ai miei testi, trovavano la forza ed il coraggio per fare il loro dovere di soldati e bombardare il nemico. Ora ci sorrido, ma è davvero tragico ciò, perché le mie lyrics non sono certo inneggianti alla guerra…”.

UN’ANTICA CURIOSITA’ ORA: CHE RICORDI HAI DEL MITICO VIAGGIO CHE FACESTI NEGLI STATI UNITI ALLA RICERCA DI UN CONTRATTO PER LA PUBBLICAZIONE DI “SCHIZOPHRENIA”?
“Sì, quel viaggio è stato in qualche modo storico… Fu assolutamente divertente, anche se fu proprio un mordi&fuggi, in quanto le mie risorse finanziarie erano davvero poca cosa. Credo però che quell’operazione servì a tutto il movimento hardcore e metal brasiliano: al tempo, avevamo una buona scena, i gruppi c’erano, ma non c’erano i soldi e neanche il coraggio di osare. Decisi di fare quella pazzia, perché i Sepultura erano tutto quello che avevo ed erano l’unica cosa per cui sapevo che avrei lottato con tutte le mie forze. Riuscii ad ottenere un incredibile free-ticket, spacciandomi per dipendente della Pan Am, e mi imbarcai sul volo. Avevo dovuto raccogliere i capelli e mi ero dovuto mettere il vestito elegante…mi ci vedi?”.

NO…IN EFFETTI, NO…PASSINO I CAPELLI RACCOLTI, MA IL VESTITO…
“Appunto… Ma sai qual è la cosa realmente buffa? Appena uscito dall’aeroporto, così in ghingheri com’ero, mi hanno rapinato, puntandomi un coltello alla gola! Cioè, io, da poco uscito dal Brasile, un Paese non certo sicurissimo, rischio la pelle in America, dove pensavo di poter passarla liscia e senza problemi (ride, ndR). Comunque, il bottino del ladro fu misero…appena cinque dollari…giusto i soldi per mangiare! Vedi, io non credo alla Fortuna…credo alla Speranza. Quello fu un viaggio fatto per rischiare il tutto per tutto: speravamo ci potesse dare una mano, ma non lo credevamo davvero. Eppure ci abbiamo tentato comunque, alimentando quella piccola fiammella di speranza. Avevamo volontà e spirito di sacrifico da vendere. Questo è l’atteggiamento che viene premiato!”.

MAX, VISTO CHE SIAMO IN TEMA…POSSO CHIEDERTI QUALE OPINIONE HAI DEI LAVORI DEI SEPULTURA CON DERRICK GREENE? TI CONFESSO CHE A ME DICONO DAVVERO POCHISSIMO…
“Uhm…le cose cambiano, questo è un dato di fatto da cui partire per capire molte cose. Non ti posso rispondere con certezza e decisione, perché non ho ascoltato bene gli ultimi dischi dei Sepultura (e hai fatto bene!!, ndR). Però io credo che loro siano rimasti sempre gli stessi, nonostante gli anni passino e nonostante la band sia diversa. Non è facile confrontarsi con un passato ingombrante con un nome importante come quello dei Sepultura. Chiunque si aspetta molto da loro, ma è davvero difficile riuscire a comprendere cosa c’è dietro la creazione di un album. Più di questo non ti posso dire, davvero”.

A questo punto Max comunica al sottoscritto l’imminente scadenza del tempo a nostra disposizione, scusandosi per la brusca interruzione. Nessun problema, ovviamente, la lunghezza delle risposte alle tante domande compensano ampiamente la mancata conclusione dell’intervista. Si spera ci sia una prossima volta…magari in occasione di un concerto o di una finale mondiale di calcio!

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